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Giulio Cavalli

De Magistris tra leggi vergogna, elogi ai pregiudicati ed elezioni regionali

Luigi De Magistris, eletto parlamentare europeo, è ora anche Presidente della Commissione per il controllo dei bilanci. Strano segno del destino. Dopo aver dovuto abbandonare il suo lavoro di pm anche per aver indagato, con la sua inchiesta Poseidon, su un presunto uso illecito di denaro pubblico legato agli aiuti comunitari per 200 milioni di euro, oltre che per aver portato alla luce, con Why not e Toghe lucane, un intreccio oscuro tra imprenditoria, politica e settori della magistratura, la cosiddetta “Nuova P2”, oggi si ritrova proprio a poter controllare e garantire la trasparenza dell’investimento dei finanziamenti comunitari nei paesi aderenti all’Ue, in primo luogo l’Italia, dove la dilapidazione del denaro pubblico è una costante da decenni, provocata dall’ingordigia e dall’inettitudine di una classe dirigente corrotta, al servizio di loschi comitati d’affari, che si spartisce la torta degli aiuti destinati allo sviluppo e alla crescita delle zone più disagiate e povere del nostro paese.

De Magistris si è laureato in Giurisprudenza a 22 anni con 110 e lode, a 26, nel 1985, ha superato il concorso in magistratura, e dopo il tirocinio a Napoli, ha cominciato ad esercitare le funzioni giudiziarie come Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, in cui ha lavorato dal ’96 al ’98. Dal 1999 al 2002, dopo aver chiesto il trasferimento, è stato pm a Napoli. Dal 2003 al 2008 sarà pubblico ministero a Catanzaro, e proprio in Calabria toccherà quei fili dell’alta tensione che porteranno alla sua estromissione dalle inchieste che aveva seguito e al successivo abbandono di quello che era stato il suo lavoro e la sua passione, costato infiniti sacrifici.
Luigi De Magistris la giustizia se la porta nel sangue, nel Dna, appartiene infatti ad una famiglia che ha dato in linea diretta già tre esponenti alla carriera magistratuale. Suo bisnonno fu oggetto di attentato per aver perseguito il malaffare nei primi anni dell’Unità d’Italia. Anche questi, strani segni del destino. Quando annunciò, nel marzo 2009, la sua candidatura per le europee con il partito dell’Italia dei valori, fece sapere che lasciava così “un lavoro al quale ho dedicato quindici anni della mia vita e che è stato il mio sogno, come ha detto qualcuno, la missione di questi anni”.
Appena mette piede in politica, viene eletto europarlamentare risultando il secondo candidato più votato in Italia dopo il Presidente del Consiglio con 415.646 preferenze, e così oggi vigila sui milioni di euro destinati al progresso del nostro paese dall’Unione Europea.
De Magistris ha accettato di parlare un po’ con noi di quello che succede in questi giorni in Italia, tra strane celebrazioni a latitanti defunti, elezioni regionali e candidature che lasciano far sperare.
Tra un po’ ci sono le elezioni regionali, com’è la situazione nella sua regione, la Campania?
La situazione è che noi come Italia dei Valori auspichiamo una forte discontinuità col centro-sinistra. Il centro-sinistra ha governato per molti anni e ha governato abbastanza male, soprattutto per un forte rifiuto della questione morale in alcuni settori in particolare come l’ambiente, la sanità. In questo momento un cambiamento si potrebbe avere solo con un rinnovamento significativo della classe dirigente, con persone che vengono dalla politica ma anche dalla società civile, che insieme stabiliscano un nuovo patto con i cittadini campani per poter dare slancio a una regione che rischia altrimenti di essere governata dai plenipotenziari della criminalità organizzata.
Cosa pensa delle indagini su Vendola e cosa pensa succederà adesso in Puglia?
Sulle indagini su Vendola non commento perché io sono stato magistrato per quindici anni e spetta alla magistratura accertare le responsabilità penali. Devo dire che anche in Puglia il centro-sinistra è crollato sulla questione morale, che è divenuta anche, come si sta accertando in questi mesi, questione criminale. Non c’è dubbio, devo anche constatare che si verifica l’ennesima grave fuga di notizie alla procura di Bari, o comunque con riferimento ad indagini svolte dalla procura di Bari.
E della candidatura della Bonino nel Lazio che ci dice?
Bisogna vedere. Così come le candidature in Puglia, di Vendola, e così quella della Bonino sono le candidature su cui si può ragionare tranquillamente. La candidatura della Bonino è una candidatura che potrebbe essere buona, certo i Radicali devono entrare in un ottica di sapersi confrontare in modo adeguato anche con gli altri partiti che appoggiano la Bonino. In particolare Italia dei Valori ha sempre avuto tra l’altro un atteggiamento molto costruttivo e positivo nei confronti dei Radicali. Io personalmente penso sia una candidatura da sostenere.
Ieri lei ha detto che “ci si inchina ad Hammamet per genuflettersi verso Arcore”. Che giudizio dà a questa riabilitazione di Craxi tra l’altro anche da parte del Presidente della Repubblica?
