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Giulio Cavalli

Carcere e diritti umani: chi ce lo fa fare?

penitenziario_progetto_Maria Fux_danzaterapia_danza_Valentina_Vano_Milano_riabilitazione_sociale_arti terapie_carcereUna riflessione del Comandante della Casa Circondariale di Chieti Valentino Di Bartolomeo che in carcere ci lavora e che vive la quotidianità di una situazione che ha bisogno di condanne europee per fare notizia una volta all’anno. Eppure in questi due anni eravamo proprio in pochi a visitare con insistenze le carceri lombarde (approdo facile, tra l’altro, di troppi nostri colleghi consiglieri regionali) e ogni volta è un dolore per un dramma che non riesce a soffiare all’esterno tra le sbarre. Una Lombardia più attenta e etica per il futuro non può non passare da un Garante che lo sia davvero e una commissione che costringa il Governo ad intervenire, almeno a dare una risposta. Una risposta diversa da un “eh, sì ci dispiace” recitato una volta all’anno.

Già mesi addietro avevo espresso le mie perplessità circa l’uso del termine sovraffollamento riferito al contesto carcerario italiano, perché a mio giudizio evoca la spontaneità dell’afflusso di persone verso luoghi di festa e quindi con l’espressione “sovraffollamento” si riesce ad edulcorare la situazione amara dei luoghi di pena della Penisola (le isole le hanno sconsideratamente chiuse da anni). Nel caso del carcere faremmo meglio ad esprimerci con il termine di “ammucchiamento”, perché i detenuti così stanno, “ammucchiati”. E’ infatti condivisibile la teoria secondo la quale le carceri scoppiano di gente solo perché la società “inventa” reati ed attua così il controllo sociale.

Oggi, 8 gennaio 2013, mentre da solo a casa consumavo un panino, il telegiornale mi ha informato, in prima notizia, che l’Europa ha condannato ancora l’Italia per violazione dei diritti umani nelle nostre prigioni, ove gli spazi sono angusti, le condizioni minime di dignità non sono garantite, i detenuti convivono ammucchiati. Non solo per una questione di metri quadri a disposizione, quanto per le carenze di attività, per quello che nel gergo carcerario si definisce “ozio forzato”. Gli addetti ai lavori ed i detenuti lo sapevano e lo sanno che nelle carceri si vive male.

Ascoltando il telegiornale però ho scoperto che anche il Ministro si aspettava che l’Europa ci condannasse, anche il Ministro condivide lo stigma verso le condizioni di detenzione, anche il Ministro si è messo nella posizione di coloro che hanno condannato le condizioni di vita in cui vengono costretti i detenuti.

Eppure mi hanno insegnato che il Governo, l’Amministrazione, i mega dirigenti, sono bravi se riescono a gestire bene con le risorse che hanno: economiche, umane, strutturali, normative. L’acqua usata da Pilato per lavarsi le mani, oggi è stata sostituita da una espressione semplice ed abusata: “Io lo avevo detto, io lo avevo previsto”. Quanto ci piacerebbe sentire: “Con il poco che ho, questo è quello che ho fatto”; facendo seguire all’incipit l’elenco del quanto fatto.

Io sono un addetto ai lavori. Sento solo slogan e frasi coniate: sorveglianza dinamica, regime aperto, riperimetrazione degli spazi. Nessuno che spieghi, con parole semplici, quale articolo dei Decreti abbia fatto modificare o proposto di modificare, quale circolare abbia elaborato, quale filosofia della pena condivida (se ancora esiste una filosofia della pena).

Ed anche: se la Corte di Strasburgo ci ha concesso un anno di tempo per adeguare il trattamento riservato ai detenuti agli standard europei di dignità, il Ministro e l’Amministrazione hanno un progetto o vorranno ancora lamentarsi di una presunta inerzia del Senato? E gli oltre 500 ricorsi già incardinati avanti la Corte europea dei diritti dell’uomo?

Non sono pervenute circolari a firma del Ministro, nemmeno del Sottosegretario. Non dico che avrebbero risolto il problema ma almeno lo avrebbero definito compiutamente, analizzato, fornito di legittimazione politica nelle proposte di soluzione. Macchè! La politica, anche questa politica dei tecnici, mi pare si tenga ben lontana dai problemi del carcere e del cosiddetto “sovraffollamento”. Si tiene lontana dalla dignità dell’uomo.

