Alla luccicosa Scala di Milano (buona per le sfilate della prima dei presunti vip presuntuosamente amministratori con dietro tutta la coda delle sciantose) c’è un’addetta alla lavanderia con in tasca un contratto stagionale. Niente di strano, se non fosse che la “stagione” della signora dura per 11 mesi su 12 (ovviamente Agosto escluso) e ogni anno viene regolarmente rinnovata per la successiva: un cronico precariato di manovalanza con una parentesi estiva quanto basta per camminare sul bordo dell’annichilimento dei diritti dei lavoratori. Una collaboratrice sull’orlo del professionismo garantito se non fosse per un Agosto di troppo.
Eppure nel tempio milanese della lirica sono centocinquanta i “quasi professionisti per un pelo”: ballerini, orchestrali, coristi, coreografi, ma anche tecnici, falegnami, costumisti, truccatori e altre maestranze. Persone che sono state per anni (come la stragrande maggioranza dei precari in genere) prese in giro da leggine e decretini fatti apposta per impedire delle assunzioni regolari. Fino al 2005, quando “l’addetta alla lavanderia” riesce ad ottenere dal tribunale un’assunzione a tempo indeterminato. La sentenza parla chiaro: lavorare 11 mesi su 12 non può essere considerata una collaborazione stagionale. E così molti altri hanno seguito l’esempio: rivolgersi al tribunale per vedere riconosciuti i propri diritti da lavoratori. Battaglie che ricordano fabbriche mediorientali, cantieri sommersi, ordinarie storie di immigrazione e invece accadono nella bomboniera della lirica mondiale.
Alla guida del Ministero per i Beni e le Attività Culturali siede un poeta dilettante ministro a tempo perso. Sandro Bondi è un ministro con una concezione palindroma delle trattative politiche: è arrabbiato per la reazione “irresponsabile” dei sindacati dei lavoratori dello spettacolo perché – racconta con il broncio – ha fissato proprio con loro un appuntamento per discutere della sua riforma per gli Enti Lirici. Nel frattempo (per sbadataggine concessa da sempre ai poeti) ha redatto e pubblicato un decreto: DECRETO-LEGGE 30 aprile 2010, n. 64, Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attivita’ culturali. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e con decorrenza (per un gioco di assonanze) a partire proprio da quel primo maggio che davanti alle lotte dei lavoratori dovrebbe togliersi il cappello.
Bondi tratta una decisione cinque giorni dopo averla presa: un commediografo.
In quel decreto c’è il divieto assoluto di assumere a tempo indeterminato o di nominare concorsi, fatta eccezione per «quelle professionalità artistiche, di altissimo livello, necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza, previa autorizzazione del Ministero». Ovvero: le star, i grandi nomi, che riempiono le platee e brillano di luce propria. Per gli addetti alla lavanderia, truccatrici, sarte, tecnici è tutto da rifare. Il decreto prevede di annullare le assunzioni derivate da queste cause, e punta a sterilizzare le parti della legge 368 del 2001, cioè proprio quelle che finora hanno permesso ai precari di vincere le cause.
Un indulto precarizzante in piena regola. Un golpe come una spugna.
Chissà come si presenteranno l’assessore alla cultura (volutamente minuscola) Massimiliano Finazzer Flory, il sindaco Moratti e il neo assessore regionale Massimo Buscemi alla liturgia della Prima con tenori malvestiti e struccati. Chissà che non servano luci spente sul proscenio come tentativo ultimo di raccontare quanto siano fondamentali sopra un palco coloro che lavorano dietro alle quinte.
Comunque vada la Prima finirà celebrata sulle televisioni di tutto il mondo; del resto ci sono centometristi campioni del mondo con scarpe a forma di bambino. E’ lo spettacolo, bellezza.
Stiamo organizzando (oltre ad azioni nel Consiglio Regionale che si insedierà la prossima settimana) una serata di sensibilizzazione. Attori, musicisti, artisti, lavoratori interessati possono scriverci a staff@giuliocavalli.it