Intervento Giulio Cavalli (IDV) presentazione ordine del giorno sulla manovra finanziaria in Consiglio Regionale
Intervento Giulio Cavalli (IDV) presentazione ordine del giorno sulla manovra finanziaria in Consiglio Regionale
Intervento Giulio Cavalli (IDV) presentazione ordine del giorno sulla manovra finanziaria in Consiglio Regionale
Cronaca di un mattone piccolo ma significativo di una Lombardia molto meno sopita di come si potrebbe pensare.
Ieri in Consiglio Regionale si è discussa la mozione del PD (primo firmatario Penati) che diceva no all’inceneritore all’interno dell’area Parco Sud. Un’ottima notizia se vista nell’ottica del Palazzo che ascolta e riesce a farsi carico di un malessere civilmente manifestato da sindaci e cittadini attivi riuniti in un consistente movimento di opinione. Certo, e questo lo sappiamo in tanti, l’inceneritore è “ben voluto” da molti. Semplicemente in aree diverse (e per un fiuto sinistro immagino anche dove e perché, ma ci sarà tempo per parlarne…).
Nella mozione del PD, condivisibile e meritoria in larga parte, si chiude con un “fulmen in clausola” degno delle migliori sceneggiature: no al Parco Sud ma urgentemente sì ad un luogo altro per “evitare l’emergenza rifiuti”. Nel video i passaggi:
http://www.youtube.com/watch?v=SshsE0XSoKw
La mozione “corretta” è stata votata all’unanimità.
Il segnale incoraggiante è la voce delle piazze, dei cortei, dei sindaci che è stata interpretata (in modo assolutamente bipartisan e con sfumature diverse) dentro l’istituzione. Ora è il momento di compattarsi e riuscire a portarla ancora più forte. Perché la “cittadinanza attiva” non sia ascoltabile solo nei momenti di protesta ma anche, e soprattutto, nella fase della progettazione.
Restiamo uniti.
Ci sono momenti nella vita in cui la confusione tutta sottosopra della propria vita è uno stato che ti rimbalza in pancia e solo dopo è una questione di cassetti e voci. Le mani messe dentro il proprio stomaco sono la fucilata dei codardi che vorrebbero giocare a fare i militari ma hanno il naso da pagliaccio della propria codardìa. Silvia Resta si è ritrovata una porta scardinata come fotografia di una violazione che ha sensi diversi. E immagino gli occhi di Silvia mentre frugano con la stessa fretta a scardinarsi il cervello per capire o cercare almeno di immaginare con un pizzico di realismo. Non so nient’altro che immaginare quanto costi oggi parlare con lo sguardo diritto e la certezza comune di sbagliare spesso. So che gli occhi di Silvia nei suoi servizi andati in onda (e in quelli lasciati nel cassetto) sono gli occhi di chi ci crede. Nonostante tutto. Disinteressata. Con tutto solo da perdere. O trafugare. Per questo vorrei provare ad uscirci io dai cassetti in disordine per stringerti la mano Silvia. Per dirti che non sei da sola. Che ci possono portare via a pezzetti ma mai tutti insieme. E che siamo qui. Tutti. Insieme. Questa sera ancora di più con te.
Un occhio e una penna così lucida ci mancherà. Un bel po’.
La Cosa Berlusconi di José Saramago
Questo articolo, con questo stesso titolo, è stato pubblicato ieri sul quotidiano spagnolo “El País”, che me lo aveva espressamente commissionato. Considerando che in questo blog ho lasciato alcuni commenti sulle prodezze del primo ministro italiano, sarebbe strano non mettere anche qui questo testo. In futuro ce ne saranno sicuramente altri, visto che Berlusconi non rinuncerà a quello che è e a quello che fa. Né lo farò anch’io.
http://caderno.josesaramago.org/2009/06/08/a-coisa-berlusconi/
Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese, significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Belusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Belusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Belusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?
Ho pensato a lungo alla vicenda degli operai Fiat di Pomigliano. Ho pensato anche a come si potrebbe dipingere una situazione che stride con ogni diritto del lavoro eppure, anche questa, sembra diventata una battaglia ideologica o una nota di meridionalismo di spettacolo. Poi ho letto quello che ha scritto Lidia Ravera e mi ci sono ritrovato. Per intero.
