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Giulio Cavalli

La SIAE che vorremmo

Ce la racconta Guido Scorza: la nuova SIAE o, per quanto detto, meglio ancora, le nuove Società di intermediazione collettiva eredi della vecchia monopolista – magari con forti specializzazioni per tipologie e categorie d’uso dei diritti – dovrebbero ibridare il modello della gestione collettiva dei diritti, consentendo, la più ampia – effettiva e di facile attivazione – elasticità possibile al titolare de diritti – chiunque esso sia – che voglia, in relazione a taluni usi o in taluni ambienti o, ancora, mercati geografici o merceologici, gestire autonomamente, magari attraverso modelli di licenza di tipo creative commons, i diritti sulle proprie opere.

Se il bene è comune, è pubblico

Mi stupisce questa ultima narcolessia intellettuale sulla questione della presunta, paventata e minacciata svendita dei beni pubblici. Mi stupisce come l’ondata lunga dell’antipolitica (intesa come responsabilità sociale: per capirsi la stessa sindrome egoautonomista che la Lega usa così bene per accendere gli acidi gastrici di una parte di elettori) spinga persone che stimo a cavalcare questo ultimo refrain “vendiamo tutto, ripianiamo il debito”. E non credo che sia (come mi suggerisce qualcuno) un momento d’indignazione su cui soprassedere.

La battaglia per il bene comune deve declinarsi in una nuova responsabilità per la cosa pubblica che viene rivendicata dai cittadini: non c’è nulla di diverso nel bene comune che sta nell’acqua, nell’antinuclearismo e in una legge giusta rispetto al bene comune che sta nei beni pubblici o, per usare una parola più sfortunata, nel demanio. Scrive benissimo Salvatore Settis: nell´Italia devastata dal berlusconismo e dal secessionismo leghista, impoverite non sono solo le nuove generazioni, condannate alla disoccupazione o al precariato perpetuo. Impoverito è lo Stato, cioè noi tutti, borseggiati da chi governa il Paese svuotando il nostro portafoglio proprietario di cittadini e i valori di una Costituzione fondata sul bene comune. Questa erosione del patrimonio e dei principi della Repubblica ha preso la forma della rapina. Rapina, letteralmente, a mano armata: armata dei poteri residui dello Stato, cinicamente usati per smontare lo Stato e spartirsi il bottino. 

9 anni al figlio del boss Valle

Condanna a 9 anni di reclusione per Carmine Valle, figlio di Francesco Valle, uno degli ‘storici’ capi della ‘ndrangheta in Lombardia. E’ quanto ha stabilito il gup di Milano, Andrea Salemme, che ha emesso anche altre 4 condanne fino a 10 anni e mezzo di reclusione, e ha applicato anche a 3 imputati, tra cui lo stesso Valle, la misura della liberta’ vigilata per 3 anni a pena scontata. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere di stampo mafioso, usura ed estorsione.

Nel luglio del 2010, pochi giorni prima del maxi-blitz ‘Infinito’ contro la ‘ndrangheta con oltre 170 arresti in Lombardia, erano state eseguite le misure di custodia in carcere nei confronti degli affiliati alla cosca dei Valle che, attraverso estorsioni e usura, controllava il territorio dell’hinterland milanese. In quell’operazione era finito in carcere anche il ‘patriarca’ Francesco Valle, 73 anni. Per lui, che aveva costruito un vero e proprio bunker con telecamere nel suo ristorante ‘La Masseria’, e per altri e’ ancora in corso il processo con rito ordinario. Carmine Valle, invece, ha scelto l’abbreviato.

Difeso dall’avvocato Maria Teresa Zampogna, in un interrogatorio davanti al gup ha preso le distanze dalla sua famiglia e il pm Paolo Storari ha chiesto per lui 7 anni e 4 mesi con le attenuanti generiche, portando i verbali con le sue dichiarazioni come prova d’accusa nel processo ordinario. Il giudice, pero’, ha deciso di non concedere a nessuno degli imputati le attenuanti e ha condannato Valle a 9 anni, Bruno Saraceno a 10 anni e 6 mesi (7 anni e 4 mesi la richiesta del pm) e Matteo Fazzolari a 6 anni e 5 mesi (per lui il pm aveva chiesto 10 anni considerandolo inattendibile). Altri due imputati, Francesco Aloe e Francesco Resta, sono stati condannati a 2 anni e 5 mesi.9 anni

Legge bavaglio: di cosa stiamo parlando

Perché siamo tutti d’accordo (vero?) che informarsi prima di indignarsi (giustamente) è un obbligo morale. E perché agli attacchi insulsi della corporazione dei servi ignoranti sarebbe bello rispondendo nel merito.

DA LEGGIOGGI

Oggi – giorno in cui Google compie 13 anni – riprende il suo iter in Italia – alla Camera, dopo un anno di stop a causa delle polemiche – il ddl1415-C, soprannominato, tra le tante, “anti-intercettazioni“, “anti-blog“, “ammazza-internet“, “legge-bavaglio“.

Si tratta di un disegno di legge già approvato dai deputati, poi modificato in Senato, che ora torna in terza lettura all’attenzione dei deputati.

