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Giulio Cavalli

È il tempo in cui si trivellano le isole Tremiti

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La bellezza è il nuovo brand. Forse perché l’antimafia ormai è caduta in disgrazia per merito di antimafiosi più mafiosi dei mafiosi stessi ma oggi parlare di “bellezza”, “difesa della bellezza” o “cultura della bellezza” è il nuovo trend per rivitalizzare la politica. Si sprecano così le citazioni su Peppino Impastato (che si spaccherebbe la testa a vedere da chi viene menzionato) oppure qualsiasi altro nome che si avvicini al culto del bello quasi sacro. Non è un caso che durante Expo la mercificazione della bellezza (presunta, idolatrata, preconfezionata) abbia superato la proposta di contenuti. Oggi il bello è etico, moderno e soprattutto facile da capire e far capire.

E mentre di bellezza si parla dappertutto diventa esecutiva l’autorizzazione per trivellare le isole Tremiti:

Il 22 dicembre il ministero dello Sviluppo economico ha firmato il decreto di conferimento della concessione alla Petrolceltic Italia srl, che fa capo all’irlandese Petroceltic International, specializzata nell’esplorazione, estrazione e trasporto nel settore oil & gas. Dai documenti che Repubblica ha ricevuto in anteprima, l’area interessata ha un’ampiezza di circa 373 chilometri quadrati ed è stata concessa alla multinazionale per quattro anni a 1.900 euro l’anno (5,16 euro per chilometro quadrato).

(In foto l’opera di Elisa Ferrari “L‘inutile bellezza dell’arte“)

I numeri

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Così, per vedere quanto diventiamo verbosi invecchiando, i numeri di questo piccolo blog:

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Ti stimo ma per favore esci dal retro

165458284-87914d3d-d88a-4625-a5f5-311f3b592a5fFa discutere la reazione di alcuni genitori milanesi spaventati dalla vicenda umana di Gianluca Maria Calì, l’imprenditore siciliano che ha alzato la voce contro la mafia rifiutando il meccanismo perverso del pizzo e finito sotto protezione come spesso succede in questa Italia dove costa tantissimo essere giusti.

Conosco Gianluca e la sua storia e conosco Milano troppo bene per non dispiacermi di una situazione che nuoce a tutti ma che ha colpe molto più in alto: da una parte Gianluca subisce l’onta di essere considerato ammirevole ma soprattutto pericoloso come se rimanesse sotto traccia un giudizio di dissennatezza per quello che ha fatto piuttosto che di gratitudine: dall’altra parte ci sono i genitori che vivono l’ansia di una paura dovuta all’analfabetismo di un città che dimostra ancora una volta di avere tanto, troppo, da imparare.

Del resto lo stesso Calì dichiara di essersi trasferito con la famiglia a Milano per evitare “comportamenti di questo tipo” mentre c’è gente che da Milano è fuggita per lo stesso motivo.

Perché spero che siamo tutti d’accordo che l’analfabetismo sociale (e affettivo) intorno ai testimoni di giustizia (e in generale ai “giusti” che abbiano preso posizioni forti) sia un dovere della politica. Della politica. Della politica. Della politica. Tutta.

 

Un regalo (se vi pare): la lettura del primo capitolo di ‘Mio padre in una scatola da scarpe’

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Come promesso, ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ diventa podcast con la lettura a voce alta. Ha qualcosa di magico, la lettura di un libro, perché mi tiene in bilico tra i miei diversi lavori, tra la scrittura e il palco, e per questo ci tengo moltissimo. Quindi pian piano aggiungeremo tutti i capitoli, un cammino svolto insieme, una compagnia prima di dormire.
Il podcast è anche facilmente scaricabile da iTunes qui (oppure abbonarvi via mail qui). Ma tra qualche giorno vi racconto anche come le portiamo sul palco. Restiamo in contatto. Buon ascolto.

