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Giulio Cavalli

Ricapitolando

Ricapitolando: non possiamo fare i matrimoni gay perché la costituzione non li prevede ma possiamo cambiare la Costituzione quando non prevede l’obbligo del pareggio di bilancio. Sono confusa. Ma Bersani è più confuso di me.

Francesca Fornario

Roma, LA7, Milano, Monza, in scena: dove sono questa settimana

Domani, martedì 15 maggio, alle 21 ospite a Quello che (non) ho, in diretta su LA7 dalle ore 21.

Mercoledì 16 alle 18, a Monza, Feltrinelli Libri e Musica in via Italia 41, con Pippo Civati presento il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO e parliamo di andreottismi in Lombardia.

Venerdì 18 alle 16 a Roma “Legalità, cittadinanza e istituzioni dello Stato nell’ambito della lotta alle mafie” con Danilo Chirico (presidente associazione DaSud) e Giovanni Impastato, Fondazione Internazionale Lelio Basso, via della Dogana Vecchia, 5.

Sabato 19 a Milano, Sala dell’acquario civico, viale Gadio 2, alle 14:  “La Tav della Lombardia – distruzione del territorio, mafie, Formigoni” presiede Maria Carla Baroni, Coord. regionale Fds presentazione: Ugo Boghetta, portavoce regionale Fds; Giuseppe Boatti, Politecnico di Milano interventi programmati: Andrea Di Stefano, rivista “Valori” Elena Lattuada, CGIL Lombardia Giulio Cavalli, consigliere regionale SEL Claudia Sorlini, Facoltà di Agraria Università di Milano Sergio Cannavò, Legambiente Lombardia Massimo Gatti, consigliere Fds provincia di Milano Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale di Milano conclusioni: Massimo Rossi, portavoce nazionale Fds

Sempre sabato 19 al Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco alle 21: L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” in scena con Cisco. Per info e prenotazioni telefono 0371/761268 o cel. 331/9287538 oppure via e-mail a info@teatronebiolo.org

Per tutti gli aggiornamenti c’è la pagine degli appuntamenti. Buona settimana.

Hanno promosso il sangue a sottosegretario

scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Ha un curriculum di tutto rispetto. Era nella catena di comando de «La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale» (cit. Amnesty International). L’ex capo della Polizia e capo gabinetto del Viminale, Gianni De Gennaro, è stato nominato sottosegretario di Stato e lascia quindi il Dis, Dipartimento informazioni per la sicurezza, che ha guidato per quattro anni, dal 2008.

Questo Paese ha un rapporto controverso con il sangue: piuttosto che farsene carico decide di scavalcarlo e, al limite, promuoverlo.

Abbiamo creduto che ci fosse da vergognarsi per la mancata commissione d’inchiesta sui fatti di Genova nel 2001 in occasione del G8 e invece siamo riusciti a fare di peggio.

E non stupisce che a correre per complimentarsi per una nomina così inopportuna siano stati in fila:Gianfranco Fini (che a Genova nel 2001 ha esercitato la propria idea di democrazia), Massimo D’Alema (e ti pareva), Francesco Rutelli, Pierferdinando Casini e (udite, udite) Schifani. A volte ti assale il dubbio che alcune ombre siano drammaticamente bipartisan, ora siamo più tranquilli: sono anche tecniche del governo dei tecnici.

Domenico Nista e il fratello ammazzato: 18 omicidi in 5 anni in Lombardia dove la mafia non esiste

Un bel pezzo dell’amico Davide Milosa (ma va?) su Domenico Nista “Tyson” e il fratello Giuseppe Nista. Come avevamo raccontato.