Ma, soprattutto, la governance, (come si fa chiamare oggi per non essere identificata), sconosce anche le buone prassi di chi veramente lavora e non le utilizza per evitarci le condanne dell’Europa. Ed allora, a lavorare bene senza che ci venga almeno riconosciuto, chi ce lo fa fare?

ma che poi chi lo sa chi eravamo


Gli facevo questo sorriso in questo vetro, che dietro si vedeva la strada con quelli che passavano e poi più indietro dall’altra parte della strada, nello scuro del parco Tiburtino, s’incominciavano pure a vedere questi articoli dietro la rete della serranda abbassata, che parevano pure qui tutte tazze, bicchieri, altri pezzi che non si capiva, e in mezzo a questi che pareva che eravamo noi che stavamo a guardare, ma che poi chi lo sa chi eravamo, e tutto quanto che era.

Franco Lucentini, Notizie degli scavi

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Tutto il resto, da questo momento e per sempre, io lo spengo.

motivi-spegnere-la-televisione-effetti-negativiE spesso mi capita di sentirmi urtata da ciò che leggo.
Politici concentrati sulle liste e nemmeno lì sanno dare un segnale di cambiamento.
Politici che parlano a vanvera di cose che non conoscono.
Politici che non hanno la minima idea di cosa significhi andare a dormire con la spada di Damocle , che pende inesorabile sulla testa, di un mutuo o di un affitto che non si riuscirà a pagare.
Politici che non sanno niente della vita che si svolge fuori dai Palazzi perché altrimenti parlerebbero di lavoro, andrebbero nelle ditte con gli operai, penserebbero a ridurre tutte le spese inutili e non lascerebbero morire un paese sotto il peso delle spese militari o di altri sprechi di cui sentiamo parlare ogni giorno.
Quella che vedo non è politica come non reputo giornalismo quello che ancora gli da spazio.
Per questo anche stasera il mio televisore rimarrà spento, perché la mia vita non ruota intorno a quella di un megalomane, non ruota intorno a chi lo vede ancora come avversario e si concentra su questo piuttosto che mettere in atto proposte concrete.
La mia vita ruota intorno a bollette da pagare, un lavoro da salvare.
La mia vita ruota intorno alle persone, quelle che conducono un’ esistenza reale.

Tutto il resto, da questo momento e per sempre, io lo spengo.

Il post su lamartocchia mi è stato segnalato via twitter da Marta ed è il sentire comune che si ascolta per strada e tra gli amici. Ma soprattutto è l’orlo che sarebbe il caso di cominciare a riconoscere (e rispettare) il prima possibile.

Perché abbiamo chiesto la partecipazione dei civilissimi elettori per le primarie nazionali, per le liste locali e per le decisioni politiche in questi ultimi mesi. Abbiamo chiesto di entrare nella vita politica attivamente e ora ci si chiede quando la politica attivamente possa ascoltare la richiesta di entrare nella vita sociale. Perché una nuova composizione delle liste funziona se cambiano (e si evolvono) i processi di ascolto i ruoli attivi dei partiti. Perché ora è il caso di mollare le segreterie e la modulistica e provare a chiedere in piazza o sui piazzali delle fabbriche cosa è mancato in questi ultimi anni e cosa serve nella prossima Italia e nella prossima Lombardia. Perché sarebbe ora di iniziare la campagna elettorale comune (e la politica comune soltanto può occuparsi dei beni comuni) smettendo di coltivare diffuse campagne elettorali personali. Perché il privilegio peggiore che la politica si è concessa (e abbiamo concesso alla politica) è quello di essere scollegata, fuori, altro e quindi inevitabilmente spenta.

Magari questa sera dedicarla a qualche riunione di quartiere piuttosto che guardare la preistoria in prima serata.

Ripartire dalla cultura

Un impegno chiaro e definito sulla cultura. L’appello Ripartire dalla cultura è molto di più di una semplice raccolta firme: un impegno preciso. Che volentieri sottoscrivo (e vi invito a sottoscrivere) per declinarlo il prima possibile qui nella Prossima Lombardia che sarà.

 

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Promotori:

MAB Musei Archivi Biblioteche:
AIB – Associazione Italiana Biblioteche
ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana
ICOM Italia- International Council of Museums
Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli
Italia Nostra
Legambiente
Comitato per la bellezza

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Chiediamo che l’azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all’attuazione delle seguenti priorità.

