Dopo una settimana passata in scena al Teatro della Cooperativa con L’amico degli eroi davvero possiamo dire che abbiamo fatto qualcosa di grande. Anzi, principalmente l’hanno fatto quei quasi 200 produttori che hanno deciso di investire su un modo (il palcoscenico) e un argomento (Marcello Dell’Utri, la mafia e Forza Italia) che in molti verrebbero convincerci che è vecchio, desueto e non più funzionale. E invece questa settimana è stata una settimana politica: a troppi farebbe comodo che la memoria della sentenza di condanna di Marcello Dell’Utri sia diluita dal tempo e dal silenzio. Del resto Dell’Utri è il capopopolo di quel partito (che era la prima versione di Forza Italia) che ha allevato una generazione politica che tutt’oggi riveste posizioni apicali. Il segretario per molti anni, ad esempio, se non sbaglio è il Ministro degli Interni, diventato Ministro degli Interni senza mai spendere una parola sulla verità giudiziaria che afferma di un chiaro legame tra Forza Italia e alcuni esponenti di Cosa Nostra.
Questo significa che dovrebbero essere quindi tutti mafiosi? Anticipo subito la domanda prima che qualche saputello della peggior specie esca con le solite banalizzazioni: no certo. Ma forse non varrebbe la pena osservare (e ricordare) chi almeno prende le distanze da discutibili comportamenti di quadri dirigenti del proprio partito? Perché, cercate pure, non troverete mai una parola che sia una, da parte dei nuovi convertiti del centrodestra sulla conclamata mafiosità che ha gestito negli ultimi decenni questo Paese.
E anche il libro (che è poi la cassetta degli attrezzi per smontare e rimontare il processo) sta raccogliendo ottimi pareri. Insomma: dobbiamo migliorarci ma siamo a buon punto. E il sorriso dei coproduttori in sala è la gratificazione più bella.