Franco lo zoppoPeppe di CittanovaMaurizio detto Maurino, il Macellaio e Mannaia Dio. Alias di malavita. Pseudonimi da verbali di polizia. Nomignoli da strada. Che puzzano di cordite e cocaina. Gente abituata a sfrecciare a bordo di grossi scooter. Con i sedili armati di 357 magnum. Gente che spara e gambizza. Minaccia ed estorce. Picchia e recupera il denaro della roba. Ombre che girano “accavallate” (armate,ndr) da quando si alzano a quando vanno a letto. Balordi di periferia zeppi di denaro racimolato a suon di buste di droga, trafficate all’ingrosso e spacciate per quartiere. Soldati di un esercito che tra i palazzoni dormitorio di Milano controllano e comandano. In nome e per conto dei boss. Calabresi. Senza dubbio. Tradotto: ‘ndrangheta. Ma non quella che punta al business pulito o ai rapporti con la politica lombarda. Non quella che sorseggia calici di champagne. L’altra: quella che corre lungo i perimetri urbani carburando con pippotti e bicchierate di Vat 69.

Il risultato, però, non cambia. E anzi è ancora peggio. Perché tocca la vita quotidiana dei cittadini assediati da chi va per bar e spara. Picchia in mezzo alla strada. Magari davanti a donne e bambini. Senza scrupoli. Come cani rabbiosi. Non ieri, ma oggi. Perché le grandi indagini della procura di Milano, gli arresti numerosi e le cupole (vere o presunte) hanno offuscato l’allarme sociale della mafia: il controllo del territorio. E così oggi, a due giorni dai tre colpi di 7 e 65 che hanno ferito e poi ucciso Giuseppe Nista, 44 anni, balordo come sopra, la partita di quartiere giocata da boss e gregari ritorna su come un rigurgito. Perché Beppe Nista era un tipo da armi e cocaina. Pregiudicato e socio di uno sfasciacarrozze a Segrate. Qui, poche centinaia di metri dopo, in via dei Mille a Vimodrone, i killer lo hanno seguito e freddato.

Quarantotto ore dopo i carabinieri di Monza vagliano piste e spulciano verbali. Hanno un’idea? Più di una. Diverse. Forse Giuseppe Nista ha “scopato nel letto sbagliato”. Un’eventualità. Sulla quale pesa la modalità dell’omicidio. Mafiosa senza dubbio. E allora forse quel letto era di qualcuno di rispetto. O magari, e l’ipotesi viene ritenuta credibile, tutto sta nelle parole del fratello di Giuseppe. Lui come il Peppe di Cittanova o il macellaio legato ai boss di Rosarno, ha un soprannome: lo hanno sempre chiamato tyson per via dei modi spicci e del grilletto facile. In carcere ci finisce nel 2005. Sedici anni e pena blindata. Nel 2007, però, Tyson classe ’70, inizia a parlare con i magistrati della procura di Milano. Riempie verbali, almeno quattro, e soprattutto fa nomi. Decine di nomi. Un lungo elenco dal quale spuntano protagonisti e comparse di un brutto romanzo criminale. Ma c’è di più: nel 2010 Nista arriva in aula come testimone. A Monza dove si sta celebrando il processo contro la ‘ndrangheta accusata di essersi infiltrata negli appalti Tav. Alla sbarra ci sono personaggi di peso: la famiglia Paparo, legata alle cosche di Isola Capo Rizzuto, gente dal nome nobile come Arena e NicosciaTyson parla e accusa: tira in ballo i boss, colloca azioni, le descrive, entra nei particolari. Cita la cosca di Pioltello costituita da Cosimo Maiolo e Alessandro Manno. Gente di Caulonia che tira avanti con droga, pizzo e violenza. Poi Nista sposta il tiro e racconta degli affari diPio Candeloro, padrino in stile Soprano, oggi in attesa di giudizio nel processo Infinito.

Una sola audizione per dire molto, forse troppo. Quindi la beffa: niente programma di protezione. Ufficialmente Domenico Nista non sarà mai un collaboratore di giustizia. Solo otterrà, nel carcere di Torino, un regime speciale. I magistrati e i giudici, che nel processo ai Paparo, annulleranno l’accusa per 416 bis (mantenendo alcuni reati fine), ritengono provate le sue dichiarazioni ma non utili al processo, perché vanno troppo indietro nel tempo. Due anni dopo i killer gli uccidono il fratello.

