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Giulio Cavalli

#Left cosa ci abbiamo messo dentro questa settimana (oltre al cuore)

Ho la fortuna di raccontare storie e ne sento la responsabilità. Sempre. Nel numero di #Left che trovate in edicola da oggi ho avuto la fortuna di raccontare il mio viaggio sulle rotte dei migranti che transitano (ripeto: transitano) dall’Italia per cercare le vie verso il nord. Sono stato con loro dal treno notte da Roma Termini fino a Bolzano, Brennero e poi più su. Sono curioso di sapere cosa ne pensate.

Il resto è tutto qui.

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Respingimenti, la lezione dei ferrovieri francesi: in certi casi la disobbedienza è un dovere

(Il testo di una nobile lettera, contro i respingimenti dei rifugiati alla frontiera con l’Italia, del principale sindacato dei ferrovieri francesi, scelta e tradotta da Maria Cristina Gibelli).
Il principale sindacato dei ferrovieri francesi si ribella alla politica di respingimento dei rifugiati in atto alla frontiera con l’Italia e scrive una lettera al Presidente della SNCF (l’azienda nazionale delle ferrovie francesi), ricordando a lui, e quindi anche a Hollande e al ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, che fra il 1942 e il 1944, durante il governo di Vichy, 76.000 ebrei francesi furono deportati nei campi di sterminio nazisti utilizzando i treni merci delle ferrovie dello stato; e ricordando altresì che molti furono gli episodi di eroismo dei ferrovieri in difesa dei deportati. Ieri si era costretti a viaggiare verso la morte, oggi si impedisce di viaggiare verso la vita (m.c.g.).

Signor Presidente,

la Federazione CGT dei ferrovieri le ha scritto per esprimere la sua ira quando lei è andato a presentare le sue scuse negli Stati Uniti presso le lobby americane a proposito del ruolo giocato dalle ferrovie francesi durante la seconda guerra mondiale. Abbiamo detto che certamente la SNCF ha partecipato al trasporto dei deportati verso i campi di concentramento per ordine del governo di Vichy, ma sarebbe stato opportuno ricordare anche quanti ferrovieri, in maggioranza militanti della CGT, sono stati uccisi, feriti o internati per aver opposto resistenza.

Il governo francese si è impegnato per un rimborso rilevante (a priori, 60 milioni di euro) nei confronti dei deportati ebrei, o dei loro discendenti residenti negli Stati Uniti. Fino ad allora, la direzione della Ferrovie dello stato si era difesa sulla base del principio della requisizione obbligatoria imposta dallo Stato francese in quel periodo oscuro della nostra storia. Ma non dimentichiamoci che dei ferrovieri sono stati mandati a morte per aver rifiutato di obbedire, altri hanno svolto questo ignobile compito sotto la minaccia delle armi, altri ancora hanno organizzato l’evasione dei deportati a rischio della loro vita e hanno ottenuto la qualifica di “Giusti”.

Oggi si stanno costituendo delle associazioni per portare aiuto ai migranti che arrivano dall’Africa o dal Medio Oriente. E anche in queste organizzazioni sono impegnati dei ferrovieri per lo più aderenti alla CGT.  Queste donne, questi bambini, questi uomini, spesso giovani, fuggono la guerra, la carestia e la morte; vanno in esilio perché braccati in quanto oppositori politici di dittature.

Sappiamo tutti che la situazione catastrofica dalla quale fuggono i migranti ha la sua origine nel capitalismo mondializzato e nella avidità delle grandi multinazionali. Sappiamo tutti che le potenze economiche del “mondo dei ricchi”, per lo più occidentali, obbediscono ciecamente alle imprese transnazionali che commerciano con dittatori e oppressori. Anche la stessa SNCF non firma forse contratti con alcune monarchie del Golfo o con lo Stato di Israele malgrado la sorte che esso riserva al popolo palestinese violando le convenzioni dell’ONU?

Ecco perché, e con estrema urgenza, occorre accogliere questi migranti, garantire loro sicurezza, cura e asilo in Europa; perché anche noi francesi abbiamo delle responsabilità nei confronti della politica internazionale portata avanti dal nostro governo e da alcune imprese nazionali.