Quella di questi giorni e una vera e propria vergogna politica e istituzionale, che tra l’altro coincide negli stessi giorni in cui Paolo Borsellino avrebbe fatto 70 anni. Questo è un paese che ormai considera eroe Mangano lo stalliere o Craxi. Quindi considera eroi i mafiosi o i corrotti, mentre a chi ha contrastato il crimine organizzato, a chi è vittima di mafia, magari si fa semplicemente un ricordino che vale la decima pagina di un giornale. Questa riabilitazione politica è per dare ancor più forza a Berlusconi, che è figlioccio di Craxi, figlioccio politico. Non dimentichiamoci che il potere mediatico di Berlusconi nasce e si consolida proprio attraverso il rapporto con Craxi. Se Berlusconi ha un potere così grande è perché gliel’ha consentito Craxi, ed ecco perché adesso la televisione di regime e il sistema castale del potere politico e istituzionale deve riabilitare l’immagine di Craxi continuando nell’opera di demolizione dell’inchiesta Mani Pulite, che invece rimane una pietra miliare nella storia giudiziaria e contemporanea del nostro paese. Quindi do un giudizio scandaloso su quello che sta avvenendo in questi giorni.
Al Senato è passato il processo breve. Cosa ne pensa e cosa pensate di fare alla Camera?
Questa è un’altra legge vergognosa, ma non c’è nulla di nuovo sotto al sole. Ormai sono sedici anni che il parlamento è bloccato per trovare una soluzione legislativa ai processi di Berlusconi. Ci hanno provato da ultimo con il Lodo Alfano del Ministro dell’Ingiustizia che si chiama Alfano, la Corte Costituzionale ha ripristinato la legalità costituzionale, ma immediatamente dopo, come aveva preannunciato Gasparri, si sono trovati ulteriori cavilli giuridici e legislativi per sottrarre Berlusconi ai processi. Questa è la legge sulla prescrizione breve, una legge indegna, perché sottrae al giudizio una serie di categorie di persone che sono sotto processo, in particolare i colletti bianchi, una legge incostituzionale perché differenzia le persone, che non son più uguali davanti alla legge, un’amnistia di fatto. Il governo invece di mettere in condizione i tribunali di poter lavorare celermente dando magistrati, mezzi, risorse, strutture e quant’altro fa delle leggi che sono sostanzialmente delle vere e proprie amnistie. Ma ripeto, nulla di nuovo sotto al sole. Fin quando non troveranno il lodo, finalmente, a misura d’abito di Berlusconi, non la smetteranno a ridurre il parlamento ad una funzione servente gli interessi del Presidente del Consiglio.
Torniamo alle regionali. Domani (oggi, n.d.r.) lei sarà con Giulio Cavalli che comincerà la sua campagna elettorale. Perché Giulio Cavalli e perché il suo appoggio?
La candidatura di Giulio Cavalli è stata una notizia importante. Io sostengo Giulio Cavalli perché è una persona intelligente, una persona sensibile ai temi della legalità, del contrasto del crimine, persona che ha subito gravi minacce proprio per contrastare il crimine in Lombardia, quindi non solo nel sud del nostro paese, a dimostrazione che il crimine organizzato non ha frontiere, non ha territori regionali, ma purtroppo è una piaga, un cancro, che sta corrodendo la democrazia nel nostro paese e che si sta estendendo in tutta Europa, anche nei paesi fuori dall’Europa, e quindi le battaglie per la legalità, per la giustizia e i diritti vanno fatte in ogni luogo. Quindi che ci sia in Lombardia un candidato come Giulio Cavalli è una buona notizia innanzitutto per i lombardi e per i collegi, il territorio, dove potrà essere eletto, perché se lui va nel Consiglio regionale della Lombardia, sicuramente potremmo stare tutti più tranquilli che potrà dar voce certa a chi ha sete di giustizia e vuole un’altra Lombardia e un’altra Italia.
Pensa che possa davvero a fare qualcosa in questa regione, visti anche gli arresti eccellenti di questo periodo?
Ognuno si deve rimboccare le maniche e fare qualcosa per il prossimo, per la giustizia e per la tutela dei diritti soprattutto dei più deboli, ognuno deve fare il suo. Giulio Cavalli son sicuro che lo farà. Certo, Cavalli non è il messia sceso in Lombardia, va aiutato, va supportato, bisogna fare squadra attorno a lui, ci sono tante altre persone che si impegnano quotidianamente nel contrasto al crimine, all’illegalità, e per una maggiore giustizia, per il lavoro, per uno sviluppo compatibile con l’ambiente. Se saremo in tanti ad andare in questa direzione avremo in tempi brevi un altro paese, del quale non ci dovremmo più vergognare quando andiamo all’estero.
Trova dei paralleli tra lei e Cavalli?
No, beh, son due storie completamente diverse. Io ho la mia storia personale che è unica e come è giusto che sia, così come Giulio Cavalli ha la sua storia, che è unica anche per lui. Non so se sono i percorsi che son simili, le sensibilità che sono simili, i progetti, i sogni, la voglia di cambiare, ma poi ognuno ha la sua storia, tra l’altro lui viene dal mondo dell’arte, dello spettacolo, del teatro, io vengo dalla magistratura; insomma sono anche percorsi professionali molto diversi da questo punto di vista.
Pensa ci sia qualche possibilità per lui di ripetere il suo exploit?
Anche qui son paragono che non si possono fare, perché io ero candidato alle europee, con un sistema elettorale completamente diverso, son stato candidato su tutto il territorio nazionale. Lui è candidato alle regionali, una situazione più difficile, ma credo che possa essere eletto, dipende dalla sua capacità di trasmettere entusiasmo nei lombardi e renderli protagonisti di un cambiamento. Io credo che Giulio Cavalli abbia queste caratteristiche e mi auguro che sarà aiutato da persone per bene, coraggiose, con voglia di produrre un cambiamento nella regione Lombardia.
Di cosa state discutendo in questi giorni al Parlamento europeo?
Proprio in queste ore stiamo procedendo alle audizioni dei nuovi commissari designati da Barroso. E’ un’attività molto delicata, perché si tratta di decidere se i commissari hanno le doti della capacità, dell’indipendenza, per poter svolgere in modo adeguato e concreto il loro mandato. Quindi stiamo facendo le audizioni, che ci stanno impegnando moltissimo, sono molto difficili e stiamo cercando di svolgere al meglio quest’attività.