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l’azione del prossimo Governo. Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall’adesione ad esse e dalla loro realizzazione.

  1. Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell’educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.
  2. Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d’Italia.
  3. Incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l’incompetenza, l’inefficienza e le pratiche clientelari.
  4. Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l’immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza. Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.
  5. Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all’imprenditoria giovanile.
  6. Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.
  7. Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente “nazionali”, cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l’efficienza, l’efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.
  8. Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell’agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l’accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.
  9. Potenziare l’insegnamento delle discipline artistiche e musicali nei programmi di studio della scuola primaria e secondaria e sviluppare un sistema nazionale di orchestre giovanili.
  10. Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l’investimento privato e per l’attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l’aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l’editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

L’altra regione Lombardia: i dipendenti

Di loro se ne parla poco o quasi niente. E mentre la politica continua ad uscire nelle pagine dei quotidiani per spese pazze ed altro in Lombardia capita di leggere comunicati stampa come questo:

regione-lombardiaNell’incontro con l’amministrazione  che si tenuto il 13 novembre scorso avente tra gli argomenti anche il pdl “ Legge finanziaria 2013” la FP CGIL , nel merito  di quanto previsto dall’art. 4 – comma 1 – del pdl ( “che i dipendenti della Giunta Regionale …– qualunque sia la categoria di appartenenza – in possesso alla data del 31/12/2012 dei requisiti anagrafici e contributi previsti dalle norme per l’accesso al trattamento pensionistico ,siano collocati a riposo d’ufficio con decorrenza ….”) la FP CGIL  aveva :

1.        precisato che i pensionamenti che si sarebbero comunque verificati nel corso del 2013 non potevano che essere effettuali nel pieno rispetto della Legge Fornero per poter  classificarli  come cessazione di rapporto di lavoro a seguito di pensionamento e non di licenziamento.

2.        chiesto ed ottenuto dall’amministrazione la garanzia che l’applicazione di tale norma non avrebbe determinato alcuna perdita economica sui futuri pensionandi  .

Pi volte, in quella sede, stato chiesto che i lavoratori coinvolti non dovevano in nessun modo subire alcuna penalizzazione e  la risposta dell’Amministrazione stata sempre quella di condividere tale richiesta.

Ci troviamo, ora,  con una convocazione “collettiva”, avvenuta nella giornata di ieri 8 gennaio 2013, da parte dell’amministrazione di lavoratrici e di lavoratori che , pur  avendo i requisiti richiesti per il collocamento a riposo non hanno maturato  l’anzianità di servizio massima prevista dal sistema previdenziale e necessaria per non subire alcun decurtamento economico del trattamento pensionistico, danno economico che si trascinerà, se si considerano i  dati dell’aspettativa di vita, per i prossimi 20 anni.

Non solo. Si sta verificando la situazione paradossale per cui  alle singole lavoratrici e ai singoli  lavoratori si chiede di firmare un modulo?!

La FP CGIL chiede   IMMEDIATAMENTE   un confronto sindacale  al fine di chiarire quanto sta avvenendo  che non rispecchia in alcun modo quanto garantito nel confronto del 13 novembre  che ribadiamo :

NESSUNA PERDITA ECONOMICA SUI FUTURI TRATTAMENTI PENSIONISTICI

Claudio è un conservatore

mario-monti-timeE lo scrive in un post memorabile per Non Mi Fermo:

Sono conservatore perché parlo ancora di “questione morale”. Sono conservatore perché promuovo iniziative di trasparenza nella pubblica amministrazione per contrastare la criminalità organizzata. Sono conservatore perché non ho conti all’estero e sono favorevole all’anagrafe fiscale sul modello francese. Sono conservatore perché favorevole a una legge sulla tutela del paesaggio in Italia.

Sono conservatore perché non vorrei essere governato da ragionieri, ma da “ragionieri della propria utopia”, per dirla con Magrelli.

Non so se Monti sappia chi è Valerio Magrelli. È un poeta, un bravo poeta, uno di quelli studiano e ascoltano persino nelle università americane. Lo so, citare un poeta contemporaneo è un po’ fuori moda.

D’altra parte sono un conservatore anche perché leggo ancora poesie.

