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Giulio Cavalli

A Lodi il PD convoca gli ultrà

A proposito di paninari al governo: a Lodi dopo l’arresto del sindaco PD Simone Uggetti per turbativa d’asta è stato convocato per domani, giovedì’ 19 maggio, il primo consiglio comunale dopo la vicenda che ha inevitabilmente scosso la città. Fin qui nulla di strano. Ma seguitemi: sarà probabile che le opposizioni chiedano che il sindaco (al momento agli arresti domiciliari) abbia il buon cuore di dimettersi. Tutto normale, direte voi. E cosa fa la segreteria lodigiana del Partito Democratico? Invia una mail, questa:

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In pratica, dice il PD, siccome quegli altri verranno presumibilmente a chiedere le dimissioni cerchiamo di radunarci anche noi. Una guerra tra bande, insomma. Nessun cenno alla politica, non sia mai, e nemmeno un rigo per “entrare nel merito”, come dice il grande capo Matteo.

C’è da capire chi porterà i fischietti, le trombette a forma di lingua, le bibite, i bicchieri di plastica e la carbonella per cucinare qualcosa durante l’attesa […]

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Occhio, tra poco tutti invocheranno l’amnesia etica

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Secondo uno studio della National Academy of Sciences, pubblicato il 16 maggio e riportato da Quartz, esiste una relazione tra etica e memoria: quando i nostri comportamenti non sono etici, dicono gli esperti, tendiamo a dimenticarli più in fretta.

I duemila volontari che si sono sottoposti ai test hanno dimostrato di ricordare molto più chiaramente le volte che hanno agito secondo etica piuttosto a comportamenti come non pagare il biglietto dell’autobus o evadere le tasse. In pratica hanno scoperto che ci si dimentica delle cose che conviene dimenticare. Si sapeva, forse, ma ora anche la scienza lo conferma. Secondo gli scienziati questo atteggiamento sarebbe dovuto al bisogno naturale di ridurre lo stress emotivo. Accipicchia.

E improvvisamente, sarà per la mia deviazione professionale di chi inscena farse per mestiere, mi è venuto in mente come qualcuno abbia faticato anni, scomodato avvocati, comprato parlamentari per scrivere leggi quando un fondo bastava la ricetta di un medico illuminato. Quanti anni avremmo risparmiato.

Frane, alluvioni: 7 milioni di italiani a rischio

Alluvione

La norma sul consumo di suolo deve ancora diventare legge e nel frattempo si va avanti asfaltando 7 metri quadrati di terreno al secondo. L’effetto serra avanza e con l’aumento di concentrazione di CO2 aumentano le alluvioni lampo. In questo contesto, che dovrebbe obbligare alla prudenza, negli ultimi 10 anni si è continuato a costruire in zone a rischio. Solo il 4% delle amministrazioni ha deciso interventi di delocalizzazione di edifici abitativi e la percentuale scende all’1% per gli insediamenti industriali. Così
Sono i dati contenuti nel rapporto Ecosistema Rischio 2016, l’indagine realizzata da Legambiente sulla base delle risposte fornite dai 1.444 Comuni che hanno risposto al questionario. A costruire dove non si dovrebbe non sono solo gli abusivi. Nell’88% dei casi (128 Comuni su 146) sono state urbanizzate aree a rischio di esondazione o a rischio di frana e in 20 Comuni (14%) non si è trattato di qualche casa ma di interi quartieri. Nel 38% dei casi si è pensato bene di tirar su fabbricati industriali, nel 12% (17 Comuni) scuole e ospedali, nel 18% (26 Comuni) strutture ricettive e nel 23% (33 Comuni) strutture commerciali.

IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE (Pdf)

Questo solo per le attività dell’ultimo decennio. I numeri complessivi sono ben più alti. In 1.074 Comuni (il 77% del totale delle amministrazioni che hanno risposto al questionario) ci sono case in aree a rischio. Nel 31% interi quartieri, nel 51% impianti industriali, nel 18% scuole o ospedali, nel 25% strutture commerciali.

Qualcosa comunque sta cambiando. Alcuni interventi aumentano ma il loro senso è spesso discutibile. Tra i 982 Comuni in cui è stata segnalata la realizzazione di interventi e opere di messa in sicurezza il 42% ha optato per nuovi argini (una scelta che in alcuni casi si limita a spostare il problema anziché risolverlo) e solo 12% ha ripristinato aree di espansione naturale dei corsi d’acqua. Nel 45% delle amministrazioni (439 Comuni fra i 982 dove sono stati realizzati interventi) sono state realizzate opere di consolidamento dei versanti montuosi instabili, ma solo 47 Comuni hanno previsto il rimboschimento dei versanti più fragili. Inoltre in 118 Comuni (8% del campione) sono stati realizzati interventi di tombamento e copertura dei corsi d’acqua: altro asfalto in superficie.