Il fallito attentato a Crocetta è la foto della loro indegnità

Le notizie dell’ultimo ed ennesimo attentato pianificato ai danni del sindaco di Gela e deputato al Parlamento Europeo Rosario Crocetta  dimostrano, se ce ne fosse bisogno, la pavidità e la bassezza umana della mafia gelese di fronte alla schiena dritta e lo sguardo fiero della buona politica per la legalità coltivata con impegno e senza proclami.

Con Rosario ho l’onore di avere cominciato una battaglia politica e culturale contro questo cancro indegno che avvelena il nostro paese nascondendosi tra le pieghe dell’indifferenza e dell’irresponsabilità.

Con Rosario ho imparato a sopportare le difficoltà della mia vita violentata nella tranquillità fino a costringermi all’essere scortato, osservando la sua dignità nell’affrontare i pericoli a cui e’ quotidianamente esposto.

Con Rosario ho capito l’importanza di essere vigili, prima che vigilati.

Per questo lo abbraccio restituendogli tutta la forza che mi ha sempre assicurato. Sappia la mafia gelese (che sia Stidda o Cosa Nostra) che quest’ultimo ululato vigliacco ci rafforza nella nostra voglia di contrastarla, raccontarla e rinchiuderla nella latrina che e’ l’unico suo luogo possibile, con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione a dispetto di  qualsiasi pallottola e qualsiasi bomba; in Italia, in Sicilia, e personalmente ancora di più nelle pieghe lombarde in cui tenta malamente di nascondersi. Sappiamo i nomi, sappiamo le facce, e da oggi le urleremo ancora più forte. Senza paura.

