(la recensione originale è qui)
GIULIO CAVALLI, scrittore e autore teatrale, da tempo impegnato nella lotta contro le mafie, ha scritto un romanzo importante, di grande impegno civile, di altissimo valore morale e di denuncia, che andrebbe antologizzato e studiato a scuola, come punto di partenza, testimonianza per capire e approfondire il discorso sulla legalità.
Il romanzo è ispirato alla storia vera della famiglia Landa. La vicenda è ambientata a Mondragone, che “è un paese per gente di poche parole, ma che a occhiate sa farsi capire eccome.“
Lì vive Michele Landa, il quale non è un eroe e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e vivere felicemente con la sua famiglia, costituita da moglie e quattro figli.
Ma la vicenda inizia molto prima, quando Michele, orfano, vive con il nonno che è il suo punto di riferimento, colui che gli insegna come vivere o sopravvivere a Mondragone.
“Qui non esistono carabinieri o polizia; qui a Mondragone ci sono le guardie e i ladri, bianco e nero e tutto in mezzo gli altri che sono altri per il tempo che serve a decidere se nella vita vuoi essere bianco o nero, guardia o ladro: abitare tutta la vita semplicemente lì in mezzo è possibile. Può essere che tu non te ne accorga, ma sei già o sporco di bianco o sporco di nero.“
A Mondragone, inoltre, serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei Torre e con l’omertà dei compaesani.
Michele impara molto dal nonno: la saggezza per riuscire a vivere con dignità ed onestà senza scontrarsi con i Torre. “Bravo, Michele! Vedete? Michele ha imparato come si vive a Mondragone.“
Michele, infatti, ha imparato davvero quali sono le regole e i compromessi per poter sopravvivere ed altro non chiede di fare con l’amata Rosalba, i figli e la nipotina, Michelina, mentre rapidamente scorre il tempo che lo porta a poche settimane dalla pensione. “Qui le brave persone per difendersi diventano invisibili.“ È così che si vive in una terra paralizzata dalla paura.
Come anticipato dal titolo, MIO PADRE IN UNA SCATOLA DA SCARPE, il finale è dolorosamente tragico, ma durante la lettura lo si dimentica, tanto si vorrebbe la storia avesse un epilogo diverso.
Con una scrittura coinvolgente, sintetica, dinamica, incisiva, lo scrittore GIULIO CAVALLI ha il coraggio di raccontare un’Italia di cui non si parla abbastanza, quella dimenticata e indifesa, di chi cerca di sopravvivere dove la legalità è soltanto un concetto astratto non preso in considerazione da nessuno, nemmeno da chi dovrebbe tutelare i più deboli. “I morti meriterebbero di essere presi in considerazione.“