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Giulio Cavalli

Si mangiano il pelo

pelouovo

Strani questi italiani: sono così pignoli che in ogni problema cercano il pelo nell’uovo. E quando lo hanno trovato, gettano l’uovo e si mangiano il pelo.

(Benedetto Croce)

Io non resto a guardare

522312_10150668285752756_1631376447_nAvremo modo di parlarne a lungo ma intanto vi scrivo per dirvi che non ho nessuna intenzione di restare fermo a guardare una riforma costituzionale che non mi trovo d’accordo per molti motivi (chi segue questo piccolo blog ne ha trovato traccia). Per questo nei prossimi mesi sarò in moto per un viaggio riCostituente su e giù per l’Italia. Lo faccio al fianco di Pippo Civati, per la stima e l’amicizia che ci lega, ma soprattutto con tutti quelli che vedono (l’ho scritto qui) la grande occasione di dibattito politico che ci offre questo referendum. E lo faccio perché chi mi conosce sa che sono di parte. Parteggio. Sono fatto così.

Intanto domani sarò a Napoli con Luigi De Magistris (l’evento qui) e lunedì a Milano con Civati e Basilio Rizzo (info qui) e Vittorio Angiolini, costituzionalista. Insomma, ci divertiamo. Tutti i miei appuntamenti li trovate qui.

 

Su M5S, Pizzarotti e Di Maio

È un bivio importante questo per il Movimento 5 Stelle: diventare adulti significa riconoscere che la malattia della politica degli ultimi vent’anni non è tanto nella forma “partito” o “movimento” o nelle diverse sfaccettature del “leaderismo” ma soprattutto nell’etica con cui si interpreta: svestirsi della paura di assomigliare agli altri è il modo più intelligente per cogliere le “buone pratiche” e perfezionarsi cammin facendo. Quello che è marcito in “apparato” o “sistemi di potere partitici” è, se usato dal verso giusto, anche la garanzia di un meccanismo che garantisce controllo e democrazia. Perché la decisione della sospensione di Pizzarotti non è stata sottoposta alla “decisione della rete”? Perché una realtà politica che aspira (e ha i numeri) per diventare forza di governo deve incagliarsi in una baruffa da bambini dell’asilo?

(la mia analisi scritta per Fanpage è qui)

Un milione e centomila.

indifferenza

Un milione e centomila elettori elettori persi nelle ultime tre elezioni comunali. In pratica l’equivalente di tutti gli abitanti di Torino e Trieste messi insieme hanno deciso che non valesse la pena votare.

Scrive l’ANSA: «A Roma, ad esempio, alle ultime amministrative (2013) hanno votato 572 mila elettori in meno rispetto al 2001; a Milano 225 mila, a Napoli 89 mila. Secondo il Censis, dopo la grande stagione dei sindaci, inaugurata con l’elezione diretta e la forte personalizzazione delle candidature, è subentrata una fase di disillusione con una impennata dell’astensionismo. A Roma si è passati da un’affluenza pari al 79,4% alle elezioni comunali del 2001 (primo turno) al 52,8% di votanti nel 2013.»

Quando si dice o si legge “non c’è spazio politico” riferendosi a questo o a quel partito, bisognerebbe forse ricordarsi che c’è un mondo di disillusi là fuori. Ma davvero.

«Se non capisci come funziona il gioco grande, sarai giocato»

scarpinato

La bella intervista a Roberto Scarpinato, Procuratore Capo di Palermo:

Il vice presidente del Csm Legnini (e altri con lui) dice che i magistrati non devono impegnarsi nella campagna referendaria perché finirebbero nella contesa politica. Che ne pensa?“Mi permetto di dissentire. Forse a tanti non è sufficientemente chiaro quale sia la reale posta in gioco che travalica di molto la mera contingenza politica. A mio parere siamo dinanzi a uno spartiacque storico tra un prima e un dopo nel modo di essere dello Stato, della società e dello stesso ruolo della magistratura. Nulla è destinato a essere come prima”.
Cosa potrebbe cambiare nel futuro rispetto al passato?

“A proposito del passato mi consenta di partire da una testimonianza personale. Tanti anni fa ho deciso di lasciare il mio lavoro di dirigente della Banca d’Italia e di entrare in magistratura perché ero innamorato della promessa-scommessa contenuta nella Costituzione del 1948 alla quale ho giurato fedeltà”.E quale sarebbe questa “promessa-scommessa”?

