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Giulio Cavalli

Senza paura sui diritti

Senza perdersi in formule magiche: il manifesto “Laicità e Diritti” è uno stralcio di programma già pronto. A cui aderire. E sui cui fare politica. Per aderire laicitaediritti@gmail.com. Partiamo da qui. Anche per la nostra prossima Lombardia. (SEL ha aderito, tra l’altro. Per dire.)

Dopo 2 anni circa dalla prima stesura abbiamo deciso di modificare ed ampliare le tematiche contenute nel nostro manifesto “Chi ha paura dei diritti?”. Una revisione era d’obbligo, per aggiornare le nostre proposte al veloce cammino che i i diritti stanno facendo, almeno negli altri paesi europei. Auspicando che un simile percorso possa andare a buon fine anche nel nostro paese.

Vogliamo proporre queste battaglie, in modo assolutamente trasversale, alla politica, all’associazionismo ed alla società civile. Ci proponiamo di presentarle, di discuterle, confrontandoci con quante piu persone possibile. E voi, cosa ne pensate?

Chi ha paura dei diritti?

1) Sostegno scolastico per i bambini disabili.
L’integrazione della disabilità nella scuola italiana, e soprattutto nella primaria, è stata una vera eccellenza italiana. Purtroppo i successivi tagli alla spesa dell’istruzione, delle leggi finanziarie degli ultimi anni, la sta smantellando. Tante famiglie e classi scolastiche, si sono trovate ad affrontare da sole l’emergenza dei tagli imposti dalla riforma Gelmini, trovandosi nell’impossibilità di
vedere garantito per i propri figli quel diritto al sostegno che ne è la fondamenta. La Convenzione Onu del 2006, sui diritti dei disabili, ha stabilito che il sostegno va garantino nella misura in cui è necessario. Cosi come la Consulta con sentenza n.80 del 26/02/2010 ha dichiarato illegittime – sotto il profilo costituzionale – le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietano di assumerne in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, stabilendo questo come diritto fondamentale (diritto all’istruzione). Nonostante tutto questo non si sono ancora presi provvedimenti consistenti, i tagli sono continuati e il numero degli insegnanti di sostegno costantemente ridotti e non selezionati, così molte famiglie si trovano nell’impossibilità di far seguire ai propri figli il normale percorso scolastico.
Chiediamo alla politica di attivarsi al piu’ presto.

2) Biotestamento.
riteniamo che ogni cittadino debba avere la possibilità di scegliere quali terapie accettare e quali rifiutare per la propria persona, comprese alimentazione e idratazione artificiali, stipulando un documento che abbia un riconosciuto valore legale e che renda possibile lasciare scritte le proprie volontà in caso che, un incidente o una malattia determinino la perdita della coscienza e quindi l’incapacità di far rispettare le proprie decisioni. Vogliamo stimolare la politica all’approvazione di una buona legge ed i Comuni all’istituzione in tempi brevi di un registro che raccolga i testamenti biologici dei cittadini.

3)Matrimonio civile per tutti i cittadini ed omogenitorialità.
Chiediamo il riconoscimento e l’estensione dei diritti a tutte le famiglie italiane. Vorremmo un paese in grado di stare al passo con la società e con la stragrande maggioranza dei paesi europei. Si è parlato di Pacs, Dico, Didore, abbassando ogni volta l’asticella e lasciando migliaia di famiglie prive della possibilità di tutelare i propri figli ed il proprio futuro. Si verificano ogni giorno situazioni incresciose e lesive della dignità e dei diritti di tanti cittadini, l’Italia è tra gli ultimi paesi in Europa a non essersi dotata di una legge in proposito. Con quanto è accaduto nei maggiori paesi europei, con le dichiarazioni (e le conseguenti azioni) dei leader Obama, Cameron ed Hollande riteniamo sia giunto il momento di chiedere, insieme, che tutti i cittadini italiani abbiano la possibilità di contrarre un matrimonio civile. Le unioni civili devono essere un istituto meno oneroso, aperto a tutti quei cittadini (etero od omosessuali) che ritengono di formare una famiglia, ma con meno doveri (e conseguentemente meno diritti). Per questo chiediamo alla politica di attivarsi ed estendere finalmente il matrimonio civile a tutti i cittadini.

Altra questione sono le adozioni In Italia vi sono oltre centomila bambini, figli delle cosiddette “famiglie arcobaleno”. Questi bambini devono essere tutelati come tutti gli altri, per questo chiediamo, per salvaguardare il nucleo familiare e soprattutto il minore, la possibilità che il genitore non biologico possa adottare legalmente il figlio del proprio partner, come avviene negli altri paesi europei.

