Nell’articolo 2 del «Decreto legge recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» si dice che i testimoni di giustizia possono essere assunti nelle Pubbliche Amministrazioni. Ed è una gran bella notizia: prima di tutto perché equipara la figura del testimone di giustizia a quella dei famigliari di vittime di mafia (nei diritti lavorativi) e quindi sancisce l’importanza di due figure chiave nell’ecologia morale di questo Stato e poi perché, simbolicamente, determina l’assunzione in tutte le sue forme.
Si può assumere qualcuno non solo dal punto di vista professionale ma anche, e soprattutto, assumendosene la responsabilità di vita, di tutela e di dignità. E da oggi l’Italia decide finalmente di farlo in una forma più completa e responsabile.
E’ un’assunzione senza bisogno di cielo ma con tanta lungimiranza terrena.
E secondo il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico (che presiede la Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciale misure di protezione, organismo che ha il compito di definire le speciali misure di protezione per i testimoni e collaboratori di giustizia) la misura riguarderà potenzialmente un’ottantina di persone.
L’obiettivo, spiega Bubbico, “è quello di mettere in campo strumenti di premialità per i testimoni in modo da incoraggiare un atto di responsabile cittadinanza da parte di chi ha potuto assistere a vicende criminose”.
Naturalmente, sottolinea, “la priorità è quella di garantire la sicurezza di queste persone, perché un testimone per fatti di mafia corre rischi. Con questo provvedimento – aggiunge – si estende ai testimoni di giustizia la norma già in vigore per vittime del terrorismo e della criminalità organizzata che prevede un percorso preferenziale per l’assegnazione di un posto di lavoro nella Pubblica amministrazione”. I testimoni di giustizia, ricorda il viceministro, “sono costretti a lasciare il luogo dove vivono e lavorano, ad abbandonare le attività economiche, a subire il trauma dello sradicamento e dunque è giusto sostenerli con un’opportunità occupazionale che consenta loro di ricostruire un proprio profilo professionale superando la precarietà in cui spesso sono costretti a vivere”. Sarà successivamente un decreto del ministero dell’Interno a stabilire le modalità di attuazione del provvedimento.