Contemporaneamente, apprendiamo che la stazione ferroviaria di Menton Garavan, alla frontiera italiana, funziona come un “parco dei migranti” controllato dalle forze dell’ordine, per organizzare il respingimento di questi poveretti. Apprendiamo che i dirigenti locali della SNCF si nascondono dietro le ordinanze della prefettura per mettere questo luogo sotto il controllo della polizia, tutto come 70 anni fa. Forse può apparire aneddotico, ma apprendiamo che queste persone sono in regola con la SNCF perché sono titolari di un biglietto ferroviario che non gli è neppure stato rimborsato, mentre il prezzo di un biglietto costituisce per loro un impegno enorme data la situazione di estrema precarietà.

Signor Presidente, fra qualche anno uno dei vostri successori andrà a presentare le sue scuse sul suolo africano? O il principio di requisizione verrà di nuovo utilizzato per coprire fatti ignobili? Vi poniamo solennemente questa domanda e vi chiediamo di porla ai signori Hollande, Valls e Cazeneuve, Fabius e Macron nei loro rispettivi ruoli.

Ci auguriamo che lei si ribelli e faccia rapidamente opposizione a queste procedure riprovevoli e che la nostra Società porti soccorso e assistenza ai migranti e dia loro il diritto di viaggiare, piuttosto che servire una politica europea e francese che non si assume le sue responsabilità e non trova risposte altro che la repressione e la chiusura delle frontiere.

In certi casi, la disobbedienza è un dovere.

L’immagine qui sotto rappresenta l’ingresso di bambini ebrei francesi ai vagoni piombati diretti verso i lager nazisti, in partenza dalle stazioni delle ferrovie francesi. Una storia che non si vorrebbe veder ripetere oggi, nel paese della Liberté, Egalité, Fraternité.
bambini ebrei e SNCF

Una buona notizia su libri e piccole librerie

the-abbey-bookshop-1Hanno stretto la cinghia. Messo in gioco la fantasia. Ribadito la passione per il mestiere. E oggi, mentre le catene librarie e la grande distribuzione piangono la diaspora dei lettori, le librerie indipendenti tirano un sospiro di sollievo: il peggio è passato.
L’ha certificato Nielsen per l’Associazione italiana editori: nei primi quattro mesi dell’anno le librerie indipendenti sono cresciute del 2,3 per cento per copie vendute e dell’1,9 per cento in valore. Una boccata di ossigeno che, al di là dei bilanci finali, una cosa ha reso ufficiale: la forza di un modello. Di una formula che, facendo leva più sulla qualità che sui grandi numeri, può vincere su più muscolosi modelli commerciali.
Una ragione di ottimismo, in un universo sensibile a intercettare i cambiamenti. Perché il piccolo libraio è «come uno skipper bravo su una barca», nota Romano Montroni, presidente del Centro per il libro e la lettura e responsabile didattica alla Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri: «L’uno sa cogliere anche il più piccolo vento. Con uno incapace la barca non si muove, anzi diventa pericolosa».

Di capitani bravi è piena la penisola: consanguinei della stessa passione, distribuiti in roccaforti dove i libri sono amati, curati, valorizzati. Spesso eredità di storie familiari in luoghi grondanti fascino.
«La competenza è la parola decisiva: quelli che hanno saputo tenere alta la qualità ormai ce l’hanno fatta», dice Montroni. «La crisi ha fatto chiarezza nei comportamenti dei consumatori e reso evidente che le strategie di marketing delle catene non pagano più. Standardizzate, senza librai veri, hanno finito per soccombere non appena il lettore occasionale ha smesso di comprare. I veri lettori, rimasti fedeli, sono persone che chiedono atmosfera piacevole e professionalità forti. Chi pensa che chiunque possa fare questo mestiere sbaglia». Identità. Competenza. Rapporto coi clienti. La morìa di librerie ha fatto emergere le carte per sopravvivere.

(fonte)

Buonismo, cattivismo e senso di colpa

Siccome di buoni e di buonismi ce ne stiamo occupando da un po’ mi sembra giusto segnalare l’intervento (brillante come sempre) di Luigi Manconi:

Un esempio solo: esiste in Europa un solo stratega militare o un polemologo o un ingegnere navale o, accontentiamoci, un marinaio che confermi l’utilità di “bombardare i barconi”, “attuare il blocco navale”, “affondare scafi e scafisti”? In altri termini, il crudelismo sociale e ideologico si rivela un’utopia regressiva e fosca (espellere i rom? Ma se, al 52 per cento, sono cittadini italiani!).

E, tuttavia, quel processo di torva regressione non si arresta. La vita sociale sembra involvere in una spirale avvitata su se stessa e in un progressivo accorciamento della misura dei rapporti di comunità: così che la “dimensione umana” si restringe vieppiù, fino a coincidere con quella del nucleo familiare.