I Cipputi di Lidia Ravera
La classe operaia, fino al 1980, doveva “dirigere tutto”. O almeno così si cantava, in piazza. Dall’80 all’89 ha incominciato ad abbassare la testa, sotto l’urto della ristrutturazione. Con la caduta dei regimi comunisti, sono stai “liberati” lavoratori che non aveva mai avuto il permesso di lottare,a dispetto di quello che si cantava in piazza. I malpagati del secondo mondo. Con la globalizzazione, ai malpagati si sono sommati gli affamati. Malpagati e affamati sono accolti a calci se si affacciano al primo mondo, ma tornano utili se restano nel loro, così la Fiat cambia “mondo”, e risparmia. Per riavere la fabbrica a Pomigliano, la classe operaia deve accettare turni di 8 ore senza mangiare, 2 settimane l’anno di straordinario, A “pari condizioni” lavorano soltanto gli ufo-robot. Il prossimo “ente inutile” da chiudere sarà, probabilmente, il Sindacato.
http://www.unita.it/news/lidia_ravera/100103/i_cipputi
Sono ufficialmente insediate tutte le Commissioni. Nella posizione di minoranza le Commissioni sono il luogo fondamentale dove poter conoscere, analizzare, dibattere le decisioni che arriveranno in Consiglio, lì dove la prostituzione partitica non è ancora padrona dell’informazione. In campagna elettorale ho più volte chiarito le priorità della mia agenda politica e, con soddisfazione, posso dire oggi di essere nelle Commissioni che coprono per intero le priorità della mia agenda politica:
Con questa scelta credo di potere mantenere il mandato elettorale dei miei elettori; qui passeranno molti dei temi caldi anche in previsione Expo.
Un altro punto che credo debba personalmente chiarire è quello della Giunta delle elezioni. La Giunta delle elezioni ha il compito di verificare la sussistenza di eventuali cause di ineleggibilità o di incompatibilità dei consiglieri regionali. I componenti di questo organismo eleggono al proprio interno un ufficio di presidenza composto da un presidente, un vicepresidente e un segretario. Ciascun consigliere viene invitato a presentare una dichiarazione sulle cariche o gli uffici ricoperti, gli incarichi svolti, i rapporti contrattuali in corso con la Regione, ecc.. Sulla base delle dichiarazioni presentate la Giunta delle elezioni procede all’esame di ciascuna posizione giuridica in relazione alle norme legislative in materia di ineleggibilità e incompatibilità. A tal fine la Giunta delle elezioni assume le informazioni necessarie, chiede e riceve documenti relativi all’oggetto delle verifiche, e sente eventualmente gli interessati. I suoi lavori hanno carattere riservato. La Giunta delle elezioni deve compiere l’attività istruttoria entro 60 giorni. Sulla base della relazione motivata della Giunta delle elezioni il Consiglio, nei successivi 30 giorni, convalida l’elezione dei consiglieri. Prima della convalida il Consiglio può procedere soltanto agli adempimenti indispensabili ed urgenti, i quali non perdono validità anche nel caso di mancata convalida di uno o più consiglieri. La Giunta delle elezioni esamina anche le cause sopravvenute di ineleggibilità e incompatibilità e provvede alla convalida dei consiglieri subentrati.
La mia presidenza della Giunta delle elezioni è stata concordata con la coalizione di minoranza (IDV, PD, SEL e Pensionati) fin dai primi giorni di insediamento del Consiglio, essendo una delle pochissime posizioni riservata alla minoranza. Sulla nomina di un uomo IDV il Pdl ha posto un veto politico che non mi interessa discutere o analizzare. E’ vero, come dice nel suo comunicato stampa il sempre svelto Gaffuri, che il Pd ha appoggiato la mia presidenza per ben cinque votazioni sempre concluse senza il raggiungimento del quorum necessario (con il Pdl convergente sul candidato dell’Udc Marcora e la Lega padanamente alla finestra con il piglio dei decisi), così come è vero che nella seduta di ieri il Pd, sottolineando che “non è una questione personale”, ha con i suoi voti eletto Enrico Marcora (Udc) presidente della Giunta per le elezioni.
