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Giulio Cavalli

L’agenda rossa? Un delirio della figlia di Borsellino

Parole e opere di Arnaldo La Barbera, nel bel pezzo di Giuseppe Pipitone::

La borsa che custodiva quell’agenda rossa finì ovviamente agli atti degli inquirenti subito dopo la strage che massacrò Borsellino e gli uomini della scorta. “Dopo la strage – ha spiegato Lucia – la borsa ci venne riconsegnata dal questore Arnaldo La Barbera, ma mancava l’agenda rossa. Mi lamentai subito della mancanza di quell’agenda rossa. Ho avuto una reazione scomposta. Me ne andai sbattendo la porta. Chiesi con vigore che fine avesse fatto la borsa e La Barbera, rivolgendosi a mia madre, le disse che probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologico perché era particolarmente provata. Mi fu detto che deliravo. La Barbera escludeva che l’agenda fosse nella borsa”. Sulla scomparsa del diario di Borsellino è già stato celebrato a Caltanissetta un processo (concluso con l’assoluzione) a Giovanni Arcangioli, il carabiniere immortalato pochi attimi dopo la strage mentre si muove in via d’Amelio con in mano la borsa del giudice.

PPP

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Alcuni anni dopo, da adolescente, ti ho ritrovato in una libreria del centro. Stavo marinando la scuola per evitare una interrogazione. Spulciando nel sempre magro scaffale della poesia di ogni libreria italiana mi si presentò una edizione economica delle Ceneri di Gramsci. Conservo ancora quel volume con affetto. Fu il primo di una lunga serie. Negli anni c’è sempre stato qualche poeta che ha cercato di convincermi che fossi migliore come regista. E registi che ti apprezzavano di più come narratore. E narratori che preferivano la tua opera di polemista. E così via, in un circolo vizioso di rabbiosi specialisti intenti a marcare il proprio territorio, sistematicamente invaso da te, eretico viandante che transumavi fra le discipline, indifferente alle regole. Spesso inventandotele strada facendo. Era questa vitalità irrequieta, in fondo, che ho sempre amato di te. Quella che fin da ragazzo mi ha catturato, senza remore. Il tuo coraggio bambino, incosciente, il tuo sporgerti sull’abisso. Oggi che tutti ti lodano e di te hanno fatto un santino inviolabile, oggi che sei un’icona persino per quella destra becera che tanto ti ha attaccato in vita, oggi anche i miei “colleghi” coetanei del piccolo mondo culturale nazionale – geneticamente, per casta, di sinistra – hanno dimenticato, o forse fingono per convenienza, quanto i loro padri nobili ti odiassero.

(Gianni Biondillo su Pasolini, qui.)

Una riflessione su Roma

colosseo

Ma se abbassiamo il volume ai toni da melodramma di questa opera disastrosa, possiamo ricavarne qualche dato. Per farlo dobbiamo puntare la lente sulle questioni che la contraddittoria esperienza di Marino ha lasciato sullo sfondo: ossia quali sono le condizioni di Roma, che città è, quali sono i suoi bisogni – al di là delle “strade e i giardini da sistemare”, come scriveva con un tono davvero stucchevole qualche giorno fa sull’Unità Matteo Renzi.

Da leggere oggi Raimo su Internazionale.

La confusione tra nazione, Stato e governo

In un bellissimo post su minima & moralia Luiz Ruffato (scrittore brasiliano non gradito al suo governo) descrive il cortocircuito del potere brasiliano:

Un’altra conseguenza, si potrebbe aggiungere, è la continua confusione tra nazione, Stato e governo, come se il governo (ogni governo) si senta in ultima istanza promanazione diretta dello Stato e strenuo difensore dell’idea (immaginaria) di nazione.

Ecco, forse sarebbe da ripensare anche qui. Forse.

Quando scappa una foto

#vetrinemilanesi #miopadreinunascatoladascarpe Libreria Mondadori, piazza Duomo, Milano. In piedi. via Instagram http://ift.tt/1jsUcgN