Eppure è proprio da quei verbali, comunque allegati agli atti del processo e dunque acquisibili dagli imputati, che emerge un mondo di malavita del quale faceva parte il defunto Giuseppe Nista. “Mio fratello – dice Nista – in più occasioni mi mostrò diversi tipi di armi quali pistole, fucili a pompa e mitra, mi raccontò anche di avere la disponibilità di 50 chili di esplosivo al plastico (…). Non so dove occultasse le armi. E’ appassionato e va a sparare alla cava di San Maurizio al Lambro”.

Domenico Nista inizia a collaborare il 22 novembre 2007. Tyson si trova al sesto piano della procura di Milano. Racconta di una famiglia, il cui nome è noto tra le strade di Cologno Monzese e che nel 1999 fu coinvolta in un traffico di armi poi rivendute alla camorra. Parla di A.G. “Quando era ragazzino frequentava il bowling di Pessano con Bornago. Io lo vedevo prendere i soldi dai ragazzini, a cui portava via anche i ciclomotori, in sostanza faceva piccole estorsioni e chiedeva il “pizzo” nei locali”. A comandare, però, è il fratello V.G. “Mi disse che lui e i suoi erano affiliati alla ‘ndrangheta, mi raccontò che aveva “la terza”, cioè che aveva la possibilità di battezzare nuovi adepti e creare un’altra famiglia. Se ho inteso bene, il grado della “terza” dovrebbe corrispondere a quello di “sgarrista”.

Nista Tyson racconta che quelli hanno tentato di farlo fuori e che lui voleva vendicarsi. Ma poi, nel 2002, alla gelateria Visconti sempre a Cologno c’è un incontro con gli uomini dei Nicoscia. C’è da parlare di droga e di traffico. “Mi dissero che avremmo dovuto lavorare tutti insieme, sia per la droga, sia per le estorsioni ed aggiunse che già sulle estorsioni stavano lavorando loro. In sostanza, mi chiesero di lavorare con loro perché mi sapevano “uomo d’azione””. Non solo: Domenico Nista all’epoca tratta chili di droga. E per qualche tempo concilia affari e sentimenti. La sua donna, madre di sua figlia, “aveva il compito (…) di tenere la contabilità dei miei traffici, aveva un libricino in cui segnava tutte le entrate e le uscite sulla base delle mie indicazioni”.

Insomma, Mimmo Tyson Nista non è un boss ma nemmeno un “pisciaturi” qualunque. E’ uno che i piedi in testa mai. E sei i suoi quarti di nobiltà mafiosa se li è guadagnati tra i palazzoni di Milano, alcuni nomi che contano li conosce. Come Cosimo Maiolo: “Un personaggio di spessore”. E giù particolari: “Nelle baracche nella campagna di Seggiano di Pioltello c’erano degli incontri di “calabresi pesanti”. Ho partecipato anch’io in qualche occasione a queste riunioni, si faceva da mangiare e si parlava di traffici illeciti”. Da Caulonia a Rosarno, Tyson mette in agenda anche il nome di Pino Ferraro detto u Massune e del suo tirapiedi Giuseppe Celentano detto Peppe u macellaio. Nel carcere di Sollicciano, addirittura incrocia un tizio, soprannominato Mescal, che gli racconta di traffici di droga (cento chili arrivati a Ventimiglia) che coinvolgono uomini dei Ros.

