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Giulio Cavalli

‘Ndrangheta «Parco Sud»: cade in Cassazione il 416 bis per i Barbaro-Papalia

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Notizie dal fronte per i signorotti di Buccinasco:

«La pronuncia, a seguito dei ricorsi proposti dalle difese, era stata in parte (per il solo art. 416 bis, associazione mafiosa) annullata dalla Prima sezione penale della Corte di Cassazione, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano che in sede di rinvio ha completamente assolto Domenico Papalia, assolvendo anche Francesco Barbaro e Antonio Perre dal solo reato di cui all’art. 416 bis, confermando nel resto.

Avverso quest’ultima sentenza, è stato proposto ricorso per Cassazione sia dalla Procura Generale milanese, per le tre assoluzioni, sia dalle difese degli imputati che hanno riportato condanna per i residui reati di possesso e ricettazione di armi (Domenico, Rosario, Salvatore e Francesco Barbaro, rispettivamente a 6 anni e 6 mesi, 2 anni, 4 anni, e 4 anni e sei mesi di reclusione; Antonio Perre a 5 anni).

Con la pronuncia odierna, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore generale, confermando le pronunce assolutoriedal reato di associazione mafiosaper Domenico Papalia, che risulta completamente scagionato (difeso dall’avvocato Francesco Lojacono), per Francesco Barbaro e Antonio Perre (difesi rispettivamente dagli avvocati Renato Russo e Amedeo Rizza), ed ha rigettato i ricorsi degli altri imputati, le cui condanne divengono definitive.»

(fonte)

Toh, il bilancio di Expo arriverà solo dopo le amministrative.

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Roba da non credere. Nonostante lo slogan da candidato sindaco “ogni giorno, ogni ora” Beppe Sala non trova un minuto che sia uno per farci vedere i conti di Expo. In comune a Milano hanno deciso di rinviare la presentazione del bilancio di Expo. Con l’ex presidente di Expo candidato. Chissà che rottura di palle dovere fare questa perdita di tempo delle elezioni, eh? Ecco il comunicato stampa di Milano in Comune:

«Nel pomeriggio odierno al termine della Commissione Comunale Congiunta Expo2015 e società partecipate, Basilio Rizzo ha risposto alle domande dei giornalisti confermando la propria indignazione, così come manifestata in commissione, per il fatto clamoroso che il bilancio di Expo2015 è rinviato al giugno del 2016.

Come se questo non bastasse sia Expo2015 che Arexpo non hanno fornito anticipazioni neppure sulle tre importanti transazioni in corso il cui esito può ulteriormente peggiorare il buco di bilancio per Expo2015 già stimato in fase di pre-consuntivo in una cifra compresa fra i meno 31-35 milioni di euro.
Precisissime sono invece state le nuove richieste di finanziamento ai soci di Expo2015 per una necessità di cassa stimata per il primo semestre del 2016 in 48 milioni di euro.
Stante le quote azionarie in Expo2015, per le finanze comunali questa richiesta è pari a 8 milioni di euro, 4 milioni pronta cassa e i restanti 4 milioni da versare o meno in relazione all’avanzamento del piano di messa in liquidazione della Società.
Basilio Rizzo ha così confermato che qualora fosse eletto sindaco e comunque anche dai seggi del prossimo Consiglio Comunale, la lista “Milano in Comune” proporrà di rivendere al MEF (Ministero Economia Finanze) le quote di proprietà del Comune di Milano in Expo2015, recuperando così a beneficio dei milanesi e delle periferie 31 milioni di euro.
Ugualmente opachi i conti di AREXPO che si trincera dietro l’assenza (ancora!!!) di una perizia giurata sull’effettivo valore dei terreni, valutazione in assenza della quale non è tutt’ora possibile stimare il valore effettivo delle quote dei soci e valorizzare l’entrata nella compagine azionaria del Governo.»