Giulio Cavalli

La bellezza di un impegno: la mia candidatura

Perché candidarsi? Questa è la domanda che mi sono posto più e più volte. La domanda che ricorre e rincorre i miei sostenitori, amici e probabilmente anche chi mi è avverso. C’è un’altra domanda che richiede spazio, prima di dare la risposta: perché non candidarsi? Da molto tempo il concetto che riempie il mio quotidiano, il mio teatro, il mio indagare la contemporaneità e le sue storture lo definisco: la bellezza dell’impegno. Non un concetto teorico, o una frase ad uso della stampa, delle televisioni. La realtà non è un oggetto immutabile nelle sue perversioni, nel suo essere nemica dei deboli, nella sua natura ricattatoria sul lavoro, prevaricante quando è anche solo un posto su un autobus ad un anziano o a una donna incinta. La realtà non è mutevole, la cambiamo noi, per davvero. Attraverso gli strumenti della bellezza di cui ognuno di noi è portatore sano e attraverso l’operosità dell’impegno, cioè dell’alzarsi la mattina e non cedere mai il passo né alla disperazione né al qualunquismo né all’indifferenza. Odio gli indifferenti, amo le differenze. Diciamoci la verità: la politica è stata sottratta ai cuori delle persone. Non solo l’hanno sottratta ma abbrutita a tal punto da renderla un campo fangoso. Chi vuole attraversarla non può che sporcarsi. No grazie. Questa si chiama rassegnazione. La politica è il mezzo con cui si può creare un cambiamento reale e profondo. La politica è la possibilità di elevare la qualità di vita di tutti, è la possibilità di creare una solidarietà che non compare solo per le emergenze, ma è costante, come l’avvicendarsi delle stagioni. Può essere vista come impopolare la candidatura? Può essere vista come contaminazione o addirittura corrosione di una mia integrità artistica ed esistenziale? Bene, che lo sia. Perché il mio salire sul palco, il mio raccontare a voce alta le infiltrazioni della ndrangheta in Lombardia, il mio raccontare la strage di Linate o lo scempio della pedofilia già mi hanno posto nella condizione di essere sicuramente contaminato. Non voglio la comodità di una sedia, che sia quella del palco da dove posso ergermi a cantore del presente corrotto, o la sedia del politico che architetta alleanze e strategie a beneficio di pochi. Voglio essere presente sul palco della quotidianità, sul palco del tempo in cui vivo, sul palco della società civile che dice: basta. Perché un giorno non voglio trovarmi in platea a rimpiangere di non essermi alzato e aver partecipato. Non voglio pentirmi di aver soltanto applaudito alla mia vita perché ho fatto scelte equilibrate che mi hanno dato consenso e benevolenza. No, grazie. Ancora una volta. Coerentemente con la mia vita mi pongo ogni giorno scelte difficili, impopolari, ma seguo soltanto ciò che ho nel cuore e nella pancia, la volontà inestinguibile di essere presente, partecipe a me stesso e alla società di cui sono parte. Questa è la bellezza dell’impegno. Soltanto questo.

Giulio Cavalli

http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/articoli/politica/giulio_cavalli_la_bellezza_di.php

Un libro Bianco da portare in Regione

Ho bisogno delle vostre segnalazioni, delle vostre proposte. Ho bisogno che mi indichiate i vostri problemi, quelli del vostro comune, della vostra cittadina ed anche le vostre soluzioni, i vostri suggerimenti, le vostre idee. Insieme al programma, voglio portare alla Regione Lombardia il libro Bianco che scriveremo insieme. I piccoli grandi problemi che affiligono le coscienze, ma anche le buche nelle strade, le fabbriche che chiudono, il disuso di uno spazio pubblico, i problemi di sicurezza di un quartiere, la mancanza di una biblioteca, la segnalazione di lavori svolti e retribuiti a nero. Il Libro Bianco vuole raccogliere tutte le vostre testimonianze e quando sarà necessario sarà garantito anche l’anonimato. Segnalate condizioni di lavoro insopportabili in un call center, nelle campagne o nelle fabbriche. Un Libro Bianco scritto da voi, che sarà pubblicato a breve, visibile sul sito a disposizione di tutti. Un impegno che nessuno potrà evitare di assumersi. Ed anche in caso che io non venga eletto, avremo testimonianze di ciò che deve essere fatto assolutamente per migliorare la società in cui viviamo. La bellezza dell’impegno è scrivere la vostra segnalazione a “librobianco@giuliocavalli.it

