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Altro che Piano Mattei, dimezzati gli aiuti all’Africa

Lo chiamano, con poco pudore, Piano Mattei. “Ci stiamo lavorando”, soprattutto “ascoltando e coinvolgendo i Paesi africani” assicura la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L’ambizione è di presentare al mondo in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa, il prossimo ottobre. Fare di più per l’Africa, per fare fronte alle tante emergenze umanitarie, a partire da quella somala che per l’Onu è “una delle peggiori crisi umanitarie al mondo”, e contenere i flussi di migranti illegali.

Ma anche per sostenere lo sviluppo economico e la stabilizzazione sociale di Paesi nei quali altrimenti, senza un “ruolo forte” dell’Italia e dell’Europa si aprono inevitabilmente le porte “all’ingresso di altri attori”. Sin dal suo discorso d’insediamento alla Camera dei Deputati, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto riferimento a un Piano Mattei per l’Africa e il Mediterraneo definendolo “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”.

Il Piano Mattei è una variante dell’aiutiamoli a casa loro

Lo chiamano Piano Mattei ma è sempre lo stessa roba, non diversa dall’idea che un altro premier lanciò non troppi anni fa. “Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro”: non è la frase del primo Bossi e non è nemmeno uno slogan preparato per Facebook dall’ultimo Salvini. La frase sta in un libro dell’ex leader del centrosinistra italiano, Matteo Renzi, quella parte che per anni, per storia, per temperatura emotiva, aveva la solidarietà sempre in tasca, mica quella pelosa, la solidarietà che è la regola non scritta per cui una mano tesa va raccolta, sempre.

Il Piano Mattei è una variante dell’aiutiamoli a casa loro, che da queste parti funziona da tempo per la propaganda. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rilanciato: l’Europa deve fare di più per l’Africa, ha intimato. Ma come va questo inizio di Piano Mattei? Non benissimo a giudicare dai dati preliminari per il 2022 da parte del Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

Nel 2022 ben il 14,4% dell’aiuto pubblico allo sviluppo globale (Aps) è rimasto nelle tasche dei Paesi ricchi, anziché essere destinato a migliorare le condizioni di vita nelle aree più povere del pianeta. In particolare esplode la voce “dei costi dei rifugiati nel paese donatore”, arrivati alla cifra record di 29,3 miliardi di dollari, con un più 134% rispetto al 2021. In altre parole, quanto trattenuto dai Paesi donatori per interventi entro i confini nazionali è superiore all’aumento complessivo degli aiuti globali (+13,6%), passati da 186 miliardi nel 2021 a 204 miliardi nel 2022.

Le promesse tradite

Oxfam l’ha denunciato già da qualche mese ma nessuno sembra essersene accorto. “In un momento in cui decine di milioni di persone nei Paesi più poveri e vulnerabili stanno lottando per sopravvivere agli effetti di guerre, della crisi climatica e dell’inflazione, i Paesi ricchi hanno trasformato le loro promesse di aiuto in una farsa. – spiegava Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia su finanza per lo sviluppo –. Quasi 30 miliardi sono stati considerati erroneamente come aiuto allo sviluppo ‘genuino’, senza esserlo. In realtà si tratta di un aumento scritto sull’acqua. Buona parte è stato destinato a far fronte all’accoglienza dei richiedenti asilo entro i confini nazionali soprattutto dei rifugiati ucraini, senza il doveroso stanziamento di risorse aggiuntive. Un’altra quota è invece stata contabilizzata per il secondo anno consecutivo, considerando il costo delle donazioni di vaccini Covid, costituiti da scorte di magazzino già acquistate per le necessità nazionali ad un alto prezzo di mercato”.

In questo scenario l’Italia è un esempio emblematico di un trend di aumento solo fittizio delle risorse destinate all’aiuto pubblico, ossia a sradicare la povertà nei Paesi in via di sviluppo. Il nostro Paese passa infatti dallo 0,29% del 2021 allo 0,32%del 2022 di Aps in rapporto al reddito nazionale lordo, con un aumento sulla carta del 15%, cioè da 6,085 miliardi di dollari a 6,468. Come sostiene però la stessa Ocse nei giudizi sulle tendenze dell’aiuto dei vari paesi, “si tratta di un aumento esclusivamente dovuto alla quota dei costi dei rifugiati nel Paese donatore, senza il quale l’aiuto allo sviluppo diminuirebbe”.

Altro che Piano Mattei, solo un taglio agli aiuti

Nel frattempo, in termini reali resta un miraggio il mantenimento dei solenni impegni presi oltre 50 anni fa e ribaditi nel 2015 con l’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. In particolare quello di raggiungere lo 0.70% rispetto al reddito nazionale lordo in aiuto allo sviluppo. Soprattutto perché, al di là delle percentuali, si allontanano gli obiettivi di sostenibilità sociale, ambientale e di lotta alla povertà estrema, considerando che questi indicatori peggiorano in 9 Paesi su 10.

E l’Africa I numeri parlano. Gli ultimi dati Ocse-Dac ci dicono che gli aiuti all’Africa diminuiscono del 7% a livello globale e l’Italia li ha più che dimezzati. Si dice “aiutiamoli a casa loro” ma sostanzialmente si bussa alla loro porta per chiedere di aiutarci a chiudere i confini di casa nostra. Accade da anni in Libia, accade ora con la Tunisia. I Paesi africani per Giorgia Meloni sono semplicemente i sicari di una politica che ha bisogno di essere travestita da aiuto umanitario per essere più digeribile. Trovata una maschera decente si può fare di tutto, persino chiamare Piano Mattei un taglio drastico agli aiuti ai Paesi devastati dalla fame, dalla siccità e dalle guerre. Durerà finché regge la narrazione. Quindi durerà poco, pochissimo.

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