Immancabile, a Verona, scende in campo il vescovo. Che accada in una delle città più neofasciste d’Italia (dove associazioni come Circolo Pink Lgbte Verona, Sat Pink Aps, Pianeta Milk Verona, Non una di Meno Verona, Yanez, Udu Verona, Rete degli Studenti Medi Verona, Eimì sono al fronte per difendere i diritti) non è un caso. Monsignor Giuseppe Zenti lo scorso 18 giugno ha preso in mano la penna per vergare una lettera ispirata da uno spirito tutt’altro che santo per ricordare a sé stesso «e ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia».
Al netto di questa spiritualità meschina l’invito è quello di votare al prossimo ballottaggio per le elezioni amministrative in città il sindaco uscente Federico Sboarina, candidato di Lega e Fratelli d’Italia, preferendolo all’ex calciatore Damiano Tommasi (sostenuto dal Pd, M5s e liste civiche). Del resto parliamo dello stesso vescovo che nel 2015 scrisse agli insegnanti di religione per condividere il programma elettorale di una candidata della Lega alle elezioni regionali. È lo stesso personaggio che sul ddl Zan disse che «l’omosessualità praticata non è un valore agli occhi di Dio» scrivendo, dimostrando di avere poca capacità di comprensione delle leggi, «auspichiamo che si possa continuare a dire, che non resti traccia nel ddl di bavagli o di possibili carceri. Sarebbero residuati da Gestapo».
Essere gretti nel nome di dio dovrebbe essere peccato, nel mondo dei comandamenti giusti. Il vescovo Zenti mostra tutto il suo buio nelle lettere che scrive e nei modi in cui le scrive.
Per avere idea di come sia più arioso e libero il mondo basta buttare l’occhio sul documento politico del Comitato Verona Pride 2022: «La nostra Verona sta reagendo, stiamo costruendo una comunità democratica forte e coesa, le cui discussioni infervorano sempre di più gli spazi di confronto. Solo attraverso questo movimento politico possiamo aprirci a tutte le soggettività con le quali percorrere questo cammino. “Casa nostra” è dove siamo. I nostri corpi sono “case nostre”. Tutto il mondo è “casa nostra”. Ma se tutto il mondo è casa nostra, allora, anche la piazza lo è, e non possiamo più farci marginalizzare né accettare le violenze che ci infliggono. Dobbiamo continuare a ripopolare le piazze, a farle nostre, ed è compito di tuttз tenere il passo per vivere la città in una forma nuova. Plasmiamo la società che desideriamo, cominciando con l’educare chi – in buona o in malafede – non conosce l’Abc del vivere insieme. Ecco quindi che le nostre rivendicazioni devono essere intersezionaliste e vigili sulle esigenze collettive. Facciamo di Verona una grande piazza in cui insegnare a chi la vive come rispettare il diritto di tuttз all’autodeterminazione».
Il personale è politico, sempre. Se la Chiesa si butta in politica trascinata dalle idee mediocri di un monsignore non resta che combatterla.
Buon martedì.
Nella foto: Monsignor Zenti al Congresso delle famiglie, Verona, 29 marzo 2019