Giulio Cavalli e Luigi De Magistris a Milano per aprire la campagna elettorale

Giovedì 21 gennaio alle ore 21:00 presso lo SPAZIO GUICCIARDINI in via Macedonia Melloni 3 a Milano, si apre la campagna elettorale di GIULIO CAVALLI per le Elezioni Regionali 2010 “LA BELLEZZA DI UN IMPEGNO”.

con

LUIGI DE MAGISTRIS

Presidente della Commissione per il Controllo dei Bilanci presso il Parlamento Europeo

e

GIULIO CAVALLI

attore, scrittore e regista candidato alle elezioni regionali 2010 nelle province di Milano e Varese


SCARICA IL COMUNICATO STAMPA QUI

Libertà è partecipazione

“Libertà è partecipazione” G.Gaber

Per noi, nel nostro piccolo, è la costruzione di un grande sogno. Partecipare al sogno significa appoggiare una rivoluzione morbida e democratica che inizia con l’avventura della campagna elettorale. Non si tratta di nominare un delegato ma piuttosto di costruire una laboratorio sociale e di responsabilità che sia il cuore, la testa e lo stomaco per i prossimi anni.

Ora è il tempo di conoscere, conoscersi e farsi conoscere. Come una tavola da apparecchiare radunando e contando gli ingredienti. Vorremmo finire questa campagna elettorale con la soddisfazione di avere la certezza di essere consapevolmente scelti (o non scelti) per un giudizio che sia maturato dalla possibilità di un incontro, un confronto.

Partecipare alla nostra campagna oggi significa soprattutto parlarci. Il più possibile. Nei vostri paesi, nel vostro quartiere o nella vostra prossima riunione in cui credete che la mia presenza possa essere un’ottima stretta di mano.

Partecipare alla nostra campagna oggi significa soprattutto parlarne. Il più possibile. Nei vostri siti, nei vostri blog e sui vostri social network.

Il mio impegno politico è il nostro impegno politico.


Volete partecipare alla campagna elettorale? Volete organizzare qualche evento nel vostro Comune con Giulio? Avete delle proposte da sottoporre? Volete partecipare alle riunioni programmatiche? Volete aiutarci? Volete esserci?
Scrivete a staff@giuliocavalli.it.
Volete fare una donazione? fatelo qui:
TUTTE LE DONAZIONI SOSTENGONO IL NOSTRO PROGETTO UNA CAMPAGNA TRASPARENTE

Due parole e qualche fatto su “via Bettino Craxi”

“Più sono le leggi, più sono i ladri”
Bettino Craxi

Attenzione: la patetica idea dell’ormai prevedibile sindaco Moratti di intitolare a Bettino Craxi una via in Milano non è meramente un problema solo politico: è lo specchio di un’impunità culturale che in tutti i campi è diventata un trofeo con tutto intorno una sonnolenza scoraggiata e martellata secondo le regole della prostituzione pubblicitaria piuttosto che quelle della memoria politica di un paese. Già la proposta avanzata dal sindaco Moratti indica che il limite della dignità verso la memoria è stato superato; al di là degli esiti pratici è un’onta che puzza di sugo rancido che ci teniamo sulla giacca di questa città già imbrattata.

Quella stessa parte politica che ultimamente scalcia goffa ululando al rispetto delle istituzioni oggi ci dichiara chiaramente che la Memoria di questo paese (quella con la M maiuscola che è figlia unica della storia) non è affidata ai Fatti ma alle opinioni di pessimi opinionisti prestati a tempo indeterminato al mestiere indegno di apriporte o lucida ottoni al servizio degli interessi di pochi.