Oggi verranno esaminate e votate le questioni pregiudiziali di costituzionalità di merito presentate.

Il ddl, dal titolo “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche“, potrebbe formare oggetto di una questione di fiducia posta dal Governo, tesa a scavalcare il dibattito parlamentare ed approvare in tempi rapidissimi le nuove norme.

Il 29 settembre – giorno in cui si prevede da più parti la presentazione della questione di fiducia da parte del Governo – è stata indetta una manifestazione in piazza del Pantheon a Roma, dalle 15 alle 18.

Due opinioni intanto, tra le tantissime che in queste ore vengono espresse sulla Rete:

“Bendare tutti per salvarne uno. Questo sembra essere ormai l’unico criterio che guida la maggioranza nella riproposizione della legge bavaglio, perché di bavaglio si tratta, come confermano le critiche dei magistrati e dei cronisti, i veri destinatari della legge, quelli che dovranno essere ‘ammanettati’ per impedire loro l’accertamento degli illeciti e soprattutto per oscurare il diritto ad essere informata della pubblica opinione” (Giuseppe Giulietti, Articolo 21).

Sarebbe davvero una sciagura per la libertà di parola sul web se, preoccupato di assecondare l’urgenza della maggioranza nell’approvazione del ddl, il Parlamento licenziasse il testo nella sua attuale formulazione” (Guido Scorza, Istituto per le Politiche dell’Innovazione)

E per finire, i testi, quelli su cui (non) si discuterà in Parlamento, in attesa che venga posta dal premier la questione di fiducia:

Il testo del ddl anti-intercettazioni e anti-blog come approvato dal Senato il 10 giugno 2010

Il testo del ddl approvato dal Senato confrontato con il testo approvato in prima lettura dalla Camera

 

 

C’è crisi e crisi

Oggi, 27 settembre, abbiamo consumato le risorse che dovevamo consumare nell’intero 2011. Si chiama Earth Overshoot Day (Eod), cioè il giorno di pareggio tra risorse disponibili e consumi. Un giorno che, nel modello calcolato, doveva essere il 31 dicembre, e che l’anno scorso si è verificato a metà ottobre. Nel saldo tra risorse ambientali disponibili, o in grado di essere riprodotte, e risorse consumate, da oggi siamo in rosso. L’anidride carbonica che poteva essere assorbita dalle foreste è stata assorbita, come i rifiuti che potevano essere smaltiti o riciclati e i pesci che potevano essere pescati calcolando il ripopolamento naturale e indotto. Da oggi il pianeta si impoverisce senza rigenerarsi. E qui non ci salvano i tedeschi o l’Europa.

L’esilarante idea di Brunetta sul certificato antimafia

La scelta di indebolirlo e di scaricare la questione sulla pubbliche amministrazioni ha il sapore di una anestetico che invece di snellire la procedura rischia di rendere tutto ancor più complicato con una moltiplicazione di lavoro per gli enti che già devono affrontare e combattere i tagli e le riduzione di servizi e personale. Ci sembra che questa proposta è l’ennesimo segnale che qualcosa non va. Da una parte, il grande lavoro ogni giorno portato avanti da magistratura e forze dell’ordine dall’altra registriamo piccoli e grandi sbriciolamenti dell’attività di contrasto alle mafie. (Don Luigi Ciotti)

Il ministro Brunetta dimentica che gli sprechi stanno tutti nel mancato processo di informatizzazione della giustizia. Per consegnare le ordinanze di costudia cautelare si buttano montagne di carta e pile di toner. Il certificato antimafia è invece uno strumento indispensabile per arginare le infiltrazioni mafiose. Anche negli uffici del nord Italia. (Nicola Gratteri)

Le firme e la ribellione

Le firme per l’abolizione del Porcellum (dicono i bene informati) ci sono. Sono scesi in campo i partiti ma non solo: comitati, associazioni, aree di partito (quelle che fino a qualche anno fa si chiamavano correnti ma adesso soffiano venti molto più estesi) e cittadini. Perché alla fine i cittadini hanno capito che la legittimazione della politica conviene costruirsela in casa. E se i partiti seguono, tanto meglio. Ma nessuno si gira a controllare dove sono. E la ribellione democratica, in fondo, ha già eclissato per visioni e modi tutti coloro che fingono (male) di averla inventata e di esserne il padre unico. Si rinuncia alle ferie per sistemare moduli e banchetti (lo racconta Elisee per ValigiaBlu), a Casalpusterlengo (città tagliata in due da una via Emilia come una spada) il comitato di cittadini è quasi riuscito a scongiurare il pericolo inceneritore, si (ri)serrano le fila per la Legge Bavaglio: è una resistenza metodica e professionale come risulta inimmaginabile per gli eletti (nominati) professionisti.