Due Comuni su 3 hanno dichiarato di svolgere regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e 4 Comuni su 5 hanno preparato piani urbanistici con la perimetrazione delle zone a rischio idrogeologico e hanno un piano di emergenza, ma solo il 46% lo ha aggiornato e solo il 30% ha svolto attività di informazione e di esercitazione rivolte ai cittadini. “Ci vuole un’inversione di tendenza: occorre fermare il consumo di suolo, programmare azioni che favoriscano l’adattamento ai mutamenti climatici e operare per la diffusione di una cultura di convivenza con il rischio”, propone il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti.

(fonte)

«I voucher non funzionano»: lo dice anche Boeri

precarietà

Quello che si dice da tempo da queste parti ora lo ripete a chiare lettere anche Tito Boeri e forse sarebbe il caso di riflettere, senza fare gli offesi:

“I voucher sono nati per regolarizzare il lavoro accessorio, creare opportunità di lavoro e integrazione per le fasce più marginali del mercato del lavoro, ma hanno avuto uno sviluppo diverso: in alcuni casi abbiamo una precarizzazione evidente, con lavoratori a tempo indeterminato o determinato che adesso hanno i voucher, e in questo senso sono anche controproducenti”.

Lo afferma Tito Boeri, presidente dell’Inps, in un’intervista al Tg Zero di Radio Capital. “L’altro grande obiettivo – prosegue Boeri – era quello dell’emersione del nero, e per il momento non sembra esserci grande evidenza: quello che viene fuori è che non sono tanti i lavoratori nelle fasce centrali d’età, si vedono poche persone che prima non lavoravano che di colpo prendono voucher. Il livello dei contributi che raccogliamo è basso, circa 150 milioni, lo 0.2% dei contributi totali dei lavoratori dipendenti, mentre i lavoratori che percepiscono voucher sono l’8%: è molto meno di quello che si potrebbe pensare alla luce del numero delle persone coinvolte”

(fonte)

Morire d’amore e di mestiere

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Si chiama Jane Little e ha vissuto abbracciata a un contrabbasso. Che poi il contrabbasso è anche uno strumento che devi amare in un modo tutto suo: pretende di essere cullato per essere suonato e non ha niente a che vedere con gli strumenti che ci stanno in un astuccio.

Se vi capita di osservare un suonatore di contrabbasso, voi seduti e lui sul palco, se vi capita di ascoltarli, vedete che è tutt’uno, strumenti e strumentista, con fuori solo la testa per respirare. Nelle orchestre i contrabbassi sono ballerini di legno a forma di contrabbasso e sopra avvitata la testa dell’orchestrale. Figure da mondo di Oz.

Lei, Jane, ci ha passato una vita intera. 71 anni nella stessa orchestra, con il mondo che cambiava e il metronomo a dare il tempo. Dicono che dovremo lavorare tutti tantissimo: ma 71 anni imbarcata nel lavoro che ami in un’orchestra a forma di famiglia è qualcosa che ha a che fare con la letteratura. 71 anni nella stessa orchestra sono un’orchestra che s’è fatta Paese.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Il raglio del dissociato

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Dice Matteo Renzi che i suoi avversari (che nei suoi incubi peggiori sono tutti quelli non iscritti al PD, non renziani e senza accento toscano) vogliono personalizzare il referendum. Giuro. Dice così. Lui che ha presentato il referendum dicendo “se perdo vado a casa”. Lui che ha diffamato chiunque non fosse d’accordo con lui. Lo stesso Renzi che ha trasformato il PD in un fan club. Ecco. Ne scrive anche Repubblica qui:

«”Personalizzare lo scontro” sul referendum costituzionale di ottobre “non è il mio obiettivo, ma quello del fronte del no che, comprensibilmente, sui contenuti si trova un po’ a disagio”. Lo scrive il presidente del Consiglio Matteo Renzi,in un passaggio della sua e-news. “Ma davvero – scrive Renzi – vogliono mantenere tutte queste poltrone? Questo bicameralismo che non volevano nemmeno i costituenti e che furono costretti ad accettare per effetto dei veti incrociati? Questa confusione insopportabile sulla materia concorrente tra Regioni e Stato centrale che ha portato alla paralisi di cantieri, allo spreco di fondi europei, alla costante tensione istituzionale? Sui contenuti la stragrande maggioranza dei cittadini, di tutte le forze politiche – assicura il premier – vuole rendere più semplice l’Italia come fa questa riforma, finalmente”.»

