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Giulio Cavalli

È fatto obbligo di consentire. E non parlarne.

C’è stato un momento in cui le rivolte, la protesta e le rivoluzioni (vere o presunte) in giro per il mondo riempivano i quotidiani e i tiggì. Non è stato molto tempo fa. Dico, ve lo ricordate anche voi, no? Della primavera araba, dell’onda liberatoria e di liberazione che ci mostravano con il buon vento dell’Africa.
Poi da noi succede che ci fanno innamorare con i moti iniziali di piazza ma non ci raccontano mai com’è andata a finire. Va bene, mi sono detto, sarà che noi siamo un popolo che si innamora dell’idea di mettersi ad ascoltare una storia e poi poco a poco ci annichiliamo disinteressandosi della fine. Forse siamo costruiti male.
Ma la gestione del dissenso oggi la vogliamo raccontare? Ne scrive E-IL MENSILE:

A Francoforte, dove da giorni gli indignati di tutta Europa stanno protestando contro la Bce, il sindaco ha emesso un’ordinanza che vieta ogni forma di protesta pubblica (salvo il corteo in programma per sabato) e la polizia tedesca compie arresti di massa (giovedì anche settantasette italiani) contro chiunque rivendichi pacificamente il diritto di manifestare, consegnando ai fermati (rilasciati dopo poche ore) l’ordine di lasciare la città.

A Chicago, dove si attendono imponenti protese contro il summit Nato di domenica e lunedì, la polizia sta compiendo arresti preventivi irrompendo nottetempo nelle abitazioni degli attivisti e la città è sotto assedio, con migliaia di agenti armati a presidiare le strade, barricate di cemento e barriere di filo spinato a delimitare la ‘zona rossa’. Non mancano nemmeno i droni. “La Nato ha occpuato Chicago come fosse Kabul, con i cittadini nella parte dei talebani”, scrive Pepe Escobar su Asia Times Online.

Per l’occasione, il dipartimento di polizia della città di Obama ha preparato blindati con ‘cannoni sonori’ per tramortire e disperdere la folla, ‘squadre di estrazione’ per penetrare nei cortei e arrestare singoli individui e ‘squadre di taglio’ per rompere i cordoni dei manifestanti.

Ma la notizia più clamorosa arriva dal Canada. Nella provincia francofona del Quebec, le autorità locali hanno deciso di stroncare le proteste studentesche contro l’aumento delle tasse universitarie, che proseguono da settimane, emanando leggi speciali che prevedono la chiusura delle università fono ad agosto e il divieto assoluto di qualsiasi forma di protesta. L’annuncio ha scatenato una rivolta a Montreal, con duri scontri tra manifestanti e polizia e arresti di massa.

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La CEI e la pedofilia. Sottovoce.

Un’occasione persa. Ne scrive oggi Repubblica.

Pie­na col­la­bo­ra­zio­ne del­la Chie­sa ita­lia­na con la giu­sti­zia ci­vi­le su­gli abu­si ses­sua­li di sa­cer­do­ti nei con­fron­ti di mi­no­ri. Ma nes­su­na de­nun­cia di­ret­ta da par­te dei ve­sco­vi, per­ché l’ob­bli­go non è pre­vi­sto dal­l’or­di­na­men­to na­zio­na­le. So­no que­sti al­cu­ni tra i pun­ti fon­da­men­ta­li del­le “Li­nee gui­da” del­la Cei sul­la pe­do­fi­lia. La Con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ita­lia­na le di­ra­me­rà la pros­si­ma set­ti­ma­na du­ran­te la sua As­sem­blea ge­ne­ra­le, pre­ce­du­ta da una pro­lu­sio­ne del pre­si­den­te, il car­di­na­le ar­ci­ve­sco­vo di Ge­no­va, An­ge­lo Ba­gna­sco. Una de­ci­sio­ne che non man­che­rà di su­sci­ta­re l’at­ten­zio­ne del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, e for­se qual­che po­le­mi­ca. Per­ché con l’an­nun­cio del­le “Li­nee gui­da per il trat­ta­men­to dei ca­si di abu­so ses­sua­le nei con­fron­ti di mi­no­ri da par­te di­chie­ri­ci”, la Chie­sa ita­lia­na vie­ne in ogni ca­so in­con­tro al­le ri­chie­ste fat­te lo scor­so an­no da Be­ne­det­to XVI, e poi rac­co­man­da­te nel mag­gio 2011 dal­la Con­gre­ga­zio­ne per la Dot­tri­na del­la fe­de. Ma le de­nun­ce do­vran­no par­ti­re dal­le vit­ti­me stes­se, e non dal­le dio­ce­si.

