ActionAid ha predisposto un piano contro la violenza sulle donne che è un punto programmatico già pronto per la politica chiaro, semplice. Un gioiello.
Azzerare la violenza sulle donne è prima di tutto una battaglia culturale: probabilmente la più importante, capace di trasformare l’intera società. È possibile se la si assume come una priorità di tutti noi, a tutti i livelli, non solo relegata a una politica, a un dipartimento, a un Ministero, ma come sfida e impegno per tutto il Paese, in cui ciascuno di noi, a partire dai gesti più semplici che scandiscono la nostra quotidianità, può fare la differenza. Nessun candidato che ambisce a rappresentarci dovrebbe chiamarsi fuori da questo impegno, nessun partito può esimersi dall’identificare azioni chiave per perseguire questo ambizioso, ma realizzabile obiettivo. Un Ministero per le Pari Opportunità, con potere di spesa e coordinamento di azioni interministeriali è il minimo requisito per un Governo che dichiara di accettare la sfida per una società meno diseguale e meno discriminatoria.
Non può esserci vittoria nella battaglia alla violenza sulle donne senza una strategia ben chiara, definita nelle attività e programmata nel tempo. Per questo, ActionAid chiede l’attuazione del Piano Nazionale Antiviolenza 2017-2020, e che esso sia seguito da Piani successivi negli anni a venire, finanziati e monitorati, per assicurare stabilità in termini di azioni strutturali e finanziamenti. Il Piano attuale dovrebbe ispirare l’azione di istituzioni, cittadini, scuole, media per i prossimi 3 anni. I fondi sono stati annunciati e sono in aumento rispetto a quanto stanziato finora. È importante che il Piano e i finanziamenti procedano di pari passo, il più possibile in maniera integrata nella pianificazione degli interventi e nella loro valutazione. Il Piano dovrà essere conosciuto e al centro dell’azione coordinata tra i Ministeri, in uno sforzo di alto livello di impegno istituzionale.
Quote significative degli ultimi stanziamenti non sono state utilizzate. Inoltre è difficile ricostruire la filiera di spesa di larga parte delle risorse. Questa situazione fa perdere fiducia agli attori e alle attrici che lavorano contro la violenza nella capacità del sistema di usare a pieno le risorse disponibili. Affinché i fondi siano utilizzati efficacemente e le azioni tracciate e valutate, serve che entrambi questi elementi siano costantemente monitorati tramite un sistema che garantisca accesso ai dati amministrativi e finanziari, così come trasparenza e puntualità nella rendicontazione.
ActionAid chiede l’attivazione di nuove e più efficienti forme di assistenza e sostegno alle donne che subiscono violenza e ai/alle loro figli/figlie. A partire dal sostegno ai Servizi territoriali (sociali e di inserimento lavorativo) dei Centri antiviolenza e degli altri attori sociali (imprese, forze dell’ordine, sindacati) che entrano in gioco in queste circostanze, in particolare per facilitare l’empowerment economico delle donne. L’accesso al mondo del lavoro, il sostegno al reddito durante il percorso di uscita dalla violenza, strutture di accoglienza di secondo livello e il rafforzamento dei centri nella loro capacità di interpretare bisogni economici e fornire orientamento alle donne che hanno subito violenza sono azioni prioritarie sulle quali investire con determinazione.
La prima cosa di cui c’è bisogno dopo aver subito una violenza, è protezione. Per questo ActionAid chiede il rafforzamento delle reti che uniscono e mettono in collaborazione tra di loro tutte le istituzioni, le associazioni e gli organismi del privato sociale operanti nel sostegno e nell’aiuto alle donne che subiscono violenza e ai loro figli. Più sinergia, più coordinamento, più efficienza, in poche parole: più protezione.
Le nuove generazioni, i nostri figli, devono imparare fin da subito a relazionarsi in modo inclusivo, rispettoso e non discriminatorio nei confronti degli altri. Spetta alla scuola educare fin da piccoli gli adulti di domani, sensibilizzando e formando gli studenti per prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere. Le scuole e gli attori del privato sociale possono essere incoraggiati nella promozione di percorsi educativi che coinvolgano bambini, adolescenti e ragazzi oltre al personale docente e alle famiglie. Finanziamenti adeguati a tal fine vanno previsti per non far sì che restino azioni isolate o lasciate alla buona volontà delle istituzioni scolastiche.
Rifiutare gli stereotipi e non tollerare sessismo anche nella politica è una condizione imprescindibile per costruire un dibattito pubblico rispettoso, inclusivo, che sia di esempio per il dialogo tra cittadini e cittadine.
Le mutilazioni genitali femminili devono tornare a essere una priorità dell’azione di contrasto alla violenza, in un’ottica di dialogo e di integrazione delle comunità migranti presenti in Italia. Si stima che diverse migliaia di donne e ragazze abbiano subito nei paesi d’origine la mutilazione degli organi genitali. Bambine e giovani donne possono essere a rischio di subire le suddette mutilazioni al loro rientro nei paesi d’origine: un’azione di prevenzione nei luoghi educativi e nei presidi della salute e dell’istruzione italiani è cruciale. Per continuare a combattere questa pratica, chiediamo al futuro Governo italiano di assicurare azioni strutturali e continuative nel tempo per prevenire le mutilazioni femminili, con risorse adeguate e certe, valorizzando in particolare le attività che mirano al coinvolgimento delle comunità provenienti da Paesi dove il fenomeno è ancora diffuso.
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