Dunque, stiamo ai fatti: Gaffuri dichiara che ad un certo punto si è imposta la scelta di trovare una “convergenza possibile”. Quindi, poiché le parole non sono opinabili e vanno usate con cautela, il Pd dichiara che la scelta di Marcora è figlia di una convergenza: quindi un accordo, una comunione di modi e obiettivi, un segnale di stima politica e fiducia, un’amicizia istituzionale. Lo scrutinio dice che Pd e Pdl hanno votato l’uomo Udc; Pensionati e Sel si sono astenuti e io mi sono in modo molto inelegante autovotato.
La convergenza politica lombarda del 15 giugno 2010 del Pd è stata quella di votare un uomo Udc a braccetto con il Pdl. Il resto è aria fritta. Se non che la politica dei due forni dell’UDC paga. Il cinismo di tre soli consiglieri è stato sufficiente per imporre ad altri 28 il nome del Presidente della commissione.
Tra le parole il Pd parla anche di “responsabilità istituzionale per sbloccare la situazione”. Rallentare i lavori di una Regione che non si scrolla di dosso l’ombra di un grumo catto-xenofobo di interessi affaristici è evidentemente un’onta per la cortese e accomodante opposizione di un Pd sempre più blando e solamente interessato al risiko delle proprie poltrone piuttosto che all’integrità politica di una coalizione di fatto.
Quindi, seguo il ragionamento: il rispetto del proprio ruolo istituzionale è oggi una priorità. Da ieri Filippo Penati siede su una poltrona di vicepresidenza del Consiglio regionale non più a rappresentare una coalizione che il Pd ha calpestato ma a rappresentare sé stesso e quel poco di Pd che c’è rimasto. Se quello che ricopre è un “ruolo di garanzia della coalizione”, Penati da ieri non è più l’uomo giusto.
Ringrazio Chiara Cremonesi (SEL) e Elisabetta Fatuzzo (Pensionati) per l’appoggio e la coerenza.
Fino a ieri si poteva affermare che a Milano dagli anni ’90 non c’erano state condanne per il reato di associazione mafiosa. Fino a ieri alcuni politici e rappresentanti delle istituzioni “disinformati” potevano dichiarare che a Milano la mafia non esisteva. Fino a ieri appunto. Perchè ieri qualcosa è cambiato.
Dopo molti anni, proprio nel capoluogo lombardo, c’è stata una sentenza di condanna in primo grado per l’art.416 bis c.p. Il boss Salvatore Barbaro è stato condannato a 9 anni di reclusione, il padre Domenico (detto l’australiano) e il fratello Rosario a 7 anni. Tuttavia, la condanna più rumorosa è sicuramente quella di 4 anni e 6 mesi inflitta all’imprenditore Maurizio Luraghi che, secondo la sentenza, avrebbe messo a disposizione del clan la sua azienda, la “Lavori stradali Srl”.
I giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano hanno riconosciuto l’imprenditore milanese colluso con le attività criminali della famiglia Barbaro- Papalia. Finalmente la presenza di questo clan ‘ndranghetista radicato profondamente nel territorio lombrado viene riconociuta da una sentenza. Finalmente, inoltre, viene punito un imprenditore che ha chiuso gli occhi e agevolato gli affari della criminalità organizzata.
Maurizio Luraghi attraverso la sua azienda si aggiudicava gli appalti per poi girarli in subappalto alle ditte Edil company, Mo.bar, Fmr scavi e Lmt che facevano diretto riferimento al clan.
Ma, nel nostro paese del rovesciamento, l’avvocato dell’imprenditore ha affermato che il suo cliente è stato condannato “perchè si pretendeva da lui un comportamento eroico, che non si può pretendere da un cittadino se è lo Stato che non riesce a controllare questi fenomeni”. Vorrei che l’avvocato capisse che dal suo cliente si esigeva semplicemente il comportamento di ogni cittadino responsabile. È vero, come dice Don Abbondio che “il coraggio uno non se lo può dare”, ma è altrettanto vero che vi è sostanziale differenza tra codardia e collusione. La prima è una limitazione caratteriale, la seconda è un reato.
