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Giulio Cavalli

“A Milano le primarie non sono scontate” dice la Serracchiani. Ma nemmeno il PD.

pisapia-renzi-400x241L’ho vissuto sulla mia pelle: Milano è la rappresentazione plastica di come esista una realtà territoriale molto diversa da quella nazionale. Ma non può più essere una scusa. La vittoria di Pisapia non ha nulla a che vedere con il PD che era (nel pieno dell’era Bersani) e tanto meno con quello di adesso (sono diventati tutti renziani quelli che ci si aspettava diventassero renziani e hanno pensato a governare invece tutti gli altri) e il PD milanese (e lombardo) è stato (troppo) spesso un ostacolo piuttosto che un alleato. Il PD non ha mai sopportato Pisapia né prima né adesso.

Quindi: la Renzi e la sua banda (oggi è la Serracchiani ma fa lo stesso) sanno che le primarie come già successo con Pisapia sarebbero un inutile fallimento come lo sono state anche le finte primarie di Ambrosoli per la Regione Lombardia, del resto ,un “patto civico” che i democratici hanno fin da subito letto come un “dentro tutti”.

E quindi non stupisce la stupida uscita della Serrachiani in cui dice che “le primarie a Milano non sono scontate”. Ma nemmeno il PD, lo è. E che sia la volta buona.

Quella gamba trovata nel fiume di Roma e una sparatoria di qualche settimana prima

gabriele-di-ponto--300x225Mi sto occupando, da qualche giorno, della vicenda di Gabriele Di Ponto, il cui piede (avrete letto) è stato ritrovato qualche settimana fa nel fiume Aniene a Roma. Un omicidio (per ora ufficialmente “una sparizione”) che ha alcuni tratti caratteristici molto diversi dal solito regolamento di conti che ci si potrebbe aspettare tra semplici spacciatori. Credo che, se davvero si riuscirà ad andare a fondo alla vicenda, alla fine sentiremo parlare di quella criminalità organizzata (che non né quella dei Buzzi e tanto meno i Casamonica) che in tutto questo “ricco” dibattito sembra scomparsa e che trova come sempre la propria forza nello stare sotto traccia. Ne ho scritto qui.

I funerali ai boss si possono evitare. Parla Gratteri.

In questi giorni si legge di tutto e il contrario di tutto. Normale, forse, in un Paese in cui la strumentalizzazione in cerca della polemica falcia le analisi, la memoria e ogni tanto anche la verità. Tra le difese più patetiche di questi ultimi giorni vedo che ha preso molto piede chi dice che “i funerali non si possono vietare”. Falso.

A proposito vale la pena riprendere ciò che ha dichiarato a RaiNews il magistrato Nicola Gratteri:

«Quando si ritiene che una famiglia sia mafiosa viene monitorata e si deve sapere quello che si sta organizzando. Noi in Calabria si decide, per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, di vietare i funerali».

Appunto.

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Tornare a Milano Con “L’amico degli eroi”. Al Teatro Cooperativa.

20150507_Amico_Degli_EroiCon tutti questi ultimi giorni dedicati all’uscita del mio romanzo e alla stesura del volume su Dell’Utri mi sono dimenticato di dirvi che torno a Milano, con L’amico degli eroi per la stagione 2015/2016.

Tornare a Milano per me significa anche avere l’occasione di riabbracciare Renato Sarti e il Teatro della Cooperativa che, in questi anni, mi ha sempre tenuto per mano. Per questo penso che sarà una settimana in cui ci toglieremo tutti delle soddisfazioni, compresi i tanti coproduttori che hanno reso possibile la messa in scena.

Per tutte le informazioni vi basta andare qui.