L’INNOCENZA DI GIULIO sul palco del nostro piccolo Nebiolo. Sabato vi aspetto. Eh.

Vi aspetto.

Sabato 19/05, alle ore 21:00, per la serata conclusiva della Stagione di Prosa, Giulio Cavalli torna sul palco del Teatro Nebiolo di Tavazzano (Lo) con “L’innocenza di Giulio — Andreotti non è stato assolto” , in scena anche Cisco che eseguirà dal vivo le musiche composte per lo spettacolo.

Dopo il grande successo dello spettacolo coprodotto da Bottega dei Mestieri Teatrali e Teatro della Cooperativa, la piéce scritta dallo stesso Cavalli con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli e la regia di Renato Sarti, viene presentata per la prima volta nel lodigiano.

Speravamo bastasse esercitarla, la memoria, perché non ci scippassero la Storia. Oggi ci tocca smentirla. Giulio Andreotti è stato al centro della scena politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Sempre presente nell’Assemblea costituente e poi nel Parlamento dal 1948; la storia umana di Giulio Andreotti si lega alla storia della politica italiana. Oggi Andreotti è l’icona di un “martirio giudiziario” con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all’articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e “presumibilmente perché”, va raccontato.

Cinque praticabili, cinque diversi “spazi” ed uno schermo per dare vita attraverso il racconto e alcune immagini alle tante parti del puzzle che compongono la storia. In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella di Giulio Andreotti. Giulio Cavalli, alterna le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari per descriverci una delle figure più controverse della politica italiana.

Teatro Nebiolo, Via IV Novembre snc, Tavazzano con V. (Lo).
Ingresso intero €12,00/ ridotto €8,00 – Per info e prenotazioni tel. 0371/761268 o cel. 331/9287538; e-mail info@teatronebiolo.org; sito www.teatronebiolo.org (orari biglietteria: lun/ven 10-12 e 15-18, sabato dalle ore 20:00).

Fare le cose

Chissà cosa ne pensa la Vasta (se possibile) coalizione di centrosinistra. Perché a leggerla così la notizia, da fuori, non sembra una fatica titanica.

Dal sito web de La Repubblica: Diciassette uomini e diciassette donne: il nuovo governo francese del presidente François Hollande è il primo esecutivo paritario. Hollande ha quindi realizzato ciò che aveva promesso in campagna elettorale: mettere alla guida dei ministeri un eguale numero di uomini e donne, anche se i posti di maggior prestigio vanno ad esponenti maschili, ad eccezione della Giustizia. Il premier Jean-Marc Ayrault ha annunciato che il nuovo governo francese si concentrerà sul riassetto dei conti pubblici e sul bilanciamento delle nuove spese con tagli dei costi. E fra le prime misure proposte ai ministri ci sarà la riduzione dello stipendio di ciascuno di loro nella misura del 30 per cento. Ayrault ha tenuto a rivendicare la misura, che era stata presentata come un segnale di differenziazione della presidenza Hollande rispetto al suo predecessore, Nicolas Sarkozy, che aveva aumentato il suo stipendio del 170 per cento cinque anni fa, appena entrato all’Eliseo. 

#noomofobia chi è il malato?

Oggi è la giornata contro l’omofobia, il modo migliore per festeggiare sarebbe augurarsi (e lavorare) che l’anno prossimo sia stata abolita perché non ce n’è più bisogno. La giornata contro l’omofobia deve essere un rito passeggero che non dovremo nemmeno raccontare ai nostri figli. Rimane la domanda su quale sia davvero la malattia da curare: l’omofobo sicuramente e la politica molto probabilmente. L’omofobia è la spinta violenta di un processo politico di cui nessuno vuole prendersi la responsabilità: una battaglia che diventa tutt’uno con la laicità di uno Stato sempre timido con i conservatori. Le forze “progressiste” (la parola mi provoca orticaria, di questi tempi) su questo non progrediscono. Parlano, fanno grandi convegni ma proprio non riescono a scrivere e votare questo benedetto progetto di legge. E allora forse la giornata contro l’omofobia è, anche, la giornata contro chi da tempo si sottrae alla conta (anche interna) sul tema. Buon dissolvimento di omofobia a tutti.