Infine, non posso non dedicare almeno un pensiero al mio pubblico più attento: Salvatore, Domenico e Rosario. Ebbene costoro hanno sempre seguito con un’attenzione quasi maniacale il mio lavoro teatrale e io ho ricambiato parlando di loro. Ho raccontato di come Domenico Barbaro avesse cominciato la carriera negli anni Settanta con i sequestri di persona e il traffico di droga e di come Salvatore e Rosario si fossero evoluti rispetto al padre, diventando imprenditori e vincendo appalti nel settore dell’edilizia. Ho raccontato di come avessero una forte influenza a Buccinasco, Corsico e Trezzano sul Naviglio. Ho raccontato che non avevano più bisogno di minacciare gli imprenditori, perchè alcuni si offrivano spontaneamente a loro.
A quanto pare ho raccontato fatti veri, che oggi sono riconosciuti da una sentenza. Queste condanne, inoltre, segnano un precedente molto importante, poiché da qui proseguiranno anche le inchieste Parco sud 1 e 2 in cui sono implicati altri imprenditori e politici locali.
Mi auguro che la magistratura possa portare a compimento tutti i processi e possa assicurare alla giustizia ‘ndranghetisti e associati.
Sono felice che il pubblico che mi ha seguito con più attenzione, Domenico, Salvatore e Rosario, finalmente non sia più impunito. Li consoli il fatto che non cesserò di parlare di loro.
Ieri è stato approvato dal Senato il disegno di legge sulle intercettazioni. Ancora una volta il Governo ha abusato dello strumento della fiducia, ancora una volta ha relegato il Parlamento a semplice delegato della volontà del potere esecutivo. La separazione dei poteri, uno dei principi fondanti dello Stato di diritto, è stata sostituita dall’emergenza e dall’urgenza, che ormai sembrano essere gli unici parametri valutativi di ogni evento nel nostro paese.
Molti esperti giuristi hanno descritto gli effetti di questa legge a livello processuale, ma la sua influenza negativa va al di là dell’aspetto meramente tecnico-giuridico.
Su “la Repubblica” di oggi Gustavo Zagrebelsky scrive “il potere politico può proteggersi, ma non può farlo imbavagliando un potere – il potere dell’informazione- che ha la sua ragion d’essere nel controllo del potere”. Il potere politico vuole proteggere sé stesso a tutti i costi senza confrontarsi con lo ius, con il diritto che, come ha ben evidenziato lo stesso Zagrebelsky, non coincide con la lex. Il diritto è molto più ampio, è quell’insieme che comprende il tutto e che contiene norme internazionali, principi costituzionali, interpretazione ecc.
Ebbene con questo disegno di legge il Governo si contrappone inevitabilmente al diritto, poiché in uno stato di diritto non è accettabile una legge che si scontra con la norma costituzionale e con la Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo).
Mi auguro che il Presidente della Repubblica si rifiuti di firmare una tale abiura dei principi costituzionali. Spero che il garante della Costituzione non permetta la soppressione futura dei processi contro la criminalità organizzata, che trovano nelle intercettazioni uno strumento investigativo fondamentale. Spero che il Presidente Napolitano ricordi con forza il valore e l’importanza dell’art.21 della nostra Costituzione e affermi con decisione la libertà di cronaca e di espressione dei giornalisti.
Siamo ormai nella situazione in cui Antigone si deve scontrare con forza contro Creonte. Dobbiamo richiedere a ogni cittadino la disobbedienza civile a una legge ingiusta. Dobbiamo fare in modo che Creonte riconosca le ragioni di Antigone e non possa permettersi di mandarla in esilio, perché il consenso elettorale non equivale all’annichilimento del diritto.