‘Ndrangheta, i De Stefano tornano a piede libero

di AMDuemila – 24 agosto 2015
de-stefano-giuseppe-collageCi sono Orazio, Giovanni e Paolo Rosario, tra meno di due anni toccherà anche a Carmine. Sono i membri della famiglia De Stefano (si legge sulle colonne de L’Espresso) che hanno scontato o sconteranno a breve le rispettive condanne. Giuseppe De Stefano, attualmente dietro le sbarre e figlio del noto capobastone, il defunto don Paolino De Stefano, è insieme ai suoi fratelli principale capo indiscusso della ‘ndrangheta. Ma gli altri pilastri di famiglia che torneranno in libertà non sono certo da meno: Carmine de Stefano, 47 anni e fratello maggiore di Giuseppe (in foto), è tornato in carcere lo scorso febbraio (a causa del ripristino di una precedente carcerazione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti) per alcuni delitti commessi tra la Calabria e Milano (tra la seconda metà degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta) insieme a Giuseppe ed al suocero Franco Coco Trovato, referente della cosca in terra lombarda. La prima moglie di Carmine è Giusy Coco Trovato, figlia di Franco, che i due fratelli avevano condannato a un colpo in testa e una sepoltura nello Stretto per aver confessato di essere in realtà innamorata di Giuseppe, e non di Carmine De Stefano. Un segreto che divenne di dominio pubblico nel momento in cui la donna fece leggere il proprio diario a Vincenzino Zappia, uno dei luogotenenti del clan ‘ndranghetista. La condanna sfumò solo grazie all’intercessione di Coco Trovato, intervenuto in difesa della figlia.
Orazio De Stefano, zio di Giuseppe, latitante dal 1988 e catturato 16 anni dopo, dopo la morte del fratello Paolo (ucciso in un agguato nel 1985) si era messo a capo della cosca. Proprio l’assassinio di don Paolino aveva dato il via alla guerra di mafia che a Reggio Calabria aveva mietuto fino al ’91 centinaia di vittime tra i clan, compresi due fratelli De Stefano, Giorgio e Giovanni. Orazio era stato scoperto in un appartamento di lusso presso Parco Caserta, un complesso residenziale del capoluogo reggino. Nel momento del suo arresto, eseguito alla squadra mobile di Reggio Calabria, diretta da Salvatore Arena, il boss invece di opporre resistenza si era limitato a dire, stringendo la mano ad Arena: “Sono Orazio De Stefano, sono onorato di fare la vostra conoscenza. State tranquilli, non sono armato. Datemi il tempo di fare le valigie e sono a vostra completa disposizione. Oggi si chiude la lunga parentesi della mia latitanza”. Il boss che era entrato nella “top five” dei latitanti più pericolosi d’Italia è già nuovamente a piede libero. A ottobre, invece, sarà la volta di Paolo Rosario De Stefano, cugino di Giuseppe, arrestato nel 2009 nel suo rifugio di Sant’Alessio Siculo, una villetta vicino al mare a pochi chilometri da Taormina. Per Giuseppe De Stefano, 47 anni, c’è ancora una lunga condanna da scontare (nel 2003 è stato condannato a 18 anni per traffico di droga e a 30 per associazione mafiosa) ma la sua forza e il suo prestigio si stanno via via fortificando: proprio in carcere, a Reggio, il boss ha ricevuto il rango di “Crimine”, il vertice della ‘ndrangheta del quale fanno parte le più importanti famiglie ‘ndranghetiste tra cui, oltre a i De Stefano, i Condello, i Libri e i Tegano. Ma sono i primi, in particolare, ad aver fatto della ‘ndrangheta una vera e propria holding criminale con entrature nell’alta politica e finanza, oltre a vantare una forza economica senza eguali grazie soprattutto ai proventi del traffico di droga, di cui è la mafia calabrese a detenere la quasi totalità del monopolio nel mondo occidentale. Dagli anni della guerra di mafia, a quelli della strategia della tensione, al golpe Borghese, i De Stefano hanno curato canali privilegiati con gli ambienti della massoneria e dei servizi segreti, e tuttavia mantenendo quel basso profilo che ha consentito loro di accedere ai piani più alti.
Emblematici, in questo senso, i legami stabiliti a Milano, una sorta di associazione criminale segreta che avrebbe creato “rapporti criminogeni per milioni di euro creando utili sotto forma di crediti d’imposta per riciclare i soldi sporchi”. Tra le società coinvolte (secondo quanto era stato scoperto durante il blitz scattato nel 2013) la Ficantieri e la multinazionale Siam, la quale vantava contatti preferenziali ai vertici della regione lombarda, con Roberto Formigoni, con Giuseppe Scopelliti invece per la Calabria. Tra gli organizzatori ci sarebbe stato anche Bruno Mafrici, nominato consulente del ministero della Semplificazione da Belsito, che ne era sottosegretario, così da permettere di accedere a bandi e investimenti statali. Mafrici avrebbe curato anche i rapporti con i politici calabresi, tra cui proprio Scopelliti. Secondo il collaboratore di giustizia Nino Fiume, avrebbe inoltre frequentato casa De Stefano a metà degi anni ’90, stringendo legami anche con politici del Nord, come il leghista Francesco Belsito. Voti e consenso, ciò su cui hanno puntato i De Stefano, ma anche colossali investimenti, in Italia come all’estero, nei paradisi fiscali che sono vere e proprie lavatrici di denaro sporco, individuando soggetti esterni all’organizzazione criminale in grado di gestirne il patrimonio. Una linea che ha avuto inizio già dagli anni ’70 con gli storici capibastone, Paolo e Giorgio De Stefano, e che ha permesso alla ‘ndrangheta di avere numerose entrature negli ambienti politici, istituzionali ed economici a livello mondiale.

Se il racconto è un liquido

CAVALLIQuando sono capitato a Mondragone per incontrare Angela, la figlia di Michele Landa, ricordo prima di tutto il resto il caldo. Un caldo fisico, materiale, appiccicato addosso come una bava. Ci sono posti e giorni in cui il caldo è una pioggia al contrario che esce dall’asfalto e ti si arrampica addosso come un’edera.

Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua, io che la storia l’avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, ora però che la ascoltavo in diretta, così, al tavolo come quando ci si siede al tavolo con gli assicuratori, ho avuto la sensazione che colasse. Non c’era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore.

Ecco, forse questo libro è la pinta di quella storia. Che vi giuro aveva già tutti i sapori. Così.

In libreria dal 17 settembre. Poi caracollando in giro per l’Italia, con me.

A Rimini va in scena il Medioevo: secondo CL i gay si ammalano di più

NEWS_133832Al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, Padre Giorgio Carbone cita uno studio secondo cui le coppie gay sia ammalerebbero molto più facilmente delle coppie eterosessuali. E, dopo di lui, il dottor Pucciti ci avvisa che un matrimonio tra gay al massimo può essere un “amplessonio” di dita infilate dentro le orecchie. Ma il Governo Renzi (che quest’anno a Rimini è presente in pompa magna) non ha nulla da ridire?

Ne ho scritto qui.

Civiltà

Abbiamo imparato a volare come gli uccelli e a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato la semplice arte di vivere come fratelli.

(Martin Luther King, Discorso per Premio Nobel, Oslo, 1964)

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