E nonostante questo, le sue parole rimarranno per sempre lettera morta. Non serviranno ai giudici di Monza che le riterranno vere ma non utili. E nemmeno saranno utilizzate dalla procura di Milano che non avvierà indagini nemmeno su un’ipotesi di sequestro, così racconta Nista, ideato dal braccio lombardo dei Nicoscia ai danni della figlia di suo fratello. Oggi orfana di un padre ammazzato in un pezzo d’asfalto non distante dal cuore di una Milano che nel silenzio mediatico aggiorna a 18 gli omicidi di mafia negli ultimi cinque anni. La prima fu l’avvocato Maria Spinella(freddata da Luigi Cicalese, killer della ‘ndrangheta oggi pentito). L’ultimo Peppe Nista. In mezzo l’esecuzione di Carmelo Novella (2008) il capo delle cosche lombarde che voleva fare la secessione dalla Calabria e finì ucciso in un circolo di San Vittore Olona. E ancora: Giovanni Di Muro (2009), imprenditore vicino a Cosa nostra e spione per conto dei Servizi segreti. Poi Natalino Rappocciolo (2009) figlio d’arte e di mafia giustiziato a bordo strada, la sua auto bruciata, il corpo chiuso in un sacco con un testa di cane mozzata al fianco.  Il resto è cronaca di ieri e di oggi. Cronaca di mafia a Milano.

Una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica

Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità ed’insufficiente potere non siano oltre tollerabili, l’ampliarsi del quadro delle attese e delle speranze dell’intera umanità, la visione del diritto degli altri, anche dei più lontani, da tutelare non meno del proprio, il fatto che i giovani, sentendosi ad un punto nodale della storia, non si riconoscano nella società in cui sono e la mettano in crisi, sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità.

Vi sono certo dati sconcertanti di fronte ai quali chi abbia responsabilità decisive non può restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo scarsamente efficace di certe impostazioni sono sì un dato reale e anche preoccupante. Ma sono, tuttavia, un fatto, benché grave, di superficie.

Nel profondo è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia. Di contro a sconcertanti e, forse, transitorie esperienze c’è quello che solo vale ed al quale bisogna inchinarsi, un modo nuovo di essere nella condizione umana. È l’affermazione di ogni persona, in ogni condizione sociale, dalla scuola al lavoro, in ogni luogo del nostro Paese, in ogni lontana esconosciuta regione del mondo; è l’emergere di una legge di solidarietà, dieguaglianza, di rispetto di gran lunga più seria e cogente che non sia maiapparsa nel corso della storia.

E, insieme con tutto questo ed anzi proprio per questo, si affaccia sulla scena del mondo l’idea che, al di là del cinismo opportunistico, ma, che dico, al di là della stessa prudenza e dello stesso realismo, una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perché essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana.

(Aldo Moro, 1968)

I fogli bianchi sono la dismisura dell’anima

I fogli bianchi sono la dismisura dell’anima
e io su questo sapore agrodolce
vorrò un giorno morire,
perché il foglio bianco è violento.
Violento come una bandiera,
una voragine di fuoco,
e così io mi compongo
lettera su lettera all’infinito
affinché uno mi legga
ma nessuno impari nulla
perché la vita è sorso, e sorso
di vita i fogli bianchi
dismisura dell’anima.

da “Fogli bianchi” – Alda Merini

#nonmifermo domani a Bergamo non ci fermiamo anche per loro

Segrate, 16 febbraio 2010 – All’alba è iniziato l’ennesimo sgombero. È stato il turno del campo rom di Segrate dove vivevano più di 130 persone e dove, anche in questo caso, erano in atto processi positivi d’integrazione.
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La Lettera delle maestre dei bambini rom

Ciao Marius, ciao Cristina, Ana, ciao a voi tutti bambini del campo di Segrate.

Voi non leggerete il nostro saluto sul giornale, perché i vostri genitori non sanno leggere e il giornale non lo comperano.

E’ proprio per questo che vi hanno iscritti a scuola e che hanno continuato a mandarvi nonostante la loro vita sia difficilissima, perché sognano di vedervi integrati in questa società, perché sognano un futuro in cui voi siate rispettati e possiate veder riconosciute le vostre capacità e la vostra dignità.

Vi fanno studiare perché sognano che almeno voi possiate avere un lavoro, una casa e la fiducia degli altri.