Ci rendiamo conto che in un Paese dove non si è riusciti ancora nemmeno a votare una legge contro omo e transfobia tutto questo non sia di facile realizzazione, ma riteniamo che sia dovere della società civile, dell’associazionismo e della politica impegnarsi per far crescere anche culturalmente, oltre che legislativamente, le persone. Le battaglie per i diritti si vincono solo senza la paura di chiedere quello che è dovuto. Senza ipocrisie, senza “baratti” per tornaconti personali o alleanze elettorali. Con il coraggio di chiedere quello che è GIUSTO. Nell’ottica di questa visione la nostra posizione è anche favorevole alle adozioni di entrambi i partner, di un bambino che non sia biologicamente legato ai genitori, qualora la coppia richiedente superi positivamente il lungo e tortuoso percorso previsto dalla legge per le coppie eterossessuali. Non devono essere i nostri pregiudizi a sostituire il lavoro di giudici, psicologi, assistenti sociali e nessun cittadino dovrebbe essere escluso A priori da tale percorso.

Chiediamo anche attenzione verso le persone transessuali, in modo che la loro vita non sia una gara ad ostacoli, non solo contro il pregiudizio, ma anche contro la carenza di leggi: stiamo pensando in primis a provvedimenti come l’anticipata riassegnazione anagrafica e una seria tutela al momento dell’inserimento lavorativo.

4) Altro punto è una battaglia che stiamo portando avanti già da diverso tempo, l’approvazione della mozione contro Omo e Transfobia, proposta, ormai giù due anni fa, dai tavoli lgbt del PD e di SEL in modo congiunto. Dato che è stato impossibile approvare una legge nazionale contro omo e transfobia e che la proposta di cui è stata relatrice l’On Paola Concia è stata bocciata e tacciata di incostituzionalità, si è deciso di attivare una maratona del buon governo che coinvolga Comuni, Province e Regioni nell’approvazione di una mozione che impegni le istituzioni di riferimento in questa importante battaglia, lanciando un segnale alla politica. Ci auguriamo che continuino ad arrivare ancora numerosissime adesioni e che sia solo l’inizio di una battaglia seria contro la discriminazione di cui sono oggetto tanti cittadini di questo paese.

5) Chi nasce in Italia è italiano.
Sembrerebbe semplice. Ma non lo è affatto. Sono tantissimi i bambini ed i ragazzi nati o cresciuti nel nostro Paese, che frequentano le nostre scuole, che parlano i nostri dialetti, che per cultura e formazione si sentono Italiani, ma che per legge, di fatto, non lo sono. Non è consentito loro di esserlo. Con tutto quello che questo comporta. “In Italia è ancora un percorso a ostacoli – scrive sull’Unità Marco Pacciotti, Responsabile del Forum Nazionale Immigrazione del PD – che rende difficile ed estraniante il sentirsi pienamente cittadini a quasi un milione di ragazze e ragazzi che invece si sentono intimamente italiani. Aveva ragione ieri Livia Turco nel dire che nel nostro Paese vivono un milione di Balotelli, ma non tutti purtroppo sono in nazionale“.
Chiediamo alla politica di approvare una legge che introducendo un piu’ corretto e moderno Jus Soli, per permettere a questi ragazzi di essere finalmente e definitivamente Italiani, anche sulla carta. Nel frattempo proponiamo a tutti i Consigli Comunali del Paese di approvare una mozione per concedere a questi ragazzi una simbolica cittadinanza onoraria.

6) Tutela della donna: piena applicazione della legge 194, contrasto ad una indiscriminata obiezione di coscienza, revisione della legge 40.

Sono tante le tematiche che riguardano la salute della donna e l’impegno per una maternità consapevole, abbiamo scelto queste, senza dimenticare l’importanza di tutte le altre. Sono troppe le storie di malasanità, troppe le regioni con un numero di obiettori talmente elevato che non consente l’applicazione della legge 194, troppi i pellegrinaggi all’estero per una legge 40 piu volte già modificata dai tribunali.

Chiediamo alla politica di intervenire in favore della 194, in modo che la percentuale di obiettori non superi la cifra necessaria ad una corretta applicazione della legge e che la legge 40 sia finalmente rivista, cosi come suggerito dalla giurisprudenza, in modo che sia rispettata la salute e la dignità della donna.

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2012: l’odissea del Porcellum in Parlamento

Tanto per ricordarsene (ricostruisce Il Fatto Quotidiano):

Legge elettorale e riforme sembravano da mesi una priorità per i leader di Pd, Pdl e Udc. A marzo avevano dichiarato che in 15 giorni sarebbe arrivato il testo. A inizio aprile per Alfano occorreva un anno per la riforma costituzionale, e solo tre mesi per cambiare il Porcellum. A sinistra, da Finocchiaro a Violante, parlavano nelle stesse settimane di “tempi stretti” e “piuttosto rapidi” e Bersani era convinto di trovare un’intesa entro i primi di luglio. Per Casini a giugno l’accordo era imminente, nell’ordine delle “due o tre settimane” e alla fine del mese successivo il leader centrista voleva “subito” la legge elettorale. Cicchitto e Gelmini hanno addossato la colpa del ritardo a Bersani e Rosy Bindi aveva espresso il veto sulle vacanze del Senato se non ci fosse stato il primo voto a Palazzo Madama. Urgenze e tempistiche che non hanno trovato riscontro nei fatti.