I ragazzi di Casalpusterlengo li ricordo mentre in Commissione illustravano le ragioni del loro dissenso e fornivano valutazioni tecniche e giuridiche: avevano un rispetto per l’istituzione che li ascoltava che da solo è stato una lezione di dignità. Sono passati dalla piazza alle formule chimiche, dagli incontri istituzionali (con la cravatta buona) alle cantine per dividersi i volantini. Forse anche loro ce l’hanno fatta. Forse. E sui giornali la politica si prende a pugni per assumersene il merito. Anche la ribellione e l’indignazione ormai danno lezione (alla politica) di democrazia.

Gli stipendi, i costi e i vitalizi delle Regioni

Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia. (Enrico Berlinguer)

Finalmente è arrivato in Commissione il progetto di legge per rivedere il trattamento economico dei consiglieri regionali in Lombardia. L’iter sarà l’occasione per leggere, discutere ma soprattutto votare le proposte. Il tema, oggi, è legato a doppio filo con la credibilità delle istituzioni. E, da qui, vi aggiornerò passo dopo passo. Cominciando da oggi e dalla pubblicazione dei documenti che (una volta per tutte) fanno chiarezza sui costi e sulle cifre. In un momento in cui si legge di tutto e in cui i dati cambiano in base alle proprie posizioni. E poiché i numeri sono numeri e non opinioni e poiché l’informazione è obbligatoria anche per l’indignazione ecco la documentazione che è stata inviata in Commissione sul quadro generale. Ditemi cosa ne pensate.

 

 

Milano regalati una via Berlinguer

Dopo 27 anni è giunto il momento che Milano riconosca ad Enrico Berlinguer quell’onestà e quel rigore morale che gli sono sempre stati riconosciuti, anche dagli avversari, e soprattutto il merito di aver messo in guardia da quel modello socio-culturale oggi in crisi che ha devastato Milano e l’Italia, ponendo la cosiddetta Questione Morale, che rimane ancora oggi uno dei problemi centrali della vita politica italiana. Ammetto che pensavo che una petizione del genere (in questo momento) per opportunismo o opportunità l’avrebbero firmata tutti. Ancora una volta li avevo sopravvalutati. Fatelo voi, se abitate a Milano.

Esenzione ticket: la Lombardia è un buco nell’acqua

Il loro comunicato lo metto qui perché quando si parla di questi temi le notizie spariscono. E perché sarà una settimana calda, in Commissione, la prossima.

CGIL CISL UIL LOMBARDIA, SPI CGIL – FNP CISL – UILP LOMBARDIA, FP – CISL FUNZIONE PUBBLICA – UIL FPL ESENZIONE TICKET SANITARI: I SINDACATI CHIEDONO UNA MORATORIA SULLA CERTIFICAZIONE FINCHE’ IL SISTEMA NON FUNZIONERA’ A REGIME 
Il combinato disposto delle sbagliate ed estemporanee iniziative assunte negli ultimi anni dal ministero dell’economia e della inadeguata gestione e organizzazione messe in opera dall’Assessorato alla Sanità di Regione Lombardia, che non facilita la vita dei cittadini lombardi, hanno, come avevamo previsto e denunciatogià mesi fa, come unico risultato l’assalto di migliaia di cittadini, soprattutto anziani, alle ASL per capire come comportarsi per avere diritto all’esenzione.  Molti, che avrebbero dovuto ricevere a casa la comunicazione di essere stati inseriti nell’elenco dell’anagrafe tributaria quali aventi titolo all’esenzione, non l’hanno ad oggi ricevuta.
Altri, che hanno diritto all’esenzione per reddito, non avendo fatto la dichiarazione dei redditi nel 2009 e avendo solo il CUD della loro pensione non risultano – INCREDIBILE ! – negli elenchi del Ministero e perciò sono sconosciuti alla Regione che quindi non ha inviato nulla.  Altri ancora, con un reddito tra 36.500 e 38.000 euro, aventi quindi titolo all’esenzione in ragione delle norme regionali, non avendo ricevuto alcunché e non sapendo quale sia la loro condizione si affrettano a rivolgersi alle ASL. I medici e le strutture sanitarie,non volendo sapere “né leggere ne scrivere” a chi non ha la tanto agognata lettera della regione per l’esenzione dicono solo:
“Andate all’ASL”.  Insomma: dilettantismo allo stato puro sulla pelle dei cittadini, per di più di quelli più deboli, cioè i malati e gli anziani, ma anche caricata sulle spalle degli operatori delle ASL che, nel numero ridotto di organici in cui si ritrovano in Lombardia fanno del loro meglio – a proposito: grazie davvero! – per sollevare per quanto possibile i cittadini dai disagi, informandoli e aiutandoli a compilare moduli e moduli.  Chiediamo subito una moratoria, fino a quando l’intero sistema non sarà pienamente a regime, inserito nella tessera sanitaria in modo che ovunque il cittadino si rechi (dal medico, in ambulatorio, all’ospedale…) esibendo la tessera ottenga il suo sacrosanto diritto all’esenzione, senza dover diventar matto per poterlo esercitare. E che fino all’accertato e reale pieno funzionamento del sistema i cittadini possano, come in passato, continuare a certificare il loro status di esenti apponendo la loro firma sulla ricetta.

Segreterie Regionali, Sesto San Giovanni, 23 settembre 2011