E allora non stupisce che si decida di dedicare una via proprio a colui che per primo trasformò in Sistema quel meccanismo infame di corrotti e corruttori che premia il miglior offerente a scapito del più capace. Quel sistema che ha trasformato la meritocrazia in un privilegio piuttosto che un diritto. E quando i diritti diventano privilegi da supplicare significa che qualcuno insieme ai soldi si è rubato anche le regole del gioco, che la partita è impari, che la democrazia è diventata un souvenir.
Craxi è stato condannato con sentenza passata in giudicato a: 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai il 12 novembre 1996; 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese il 20 aprile 1999. Per tutti gli altri processi in cui era imputato (alcuni dei quali in secondo o in terzo grado di giudizio), è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato a causa del decesso dell’imputato. Fino a quel momento Craxi era stato condannato a: 4 anni e una multa di 20 miliardi di Lire in primo grado per il caso All Iberian il 13 luglio 1998, pena poi prescritta in appello il 26 ottobre 1999; 5 anni e 5 mesi in primo grado per tangenti Enel il 22 gennaio 1999; 5 anni e 9 mesi in appello per il Conto Protezione, sentenza poi annullata dalla Cassazione con rinvio il 15 giugno 1999; 3 anni in appello bis per il caso Enimont il 1° ottobre 1999. Bettino Craxi morì condannato “volontariamente sottratto alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o ad un ordine con cui si dispone la carcerazione” : Bettino Craxi morì latitante secondo l’articolo 296 del Codice di Procedura Penale.
Un grande statista (ma anche un mediocre politico) deve (almeno) affrontare i processi, piuttosto accetta di diventare un collaboratore di giustizia, contribuisce in maniera decisiva al risanamento etico e giuridico della classe politica italiana; e piuttosto responsabilmente accende una stagione di prosperità e rigore che lo può vedere protagonista, ruolo a cui il suo “pentimento”  gli darebbe piena legittimazione. Invece il piccolo Craxi è fuggito ed ha vissuto i suoi ultimi anni in latitanza eludendo di fatto le leggi del suo Paese.
E allora mi scuserà la sindachessa se proprio non riusciamo ad esserne orgogliosi, in una Milano che mentre lascia la mafia sotto il tappeto e gli operai sopra i tetti si preoccupa di mettere in strada un monumento a Bettino. Un riconoscimento all’anti-memoria che, per amor del vero, esiste già non solo in altre città ma ci viene propinato tutte i giorni a tutte le ore su quelle televisioni figlie del craxiano “decreto Berlusconi” varato per salvare l’allora imprenditore Silvio Berlusconi dalla decisione dei pretori di Torino, Roma e Pescara di oscurare i canali televisivi della Finivest. Quelle televisioni che sono lo spot pubblicitario continuo dell’omicidio della meritocrazia imprenditoriale in questo paese. Quelle televisioni che per uno strano gioco di uguaglianze sono figlie (nella modalità della nascita) non di una democratica di discussione in Parlamento ma di un monocratico voto di fiducia; nello stesso modo innaturale e antiparlamentare con cui opera abitualmente questo attuale governo.
Mi scuserà il sindaco Moratti se mi permetterò di raccontare ai miei figli, prima di chi fosse Bettino Craxi, che questa è la città di Guido Galli, di Ambrosoli, di Alessandrini e molti altri. Se mi permetterò di raccontargli che Craxi oggi esce ingigantito solo per il paragone con i nani dell’attualità. Mi scuserà se mi viene da sorridere pensando che addirittura Bobo Craxi (che a 25 anni era già segretario del Psi milanese per discendenza diretta) arrivò a dire “Non mi sono mai considerato craxiano” (10-9-92).
L’aforisma di un anonimo arabo dice: Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero.
E allora se davvero come disse Silvio Berlusconi il 21 settembre del ’94 “io a Craxi non devo nulla. Ho sempre riconosciuto il ruolo dei magistrati nella lotta al sistema perverso della Prima Repubblica. TV e giornali della Fininvest sono sempre stati in prima linea a difendere i magistrati e in particolare Di Pietro!” non cerchi oggi di chiedere scusa con una via.
Non dico per rispetto di Giustizia, non dico per Memoria; almeno per Dignità, se ne è avanzata un po’.

Un paio di osservazioni sulla “antimafia dei fatti” di questo Governo

Di fronte all’ennesima fanfara di numeri sventolata dal Governo nella recente campagna pubblicitaria intitolata “antimafia dei fatti” credo che vadano precisati alcuni punti. Non tanto per entrare nella desolante arena dialettica di un esibizionismo politico impacchettato con proclami in confezione regalo quanto almeno per un’onestà dei Fatti che sarebbe un vero peccato non prendersi la briga di raccontare.