“Quella scritta nell’articolo 3 di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Era uno straordinario programma di lotta alle ingiustizie e un invito a innamorarsi del destino degli altri. La Repubblica si impegnava a porre fine a una secolare storia nazionale che Sciascia e Salvemini avevano definito “di servi e padroni” perché sino ad allora intessuta di disuguaglianze e sopraffazioni che avevano avuto il loro acme nel fascismo e nella disfatta della seconda guerra mondiale”.

Sì, però l’attuale riforma costituzionale si occupa solo della seconda parte della Costituzione e lascia intatta la prima sui diritti. Cosa la turba lo stesso?

“La seconda parte è strettamente funzionale alla prima. Proprio per evitare che la promessa costituzionale restasse un libro dei sogni e per impedire che il pendolo della storia tornasse indietro a causa delle pulsioni autoritarie della parte più retriva della classe dirigente e del ritardo culturale delle masse, i padri costituenti concepirono nella seconda parte della Costituzione una complessa architettura istituzionale di impianto antioligarchico basata sulla centralità del Parlamento e sul reciproco bilanciamento dei poteri”.

E perché tutto questo coinvolgerebbe le toghe? Realizzare la promessa non era compito della politica?

“All’interno di questo disegno veniva affidato alla magistratura il ruolo strategico di vigilare sulla lealtà costituzionale delle contingenti maggioranze politiche di governo”.

Un’affermazione forte… Ma di quale vigilanza parla?

“I giudici, tra più interpretazioni possibili della legge ordinaria, devono privilegiare quella conforme alla Costituzione e, se ciò non è possibile, devono “processare la legge”, cioè sottoporla al vaglio della Consulta. La magistratura italiana quindi è una “magistratura costituzionale” e, in quanto tale, la sua fedeltà alla legge costituzionale è prioritaria rispetto a legge ordinaria. È una rivoluzione copernicana del rapporto tra politica e legge di tale portata che a tutt’oggi non è stata ancora metabolizzata da buona parte della classe politica che continua a lamentare che la magistratura intralcia la governabilità sovrapponendosi alla volontà del Parlamento”.

Con la riforma Renzi questo equilibrio potrebbe saltare?

“Alcune parti di questa riforma si iscrivono in un trend più complesso. Oggi tutto ciò rischia di restare solo una storia terminale della prima Repubblica, perché quello che Giovanni Falcone chiamava “il gioco grande”, si è riavviato su basi completamente nuove. Alla fine del secolo scorso, a seguito di fenomeni di portata storica e mondiale, sono completamente mutati i rapporti di forza sociali macrosistemici che furono alla base del compromesso liberal-democratico trasfuso nella Costituzione del 1948. Lo scioglimento del coatto matrimonio di interessi tra liberismo e democrazia ha messo in libertà gli “animal spirits” del primo che ha individuato nelle Costituzioni post fasciste del centro Europa una camicia di forza di cui liberarsi”.

Toh, alla fine Expo è in rosso

expo

Dalla serie “l’impermeabilità della politica milanese” si scopre che, nonostante le rassicurazioni di Beppe Sala, il bilancio di Expo per il 2015 è in rosso. E quindi si scopre ancora una volta la bugia del manager candidato sindaco. Eppure la notizia scivola placida come acqua sul bidè. Tutti genuflessi. Altro che arancioni. Che peccato.

Da Il Fatto Quotidiano:

«Expo ha chiuso il 2015 con un rosso di 23,8 milioni di euro. E a questo vanno aggiunte perdite per altri 7,7 milioni accumulate da inizio anno fino al 18 febbraio, data di messa in liquidazione della società e delle dimissioni di Giuseppe Sala. Il dato, che non era sinora stato reso noto, è messo nero su bianco sui documenti pubblicati sul sito della società riguardanti i rendiconti e le relazioni consegnate dall’attuale candidato a sindaco di Milano due settimane fa.