Magistrati in prima linea, esperti di mafia, giornalisti. Esperti di grandissimo profilo nazionale e internazionale per un pomeriggio davvero straordinario, in cui si discuterà di Mafia, di infiltrazioni mafiose, di lotta alla criminalità con protagonisti della vita italiana del calibro di Antonio Ingroia, Gian Carlo Caselli e Concita De Gregorio.
Domenica 6 giugno è in programma una delle giornate principali – e più attese – di Duemiladieci – Il tempo delle storie, i luoghi per raccontarle”, il ciclo di eventi in programma a Carpineti, paese appenninico in provincia di Reggio, sino al 4 luglio, con giornalisti, magistrati, attori, fumettisti di spessore internazionale. In totale si parla di 35 eventi e 64 ospiti di grande respiro da Milena Gabanelli a Marco Travaglio, da Pier Luigi Celli a Carlo Lucarelli, da Gian Carlo Caselli a Antonio Ingroia, da Concita De Gregorio a Giancarlo Mazzuca, da Carlo Bonini e Daniele Biachessi a Silver. Il tutto organizzato dal Comune di Carpineti con il patrocinio della regione Emilia Romagna e della provincia di Reggio Emilia e la direzione artistica di Patrick Fogli, scrittore noir bolognese.
Domenica 6 Giugno si affronterà il tema della mafia e delle infiltrazioni con un parterre davvero prestigioso. Si parte alle 15 con Parliamo di cosa nostra, che vedrà come ospiti i magistrati Antonio Ingroia e Gian Carlo Caselli e il direttore dell’Unità Concita De Gregorio. Alle 16.30 Nicola Biondo e Alfonso Sabella discuteranno de Il patto, mentre alle 18 si ragionerà su L’infiltrazione della mafia al nord con Giulio Cavalli, Enrico Bini, Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Maino Marchi e Cristina Zagaria. I tre incontri si svolgeranno in Piazza Matilde di Canossa, nel centro di Carpineti, e sono a ingresso libero. In caso di maltempo, è previsto il trasferimento alla struttura coperta del Parco Matilde, a poche centinaia di metri di distanza.
Conclusione a sera, alle 21.45, con lo spettacolo di Giulio Cavalli A cento passi dal duomo, in Piazza Matilde di Canossa (e in caso di maltempo al Parco Matilde), con ingresso a 5 euro.
Gian Carlo Caselli è attualmente a capo della Procura di Torino, dopo una carriera che lo ha visto in prima linea nelle inchieste contro la mafia e il terrorismo. Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, è cresciuto nel pool antimafia di Falcone e Borsellino. Dialogheranno della loro grande esperienza sul “mondo mafia” con Concita De Gregorio.
Alle 16.30 Nicola Biondo, giornalista, e Alfonso Biondo, presenteranno il loro libro “Il Patto”, dedicato agli intrecci e alle decennali trattative fra Stato e Mafia, tornate di attualità negli ultimi tempi.
Alle 18.30, infine, tavola rotonda sulle infiltrazioni mafiose al Nord con Enrico Bini, presidente della Camera di Commercio di Reggio e fra i primi a denunciare queste infiltrazioni, il parlamentare reggiano del Pd Maino Marchi, l’attore, regista e politico Giulio Cavalli, Antonio Nicaso, ricercatore e uno dei massimi esperti internazionali di ‘ndrangheta, Nicola Gratteri attualmente Procuratore aggiunto al Tribunale di Reggio Calabria, e Cristina Zagaria, scrittrice, autrice de “L’Osso Di Dio” con Dario Flaccovio, storia vera di ‘ndrangheta.
A sera, conclusione teatrale con “A cento passi dal Duomo”, scritto da Giulio Cavalli assieme al giornalista Gianni Barbacetto (prossimo ospite di Duemiladieci), dedicato alle infiltrazioni mafiose a Milano e le vicende della finanza lombarda.
“Quella di domenica 6 giugno è una delle giornate principali della nostra rassegna, un momento davvero importante con personalità di grandissimo respiro. Siamo onorati e contenti che abbiano accettato il nostro invito e che abbiano gradito la nostra proposta. Non è certo evento da tutti i giorni avere nomi di questo calibro riuniti tutti insieme, e per di più in un paese dell’Appennino come Carpineti. Siamo davvero orgogliosi. E i gli argomenti di cui si parla sono sempre, purtroppo, di grande attualità: basta sfogliare i giornali ogni giorno. Con Duemiladieci vogliamo raccontare il presente e fare riflettere, e una giornata come il 6 giugno è sicuramente importante in questo senso”.
