Lui aveva giurato di essere sicuro della sua innocenza. L’avevano giurato, mettendo la mano sul fuoco, anche molti dei politici della maggioranza e molte autorevoli firme di giornali di destra (e del cosiddetto Terzo polo). Il ritornello era sempre lo stesso: “giustizia a orologeria”, “accuse infondate” e tutta la letteratura dei garantisti de noantri, sempre pronti a difendere la categoria.
Invece Giovanni Toti, ex presidente della Regione Liguria, si è accordato, attraverso il suo avvocato Stefano Savi, con la Procura di Genova per patteggiare (che tecnicamente non è un’ammissione di colpa) una pena di due anni e un mese, da scontare tramite 1.500 ore di lavori di pubblica utilità che andranno definiti prossimamente, e la confisca di 84.100 euro.
Ora toccherà al gup valutare la congruità della pena patteggiata ma è evidente che il professato innocente ci abbia ripensato spiazzando persino i suoi supporter. L’ex presidente della Liguria si dice “amareggiato” per “non avere perseguito fino in fondo” le sue “ragioni di innocenza” ma un innocente che cerca il patteggiamento è una favola troppo grossa anche per questo fantascientifico centrodestra.
Oggi sui giornali non leggerete nessun mea culpa. La responsabilità ricade sempre sulla magistratura sporca e cattiva che ha costretto il povero politico “a scendere a patti”. Emerge comunque una considerazione: in questo Paese di questi tempi vanno in carcere i ragazzotti di Caivano, vanno in carcere i sospettati ingiustamente di terrorismo e i poveri cristi. Gli altri non ci finiscono quasi mai.
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