Thyssen: quella morbida giustizia tedesca

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L’articolo di Ottavia Giustetti:
«Sembra una presa in giro, nessuno ci aveva detto niente prima, l’abbiamo scoperto solo mentre si svolgeva l’udienza in Cassazione, e a questo punto non ho idea di cosa potremmo più fare»: è una doccia fredda per i famigliari delle vittime della Thyssen la notizia che Harald Espenhahn, condannato dopo un lunghissimo iter giudiziario a 9 anni e 8 mesi, e Gerald Priegnitz (7 anni), che sono in Germania e che lì sconteranno la pena, seguiranno un iter diverso dai coimputati italiani, una procedura che potrebbe prevedere anche un ritocco importante delle pene definitive stabilite dai giudici nel processo. Tina Ferrara, moglie di Antonio Schiavone che quando è morto nel rogo aveva 36 anni e tre figli piccoli, è rassegnata. «Dovevamo aspettarcelo che sarebbe andata così comunque », dice. «Ma certo. Avrebbero dovuto essere qui, in Italia, come tutti gli altri – aggiunge Sabrina Torrente, la vedova di Angelo Laurino, anche lei due figli minorenni al momento del drammatico incidente – dovevano presentarsi all’udienza in Cassazione, e dopo la lettura della sentenza essere ammanettati e portati via, come succede tante volte. Invece già il fatto che fossero lontani doveva insospettirci». Sabrina Torrente non è andata a Roma. Non ha neppure “festeggiato”. «No, ho smesso di partecipare dopo le prime udienze, ho capito che era tutta una farsa. E questa storia della Germania lo conferma. Sa cosa credo? Secondo me neppure gli altri sono andati davvero in carcere. Altrimenti ce l’avrebbero fatto vedere».
Nonostante i dubbi della vedova di Angelo Laurino, quella di ieri è stata la prima notte nel carcere di Terni per i due ex dirigenti dell’Ast, Marco Pucci e Daniele Moroni, tutti condannati in via definitiva dalla Cassazione per il rogo nello stabilimento del dicembre 2007 in cui persero la vita sette operai. I due si trovano nella stessa cella nella sezione di accoglienza della struttura, in attesa di svolgere i primi colloqui con il personale ed essere assegnati, sempre in coppia, alla sezione ordinaria. A chi ha avuto modo di incontrarli nelle prime fasi della carcerazione sono apparsi disorientati e increduli rispetto al loro arresto, ma in condizioni complessivamente buone, anche dal punto di vista psicologico. Prima notte in carcere, alle Vallette a Torino, anche per Cosimo Cafueri, l’ex responsabile servizio prevenzione rischi della Thyssen condannato a 6 anni e 8 mesi, e Raffaele Salerno, condannato a 7 anni e 2 mesi. I due si sono consegnati sabato mattina e sono stati accompagnati in carcere. «Sono tutti, per ora, abbastanza tranquilli ha detto poco dopo il trasferimento in carcere l’avvocato, Ezio Audisio – stanno affrontando la cosa con grande dignità. Ciò non toglie che si sentano colpiti da una condanna sproporzionata ». Sulla vicenda Thyssen è ancora pendente un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’Uomo. Lo ha presentato la difesa dopo la prima sentenza della Cassazione ma la Corte non ha ancora fissato l’udienza. Nel ricorso erano sollevate una serie di problematiche, come la mancata traduzione in tedesco di numerosi atti processuali.

Su Fassina e Sinistra Italiana

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«La vicenda romana impone un chiarimento definitivo sulla prospettiva. Io non vedo complotti, vedo due impianti di cultura politica. Da una parte chi, come me, considera chiusa la fase del centrosinistra. Dall’altra, chi pensa che il nostro destino sia l’alleanza subalterna con il Pd.»: sono le parole di Fassina in una durissima intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera. L’estromissione delle liste dalla corsa elettorale per Roma (per un errore formale che rasenta l’autodafé) spinge finalmente l’ex candidato sindaco a dire quello che tutti sapevano ma che nessuno pronunciava: in queste elezioni amministrative (mica solo a Roma) Sinistra Italiana ha mostrato le due anime che la compongono, dilaniata tra chi non riesce a smettere di corteggiare il PD e chi (come Fassina) dal PD ci è uscito per costruire qualcosa.

(il mio buongiorno per Left continua qui)