Cerco di dirlo così come mi viene, mi scusino eventuali pignoli o suscettibili. Leggere sulle prime pagine le parole “contro natura”, pronunciate dal papa [Papa Benedetto XVI] a proposito delle unioni omosessuali, mi fa rivoltare le viscere. La natura umana è così complicata e ricca (essendo biologica, psicologica, culturale, sociale) che estrarne un pezzo e appenderlo al lampione del Giudizio Divino equivale ad amputarla. L’omosessualità è sempre esistita ed esisterà sempre, consiste di amore e di vizio, di eros e di moda, di piacere e di colpa, di profondità e di futilità, tanto quanto le altre pulsioni dell’animo e del corpo. Si può diffidarne, si può criticarla, ma solo una violenta e impaurita torsione dello sguardo sulle persone, sulla vita, sull’eros, può arrivare addirittura a scacciare l’amore omosessuale dalla “natura umana”. Leggendo quei titoli ho pensato ai miei amici omosessuali, ad alcune storie di sofferenza e di punizione, all’orribile marchio di “anormale” che qualcuno di loro ha dovuto leggere negli occhi e nelle parole degli altri, e mi sono profondamente vergognato per quel “contro natura”. Possibile che i preti omosessuali, notoriamente molti, non abbiano niente da dire a questa Chiesa spietata? (Michele Serra)

Spero che tu voglia fondare una Società per la Difesa delle Persone Oppresse. Ai nostri giorni c’è un grosso sodalizio europeo diretto da selvaggi e da avvocati contro di noi.
E’ veramente ridicolo che, dopo che la mia intera vita è stata rovinata dalla società, la gente intenda ancora esercitare la sua tirannia sociale su di me e cerchi di costringermi a vivere da solo, cioè nell’unica condizione in cui io non posso vivere.
Non credevo che alla mia liberazione mia moglie, i miei amministratori, i miei pochi amici (perché sono pochi) e la miriade dei miei nemici si sarebbero uniti per costringermi con la fame a tornare a vivere nel silenzio e nella solitudine.
E’ stato proposto di lasciarmi morire di fame o di gettare il mio cervello in un pisciatoio pubblico a Napoli.
Le persone morali, come vengono chiamate, sono bestie. Vorrei avere cinquanta vizi innaturali piuttosto che una virtù. (Oscar Wilde, 1897)

Morire da donna. In Italia.

Un’altra.

MILANO – Un uomo di 46 anni al culmine di una lite ha ucciso la ex convivente, madre di due figli, di 42 prima di suicidarsi sparandosi. È successo a Paternò, in provincia di Catania. La notizia qui.

#MACAO non si sgombera la fantasia

Stanno sgomberando Macao. Sto arrivando lì. Per vedere, per capire. Intanto pubblico l’articolo scritto giusto ieri per IL FATTO QUOTIDIANO.

Eccoci, l’avevamo già scritto, oggi qualcuno vorrebbe insegnarci che Macao è violenza. Niente a che vedere con l’arte, dicono. Invece Macao è fantasia. E la fantasia non può essere violenta per natura. E’ straripante, inaspettata, destabilizzante e selvaggia. Ma mai violenta. E le parole che sono state usate fino a qui non hanno un mezzo centimetro di spessore per cogliere ciò che succede dentro MACAO per provare a riformularlo in risposta politica (o chiamatela pure proposta, se vi viene la paura di dare troppa importanza ai ragazzi del Torre Galfa). E mi vengono in mente una decina di buoni motivi per provare a smettere di balbettare come professionisti del cerchiobottismo. Perché a guardare da fuori quello che sta succedendo si nota come tutti corrano ad occupare la sedia del non prendere posizioneprenderne poca ma timidamentedire tutto e il suo rovescio. E alla fine De Corato rischia di diventare l’unico veramente comprensibile. Anche perché (anche questo proviamo a dirlo da tempo) in medio ci sta virtus me il rischio è la mediazione che marcisce in mediocrità.

MACAO ha bisogno di una risposta politica, civile e culturale. Al di là dello spazio in cui si esercita.

Perché Milano unge Dario Fo ad ogni vernissage e celebra le palazzina Liberty ma forse non sa bene cosa sia successo davvero.

Perché la partecipazione non si può pretendere con la manina alzata e tutti composti ai banchi. E ogni forma di partecipazione ha la propria disciplina (e indisciplina) ma il punto rimane coglierne il cuore.

Perché i fan di tutti gli #occupy del mondo poi in fondo vogliono ordine e disciplina sotto il proprio balcone. Un #occupy federalista: l’importante è che rompa le scatole agli altri fuori dal nostro quartiere.

Perché la cultura (so che a qualcuno dispiace) è fatta anche di lavoratori. E anche i lavoratori della cultura si incazzano come si incazzano tutti i lavoratori del mondo. E anche nella miseria di questo campo cominciano a esserci fastidiosi piccoli Marchionne.

Perché dentro MACAO non ci sono (come leggo in giro) contraddizioni: l’appello di MACAO è semplice, diretto e chiaro. Si può essere d’accordo o meno. Vietati i “ni”, per favore.