A proposito di numeri: ecco la disinformazione sul referendum

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L’analisi di Fanpage:

«L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato i dati relativi alla copertura della tematica riguardante il referendum sulle trivelle svoltosi ieri, 17 aprile 2016, garantita dai telegiornali nazionali. Stando alle rilevazioni, i dati non sarebbero poi così confortanti. Per comprendere al meglio l’analisi della situazione, è importante partire da un presupposto: gli italiani ancora oggi si informano attraverso il più tradizionale dei media: il televisore. Anzi, nel dettaglio è il telegiornale a farla da padrone. I dati, elaborati dal Censis in occasione dell’ultimo Rapporto sulla comunicazione diramato lo scorso anno, sono chiari: i telegiornali sono scelti dal 76,5% della popolazione, seguono i giornali radio con il 52%, i motori di ricerca su internet come Google al 51,4%, le tv all news con il 50,9% e Facebook al 43,7%.

Passando all’analisi dei dati Agcom, è evidente come la copertura informativa fornita dai tg nazionali sia stata abbastanza scarsa. La rilevazione è suddivisa in quattro fasce: il periodo antecedente all’inizio della campagna referendaria, ovvero fino a 4 marzo 2016, e i tre scaglioni successivi da 14 giorni l’uno, calcolati tenendo conto dei criteri imposti dalla legge n. 28 del 2000: “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”.

Leggendo i grafici, quindi, si evince chiaramente come le reti televisive che hanno dato maggior spazio al referendum siano state quelle etichettabili come  “antigovernative”, Canale 5 in testa e a seguire Rai 3. Per quanto riguarda invece Rai 1, il canale filogovernativo per eccellenza, i dati sono invece sconfortanti: in totale, il Tg1 ha dedicato zero minuti dal 16 febbraio, giorno dell’emanazione del decreto per la scelta della data del referendum, al 4 marzo. Nelle restanti 5 settimane, invece, si è parlato del referendum sulle trivelle circa 41 minuti totali. Quarantuno minuti in 62 giorni. Va un po’ meglio con gli altri telegiornali Rai, invece. Tg2, Tg3 e Rai News hanno parlato complessivamente 12 minuti e 15 secondi nel periodo tra il 16 febbraio e il 4 marzo, mentre siamo oltre le 3 ore e 20 minuti nelle settimane centrali di campagna referendaria e oltre le 2 ore nel periodo che va dal 4 al 10 aprile. Scorporando però Rai News che essendo una all-news  ha esigenze di programmazione e approfondimento diverse rispetto ai tradizionali telegiornali, sia Tg2 che Tg3 hanno dedicato complessivamente circa mezz’ora per scaglione temporale al tema referendario.»

(continua qui)

Il quartierino che in Basilicata punta anche al geotermico.

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Il “quartierino” dell’inchiesta di Potenza puntava a condizionare con norme di legge anche il settore geotermico. In questo campo il contatto utile sarebbe stato Stefano Boco (non indagato), gia’ sottosegretario dal 2006 al 2008 per le Politiche agricole e forestali (governo Prodi). E’ quanto emerge dalle nuove carte dell’indagine investigativa.

L’obiettivo di Boco era di incontrare l’allora ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi, attraverso il “quartierino romano”. Secondo la squadra mobile di potenza, Boco – in qualità di presidente del consiglio di amministrazione e consigliere delle società Magma Energy Italia srl e consigliere della Tosco Geo srl, entrambe controllate dalla Graziella Green Power – avrebbe cercato attraverso Gianluca Gemelli e Nicola Colicchi un contatto per le aziende di geotermia per le quali lavora.
In questo filone non ci sono né indagati. Tuttavia la squadra mobile della Polizia di Potenza sviscera tutta la vicenda in un capitolo contenuto nella terza informativa depositata alla Procura della Repubblica di Potenza, nell’inchiesta sul petrolio in Val d’Agri. Per gli investigatori questa vicenda sarebbe da mettere in relazione con l’emendamento alla Legge di Stabilità 2015 presentato dal deputato Ignazio Abrignani, che prevede agevolazioni per le società di geotermia.
Lo stesso Colicchi, in una intercettazione del 2 dicembre 2014, afferma che di «quell’emendamento non ce ne frega niente…quello era l’emendamento presentato da Abrignani che evidentemente l’ha ripresentato, ma è una marchetta, evidentemente per qualche impianto (di geotermia, ndr) che a lui interessa».

