Succede sempre così: se il mondo che ci circonda non corrisponde alla nostra idea di mondo ci impuntiamo come patetici indignati telecomandati.
Se Charlie Hebdo sfancula l’Islam (che odiamo poiché lo temiamo) allora tutti che reclamano la libertà di satira. In realtà scrivono “libertà di satira” ma intendono un fantomatico diritto di piasciare smargiassi sui propri nemici. La satira, in quel caso, è intesa come diritto di sottendere schifo verso gli altri. Se la satira attacca noi (la religione e in questo caso il traballante Paese che si sbriciola ogni terremoto) allora ci invertiamo: “e no, e non si può, e ci vuole rispetto!”. Qualcuno in queste ore addirittura scrive “hanno fatto bene a sparargli, a questi di Charlie Hebdo”.
Che brivido il conformismo benpensante. Che pena il sindaco di Amatrice che non ci spiega della ricostruzione della sua scuola e si indigna per la vignetta. Che pena questa rivolta sui social che non s’è accorta di un condannato nella squadra nominata a ricostruire Amatrice (basta leggere qui), che ha dimenticato gli “inciampi” di Errani (eccoli qui), che abita spesso sotto cemento mafioso depotenziato, che è convinta che L’Aquila sia stata ricostruita e si coagula invece intorno a una vignetta. Un’orda di rabbia vendicativa che ha lo stesso conato degli integralisti. Islamici, italiani, ipercattolici: le mandrie indignate che non riuscendo a cambiare il mondo pretendono di non essere disturbate dal mondo.
Tutti alla ricerca di un luogo in cui non dovere fare fatica, in cui essere sempre d’accordo. Il pensiero unico come sogno della nuova borghesia morale. E poi ci si lamenta di avere una classe dirigente riducibile a piazzisti, pubblicitari e comunicatori turbospinti.
E nessuno si accorge che la vignetta ha funzionato. Un’altra volta ancora.