Quelli che usano la ‘notte di Colonia’ per allungare gli orli delle gonne

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Quello che è accaduto a Colonia è il segno dell’inadeguatezza delle forze di polizia e della politica che le amministra: i primi a finire in manette per le aggressioni alle donne tedesche sono ragazzi di una gang sulla quale da un anno e mezzo è aperto un fascicolo di indagine. E del resto anche i responsabili degli attentati in Francia dell’ultimo anno non erano degli immacolati cittadini sconosciuti agli inquirenti: erano tutti ben noti, segnalati e controllati. Quindi, perfavore, non venite a fare per l’ennesima volta a noi donne la paternale veteromaschilista dell’allunga l’orlo e gira a occhi bassi. Perché noi gli orli li accorciamo e allunghiamo un po’ come ci pare e gli occhi li usiamo per guardarci intorno e scoprire il mondo. Perché non è riducendo le nostre libertà che vivremo più sicure a casa nostra. È educando al rispetto e punendo chi non ce lo porta che la nostra società potrà compiere un saltello oltre la fossa in cui pare essere di nuovo crollata. È educando gli uomini (chiunque essi siano, qualunque dio preghino, qualunque lingua parlino) che si salvano le donne.

Da leggere il post di Deborah Dirani qui. Oltre alle solite chiacchiere.

Vi ricordate la poesia di Renzi quando parlava di asili? Ecco: ora li vende.

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Ecco, a Roma il Commissario Tronca li vende, gli asili. Giuro:

Il commissario Tronca vende gli asili. Il Campidoglio pensa di cedere asili nido e scuole dell’infanzia perché impossibilitato a gestirli: il piano per l’alienzazione si trova nel Documento Unico di Programmazione (DUP) 2016-2018 dell’amministrazione comunale, ovveronelle linee guida che il prefetto mandato da Renzi e Alfano a gestire la città dopo la defenestrazione di Ignazio Marino da parte del PD ha vergato di suo pugno per il futuro dell’ente. Francesco Paolo Tronca ha intenzione di cedere le materne allo Stato e di affidare i nidi ai privati a causa del bilancio, che porterà nel 2016 ancora a tagli alla spesa corrente. E non può non tornare in mente quando Matteo Renzi spiegava che una delle priorità del governo era investire negli asili.

Nel documento si spiega come in alcuni municipi (III, VI, X, XII e XV) ci sono ancora liste d’attesa lunghissime per l’accesso alle scuole d’infanzia nonostante in città la popolazione di bambini dai 3 ai 6 anni diminuisca al ritmo di 500mila unità all’anno.  «Per l’attivazione e la gestione di 90 nuove sezioni a tempo pieno, necessarie per accogliere i bambini attualmente in lista d’attesa – si legge secondo il Messaggero – sono necessari ulteriori fondi per un importo pari a 12.375.000 euro l’anno». E vista l’impossibilità «di reperire le risorse necessarie, sia economiche che umane, si propone di avviare, come sta già avvenendo in alcuni grandi Comuni, una progressiva“statalizzazione”della scuola dell’infanzia». Già quest’anno,quindi,«potrebbe essere attuata una prima cessione di quelle sezioni di scuola dell’infanzia comunale che insistono negli istituti comprensivi statali con sezioni di scuola dell’infanzia proprie». Il processo,graduale, dovrebbe portare infine alla «cessione totale delle scuole dell’infanzia capitoline in favore dello Stato». Attualmente i 206 asili comunali ospitano 13254 iscritti, mentre le 191 strutture private convenzionate ne gestiscono 7628. 

L’articolo è qui.

Questa era la promessa di Renzi:

«L’Italia combina attualmente due primati negativi: una bassissimo tasso di natalità e, al tempo stesso, un bassissimo tasso di occupazione femminile. In più, i test internazionali ci dicono che, da noi, lo sviluppo cognitivo dei bambini è più condizionato che altrove dalle origini familiari. In Italia, solo il 12 per cento dei bambini sotto i tre anni ha accesso a un nido pubblico, in un’età che tutti gli studi confermano essere la più importante di tutte per l’investimento in capitale umano. Ecco perché proponiamo di passare dal 12 al 40% di copertura creando 450.000 nuovi posti. Il costo stimato sarebbe di 3 miliardi l’anno di spese correnti. Elevato ma sostenibile in una manovra complessiva da 75-90 miliardi come quella che proponiamo. Il costo di investimenti (spesa in conto capitale) di 13 miliardi è anch’esso sostenibile se ripartito su 5 anni».

qui)