Roberto Saviano polarizza. Succede a lui, succede per le parole di Michela Murgia, accade in questo Paese a chiunque abbia un’esposizione pubblica che decide di usare non rimanendo tra le righe di un dibattito che tende a normalizzare, talvolta anche a dignificare ciò che non è degno.
Il processo di una presidente del Consiglio contro uno scrittore (ovvero di una capa di governo che occupa un tribunale per una resa dei conti sproporzionata nei ruoli, anche se legittima) avviene perché nel 2020 in una trasmissione televisiva Saviano parlando della morte di un bambino della Guinea durante una traversata nel Mediterraneo, affermò: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: taxi del mare, crociere… ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”. “Dopo l’intervista a Saviano nessuno ha chiesto rettifiche o mandato diffide né tantomeno è stata chiesta la rimozione del video”, ha spiegato ai giornalisti il conduttore di quella trasmissione, Corrado Formigli.
A quel processo non si presenterà la querelante, Giorgia Meloni. È curioso che una presidente del Consiglio che imbastisce un processo contro un cittadino non accetti di presentarsi in Aula ma è anche significativo: Meloni non ha nulla da dire, ciò che le serve è solo la lezione del “punirne uno per educarne cento”. Missione compiuta. Il giornalismo paludato racconta spesso quelle udienze con la vischiosità di chi non ha nemmeno bisogno di essere censurato perché si censura da solo.
Nel frattempo, in quegli stessi anni, il ministro dell’Inferno Matteo Salvini scorrazzava per giornali e televisioni definendo la capitana della nave Sea Watch 3 Carola Rackete “sbruffoncella, fuorilegge e delinquente”. La sua colpa era quella di avere forzato le decisioni del ministro Salvini dopo aver salvato 53 persone. La giustizia italiana ha sancito che Rackete abbia fatto benissimo. Anzi, la giustizia italiana sta processando Salvini per aver costretto 160 persone ad attendere a bordo dell’Open Arms 19 giorni prima di poter sbarcare in un porto sicuro nell’agosto del 2019. Rackete, come Giorgia Meloni, ha chiesto di poter avere un processo per la diffamazione continua del ministro Salvini. Il Senato ha negato l’autorizzazione.
Così siamo al punto in cui una presidente del Consiglio trascina in tribunale uno scrittore e una cittadina deve intascarsi gli insulti di un ministro salvato dai suoi senatori.
Bastardi non so ma vigliacchi di sicuro.
Buon giovedì.