27 marzo 2012

Secondo Alfano, Bersani e Casini, riforma della Costituzione e legge elettorale verranno ”incardinate parallelamente” al Senato entro 15 giorni.
Casini: ”Ci è stato chiesto di battere un colpo, l’abbiamo fatto. Se si passerà dalle parole ai fatti la politica avrà dato una buona prova”.

3 aprile 2012

Angelino Alfano (segretario Pdl): ”Noi pensiamo sia meglio partire subito con la riforma costituzionale. Perché, per questa, occorre un anno. Mentre per la riforma elettorale bastano tre mesi. Ma non significa non volere procedere con la riforma elettorale, come invece il Pd ci imputa di voler fare. In ogni caso, ci puo’ anche essere del normale gioco tattico in tutto questo: è possibile cioè che chi imputa a noi di voler mantenere il porcellum, in realta’ sia lui a volerlo mantenere”.

14 aprile 2012

Anna Finocchiaro (Pd): ”Fare polemiche è inutile ma è evidente il rischio, visti i tempi stretti, di venire meno all’impegno, che tutte le forze politiche si sono prese, di cancellare il ‘porcellum’ e di fare una nuova legge elettorale. Il Pd ha a cuore la salvaguardia del bipolarismo e vuole ridare agli elettori la possibilità di scelta dei candidati”.

Luciano Violante (Pd): “La nuova legge elettorale dovrà essere approvata per forza in tempi piuttosto rapidi. Se si andrà a votare nel 2013 le Camere dovranno essere sciolte entro i primi 15 giorni di febbraio”, cioe’ 90 giorni prima del voto. Pertanto ”al massimo entro novembre le riforme costituzionali e la legge elettorale dovranno essere pronte a entrare in vigore”.

24 aprile 2012

Pierluigi Bersani (segretario Pd) sui rimborsi parlamentari: ”Se tutta l’Italia tira la cinghia, la politica deve farlo due volte di più”.

Pierferdinando Casini (segretario Udc): ”Dimezzare i finanziamenti ai partiti ed andare verso un progressivo azzeramento degli stessi è possibile anche con la nostra proposta”.

8 giugno 2012

Bersani: “Io ribadisco no al porcellum che considero la causa principale del distacco dei cittadini dalla politica e non ha consentito la governabilità”. Entro i primi di luglio ”dobbiamo sapere con ragionevole certezza la soluzione e quindi chiedo mandato alla Direzione per metterci a lavoro da domani con le altre forze politiche”.

9 giugno 2012

Enrico Letta (Pd): ”Bisogna fare la riforma elettorale. Nelle prossime tre settimane il porcellum va mandato definitivamente a casa”.
D’accordo Alfano sui tempi: ”L’ho già detto a Bersani”.
Casini: ”Pensavo ci fosse già un accordo. Ora si parla di tre settimane, parliamoci chiaro: qui stiamo a fare sceneggiate , non dico napoletane.. Comunque, due o tre settimane, non è questo il punto”

6 luglio 2012

Bersani: “Bisogna fare la riforma elettorale e bisogna trovare qualcosa meglio del Porcellum”.

9 luglio 2012

Napolitano: ”Mi auguro che l’autorevole opinione dei Presidenti delle Camere, nel loro continuo rapporto con i Presidenti dei gruppi parlamentari, possa concorrere a sollecitare la oramai opportuna e non rinviabile presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale”.

Casini: “Basta con le meline, confrontiamoci in Parlamento”.

24 luglio 2012

Casini: ”[Sulla riforma della legge elettorale] con Alfano e Bersani ci sentiamo ogni giorno, non è un problema di appuntamenti”.

25 luglio 2012

Alfano: ”Faccio un appello a Bersani perché non sia ‘testa dura’ e sia più flessibile perché sennò dovrà spiegare lui ai cittadini che si è voluto tenere il Porcellum”.

Casini: ”Non perdiamo più tempo, non ricadiamo negli errori del passato. Noi vogliamo la nuova legge elettorale e la vogliamo subito senza furberie o rinvii. Auspichiamo che sia largamente condivisa tra i partiti che sostengono il governo”.