Non è più solo la crisi dell’universalismo: è, piuttosto, la manifestazione ultima ed estrema di quella stessa crisi. E non è nemmeno più l’esaltazione della società liquida: in suo luogo, si delinea una società di “nicchie”, compartimentate e, nelle aspirazioni , autosufficienti e indipendenti.

Ne discende che non regge più alcuna solidarietà più lunga del perimetro della propria abitazione privata. Lo stesso localismo – metro politico di misura degli ultimi due decenni – risulta troppo “largo”: imporre una qualsivoglia integrazione comunitaria è un’impresa ardua da realizzare in un tempo di così acuta crisi sociale e di così esasperata frammentazione.

È in questo quadro che il senso di responsabilità – come reciproco farsi carico dell’altro – rovina. Io mi faccio carico di me stesso, dei miei cari e, al più, dei miei simili più simili. Il legame sociale, fondamento di ogni comunità organizzata, si riduce al vincolo familiare e, eventualmente, a quello di famiglia estesa e di parentela allargata.

La sequenza successiva è fatale: se non mi assumo responsabilità per quanti si trovano al di fuori di questa cerchia ristretta e saldamente presidiata, non proverò senso di colpa per la mancata assunzione di responsabilità. Tutto qui. La cancellazione del senso di colpa ha questa origine e segue questa dinamica.

L’articolo è qui.

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Stare sul pezzo. In che senso.

Sono per due giorni sulle rotte dei migranti attraverso l’Italia. Che attraversano l’Italia. Quegli stessi che ci dovrebbero invadere. E davvero ancora una volta credo che dobbiamo avere paura di ciò che crediamo vero e invece non lo è. Intanto confezioniamo il pezzo per il prossimo #LEFT. Dopo il Brennero domani sarò a Ventimiglia. L’Italia comunque è piena di umanità.

Buona serata.

 

Il re degli amministratori giudiziari è (sempre più) nudo

La storia esce dalla penna di Salvo Vitale:

Schermata del 2015-06-20 09:18:32Ricordate la favola dei fratelli Andsersen?: c’era una volta un re vanitoso, gli piaceva vestirsi bene e farsi ammirare. Un giorno arrivarono due imbroglioni che dissero di avere un meraviglioso tessuto che risultava invisibile solo per gli stolti. Confezionarono un vestito per il re con questa stoffa inesistente, ma nessuno, per non farsi dire che era uno stolto, osò dire al re che quel vestito non c’era. Neanche lo stesso re. Tutti fingevano e dicevano che il vestito inesistente era bellissimo. Quando il re attraversò la città, solo un bambino, nella sua innocenza, gridò : “Ma il re è nudo!!!” Ma il re continuò imperterrito la sua sfilata. Adesso abbiamo un altro re, il re degli amministratori giudiziari di Palermo, quello che ha amministrato immensi patrimoni di grandi mafiosi, come l’Immobiliare Strasburgo del mafioso Piazza o la Aedilia Venusta di Rizzacasa, o l’Hotel Ponte, dove la presenza del mafioso Sbeglia è stata sufficiente per fare scattare sequestri e confisca. Ma Cappellano è quello che avrebbe dovuto amministrare il tesoro di Ciancimino, nascosto nella discarica rumena di Klina. E invece si è trovato in una situazione in cui tra una società e l’altra la discarica è stata alla fine messa in vendita, acquistata da alcune persone, nei confronti delle quali il procuratore di Roma Pignatone ha emesso un mandato di cattura con l’accusa di riciclaggio. In realtà alcune di queste persone hanno dovuto scontare 10 mesi di carcere e sono state adesso messe ai domiciliari, malgrado l’imputazione non prevedesse l’arresto, essendo la pena prevista inferiore ai tre anni. La difesa di una di queste persone, il Valenti, è stata attualmente sostenuta da Antonio Ingroia.
Ieri Cappellano, alla vista di Pino Maniaci a Roma, in aula, è stato preso da una crisi di nervi, è uscito improvvisamente col cellulare all’orecchio, forse avrà chiesto consiglio a sua comare, è rientrato ed ha chiesto che l’udienza fosse riservata, a porte chiuse, poiché sostiene di avere ricevuto, dopo il servizio delle Iene, quattro lettere minatorie, pertanto è in ballo la sua tranquillità personale, e poiché ha sporto due querele, una alle Iene, una a Pino Maniaci. Singolare l’imputazione che avrebbe motivato la querela, ovvero di essere vittima del “fumus persecutionis”: il poveretto si sente perseguitato. E perciò non tranquillo. La corte ha chiesto di produrre agli atti queste querele e le lettere minatorie, o, come pare più probabile, una richiesta di correzione, ma Cappellano ha detto che la querela non è stata ancora scritta dal suo legale, perché voleva interessarsene di persona. Insomma la querela che non c’è per motivare l’allontanamento di Pino Maniaci che c’è. Aspettiamo con ansia questa querela, che finalmente sarebbe la prima presa di posizione dopo tutte le accuse che abbiamo giornalmente fatto. La corte uscita dall’aula per valutare la richiesta, è rientrata e l’ha respinta. Finalmente Cappellano ha potuto parlare e ha dichiarato che tra l’Italia e la Romania, a causa della discarica di Klina si stava creando, nientemeno che un incidente diplomatico, a causa di 100.000 euro che sarebbero stati offerti per la gara d’acquisto di una parte della discarica, da un rumeno che oggi, a suo dire, ricopre la carica di viceministro. E’ invece accertato che la firma sull’offerta dei 100.000 euro è quella di un lavavetri rumeno. L’udienza si è chiusa alle 16,30 perché Seminara doveva andare a prendere un aereo per tornare a Palermo e sentirsi più tranquillo, ma è stata aggiornata a mercoledì 24 giugno, mentre il controinterrogatorio inizierà il 16 luglio e Seminara dovrà dimostrare come ha fatto, nel giro di due ore, a procurarsi 100.000 euro, con il consenso del giudice che lo ha nominato. Insomma, a causa di un “omino coi baffi”, molto simile al bambino della favola, l’intoccabile re è stato spogliato dei suoi vestiti ed è rimasto quello che è ed è sempre stato, ovvero uno che ha fatto carriera grazie alle amicizie giuste nei punti giusti, specie nel ricco settore dell’amministrazione dei beni dei mafiosi. Ma nessuno sinora lo aveva detto, anche se tutti lo sapevano.