Il risultato negativo, più volte negato da Sala, viene dunque confermato nei rendiconti che il prossimo 28 maggio verranno presentati ai soci per l’approvazione del bilancio, che quindi dovrebbe avvenire prima delle elezioni e non dopo, come in un primo momento fatto intendere dal presidente del collegio dei liquidatori, Alberto Grando. Le perdite del 2015, inferiori ai 30,6-32,6 milioni stimati nella relazione del cda discussa dai soci nell’assemblea dello scorso 9 febbraio, portano a un patrimonio netto a fine anno di 30,7 milioni (23 milioni al 18 febbraio). È questo il dato che Sala ha sempre rivendicato come un successo, ma che le cose non siano andate come previsto lo si capisce paragonando i nuovi rendiconti con il bilancio del 2014, nella cui relazione di accompagnamento lo stesso Sala scriveva che il 2015 si sarebbe chiuso “con un significativo utile, in grado di coprire le perdite cumulate degli anni precedenti e di portare al pareggio gestionale”

Il Vangelo secondo Matteo e l’avviso di Grillo

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Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e gli slogan sono le tangenziali delle parole buttate lì con la leggerezza di chi sa che funzionano e che nessuno si prenderà la briga di smontarle. Così mentre la Chiesa viene rimandata a cuccia da una (bella) frase di Matteo Renzi tutt’intorno viene facile giovanardare come un Adinolfi qualsiasi: se c’è un buon motivo per essere felici della fresca (mezza) legge sulle unioni civili è la sconnessa reazione dei pretini, l’abbattimento degli jihadisti episcopali e le mendaci contrizioni dei puttanieri censori delle famiglie degli altri. Perché, diciamocelo, il rumore della tradizione che scricchiola nel sarcofago a forma di fede è in queste ore uno strisciare di unghie. E allora ben venga un rinculo di laicità, benché sotto forma di slogan, e lo dico io che con Renzi e renzini non sono mai stato troppo tenero. Con un solo piccolo però: spergiurare sulla Costituzione, quello sì, sarebbe un peccato mortale. Politicamente, s’intende.

Sempre per la rubrica delle “parole che sono importanti” c’è anche l’avviso di garanzia, in senso grillino.

(il mio buongiorno per #Left continua qui)

L’evoluzione del turismo sessuale

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ECPAT, da sempre impegnata nella lotta al turismo sessuale, pubblica nuovi dati:

«È uno scenario “on the move”, in movimento, quello che emerge da “Offenders on the move”, il Global Study on the Sexual Exploitation of Children in Travel and Tourism (SECTT). Due anni di ricerca e coordinamento, con il supporto di  ECPAT Netherlands, 67 partner a livello mondiale, 66 studi e papers di esperti, per tracciare le linee di evoluzione dello sfruttamento sessuale dei minori derivante da viaggi e turismo.

DIFFUSIONE

Il primo dato che emerge è quello riguardante la diffusione territoriale del fenomeno: nessuna regione del mondo sembra essere immune e decadono le distinzioni nette che si riuscivano a fare tra Paesi di provenienza degli offenders e quelli, invece, meta di turismo sessuale.

La diffusione del SECTT rivela la necessità di una visione più ampia. Venti anni fa, sarebbe stato possibile delineare una mappa approssimativa degli spostamenti dei consumatori di turismo sessuale. Oggi il SECTT è ora principalmente un crimine intra-regionale , e può essere trovato sia nel, cosiddetto, mondo occidentale che in parti del mondo meno sviluppate.

OFFENDERS

Cambia anche il profilo degli sfruttatori: proprio una ricerca di Ecpat Italia e dei suoi partner, contenuta nel global study, sottolinea che la maggior parte dei turisti sessuali italiani sono di sesso maschile ( 90 % ) e che la maggior parte sono di età compresa tra 20 a 40 , con una età media di 27 anni.
L’autore del reato non è più, solamente, il tipico turista, ma potrebbe facilmente essere un viaggiatore d’affari, un driver, un operatore umanitario, un espatriato, un membro di una missione di pace, un pensionato. A questi si sommano donne e in aumento anche i minori che sfruttano e abusano di altri minori.
Le prove dimostrano inoltre che esistono trasgressori “situazionali”, che viaggiano senza alcuna intenzione di sfruttare sessualmente minori, ma che si trovino a compiere sesso con minori perché  si trovano in un contesto dove questa pratica è tollerata, se non vista come normale e dove il rischio di arresto – o di qualsiasi conseguenza – è percepito come inesistente.
Tutto questo con la complicità di vere e proprie reti locali che comprendono, oltre agli appartamenti privati, piccoli alberghi e pensioni, spesso con il coinvolgimento dei tassisti che consigliano i “servizi” a potenziali clienti. Proprio in questo caso informazione e sensibilizzazione dovrebbero aiutare e spingere le persone avvicinate da queste richieste, a denunciare.