28 luglio 2012

Gelmini: ”Finalmente Bersani esce allo scoperto e ammette di non volere cambiare il tanto criticato Porcellum. C’è tutto il tempo per cambiare la legge elettorale”

Cicchitto: “A questo punto le possibilità sono due: o si vota a maggioranza secondo le normali regole della democrazia richiamate anche da Napolitano in materia, oppure – cosa più auspicabile – si lavora per trovare una intesa”

31 luglio 2012

Rosy Bindi (Pd): ”Non si vada in vacanza fino a quando almeno al Senato non ci sia stato un primo voto. Bersani, Alfano e Casini si devono accordare a patto che Berlusconi poi non guasti tutto. Si è lavorato bene fino a quando non è tornato in campo Berlusconi che non vuole cambiare la legge elettorale”. Al Cavaliere, dice Bindi, ”va bene il Porcellum perché gli interessa salvare la sua squadra dal naufragio, si accontenta di perdere bene”

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‘L’innocenza di Giulio’: una bugia bipartisan

Con l’Agenzia Parlamentare per l’Informazione ho scambiato due battute sul mio libro ‘L’innocenza di Giulio’. Perché (per fortuna) un libro può ancora dire di più, di politica, di un comunicato stampa. E provare ad essere letteratura, insieme.

(AGENPARL) – Roma, 08 ago – “Io ho 34 anni e a quelli della mia età la storia di Andreotti non l’ha raccontata nessuno. Quello che abbiamo carpito da politici e intellettuali sono analisi sempre molto strumentali. Mi piaceva partire dai fatti: dalla bugia bipartisan sull’innocenza di Andreotti. Questo dimostra che il nostro Paese non riesce ad avere un atteggiamento critico rispetto alle bugie, quindi dopo un po’ che vengono ripetute si accettano come verità”. Così Giulio Cavalli, autore del libro “L’innocenza di Giulio” (ed. Chiarelettere) spiega l’idea di raccontare la vicenda del noto politico italiano. Cavalli è consigliere di Sel alla Regione Lombardia e autore di diversi testi teatrali che si occupano di denunciare pagine ancora avvolte da una zona d’ombra della nostra storia.
C’è un aspetto della vicenda andreottiana che ha catturato la tua attenzione?

Andreotti è una persona che mente, ma non solo dal punto di vista giudiziario, dal punto di vista della politica e della memoria storica si è seduto con gli uomini di mafia. Ha trattato con gli uomini di mafia, ha trattato finchè ci è riuscito, mollata perchè la mafia non accettava più di essere soggiogata. Ha saputo di omicidi che stavano per essere eseguiti e non ha fatto nulla. Ha utilizzato Cosa Nostra per gestire il consenso e organizzare il voto su alcuni territori. Oggi alcuni miei coetanei considerano Andreotti uno statista.

Nel libro c’è un’elencazione delle persone che sono venute in contatto con il politico Giulio Andreotti, spesso personaggi dal passato discutibile. Quello che vedi oggi intorno a te somiglia un po’ al passato?

Si perchè nonostante la vicenda Andreotti, non abbiamo imparato a distinguere i confini tra politica e opportunità. A me non interessa che Giulio Andreotti sia colpevole in Cassazione, a me interessa che questo Paese possa coltivare una generazione che sappia giudicare l’inopportunità e la non tollerabilità di fare politica per persone come Andreotti e molti altri. Quello dell’opportunità è un principio che non deve passare attraverso i tre gradi di giudizio, è lo spirito critico di una cittadinanza che ha il dovere di interessarsi alla politica e di controllare i suoi politici, altrimenti come diceva Pericle sono dei cittadini inutili al vivere civile.

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Solidarietà a Roberto Scarpinato

L’infaticabile Jole Garuti mi invia un appello che sottoscrivo e rilancio:

Cari soci e amici,
più di 320 magistrati (le adesioni continuano a pervenire) hanno firmato la seguente lettera da inviare al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) come solidarietà al magistrato Roberto Scarpinato che il 19 luglio a Palermo ha letto una lettera indirizzata a Paolo Borsellino, in cui c’è una analisi molto chiara della situazione ion cui ci troviamo a proposito della cosiddetta e già in parte provata trattativa fra lo Stato e la mafia. Per questa sua ‘colpa’ è stato chiesto il trasferimento di Scarpinato ad altra sede.
E’ ora possibile anche ai cittadini sottoscrivere tale lettera.

Va inviata a marco.imperato@giustizia.it e info@centrostudisao.org

Sul sito www.centrostudisao.org trovate la lettera di Scarpinato a Borsellino.
Di seguito invece copio il documento dei magistrati.

Cari saluti
Jole Garuti

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SOTTOSCRIVO LA PRESENTE LETTERA

Chi ha memoria storica e consapevolezza culturale sa che la storia del nostro Paese è anche la storia di poteri criminali che ne hanno condizionato lo sviluppo sociale, politico ed economico.