Il 90% degli “arresti eccellenti” snocciolati dai recenti proclami (così come i loro patrimoni sequestrati) in questo ultimo anno sono il risultato o di rivelazioni di pentiti che hanno esercitato la parola nelle sedi competenti ( piuttosto che l’eroismo dell’omertà di manganiana memoria) o di quelle stesse intercettazioni che questo stesso governo sta trasformando in un desueto e antico fenomeno di costume. Ma la dicotomia più comica è che i magistrati che arrestano i mafiosi e sequestrano patrimoni sono gli stessi che a Palermo processano Dell’Utri per concorso esterno e indagano sulle trattative Stato-mafia. Gli stessi che a Caltanissetta e Firenze hanno riaperto le indagini sui mandanti occulti delle stragi del 1992-93. Gli stessi che a Napoli hanno chiesto e ottenuto un ordine di custodia per il sottosegretario Cosentino, ovviamente subito “stoppato” dalla Camera. Ed è proprio un peccato che in questa “trionfale marcia di numeri” il Governo abbia perso con Cosentino la possibilità di aggiungere un trofeo nella teca dell’antimafia.

Senza dimenticare il segnale culturalmente criminale dell’emendamento della finanziaria passato anche in Senato che consente la vendita degli immobili confiscati alle mafie; che potrà finalmente dare il via ad una numerologia di confische e restituzioni alle mafie come in una meravigliosa partita a Monopoli sulla tavola della legalità. Del resto è quasi stucchevole ricordare come siano proprio le mafie ad avere in questo momento la liquidità più facile per aspettare i 90 giorni passati dalla confisca senza assegnazione ed inviare qualche “testa di legno” amica all’asta di vendita. E, attenzione, non si tratta di pessimistiche ipotesi: i comuni di Canicattì in provincia di Agrigento e Nicotera in provincia di Vibo Valentia sono stati sciolti per mafia per avere assegnato beni confiscati a prestanome dei mafiosi colpiti dalla confisca. Un emendamento che riesce nella mirabolante impresa di tradire in poche righe sia il buon senso legislativo (affidando il meccanismo di vendita degli immobili ai funzionari locali del Demanio che per esposizione ambientale non sono nella posizione migliore di gestire “condizionamenti” nella vendita) sia alle centinaia di ragazzi che sotto la bandiera di Libera decidono di dedicare il proprio tempo e le proprie vacanze al volontariato sui beni confiscati a Corleone, Castelvolturno, San Giuseppe Jato e altri. E per finire in bellezza calpestando in un colpo solo quel milione di cittadini che nel ’96 firmarono l’appello di Don Ciotti per l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività: mandare sul marciapiede la dignità di un paese per fare cassa è azione da piazzisti piuttosto che Statisti.

In questo luccicante contesto di “antimafia dei fatti”, il recente scudo fiscale oltre a permettere il rientro di capitali dall’estero con penali da Repubblica delle Banane ha anche in parte cancellato e in parte indebolito l’obbligo di segnalare operazioni sospette rendendo pressoché sterile il sistema di rilevamento di possibili casi di riciclaggio. Infatti (come avverte Roberto Scarpinato) l’art. 13 bis, comma 3, del Dl n. 78 del 2009 ha disposto che non si applica l’obbligo della segnalazione delle operazioni sospette per tutti i casi i cui i capitali rimpatriati o regolarizzati derivino da una serie di reati sottostanti che vengono estinti dallo scudo fiscale: i reati tributari di omessa dichiarazione dei redditi o di dichiarazione fraudolenta e infedele. Vengono inoltre estinti una lunga serie di reati quando siano stati commessi per eseguire od occultare i reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto: alcuni reati di falso previsti dal codice penale (articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 bis e 492), di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, nonchè dei reati di false comunicazioni sociali previste dal codice civile (articoli 2621 e 2622): capitali di origine illegale immessi nel mercato a seguito di tale normazione e del regime di invisibilità assicurato ai capitali ‘scudati’. Si è venuta a determinare per il vastissimo popolo degli imprenditori collusi l’opportunità di fare rientrare dall’estero capitali sporchi dei loro soci mafiosi occulti, spacciandoli falsamente come frutto di evasione fiscale per poi immetterli nel circuito produttivo.

Non mi risulta che Presidente e Ministri abbiano deleghe da Catturandi per acciuffare latitanti (ed è un peccato, perché almeno le auto delle Forze dell’Ordine non avrebbero il problema di cadere a pezzi e avere il serbatoio vuoto), e non mi risulta nemmeno che abbiano deleghe di magistratura (senza volere suggerire un’idea…) per le indagini; sicuramente hanno la responsabilità politica di quanto scritto sopra. E questi sono Fatti. Quale forma abbiano non lo so. Ma, sicuro, l’antimafia è un’altra cosa.