LA STAMPA intervista Giulio Cavalli

Le cosche della ‘ndrangheta sono ben radicate in Lombardia. L’impegno di un attore che è arrivato al Pirellone
ILARIA LIBERATORE E MARCO PUELLI (MAGZINE)
Consigliere regionale per Sinistra ecologia e libertà e attore di teatro, Giulio Cavalli è impegnato da anni nella sensibilizzazione dei cittadini del Nord sul tema della criminalità organizzata. Affinché si sdogani questa idea che la Lombardia è immune dall’assalto delle mafie e si impari a riconoscerne i segni.

Ci voleva il teatro di Giulio Cavalli, il “teatro partigiano”, per raccontare e affrontare il problema della mafia a Milano?

Il vero problema della città è che sulla mafia si è passati dalla narcotizzazione della sua esistenza alla sua negazione assoluta. Ciò va imputato agli alti rappresentanti delle istituzioni del passato. Oggi prevale, invece, un sentimento di indignazione e si grida all’allarme. Ma, allo stato attuale dei fatti, bisogna fare un passo in più: serve una lettura collettiva del fenomeno che omogeneizzi la forbice tra chi fa attente analisi del problema e chi ancora lo tratta con toni romanzeschi. Questa è la funzione del teatro: creare una narrazione che sia credibile per il maggior numero di persone possibile. Gli intellettuali devono assumersi la responsabilità di farlo in prima persona. Certo, il teatro non risolve il problema mafia, ma se riesce a stimolare la curiosità sul tema, declinandolo nell’ordinario, si diventa tutti un po’ più vigili.

Per questo si è battuto per diversi progetti, compreso l’Expo No Crime?

Con Expo No Crime, progetto portato avanti anche grazie a Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd dal 2005, abbiamo voluto presentare un lavoro interconsiliare che tenga conto sia delle rappresentanze civiche, sia di quelle politiche regionali, provinciali e comunali per lavorare insieme su Expo. L’idea di base era confezionare una legge quadro antimafia, cosa che è avvenuta, anche se con risultati non del tutto soddisfacenti, perché in Consiglio regionale è stata oggetto di alcuni emendamenti. Abbiamo però ottenuto una legge regionale per l’educazione alla legalità (art.8 della legge regionale del 14 febbraio 2011, ndr).

A Milano, quale può essere un luogo simbolo della lotta al crimine organizzato?

Senza dubbio, lo stabile di via Montello 6. Era il fortino della Cosco, una famiglia calabrese molto rispettata nell’ambiente della criminalità organizzata milanese e che, con minacce e intimidazioni, lo aveva occupato. Lo sgombero, avvenuto lo scorso giugno, è stato un segnale molto importante. Gli ‘ndranghetisti della famiglia Cosco sono infatti gli assassini di Lea Garofalo, la testimone di giustizia rapita nel pieno centro di Milano e uccisa il 24 novembre 2009, la cui vicenda è uno degli esempi più evidenti di come i fatti di mafia al Sud siano sempre raccontati con loquacità, mentre ciò che avviene sul territorio milanese è sempre ridotto a liti famigliari. Questo perché non si vuole sentire odor di mafia.

Lei è uno dei pochi intellettuali del Nord Italia ad essere stato minacciato dalla mafia: cosa significa vivere sotto scorta a Milano?

Questa è una notizia falsa che continua ad esser utilizzata da chi mi osteggia per farmi diventare un fenomeno economicamente interessante. In Lombardia le minacce a pubblici amministratori e dirigenti del Comune e l’apertura di programmi di vigilanza sono all’ordine del giorno. Purtroppo le scorte che fanno più rumore sono quelle assegnate a una persona di teatro più che a un geometra. Mi chiedo se nei prossimi anni ci si domanderà perché è stata costruita un’aula bunker negli anni’80. Questa sì che è una realtà molto più interessante di un attore sotto scorta.

Qual è il suo rapporto con la città? Cosa le piace e cosa non le piace di Milano?

Molto buono, perché la cittadinanza di Milano ha sempre avuto delle reazioni migliori della propria classe dirigente. Comunque sia, la mia vicenda personale, teatrale e politica è sempre stata accolta a braccia aperte dalla città. Qui mi sento difeso. Mi sento protetto.