Chi ha una coscienza morale e professionale e il coraggio di non rassegnarsi a quello che è accaduto ed accade nel nostro Paese, ha il dovere civico di associare il proprio impegno professionale e culturale alla difesa intransigente dei valori Costituzionali e di opporsi al rischio di un progressivo svuotamento dello Statuto della Cittadinanza che, lasciando spazio al crescere di una rassegnata cultura della sudditanza, determina il degrado del vivere comune a causa del proliferare di furberie, sopraffazioni, arroganze, servilismi e cortigianerie interessate.

Chi, oltre a possedere quella coscienza e quel coraggio, può spendere la credibilità di una vita passata a combattere i poteri criminali, ha il dovere e il diritto di marcare la differenza tra l’agire autenticamente democratico e quello di chi si adatta alle situazioni e preferisce il vivere mediocre che supporta e stabilizza le ingiustizie e le mistificazioni. E’ il dovere della Verità e della conoscenza ciò che qualifica la statura etica della persona, qualunque sia la sede o il contesto in cui si concretizza la sua esistenza.

La Verità e la Giustizia insite nella coscienza, nel coraggio, nell’impegno di ogni cittadino non possono essere fonte di equivoci o divenire espressione di un sapere egoistico in quanto socialmente limitato. Esse devono, invece, manifestare il pregio della chiarezza, della trasparenza, del riconoscimento, anche ricordando quanto la fatica giurisdizionale ha accertato nell’interesse primario del sapere collettivo.

Il 19 Luglio 2012 Roberto Scarpinato ci ha ricordato la coscienza, il coraggio, l’impegno per la Giustizia e la Verità di Paolo Borsellino, il quale, esponendosi in prima persona, denunziò pubblicamente più volte come per mobilitare tutte le migliori risorse della Società Civile nel contrasto alla mafia, fosse indispensabile ripristinare la credibilità dello Stato minata da quanti, pur ricoprendo cariche pubbliche, conducevano tuttavia vite improntate a quello che egli definì il “puzzo del compromesso morale che si contrappone al fresco profumo della Libertà”.

A vent’anni dalla strage di Via D’Amelio restano, purtroppo, attuali le sofferte parole che Paolo Borsellino, esempio illuminante di uomo di Stato, dedicò a questo tema e ricordate da Roberto Scarpinato: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita … Che cosa si è fatto per dare allo Stato … una immagine credibile ? … La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinchè lo Stato diventi più credibile, perchè noi ci dobbiamo identificare di più in queste Istituzioni”. “No, io non mi sento protetto dallo Stato perchè quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”.

Lo scritto di Roberto Scarpinato, nella forma di una lettera ideale, così come gli era stato richiesto dai familiari di Borsellino, è stato un omaggio alla Verità ed alla Giustizia, un ringraziamento a Paolo Borsellino, un corrispondere a un debito di riconoscenza che mai salderemo del tutto. E’ stato l’espressione concreta del dover essere al servizio della comunità attraverso una partecipazione “alta” alla vita della “polis”, finalizzata alla consapevolezza e alla responsabilizzazione critica di ogni cittadino.

Le parole di Roberto Scarpinato, nell’esaltare la cultura delle Istituzioni, sono state anche esempio di adeguatezza comunicativa: hanno assolto al dovere di comprensibilità verso chi ha meno presìdi culturali, senza abbassare il sentimento di autentica Giustizia, che troppe volte viene eluso preferendo la comodità del linguaggio autoreferenziale dei pochi, insensibile al desiderio di conoscere e di crescere culturalmente dei molti. Il suo discorso non ha seguito la celebrazione del “mito” di Paolo Borsellino, tranquillizzante nella sua fissità sterile, ma ha voluto indicare l’Uomo e il Magistrato come suscitatore di coscienze profonde che avvertono l’ineludibile necessità di pensare e di agire nella prospettiva di un positivo cambiamento comune.

Abbiamo appreso dalla stampa che, a seguito della lettera dedicata da Roberto Scarpinato a Paolo Borsellino, è stata aperta presso la Prima Commissione del C.S.M. una pratica per il suo trasferimento di ufficio e che la richiesta di apertura della pratica è stata trasmessa dal Comitato di Presidenza del C.S.M. alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione per eventuali iniziative disciplinari.

L’Associazione Nazionale Magistrati, il 26 Luglio 2012, ha espresso sorpresa e preoccupazione per tale iniziativa ritenendo che quel discorso non possa essere inteso che come “manifestazione di libero pensiero, quale giusto richiamo, senza riferimenti specifici, nel ricordo delle idee e delle stesse parole di Paolo Borsellino, alla coerenza di comportamenti ed al rifiuto di ogni compromesso, soprattutto da parte di chi ricopre cariche istituzionali”.

