Cari amici degli amici e cari commentatori e giornalisti che siete tutti barzotti per l’assoluzione del senatore Marcello Dell’Utri dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato (insieme a Mori, Subranni e De Donno) e che ora siete già passati dalla parte della santificazione, vi do una notizia che forse vi sconvolgerà: Marcello Dell’Utri non è stato assolto dalle condanne precedenti.
Siete stupiti, eh? Marcello Dell’Utri è quello che il 7 luglio del 1974 portò nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi (un altro vostro santino nella collezione di figurine di loschi da ripulire a tutti i costi per servilismo) il pregiudicato Vittorio Mangano che venne assunto (lo dice una sentenza, solo che questa ve la state dimenticando, sbadati) come “responsabile” per evitare che i familiari dell’imprenditore fossero vittima di sequestro di persona. Mangano, giovane mafioso che diventerà boss del clan di Porta Nuova a Palermo, era il certificato di garanzia per non dispiacere alla mafia e Dell’Utri fu l’anello di congiunzione. E nonostante Dell’Utri abbia passato anni a raccontarci la frottola che Mangano fosse uno stalliere il Tribunale di Palermo ha sentenziato che sia Berlusconi sia Dell’Utri fossero a conoscenza dello spessore criminale di Mangano e anzi, dice la sentenza, l’avrebbero scelto proprio per questa sua qualità.
Cari santificatori: il Marcello Dell’Utri che oggi state leccando in tutti i vostri editoriale è lo stesso uomo che al ristorante “Le Colline Pistoiesi” di Milano festeggiava tutto allegro con altri mafiosi alla festa del boss catanese Antonino Calderone, è lo stesso politico che dichiarò «Io sono politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Mi candidai nel 1996 per proteggermi. Infatti subito dopo mi arrivò il mandato di arresto […] Mi difendo anche fuori [dal Parlamento], ma non sono mica cretino. Quelli mi arrestano», è la stessa persona che venne dichiarata latitante l’11 aprile 2014 dalla Corte d’appello di Palermo per essere arrestato in un albergo a Beirut, in Libano, con due passaporti (di cui uno diplomatico scaduto) e una valigia piena di denaro contante per 30mila euro.
Cari esaltatori: la sentenza definitiva conferma l’incontro del 1974 tra Berlusconi, Dell’Utri e i capimafia Francesco Di Carlo, Stefano Bontate e Mimmo Teresi, raccontato tra l’altro dallo stesso Di Carlo, collaboratore di giustizia. In uno degli uffici del futuro presidente del consiglio, in foro Bonaparte a Milano, fu presa la “contestuale decisione di far seguire l’arrivo di Vittorio Mangano presso l’abitazione di Berlusconi in esecuzione dell’accordo” sulla protezione ad Arcore. La sentenza scrive nero su bianco del “tema dell’assunzione -per il tramite di Dell’Utri- di Mangano ad Arcore come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa nostra” e del “tema della non gratuità dell’accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l’esecuzione di quell’accordo, essendosi posto anche come garante del risultato”.
Cari commentatori, state esaltando un uomo che definì “eroe” Vittorio Mangano perché si era rifiutato di parlare davanti agli inquirenti. Volendo allargare il campo, siete pieni di fremiti democratici e garantisti per uno che disse: «Mussolini ha perso la guerra perché era troppo buono»· Si apra pure il dibattito sul processo sulla Trattativa ma per favore non insozzate la Storia con una mistificazione della realtà. Altrimenti viene il dubbio davvero che tutta questa gioia sia un favoreggiamento giornalistico alla mafia sotto le mentite spoglie del garantismo. Per favore, un po’ di serietà, dai, su.