Raffaele Capriati detto Lello stava percorrendo via Bari nel quartiere Torre a Mare ed è stato ucciso con quattro colpi in uno dei pochi punti in cui non ci sono telecamere di sorveglianza. Il suo assassino aveva perfettamente pianificato il delitto. Almeno quattro colpi di arma automatica che hanno mandato in frantumi il finestrino della macchina su cui viaggiava il nipote di Tonino Capriati, lo storico boss della Città vecchia.
Lello Capriati, nipote dello storico boss di Bari, è stato ucciso dove nessuno poteva vedere
Lello Capriati era da poco in libertà dopo la condanna a 17 anni, ad agosto 2022, e aveva ripreso il suo posto in famiglia. Con la moglie aveva aperto una attività di ristorazione nella Città vecchia, pubblicizzata senza remore. Le indagini coordinate dalla Dda di Bari devono capire, innanzitutto, cosa ci facesse a Torre a Mare nella sera di Pasquetta, fuori dalla zona in cui può sentirsi al sicuro. Anche a suo fratello Mimmo nel 2018 costò essersi allontanato dal suo quartiere: fu ammazzato a Japigia da un killer che voleva mettersi in proprio per fatti di droga.
Fino a ieri a Bari sembrava essere tornata la pax mafiosa tipica dei territori in cui i clan smettono di fare rumore perché convergono negli affari. Le cosche Strisciuglio, Parisi e Capriati avevano scelto di dedicarsi agli affari (che da queste parti sono soprattutto droga e estorsioni) lasciando perdere gli omicidi che a detta die boss “davano troppo nell’occhio”, facendo troppo rumore, evitavano i giornali a scriverne e i magistrati a indagare. È la normalizzazione della mafia di cui parlava già Paolo Borsellino e che Cosa nostra, Ndrangheta e Camorra hanno imparato benissimo: mimetizzarsi come imprenditori tra gli imprenditori è il modo migliore per scomparire senza bisogno di sotterrarsi.
Gli inquirenti temono che sia la fine della pax mafiosa tra i clan Capriati e Strisciuglio
A Bari sembravano passati i terribili anni 80 che avevano insanguinato la città. Lello è figlio di Sabino e soprattutto nipote di quel Tonino Capriati che per decenni ha controllato la zona del centro storico prima che gli scissionisti del clan Strisciuglio decidessero di mettersi in proprio. Quegli anni li ha raccontati un prezioso collaboratore di giustizia, Raffaele Laraspata che dopo avere perso il fratello Franco a 33 anni assassinato sotto casa potrebbe avere ripreso in mano le redini del clan dopo essere uscito dal carcere a gennaio di quest’anno, appena due mesi fa. Lello Capriati era uno dei pochi membri della sua famiglia a essere tornato in libertà. Appena diciottenne c’era anche lui con Leonardo Ungredda che colpì con un proiettile vagante il sedicenne Michele Fazio, un ragazzo innocente morto perché era nel momento sbagliato nel luogo sbagliato in una città infiammata dalla guerra mafiosa. La faida tra Capriati e Strisciuglio ha ucciso da innocente anche il 15enne Gaetano Marchitelli, finito in mezzo a una sparatoria a Carbonara, periferia della città.
Ora a Bari si teme la faida. “La città non può vivere nel terrore dell’attesa di un regolamento di conti tra clan – ha detto ieri il sindaco di Bari Antonio Decaro – È importante agire subito per bloccare qualsiasi potenziale recrudescenza. Ringrazio il Prefetto che a stretto giro ha convocato per giovedì il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”. Sulla città scende la paura della mafia che qui tutti conoscono bene. Non è la mafia usata come clava per convenienza politica che ha coinvolto qualche giorno fa il sindaco Decaro e non è nemmeno la mafia che il ministro dell’Interno Piantedosi crede di sconfiggere con qualche operazione che raccatta qualche grammo di droga. A Bari la mafia – quella vera – ha suonato il suo rintocco spaventoso nel giorno di Pasquetta.
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