Queste distinzioni, però, non sono ovviamente fondamentali, quello che conta è dove i bambini sono vittime.»

«Non potete multarmi, sono Salvini»

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Doppiopesismo e tristezza, ne scrive Thomas Mackinson:

«Matteo Salvini e il suo autista sono in corsa per le amministrative di Milano. E in città vanno proprio forte, a 87 chilometri all’ora per l’esattezza. Quando beccano la multa però non fanno i milanesi che pagano, ma mettono in mezzo gli avvocati del partito. Tutto per non sborsare 165 euro di sanzione al Comune che si propongono di amministrare e salvare i punti della patente del dipendente della Lega. Il risultato è un surreale ricorso che fa leva sul “ruolo istituzionale” e sul “rischio sicurezza“. La multa risale al 9 novembre scorso, di prima mattina, mentre l’auto di servizio della Lega passava a gran velocità su viale Enrico Fermi, dove il limite è 70, diretta alla sede della Lega lì a due passi.

Salvini, capolista a Milano nonché candidato a leader di tutto il centrodestra, sta dietro. Davanti c’è Aurelio Locatelli, lo storico autista dei big del Carroccio con licenza di agente di pubblica sicurezza che, scarrozzando Salvini, s’è guadagnato pure lui la sua candidatura. E allora: nessuno rallenti la corsa elettorale dei due compagni di viaggio uniti dal partito, dal motore a scoppio e da un singolare ricorso. In via Bellerio la pensano così ma prendono l’imperativo un po’ troppo alla lettera. Su procura del segretario, i legali del Carroccio hanno infatti chiesto di annullare la sanzione con un ricorso di sei pagine depositato l’11 marzo scorso. Non contestano affatto la violazione, certificata da telecamere ben note ai milanesi, ma rivendicano una sorta di “immunità” da codice della strada per il leader.

In premessa ricordano che il segretario “ricopre incarichi istituzionali e che, per ragioni politico istituzionali, deve presenziare…”. Si tenga cioè presente l’alto valore trasportato. Salvini finisce così nel pubblico registro dei politici furbetti, quelli che prendono le multe come tutti i cittadini ma pretendono di non pagarle, perché al di sopra di regole e leggi buone solo per gli elettori. Un titolo che non farà felice il popolo leghista e mal si sposa con l’immagine da tribuno della rabbia popolare contro i privilegi della Casta. Non solo, giusto sei mesi fa il leghista aveva eletto Napoli “capitale delle multe evase”, attirandosi prevedibili polemiche: ora si scopre che Milano e Salvini non sono da meno, anzi.»

(continua qui)

‘Ndrangheta, Reggio Calabria: avvocati, professionisti e imprenditori, politici e anche un magistrato in pensione.

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Un pezzo da leggere di Lucio Musolino:

«Avvocati, professionisti e imprenditori, politici e anche un magistrato in pensione. Tutti iscritti nel registro degli indagati della Procura di Reggio Calabria. E alcuni anche in manette. La Guardia di finanza ha eseguito sette fermi su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. In carcere è finito l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “Olimpia”. L’accusa per lui è estorsione e intestazione fittizia di beni. Con lui sono finiti in carcere l’avvocato Antonio Marra, gli imprenditori Emilio Frascati, Giuseppe Chirico, Natale Saraceno, Antonio Idone e Domenico Marcianò.

Sono questi i nomi della rete di professionisti che, secondo i pm Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Luca Miceli, condizionava l’economia di Reggio Calabria. Nell’ambito dell’inchiesta, denominata “Fata Morgana”, le Fiamme gialle ha sequestrato anche dodici società per un valore di circa 34 milioni di euro.

Sono state eseguite, inoltre, numerose perquisizioni. Tra gli indagati c’è anche il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il consigliere provinciale Demetrio Cara, il cancelliere capo della Corte d’Appello Aldo Inuso, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, l’avvocato Rocco Zoccali, l’ex presidente della Reggina Calcio Pino Benedetto, ma anche l’ex assessore comunale Amedeo Canale, Andrea Scordo, Domenico Pietropaolo, Gaetano Tortorella, Saverio Genovese Zerbi, Michele Serra, don Pino Strangio, Domenico Arcò e Giovanni Pontari.