Sappiamo quanto siano stati difficili per voi questi mesi: il freddo, tantissimo, gli sgomberi continui che vi hanno costretti ogni volta a perdere tutto e a dormire all’aperto in attesa che i vostri papà ricostruissero una baracchina, sapendo che le ruspe di lì a poco l’avrebbero di nuovo distrutta insieme a tutto ciò che avete. Le vostre cartelle le abbiamo volute tenere a scuola perché sappiate che vi aspettiamo sempre, e anche perché non volevamo che le ruspe che tra pochi giorni raderanno al suolo le vostre casette facessero scempio del vostro lavoro, pieno di entusiasmo e di fatica.

Saremo a scuola ad aspettarvi, verremo a prendervi se non potrete venire, non vi lasceremo soli, né voi né i vostri genitori che abbiamo imparato a stimare e ad apprezzare.

Grazie per essere nostri scolari, per averci insegnato quanta tenacia possa esserci nel voler studiare, grazie ai vostri genitori che vi hanno sempre messi al primo posto e che si sono fidati di noi.

I vostri compagni ci chiederanno di voi, molti sapranno già perché ad accompagnarvi non sarà stata la vostra mamma ma la maestra. Che spiegazioni potremo dare loro? E quali potremo dare a voi, che condividete con le vostre classi le regole, l’affetto, la giustizia, la solidarietà: come vi spiegheremo gli sgomberi? Non sappiamo cosa vi spiegheremo, ma di sicuro continueremo ad insegnarvi tante, tante cose, più cose che possiamo, perché domani voi siate in grado di difendervi dall’ingiustizia, perché i vostri figli siano trattati come bambini, non come bambini rom, colpevoli prima ancora di essere nati.

Vi insegneremo mille parole, centomila parole perché nessuno possa più cercare di annientare chi come voi non ha voce.

Ora la vostra voce siamo noi, insieme a tantissimi altri maestri, professori, genitori dei vostri compagni, insieme ai volontari che sono con voi da anni e a tanti amici e abitanti della nostra zona.

A presto bambini, a scuola.

Le vostre maestre:

Irene Gasparini, Flaviana Robbiati, Stefania Faggi, Ornella Salina, Maria Sciorio, Monica Faccioli con Romana Vittoria Gandossi.

Bracco e EXPO (e Formigoni sullo sfondo): un binomio opportuno?

La notizia la riporta Il Giornale (eh, si) ed è passata sotto traccia.

Milano – Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente del progetto speciale Expo2015, è a processo a Milano con l’accusa di evasione fiscale assieme a un manager della Bracco Imaging spa, società che si occupa di diagnostica e che fa parte del gruppo farmaceutico, in relazione ad alcune fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti indicate in dichiarazioni dei redditi della società.

L’accusa Davanti al giudice monocratico della seconda sezione penale Elisabetta Meyer, si è tenuta la prima udienza che vede imputato anche il manager Giovanni Conti. L’inchiesta condotta dalla gdf e dal pm Alfredo Robledo è nata da uno stralcio dell’indagine cosiddetta “Oil For Food”. Per evadere le imposte sui redditi i due imputati avrebbero consentito alla società di indicare nelle dichiarazioni dei redditi fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti emesse dalla “Kins medical & scientific supplies corporation”. In particolare, l’accusa riguarda fatture per circa 124mila euro iscritte nella dichiarazione presentata nel 2002, e relativa all’anno d’imposta 2001. Questi fatti sarebbero coperti da prescrizione. Non risulterebbe prescritta invece l’evasione relativa a fatture per circa 21mila euro indicate nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2004 sull’anno d’imposta 2002.
Già viene la pelle d’oca a pensare che Roberto Formigoni sia il commissario per Expo (e non lo diciamo mica solo noi, anche la Lega ha un brivido sulla schiena) ora ci aggiungiamo il fatto che Diana Bracco sia nel mezzo di questa spiacevole vicenda oltre agli interessi immobiliari guarda caso proprio nella zona di Rho e il qudretto è completo.
Mica per altro: non vorrei che mentre tutti ci spendiamo in convegni, riunioni e protocolli per alzare le barriere contro le mafie poi alla fine finiamo per essere un po’ morbidi con l’opportunità politica. Anche perché sarebbe l’ennesima volta, qui in Lombardia.