Il discorso di Roberto Scarpinato, a nostro parere, merita di essere diffuso, nelle Istituzioni e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati. A titolo di merito per chi ha ricordato un pezzo della nostra storia con la credibilità del proprio passato. Come monito alle tante persone che si stanno formando una coscienza civile o a quelle che possono cedere alla tentazione della disillusione, e come esortazione a tener sempre un comportamento esemplare e onesto nell’interesse dello Stato democratico e costituzionale. Non si tratta di discutere solo della possibilità di un Magistrato (dell’autorevolezza di Roberto Scarpinato) di esprimere le proprie opinioni con la ponderazione e lo scrupolo che derivano dalla delicata funzione svolta, ma anche di assicurare alla collettività italiana il congruo bagaglio cognitivo ed etico.

C’è necessità di parlare con quella che i greci chiamarono “parresia”, ovvero con la libertà e il dovere morale di chi non teme di urtare la suscettibilità di alcuno perchè non prevede di aver benefici o debiti nei confronti del Potere.

Per questi motivi facciamo nostre le nobilissime parole della lettera di Roberto Scarpinato

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Franca e Dario

Sono stata io a invitarlo dopo le prove a mangiare qualcosa in una trattoria, la prima volta. Dario sembrava non accettare volentieri l’invito. Poi, giacché io insistevo, mi svelò la ragione della reticenza: “Non ho un soldo, per liberarmi dal lavoro e venire alle prove ho dovuto licenziarmi dallo studio di architettura”. E io, allegra: “Mi fa piacere, adoro nutrire randagi, gatti abbandonati e disoccupati affamati”. Andammo in una trattoria lì all’angolo e ordinammo due porzioni di salame, pane e una birra. Poi ci accompagnammo l’un l’altra a casa. Tram non ce n’erano più, ci avviammo a piedi. Ci raccontavamo delle nostre vite, lui del suo lago, il Maggiore, e dell’Accademia; io della compagnia di papà. Ci scoprimmo a ridere come ragazzini alle reciproche ironie. Lo trovavo spassoso, quello spirlungo strabordante racconti assurdi e festosi. Una sua frase mi sorprese: “Spesso parlo con qualcuno e mi sento a disagio, le cose che mi sembrano intelligenti e spiritose che dico non vengono raccolte, e mi convinco di non possedere fantasia né spirito. Invece ora sento apprezzare le mie immagini, e ne ricevo altre da te, che mi incoraggiano a lasciarmi andare nel fantastico”.

Franca Rame si confessa sui suoi primi momenti in Dario Fo. Da leggere.

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Mi hanno promesso la morte, dicono.

Ieri sera ho avuto modo di vedere la testimonianza di Adamo Gasparetto dal sito dell’associazione Sos Racket e Usura e leggere l’articolo a corredo dei video.

Voglio essere chiaro: ho condiviso molte delle battaglie di Frediano Manzi che hanno poi avuto evidenti riscontri investigativi (perché qualcuno finge di dimenticarsele: l’arresto del Prefetto Ferrigno, la vicenda delle case popolari e della signora “Gabetti” e altre, basta cercare in rete). Non ho condiviso alcuni atteggiamenti di Frediano e altre storie. E l’ho fatto non attraverso la delazione sotto voce ma in Procura. Pur conoscendo le difficoltà umane che possono avere alimentato la dissennatezza di alcuni suoi gesti. Ma queste sono cose che qui, ora, non c’entrano se non per il poco spazio di metterle come inciso per evitare che qualcuno mi riproponga una storia che conosco fin troppo bene.

Così come ho conosciuto Adamo Gasparetto. Mi ha raccontato la sua odissea lavorativa e come si sia ritrovato praticamente fallito per amicizie sbagliate. Non sta a me sindacare l’attendibilità. Certo Gasparetto conosceva molto bene la geografia criminale della periferia milanese. Conosceva i nomi, i cognomi e non solo. E anche questo nostro colloquio è stato depositato in Procura che, lo apprendo dal video, non ha ancora ritenuto di convocarlo. Questa l’introduzione.

