In Corte d’Appello giustizia più… lontana
Nonostante le decisioni dei Tribunali e il rinvio della questione al vaglio della Corte di giustizia Ue, il governo e la maggioranza non demordono. E con gli emendamenti al decreto-legge n. 145/2024, il cosiddetto “decreto flussi”, va in scena l’ennesimo tentativo di arginare l’ostacolo del diritto e della giurisprudenza Ue. Come? Trasferendo la competenza sulla convalida dei trattenimenti delle persone migranti dalle sezioni specializzate dei tribunali ordinari direttamente alle Corti d’Appello.
Una giustizia più distante
Un dettaglio tecnico, si potrebbe pensare. Ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli, e qui non c’è nemmeno bisogno di scavare troppo. “Così si stravolge il sistema giudiziario”, ha denunciato senza mezzi termini l’Associazione nazionale magistrati.
L’Anm è preoccupata per l’inevitabile carico di lavoro che andrà a colpire le Corti d’Appello, già stremate da arretrati che non fanno che aumentare. “La modifica – spiegano i magistrati – rischia di paralizzare ulteriormente il sistema, aggravando i ritardi e compromettendo l’efficienza della giustizia”. Ma c’è di più, perché dietro ai numeri dei fascicoli che si accumulano si intravede il profilo di chi paga davvero il prezzo: le persone migranti. “Un attacco al diritto di difesa”, ha dichiarato l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che parla di un disegno politico preciso. Più alto è il tribunale, più lontano è il diritto.
Le Corti d’Appello sono poche, sparse in modo disomogeneo sul territorio, e molte persone rischiano di trovarsi impossibilitate a partecipare ai propri procedimenti per i costi e le difficoltà logistiche. E senza la presenza diretta dell’interessato, il rischio di una giustizia sommaria diventa quasi certezza. Dietro l’apparente tecnicismo, c’è una manovra di controllo che non sfugge nemmeno ai giuristi più prudenti. Scoraggiando e rendendo più difficoltosi i ricorsi. C’è chi arriva a spingersi anche oltre. “Un tentativo di scegliere i magistrati più allineati” (ma fino a che punto quando in ballo c’è l’applicazione del diritto? ndr), si legge su Pressenza in un articolo firmato da Antonio Mazzeo, che parla di “una lesione del principio di separazione dei poteri”.
E poi c’è il principio del giusto processo che rischia a sua volta di essere compresso. “Le sezioni specializzate dei tribunali ordinari hanno esperienza e competenza specifica”, sottolinea ancora l’Asgi. Spostare tutto alle Corti d’Appello significa perdere quella sensibilità maturata negli anni, sostituendola con la freddezza burocratica di un’istituzione pensata per il secondo grado di giudizio, non per i primi accertamenti. Risultato: compressione dei diritti, ricorsi più difficili.
Diritti compressi
La strategia è quella di alzare barriere, non solo fisiche ma anche giuridiche. È una partita a scacchi giocata sulla pelle delle persone migranti, che si vedono allontanare sempre di più da una giustizia accessibile. Una giustizia che, quando funziona, è una delle poche difese contro il potere. Il tutto in un clima di silenzio assordante.
Il dibattito parlamentare è svuotato, ridotto a una corsa per blindare un decreto senza ascoltare chi lavora sul campo, chi conosce i meccanismi della giustizia e chi vive sulla propria pelle queste decisioni. Ma la verità è che questo silenzio è voluto: più è forte la barriera tra cittadini e giustizia, più il potere resta intoccabile. E se le sezioni specializzate dei tribunali civili sono troppo “scomode”, meglio trasferire tutto altrove, magari in un ufficio distante, anche fisicamente.
Questo è il nuovo volto della giustizia italiana: lontana, più difficile da attivare, selettiva. “Un accerchiamento dei diritti fondamentali”, lo ha definito Giovanni Tizian su Domani. In questa logica il decreto flussi, dietro al nome innocuo, non è che l’ennesimo tassello di una politica che sta trasformando i diritti in un lusso per pochi.
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