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Gaza è un test morale

Ha ragione il professore Mario Ricciardi quando scrive che Gaza è un test morale. La violenza del conflitto in Medio Oriente, a partire dal 7 ottobre, svela le ipocrisie di chi si è costruito un profilo di credibilità sommessamente, fingendo.
Da ieri, il leader israeliano Benjamin Netanyahu è ufficialmente un ricercato internazionale, insieme al suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. Sono ritenuti responsabili della devastante guerra all’interno della Striscia di Gaza, definita un “attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile”.
È la prima volta che un alleato dell’Occidente viene condannato dalla Corte penale internazionale. È sicuramente la prima volta che le politiche estere di Europa e Usa vengono schiaffeggiate dal diritto.
Netanyahu come Putin, leader criminali. E non sorprende che qualche unto commentatore festeggiasse nel caso del mandato dell’Aia nei confronti dell’oligarca russo (“la decisione rimette ordine nelle regole internazionali”, scriveva, ad esempio, un direttore di quotidiano) e ora che quell’Aia sia diventata colpevole “della caccia all’ebreo”.
Serve, del resto, molta ipocrisia per ritenere il genocidio una forma di legittima difesa. Ci vuole molta ipocrisia per credere che la privazione di acqua, cibo e medicine abbia a che fare con la caccia ai terroristi. Ci vuole molta ipocrisia per ritenere Netanyahu una sineddoche di tutti gli ebrei, pur di arrivare a evocare l’antisemitismo.
Gaza è un test morale anche per la classe politica. Se Netanyahu è un criminale, è fin troppo facile immaginare chi siano i suoi fiancheggiatori, che ne risponderanno di fronte alla Storia.

Buon venerdì.

Nella foto: l’ex ministro Gallant e il premier Netanyahu

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