Gasparetto mi aveva raccontato della promessa di morte di Vincenzo Mandalari nei miei confronti, nei suoi e altri. Non mi aveva voluto specificare i nomi del tramite e altri particolari. Potrà sembrare strano (faccio fatica a raccontarlo anche alle persone più vicine) ma di avvertimenti ne arrivano molti. Troppi, certo. Ma ci si abitua a tutto. Quest’anno abbiamo deciso di evitare che si parlasse delle minacce arrivate. Di tenerle il più possibile tra noi, i carabinieri che mi tutelano da tempo e la Prefettura che si occupa di tutte le valutazioni del caso. So molti dei nomi che stanno dietro ai segnali di sorta. Purtroppo con qualcuno ho avuto modo di avere scambi diretti. Faccia a faccia, come in quei brutti film di para-mafia che tiravano alla tele fino a qualche anno fa.
Ma, l’ho sempre detto, non mi piace la spettacolarizzazione di scorte e minacce, non riesco a non viverla come un dolore troppo intimo per essere prostituito ciclicamente alla notizia e mi sento sempre irrispettoso verso i tanti in prima linea che non hanno luce e (troppo spesso) nemmeno l’adeguata protezione: penso ai testimoni di giustizia e molti altri con cui ho l’onore di condividere amicizie e collaborazioni.

In questo video, però, ci sono luoghi, date, nomi e cognomi. E una frase sinistra che è nel DNA delle ‘ndrine: “farla pagare, senza fretta, un anno, due anni, dieci anni, non è un problema”.
E c’è il chiaro riferimento ad un’intervista che a volto coperto abbiamo fatto ad Adamo Gasparetto. Tra gli intervistatori c’ero anch’io. E nessuno, certo, avrebbe pensato che potessero riconoscerci con questa facilità. Questa volta Adamo Gasparetto ha deciso (finalmente) di parlare chiaro:

Penso che a questo punto sia il caso di chiedere un riscontro a queste parole. Mica per essere tranquillizzato: ormai la paura è un fischio cronico all’orecchio. Riesco a leggere, scrivere, grattarmi e sbagliare comunque con molta naturalezza. E purtroppo il mio mondo è pieno di tanti piccoli Mandalari. Cambia il cognome, l’accento, qualche volta la professione, ma in fondo si assomigliano tutti per la banalità criminale e l’animalità delle minacce.
Ma confido nelle istituzioni perché le responsabilità raccontate in questo video vengano accertate.
Perché è una signora che merita rispetto, anche la paura.

Una grande opera

E sicuramente non nasceranno movimenti “NO FIBRA OTTICA”. Ne parlano tutti. Da un’eternità ormai.

Punti di Pil perduti, risparmi e posti di lavoro mancati. La fibra ottica o banda ultralarga (che viaggia a 100 megabit per secondo – Mbps, velocità superiore rispetto alla banda larga, definita tra i 2 e i 20 Mbps) non significa soltanto connessione a Internet ma prospettive di ricavi e di occupazione, specie in tempi di crisi. La sua diffusione, secondo la Commissaria europea per l’Agenda digitale Neelie Kroes, potrebbe valere un aumento dall’1 all’1,5% del Pil. Ancora più significative le stime elaborate dall’osservatorio “I costi del non fare” di Andrea Gilardoni della Bocconi di Milano, secondo cui la fibra ottica vale ogni anno fino al 2030 il 3% del Pil. Eppure per l’Italia rischia di essere un’occasione persa. Analfabetismo digitale e scarsa conoscenza delle potenzialità di Internet, da parte di aziende e utenti privati, generano il circolo vizioso per cui la banda ultralarga in Italia non decolla. Il costo è assimilabile a quello di una ‘grande opera’. Se la Tav Torino-Lione costa all’Italia tra i 15 e e i 20 miliardi di euro ne servono altrettanti (15) secondo l’Agenda digitale del Ministero dello Sviluppo per collegare il 100% dei cittadini a 30 Mbps e il 50% a 100 Mbps, come prevede l’Agenda digitale Europea.

L’articolo è qui.

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La svolta, i confini, le idee. Appunto.

Giuliano Pisapia cassa l’idea del listone nazionalpopolare dei sindaci (Io la penso così: il compito dei sindaci è portare a termine il mandato che hanno ricevuto, dunque governare le città. Non esistono gli uomini della provvidenza, nemmeno gli unti del Signore, dice) e segna il confine. Molto bene, tra l’altro. Così, mentre qualcuno raglia, in fondo da Milano (e in Lombardia) si lavora. Con le idee chiare e non interpretabili.

Questa idea sembra condivisa oggi da Pd e Sel. Vede la possibilità che possa coinvolgere anche i centristi?
«Questo progetto non passa e non può passare con l`ingresso dell`Udc nella nostra coalizione. Il centrosinistra deve essere capace di rinnovarsi, di aprirsi alla cittadinanza, ai delusi e disillusi della politica. È necessario un cambiamento interno alla coalizione come
svolta, con le elezioni, rispetto all`attuale governo. Un`alleanza capace di governare ma profondamente alternativa al centrodestra e che faccia scelte di politica economica e sociale diverse da quelle del governo Monti, che comunque dobbiamo ringraziare per averci restituito credibilità internazionale ed averci evitato un collasso definitivo».