Perché sarebbe proprio bello in un EXPO che puzza solo di grigi e lobby immaginare subito un orto per MACAO (con tutto lo spazio che c’è, no?). E poter dire che l’abbiamo curato e innaffiato, quando saremo anziani con i nipoti, raccontarci come l’abbiamo immaginato insieme senza ombre e abbiamo preso la responsabilità di coglierne i frutti. Fare politica, insomma.

 

La gioia di sparare

Gambizzazione a Genova di Adinolfi, quanto sappiamo della FAI?

Innanzitutto la FAI è la federazione anarchica italiana, la ” nuova ” FAI, quella che rivendica l’attentato è la federazione anarchica informale. Gli anarchici informali si rifanno al pensiero di Alfredo Maria Bonanno, fondatore dell’ORAI, anarchismo insurrezionalista. Per capire le teorie e pratiche dell’anarchismo informale o insurrezionalista, che nulla ha a che fare con organizzazioni, guru e associazioni è utile leggere ” la gioia armata ” di Bonanno, è sul web in pdf.

Molti giornalisti e lettori non capiscono un dato: nel volantino di rivendicazione si cita molto spesso il piacere: delirio o parola chiave di questa frangia anarchica? Parola chiave, ora vi spiego perchè. […]

Malatesta parlava di amore, solidarietà :

Il nostro ideale non è di quelli il cui conseguimento dipende dall’individuo considerato isolatamente. Si tratta di cambiare il modo di vivere in società, di stabilire tra gli uomini rapporti di amore e solidarietà, di conseguire la pienezza dello sviluppo materiale, morale e intellettuale, non per un dato partito, ma per tutti quanti gli esseri umani – e questo non è cosa che si possa imporre colla forza, ma deve sorgere dalla coscienza illuminata di ciascuno ed attuarsi mediante il libero consentimento di tutti”.

Fabrizio de Andrè cantava della signorina anarchia, legata alla libertà : E poi a un tratto l’amore scoppiò dappertutto.

L’amore, scoppiò dappertutto. Pensateci.

Barbara Collevecchio sulla federazione anarchica informale e la gioia di sparare.

In silenzio, a Milano, si spegne il CRT

Sempre a proposito di cultura. Il CRT chiude anticipatamente la stagione teatrale. Perché lo spiega Silvio Castiglioni (qui una sua interessante intervista):

Il CRT non riesce a portare a termine la stagione 2011 – 2012. Gli ultimi appuntamenti in calendario nel mese di maggio sono stati cancellati. Si tratta dei due spettacoli di Motus, Let the sunshine in e Too late (previsti al Salone il 7 e 8 maggio), e del progetto Fare teatro in Lombardia oggi, dedicato allo stato del nuovo teatro dopo l’esperienza delle residenze Être (18 – 27 maggio). Una scelta dolorosa ma necessaria, adottata per non aggravare una situazione economica già molto pesante, che avrebbe messo in seria difficoltà anche le compagnie ospiti. Stavolta, per mandare avanti la stagione, i sacrifici dei lavoratori non sono bastati.
È nostra ferma intenzione riprendere entrambi i progetti nella stagione 2012 – 13. Com’è noto i due spettacoli di Motus erano stati pensati d’intesa con Pim Off, che ne avrebbe ospitato un terzo, per offrire al pubblico milanese la possibilità di abbracciare l’intero progetto Antigone, potendo assistere a tutti e tre i lavori che la compagnia riminese ha dedicato al più puro e politico dei gesti di ribellione. Siamo lieti di apprendere che Pim Off intende onorare il proprio impegno.
La difficile decisione è stata presa in pieno accordo con Motus, con l’impegno comune di rimodellare un progetto coerente per il prossimo anno, presentando al Teatro dell’Arte il bellissimo Too late, accanto alla nuova produzione della compagnia. Insieme abbiamo altresì deplorato la grave situazione attuale del teatro italiano, costretto, per sopravvivere, a finanziarsi colle le rinunce e i sacrifici sempre più duri di quanti vi lavorano.