(Da La Stampa.it)

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La bellezza come senso di appartenenza

Architettura è quel che ci sta intorno. Noi – come tutti quanti – ci passiamo la vita dentro. (Louisa Hutton)

2vv5nhjUn articolo di Antonio Monestiroli su Repubblica che lascia una visione “politica” della bellezza, delle città, dell’urbanistica:

IN QUESTA confusione è necessario che ogni cittadino, prima di pensare di non essere all’altezza di giudicare, si faccia forte della propria esperienza. Affidarsi alla propria esperienza vuole dire giudicare i nuovi edifici allo stesso modo in cui giudichiamo i vecchi e cioè rispetto alla loro utilità e bellezza. L’utilità tutti sanno cosa è, la bellezza meno. Anche se c’è un modo molto semplice di definire la bellezza di un edificio: considerarla l’espressione della finalità dell’edificio stesso, che va oltre la sua utilità immediata, che pure è importante, che riguarda il suo significato culturale. Per capirci meglio pensiamo a un edificio straordinario come il Duomo di Milano, molto amato dai milanesi non solo per il suo aspetto esteriore, ma per il suo magnifico interno. Io credo che sia proprio la forma del suo interno a essere espressiva di un’idea di comunità che già appartienea tuttie che quando viene riconosciuta in un luogo dà un senso di pace e di benessere. Tutti gli edifici ben costruiti provocano in noi un’emozione: nei grattacieli è l’orgoglio della costruzione a provocarla, nella casa è il senso di appartenenza a un luogo. Ma perché questi nuovi e ingombranti edifici costruiti a Milano non provocano alcuna emozione? Il perché va cercato nelle premesse alla loro costruzione: la loro finalità non è quella di essere espressivi di alcunché ma quella di essere attraenti, qualità questa che per l’architettura è nefasta. Oggi i cittadini pagano il prezzo di una scarsa competenza dei progettisti che hanno lavorato a Milano, di una certa assenza dell’ amministrazione pubblica negli anni passatie di una ingiustificata libertà d’azione degli imprenditori, che hanno dimostrato di non avere alcuna attenzione per la città in cui hanno operato.

(Grazie a Daniele per la segnalazione)

OSTINATAmente sMODERATI: regole per l’uso

Schermata 2013-01-06 alle 12.33.08Abbiamo scelto la frase che ci rappresenta: OSTINATAmente sMODERATO.

Perché c’è dentro l’ostinazione con cui abbiamo lavorato in questi due anni e mezzo per tenere alto l’argine dell’opportunità nel fare politica in Lombardia dalle nomine al lavoro, dall’antimafia alla sanità, dall’ambiente alla cultura presidiando quotidianamente l’attività consiliare e in commissione.

C’è la parola mente che non è solo un organo svilito da alcune compagnie dell’ultimo Consiglio Regionale lombardo ma è un tenere a mente che l’impegno è bellezza se portato avanti con memoria della responsabilità e con la disciplina e con l’onore richiesti dall’articolo 54 della nostra Costituzione.

C’è la smoderatezza che sta nel sapere esattamente da che parte stare con coraggio, nella nostra idea di sinistra e nel volere uscire da questa rincorsa al centro che non ci piace, non ci assomiglia e ci puzza di banalizzazione per trovare posto. Vogliamo una Lombardia smodata perché innovativa e in discontinuità, davvero.

Nonostante in queste ultime settimane mi sia letto sui quotidiani in una decina di liste diverse per il Parlamento continuiamo il nostro lavoro in Regione Lombardia. Credo che ci sia la possibilità di costruire un’alternativa politica e di modi lontana dai danni del formigonismo di questo ultimo ventennio e credo che la coalizione di centrosinistra (SEL, PD, IDV, lista Di Stefano e gli altri) abbia una grande possibilità per disegnare scenari migliori e futuri anche su scala nazionale. E mi candido perché questi due anni “dentro” la Regione ci hanno fatto capire che ci sono gli strumenti amministrativi per declinare le nostre idee oltre alla  mera propaganda: tutte le declinazioni sono nelle nostre mozioni, negli ordini del giorno e nelle nostre proposte di legge che l’asse Formigoni-Lega ha lasciato nel cassetto senza discussione.

In molti mi stanno chiedendo (e vi ringrazio tutti) come poterci dare una mano, le regole sono poche e semplici:

– mi candido come consigliere regionale a Milano e provincia. Chiunque abiti qui può essere un nostro volontario nelle iniziative che metteremo in campo.

– chi non abita qui può essere un nostro volontario sul web e comunque avere un ruolo attivo nella nostra officina delle idee.

Nei prossimi giorni racconteremo l’organizzazione e il resto. Chi vuole darci una mano può segnalare la propria disponibilità semplicemente scrivendomi a giulio@giuliocavalli.net