Però anche Casini sta all`opposizione e potrebbe essere importante per una futura maggioranza…
«Basta leggere la carta di intenti del Pd e le proposte di Sel per comprendere che Casini non è parte di questa coalizione. La sua posizione su temi sensibili e fondanti – non solo su temi eticamente sensibili, ma anche su temi economici e sociali – è diversa. Anche Casini, però, fa una proposta alternativa a quella di Berlusconi. Bene, questo significa che il centrosinistra in Parlamento potrà confrontarsi con il centro e cercare convergenze. Così come potrà avvenire con altre forze presenti in Parlamento non di destra. È indispensabile però che ci sia un denominatore comune condiviso tra chi vuol far parte della coalizione progressista che si candida al governo».

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Le parole sono importanti

Ma chi è parla così? Ma perché i politici parlan così? Ma come si fa, oggi, non dico a credere, ma a leggere, o ad ascoltare, seriamente, delle cose del genere? E, per tornare al documento Italia. Bene comune, come si fa a credere a un documento scritto dai dirigenti di un partito che dice che «va approvata una riforma dei partiti che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della costituzione»? Che bisogna «rimettere il mezzogiorno al centro dell’agenda»? Che bisogna «combattere sprechi e inefficienze»? Che bisogna «avviare il tempo di una società della formazione lunga e permanente che non abbandoni nessuno lungo la via della crescita»? Non sono tanto le cose, che le cose, i valori, bisogna esser più bravi, siam tutti d’accordo, e, per me, nella mia semplicità, è anche un progetto politico che io ci farei sotto la firma, solo che è il modo, in cui sono dette, le cose, che non ci si crede.

Paolo Nori (che di Russia e di parole se ne intende) fa notare giustamente come perestrojka e glasnost’, che sarebbero ricostruzione e trasparenza, sono ormai le parole più in voga in politica. La messa in pratica sembra un po’ accidentata, in effetti. Ma ci si riempie la bocca di trasparenza e ricostruzione. E se proprio non sai cosa dire per cercare di accendere la platea in un comizio post salamella di una festa qualsiasi in giro per la provincia basta che ripieghi sul bene comune che sortisce sempre un mezzo applauso anche nelle serate più tiepide.
Eppure il primo bene comune sarebbe capirsi. Non solo avere idee trascendentali, intuizioni geniali, moralità talmente candide da potere risultare veramente candidabili: capirsi. Capirsi è il bene comune necessario per confrontarsi su tutti i beni comuni di questo mondo.
E invece il gioco è affidarsi a perifrasi sdrucciolevoli in cui ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. È stato il mio primo trauma, qualche anno fa, quando ho avuto l’onore di occuparmi di politica e leggere e scrivere mozioni, ordini del giorno e progetti di legge: frasi che non hanno cuore, che non hanno anima e che si sono specializzate nell’essere ampie. Come se il fine sia confezionare un abbraccio importante per quantità, più che qualità. Una prostituzione al consenso che finisce per essere tiepida in tutto: posizioni, obbiettivi, programmi, finalità.
Francesca Fornario mi faceva notare qualche giorno fa come servirebbe in Italia una “legge contro i giri di parole” (qui la discussione) e ha ragione: tra i fanatismi e i tecnicismi c’è in mezzo un torrente di acqua fresca, potabile e facilmente percorribile. Ecco, in tempi di confusione di idee almeno pratichiamo il dovere di essere chiari con le parole. Almeno questo.

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Tra ILVA e guerra dell’ambiente contro il lavoro

Una delle osservazioni da cui partire potrebbe essere nelle parole di Asor Rosa su Il Manifesto:

Ora, un diverso modello di sviluppo non è affare dei capitalisti, i quali vedono e credono possibile solo quello che c’è: è affare dei governi, ed è questo ciò di cui noi parliamo, quando ipotizziamo che possa esserci un ragionevole tasso di sviluppo economico e produttivo senza provocare la distruzione dell’ambiente, del territorio e della salute, per noi e soprattutto per le prossime generazioni. Hic Rhodus, hic salta . La mia impressione è che il caso Ilva, con tutto il suo carico drammatico di conflitti, paure e tensioni, rappresenti tutto sommato un punto di svolta rispetto alle questioni di cui stiamo parlando, a patto, naturalmente, che nessuno pensi di fare un passo indietro dalla giusta e clamorosa denuncia che ne è stata fatta. Per esempio, per la formazione di una coscienza ambientalista, specifica e peculiare, della classe operaia italiana; ma forse anche per una visione più ampia e dialettica dell’ambientalismo, italiano, che spesso stenta a vedere la propria missione come un affare che riguarda la società nel suo complesso, e non solo alcuni suoi episodici e marginali aspetti. Neo-operaismo e neo-ambientalismo sono le categorie nelle quali collocherei, per farmi capire, il senso del mio discorso: stanno benissimo insieme.

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