Nel passaggio più fragile e potenzialmente innovativo della sua storia, dopo la scomparsa del suo fondatore, il CRT ha realizzato una stagione teatrale ambiziosa, con produzioni e ospitalità di alto livello, come ci è stato riconosciuto, seguita con partecipazione e attenzione da pubblico, stampa e operatori. In un momento così delicato, avere subìto il taglio di più del 50% del contributo 2011 da parte dell’Amministrazione Comunale, è stato un colpo veramente pesante, soprattutto in assenza, allora, di un dialogo costruttivo e di supporto. Con l’aggravante che la riduzione, definita in un primo momento “un semplice orientamento”, e operata in contrasto con quanto la stessa Amministrazione aveva in precedenza formalmente già comunicato al CRT, è stata annunciata solo alla vigilia della conferenza stampa di presentazione di una stagione ovviamente già chiusa, e chiaramente disegnata su altri parametri economici. In quel drammatico frangente, con grande senso di responsabilità, anche al fine di non creare imbarazzo alla nuova Amministrazione appena insediata, abbiamo evitato di manifestare pubblicamente il nostro stupore e la nostra delusione per un provvedimento che puniva in misura così sensibile il solo CRT fra i teatri in convenzione.
Ora che conosciamo le difficoltà economiche e gestionali che la nuova Amministrazione ha dovuto affrontare, ne apprezziamo l’impegno nel cercare di mantenere sostanzialmente integro l’investimento a favore del sistema teatrale milanese, in un momento di grande difficoltà per la Città e il Paese. Prendiamo anche atto dello sforzo costruttivo e dei segnali positivi in seguito pervenutici, per avviare a soluzione, in particolare, il problema della sede, la vera radice di gran parte delle nostre difficoltà attuali. Occorre, tuttavia, sempre ricordare che l’entità del contributo in un primo tempo assegnatoci aveva diverse giustificazioni che rendono il taglio subito, a nostro giudizio, ingiusto e immotivato: come premio alla storicità del CRT e alla qualità del suo progetto artistico; come sostegno all’ampliamento dell’area di attività con il Centro di Drammaturgia; e come parziale risarcimento per i gravi danni economici causati dall’uscita forzata dal Teatro dell’Arte. Le cifre seguenti possono dare un’idea dell’emergenza che abbiamo dovuto affrontare: 150 mila euro in meno dal Comune; 120 mila euro perduti mediamente in un anno per la mancata commercializzazione del Teatro; 50 / 60 mila euro il mancato incasso annuo per l’indisponibilità per l’intera stagione di un teatro di almeno 200 posti; 17 mila euro per l’affitto di un magazzino. Fanno oltre 300 mila euro in meno! E non abbiamo più un atelier scenografico adeguato, né una sala prove degna per ospitare residenze, laboratori e produzioni, né tantomeno uno spazio per esporre al pubblico l’ingente quantità di materiale documentario giacente nel nostro archivio.
Nonostante questo, e grazie ai non più sostenibili sacrifici dei lavoratori del teatro, degli artisti e dei fornitori, abbiamo realizzato una buona stagione.

Anche al CRT è in corso un difficile avvicendamento, che ora, purtroppo, è seriamente minacciato.

Silvio Castiglioni
direttore artistico CRT

Aggiustare le cose

Pensato per aiutare chi vuole ridurre ciò che buttiamo, il Caffè della Riparazione ha funzionato bene da subito all’inizio un paio d’anni fa. La Repair Cafe Foundation ha ottenuto circa mezzo milione di euro dal governo olandese, oltre che da associazioni e offerte minori, che servono per il personale minimo, la promozione, e anche un Pulmino della Riparazione. Ci sono trenta gruppi diversi che hanno avviato dei Caffè della Riparazione in tutta l’Olanda, in cui i vicini uniscono competenze e disponibilità per offrire qualche ora al mese a ricucire strappi nella stoffa o ridar vita a qualche caffettiera, lampada, aspirapolvere o tostapane, praticamente qualunque apparecchiatura elettrica dalle lavatrici agli spremiagrumi.

“In Europa si buttano via tante cose” racconta Martine Postma, ex giornalista che ha ideato il concetto dopo la nascita del secondo figlio e qualche riflessione in più sull’ambiente. “È una vergogna, visto che si tratta di cose del tutto riutilizzabili. Al mondo c’è sempre più gente, e noi non possiamo continuare così. Volevo fare qualcosa di concreto, non solo scrivere”. E però la tormentava la domanda: “È possibile farlo come persona normale, nella vita quotidiana?” Ispirata da una mostra sui vantaggi culturali ed economici di riparazione e riciclaggio, ha deciso che per evitare sprechi inutili si potevano aiutare praticamente le persone a sistemare le cose. “Quando si parla di sostenibilità spesso ci si limita a prospettare degli ideali. Si fanno magari una serie di laboratori su come coltivarsi da soli i funghi, e la gente si stufa. Questo invece è un modo di impegnarsi molto immediato e concreto. Si fa qualcosa insieme, qui e ora”.

Su The New York Times una di quelle piccole store, semplici, banali (direbbe qualcuno) e rivoluzionarie per l’ottimismo che esercitano.