L’articolo ( di Ivan Cimmarusti e Sara Monaci) lo potete leggere qui.

Quello strano suicidio nel processo Matacena-Scajola

 

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Omar Pace era colonnello della Guardia di finanza distaccato presso la DIA. La mattina dell’11 aprile è stato ritrovato suicida nel suo ufficio, si è sparato un colpo di pistola in testa con la sua arma d’ordinanza. Il giorno successivo, il 12 aprile, il colonnello Pace avrebbe dovuto testimoniare al processo Matacena-Scajola a Reggio Calabria fornendo dettagli importanti sull’ex Ministro dell’Interno e sui documenti ritrovati durante la perquisizione. Ma è morto. Vedi il caso, a volte, eh?

Dicono che fosse depresso, Omar Pace: problemi famigliari, lutti ma soprattutto un declassamento professionale. Strana la meritocrazia, in Italia, eh? Ora è stata aperta un’indagine e forse varrebbe la pena seguirla con attenzione. Credo.

5 numeri sulla pena di morte

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Il numero di prigionieri messi a morte nel 2015, afferma Amnesty, al netto dei dati cinesi: sono 573 in più rispetto al 2014 e il numero più alto registrato negli ultimi 26 anni.Tra i cinque paesi che hanno messo a morte più persone figurano, Cina (1000+), Iran (977), Pakistan (326), Arabia Saudita (158), Usa. Sono quindi ascrivibili a tre paesi, l’89% di tutte le esecuzioni registrate nel 2015.

Cresce comunque complessivamente il numero dei paesi che tornano a uccidere: in Ciad e Oman sono ripartite le esecuzioni dopo diversi anni senza morti. Stesso quadro per Bangladesh, India, Indonesia e Sudan del Sud, dove non c’erano state esecuzioni nel 2014.

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Il numero delle  persone condannate a morte nel 2015, in 61 paesi, secondo le rilevazioni di Amnesty. Un numero in calo rispetto agli anni precedenti e in particolare rispetto al 2014 ma su cui pesa anche una certa difficoltà di confermare i dati in alcuni paesi.

20.292
Alla fine del 2015, sono almeno 20.292 le persone detenute nei bracci della morte in tutto il mondo.

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I paesi diventati totalmente abolizionisti, a prescindere dai reati: sono FigiMadagascarRepubblica del Congo e Suriname, afferma il report. Si attestano quindi tra i paesi completamente abolizionisti, che ormai sono 102.

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il numero delle esecuzioni negli Stati Uniti: è in ribasso rispetto agli anni precedenti e calano anche le nuove condanne che si attestano a 52, il numero più basso dal 1977. Texas (13), Missouri (6), Georgia (5), Florida (2), Oklahoma (1), Virginia (1) sono i paesi in cui sono andate in scena le esecuzioni. Dei 35 stati appartenenti all’Organizzazione degli stati americani, solo gli Stati Uniti d’America hanno eseguito condanne a morte.

(fonte)

Ma su Formigoni nessuno ha niente da dire?

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È nella maggioranza di governo, ha i suoi uomini come pilastro fondamentale della giunta in Lombardia di Roberto Maroni e dal processo a suo carico esce un profilo sempre più preoccupante:

«Chiesti nove anni di reclusione per Roberto Formigoni. “Capo di un gruppo criminale” – secondo l’accusa – e al centro di “fatti gravissimi di corruzione sistemica durata dieci anni”, nei quali sono stati “sperperati 70 milioni di denaro pubblico, con due enti al tracollo, la Maugeri e il San Raffaele“. E beneficiario – sempre secondo la ricostruzione dei magistrati – di “circa otto milioni di euro in benefit di lusso” arrivati dalle tasche degli imprenditori Daccò e Simone in cambio di rimborsi indebiti. “Quello del pubblico ministero è un teorema fantascientifico, una vera fiction senza alcun riferimento alla realtà e senza alcuna prova”, ha commentato a caldo il senatore di Ncd.»

Ma nessuno ha niente da dire? Sul serio?