L’indagine, però, ruota attorno alla figura di Paolo Romeo, ritenuto dagli inquirenti la mente della ‘ndrangheta reggina: “Esponente dell’estrema destra sin dagli anni ’70, allorché militava in Avanguardia Nazionale, anello di congiunzione tra la mafia reggina e la politica, massone, ritenuto anche legato a settori dei servizi segreti”. Lontano dai riflettori dopo la condanna per mafia, uscito dal carcere Paolo Romeo ha mantenuto il basso profilo negli ultimi anni. Per gli inquirenti, però, era sempre lui che tirava le fila.

Scrivono infatti i magistrati: “Trascorrono gli anni, mutano gli scenari politici, i dirigenti della pubblica amministrazione, gli imprenditori, si rinnova anagraficamente la classe dirigente, ma è disarmante constatare come Paolo Romeo mantenga (imperterrito ed immarcescibile) il suo ruolo baricentrico nel governo “reale” delle dinamiche cittadine. Seppure la sagacia criminale dell’uomo lo abbia portato a progressive sofisticazioni, volte a rendere meno “ingombrante” ed “imbarazzante” la sua presenza in siffatte dinamiche, occultandola sotto la veste di rappresentante di “improbabili” associazioni ovvero dietro incarichi di consulenza che celavano vere e proprie cessioni di sovranità da parte di chi gli conferiva il mandato”.

Attraverso il Circolo Posidonia A.S.D., infatti, Paolo Romeo “interferisce nelle dinamiche cittadine e provinciali, esercitando l’arte della persuasione ricattatoria. Il Romeo è, agli occhi dei suoi interlocutori, uno dei maggiori rappresentanti del sistema di potere criminale che governa, di fatto, le dinamiche cittadine”. Gli interessi dei colletti bianchi arrestati hanno riguardato anche la grande distribuzione e in particolare il centro commerciale “La Perla dello Stretto”, a Villa San Giovanni, di cui Paolo Romeo era il “dirigente sostanziale del consorzio dei commercianti”.

Ma c’è di più: Paolo Romeo viene indicato dai magistrati come il vertice dell’associazione segreta strettamente collegata alla ‘ndrangheta. Un ruolo che Paolo Romeo ha gestito negli ultimi 20 anni in riva allo Stretto avendo rapporti con numerosi politici come i senatori Antonio Caridi e Giovanni Bilardi. Quest’ultimo, parlamentare del Nuovo Centrodestra e indagato nell’inchiesta “Rimborsopoli” alla Regione Calabria, – scrive la guardia di finanza – “ha presentato emendamenti relativi alle città metropolitane in linea con i pareri e i consigli del Romeo”.

Sempre attraverso Bilardi, inoltre, Romeo “avrebbe sollecitato alla Corte dei Conti la ratifica della nomina di Pietro Emilio a segretario generale del Comune di Reggio Calabria” oggi guidata dal Partito Democratico. Ma con l’avvocato arrestato aveva rapporti anche il senatore Domenico Scilipoti, eletto in Calabria con il Pdl. Scilipoti avrebbe presentato alcuni emendamenti sulle città metropolitane su richiesta di Romeo che personalmente avrebbe predisposto e redatto un’interrogazione parlamentare sulle problematiche del mercato agro-alimentare poi presentata dall’esponente di Forza Italia all’ex ministro Lupi.

“Con l’inchiesta ‘Fata Morgana’ – ha affermato il procuratoreFederico Cafiero de Raho (nella foto)– abbiamo colpito quella parte della ‘ndrangheta che l’ha resa forte anche dal punto di vista economico, che ha rapporti con la politica, con le amministrazioni locali, con dirigenti e funzionari pubblici. È una parte esponenziale della ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria”.

Non è un caso, secondo il capo della Dda che tra i fermati ci siano i “titolari di supermercati, quindi distribuzione alimentare di alto livello che dal punto di vista economico hanno portato avanti il centro commerciale ‘La Perla dello Stretto’, anche li muovendosi con un metodo sostanzialmente ‘ndranghetista imponendosi al consorzio di imprenditori che avevano aderito a quel gruppo. È una parte molto rilevante dell’economia di Reggio Calabria. I fermi sono stati disposti per il pericolo di fuga di alcune posizioni che abbiamo trattato e che erano strettamente connesse alle altre per le quali siamo dovuti intervenire. Qualcuno stava già traslocando e portando via tutto dalla città evidentemente aveva notizia di questo”.»

(fonte)