DAhttp://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=Carpineti,+si+parla+di+lotta+alla+mafia&idSezione=14268
questa mattina ho avuto modo di leggere sull’Avvenire e su alcune agenzie la sua reazione ai miei dubbi su questo fantomatico bonus “in aiuto di quelle donne che scelgono l’aborto per motivi economici, ma che in altri condizioni non lo farebbero mai”. Riferendosi a me dice “provi a informarsi alla clinica Mangiagalli e a tutti i Centri di aiuto alla vita e scoprirà che con metodo analogo al nostro sono stati salvati migliaia di bambini, poi accuditi ed educati attraverso un’opera di assistenza alle mamme e alle famiglie. Questi sono fatti, mentre lui fa demagogia”. Ora vede, caro Boscagli, glielo riferisco con un certo fastidio, purtroppo per me (e per il suo tempismo) non ho proprio bisogno di informarmi sui “migliaia di bambini salvati” perché sono uno di quelli. Sono stato adottato nella città di Milano nel lontano 1979 da madre misconosciuta (per una discutibile ma poco discussa legge sull’anonimato dei genitori naturali) e “salvato” (riprendendo il suo verbo apologetico) nel fu brefotrofio di Viale Piceno. Non so se mia madre mi abbia abbandonato “solamente per motivi economici” o la mia nascita piuttosto che un aborto siano stati dettati da valutazioni di bilancio; così come non so nemmeno quale stato di solitudine, disperazione, indifferenza o isolamento sociale possa spingere una madre a rinunciare (qualunque sia il modo) al proprio figlio. Proprio non lo so. Nemmeno io che ne sono figlio. E tanto meno lei, caro assessore Boscagli, che si riferisce così elegantemente asettico ad una tribolazione di madre che da tutto questo ne esce abbastanza calpestata. Non mi spiego nemmeno perché in questo Paese, che oggi festeggia il proprio compleanno, i diritti della famiglia siano rivenduti come bonus o regalìe delle pubbliche amministrazioni. Certamente la sensibilità è difficile da coniugare con le cadenze bollate della politica ma dopo questa sua uscita (forse un po’ per fretta e certamente per un po’ di sfortuna) le chiederei di interrompere questo nostro alterco di poco conto e di ascoltare le ragazze madri, i consultori, le associazioni di volontariato che troppo spesso si trovano a coprire le falle di uno Stato un po’ disattento, l’incidenza economica di un figlio (per ben più di 18 mesi) che trasforma il diritto costituzionale alla famiglia in un mutuo a tasso fisso, o la disattenzione del mondo del lavoro verso le impavide madri che decidono di avere figli. Provi a spiegare e spiegarsi quale madre così snaturata potrebbe cambiare idea per diciotto mesi di un bonifico di 250 euro. Insomma, caro assessore, piuttosto che additarmi come quello “che risponde con gli occhiali della demagogia”, risparmi il tempo, le brutte figure e i comunicati stampa per dedicarsi al suo delicato e importantissimo assessorato in una Repubblica che “riconosce i diritti della famiglia” (art. 29 dell Costituzione) e “agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù” (art. 31).
Qualcuno giustamente dirà che questo bonus è meglio di niente, caro assessore, ma io vorrei una politica che puntasse il dito sugli interventi strutturali per le soluzioni del “niente”; con uno Stato Sociale solidale con tutti senza ergersi in giudizi che rischiano di finire in un tonfo. Vorrei una politica che non si arroga il diritto di sintetizzare le disperazioni in pochi commi, ma che lavori senza ergersi a giudice di moti così personali e sotterranei.
E non ho nessun dubbio, caro assessore, che lei onorerà questo ruolo che i cittadini lombardi le hanno assegnato. Senza finire in qualche cul de sac.
Senza nessun rossore.
Giulio Cavalli