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Giulio Cavalli

«Non si uccidono perché ci sono abbastanza soldi»

“A Roma non ci sono i morti ammazzati perché qui ci sono soldi per tutti e non c’è bisogno di uccidersi”. Così il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nel corso della presentazione del quarto rapporto dell’osservatorio Luiss sulla legalità dell’economia. Parlando della situazione nella capitale, Pignatone ha sottolineato che “il rapporto è un’ulteriore dimostrazione che la mafia a Roma c’è, ma ha caratteristiche particolari e diverse dalle altre”. “Più che di mafia a Roma si deve parlare di mafie – ha aggiunto il procuratore – la capitale ha un’estensione territoriale troppo grande per essere controllata da un solo clan, e i soldi che girano sono molti, abbastanza per tutti e abbastanza per evitare le stragi che invece hanno caratterizzato le mafie del sud”.

Le parole di Pignatone però non valgono solo per Roma. O no?

Di cosa avere paura. Questo è il punto.

paura

Ogni tanto mi accorgo di essermi abituato alla paura. Non è un’abitudine figlia di eroismo, tutt’altro: qualcosa che assomiglia a un’impermeabilizzazione, il chiudere tutti i pori perché non ci entri polvere malata. Una cosa così. È che poi, a vivere con i pori stretti, ti accorgi di avere anestetizzato un po’ tutti i sensi; e succede a tutti nella vita di provare a liofilizzare la testa e il cuore per legittima (ma eccessiva) difesa.

Dopo un trauma, che sia delusione o paura, si finisce per soffiarsi intorno, farsi bolla, e alla fine ti dimentichi davvero di cosa avevi paura, cosa ti aveva fatto male. Ecco, stasera, a provare a cercarmi la paura tra i capelli, prenderla per una zampa e guardarla dopo così tanti anni mi accorgo che non ha più quasi niente della paura di dieci anni fa. Non sembra nemmeno parente. Non le somiglia nemmeno. Perché lì dove prima spaventava il criminale oggi ho più un senso di nausea (spaventata) per il corrotto, piuttosto del corruttore. Perché per comodità e omologazione questa divisione di buoni nettamente buoni e cattivi naturalmente cattivi continuiamo a piantumare la steppa grigia dove crescono i pericolosi per davvero: gli esecutori di una mafia che è banalizzazione dell’etica, asciugamento della linfa sociale, professionisti del cedere alla posizione dominante.

Riconoscere la paura quindi senza confonderla con i suoi sfaccettati effetti: la disperazione, il pessimismo, l’esaurirsi, il piegarsi su se stessi, l’aspettare solo come tempo e senza più speranza, il progettare a brevissimo raggio. Tutti effetti. Perché la radice di tutto, quella, invece, non riusciamo nemmeno più a vederla. Ecco: ho paura di abituarmi alla paura come se fosse un undicesimo dito, uno stato naturale. Quello no. Abituarsi alla paura no. Davvero. No. La paura della paura, potendo, non concediamola a nessuno.

“Bisogna andare a votare. Solo così si è buoni cittadini”

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Al referendum sulle trivelle “si deve votare: ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini. Fa parte della carta d’identità del buon cittadino“.

Lo ha detto il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, interpellato nella conferenza stampa dopo la relazione annuale. Ma sarà un gufo anche lui. Sicuro.

Aborto: l’Europa ci riporta sulla terra

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Il diritto delle donne ad abortire in Italia non è completamente garantito e i medici non obiettori sono discriminati. Il Consiglio d’Europa ha accolto un ricorso della Cgil per la mancata applicazione della norma che tutela la possibilità di interrompere la gravidanza. Per l’organizzazione europea le donne nel nostro Paese continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi, nonostante quanto previsto dalla Legge 194. Per il Consiglio d’Europa inoltre, l’Italia discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l’obiezione di coscienza. E sostiene che questi sanitari sono vittime di “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti”. E’ la seconda volta che il comitato arriva alla conclusione che l’Italia non sta rispettando quanto stabilito dalla Legge 194.

A rendere problematico l’accesso all’aborto per le donne, secondoStrasburgo, sono tra l’altro una diminuzionesul territorio nazionale del numero di strutture dove si può abortire e la mancata sostituzionedel personale medico che garantisce il servizio quando un operatore è malato, in vacanza o va in pensione. A individuare i problemi è stato il comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa. Il comitato ha rilevato che le strutture sanitarie “non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all’obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate”.

(l’articolo è qui)

Fat Negga e come diventare improvvisamente straniero

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Essere stranieri non è uno scherzo. Nonostante i Salvini di turno o i lepenismi di ritorno, essere stranieri significa tra le altre cose essere estranei ad un’architettura di diritti e di servizi che garantisce le esistenze e dovrebbe assicurare un livello minimo di dignità. È difficile pensare a uno straniero in un mondo che vorrebbe far finta di essere globale, eppure poi capita di incrociare storie che sembrano uscite da un (brutto) film. La vicenda di Luca Neves mi è stata raccontata su Facebook con un messaggio breve arrivato in posta: «Luca Neves è stato a Capo Verde una sola volta, da bambino, in vacanza con i genitori. Ora l’Italia vorrebbe mandarcelo a tempo indeterminato, per fargli scontare su un’isola nell’Atlantico un ignobile esilio da figlio non riconosciuto» mi hanno scritto e letta così, su due piedi, mi sembrava un cortocircuito da teatro dell’assurdo. Invece Luca me l’ha raccontata, la storia è vera e credo valga la pena raccontarla anche a voi.
È nato in Italia 28 anni fa, ospedale Regina Elena, periferia romana, è cresciuto in Italia. Parla italiano, ovviamente, e mastica l’inglese. Da bambino Trigoria era casa sua perché Luca, come tanti come lui, sognava di giocare nella Roma e nella Roma ci ha giocato per davvero: il padre lavorava in un maneggio proprio a Trigoria e lui indossava la maglia della squadra giallorossa nei pulcini. «Tutti i giorni incrociavo i campioni: Totti, Aldair. È successo anche che De Rossi accompagnasse a casa me e mia madre, quando avevamo troppe borse della spesa». I genitori di David sono di Capo Verde, in Italia da una vita (regolari) hanno sempre lavorato perché quel figlio potesse avere tutto ciò che gli servisse. Luca ha frequentato l’asilo, le scuole fino all’Istituto alberghiero: «Pensa – mi dice – che io a Capoverde ci sono stato una volta nella vita per una vacanza. Conosco la lingua ascoltandola dai miei genitori ma la parlo con un accento italianissimo. Lì sarei un immigrato».

L’articolo è sul numero di Left in edicola da oggi. Oppure potete acquistare la vostra copia digitale qui.