Qui dove la stuprata risarcisce lo stupratore

Deborah Dirani racconta una storia che svela la differenza tra la giustizia e i meccanismi della legge:

stuproLa realtà è molto più semplice delle opinioni: lui ha quasi 60 anni, non si chiama Humbert, lei appena 15 e non si chiama Dolores. Nabokov non abita in Romagna e gli abusi sessuali su un minore sono un reato. Lo riconosce anche il Tribunale che giudica colpevole l’insegnante e, al terzo grado di giudizio, lo condanna a 3 anni: in realtà in galera ci sta appena 3 mesi ma deve risarcire alla famiglia della sua amata ex studentessa 65mila euro.

Paga e stai zitto: hai schiantato una ragazzina che non riesce a vivere normalmente, che si arrampica alle pareti lisce della sua esistenza e scivola giù, sempre più giù ad ogni tentativo di risalire. 65mila euro sono niente a fronte del dolore che hai provocato. Sono un modo cinico che la giustizia ti concede per riparare al disastro, non sono risolutivi, ma sono simbolici: svuota i conti correnti e ripulisciti la coscienza. Ad avercela, una coscienza, perché il professore all’improvviso “si sarebbe spogliato dei propri beni pur di non pagare la provvisionale stabilita per i genitori della giovane“. Dalla sera alla mattina non avrebbe più avuto più un soldo bucato col quale risarcire la sua vittima.

E la giustizia resta immobile. A muoversi sono gli avvocati della ragazza che lo querelano per avere disatteso la disposizione del tribunale. Condannato a un anno e 6 mesi (e qui siamo al secondo grado di giudizio), il prof non paga, ancora. Così non rimane che provare con la giustizia civile alla quale fa appello la famiglia della ragazzina, che intanto sta crescendo con l’orrore nel cuore e l’angoscia nella mente. I giudici sono esseri umani, fallibili per carità, e probabilmente quello che ha sentenziato che non solo il professore non dovesse pagare un soldo, ma che a risarcirlo (per 40mila euro) dovesse essere la famiglia della sua vittima è un degno rappresentante della categoria.

Finisce così che a luglio dello scorso anno, all’indomani di questa farsesca disposizione che di giusto non ha niente e che, essendo stata emessa in sede civile diventa immediatamente esecutiva, la ragazzina, che ragazzina non è più, prenda un foglio e una penna e scriva un po’ di righe dove chiede scusa ai suoi genitori per averli costretti a indebitarsi. Lascia il foglio in camera sua, vicino a dove dondola ciò che resta di lei: un corpo mutilato da un uomo e da un giudice. Si è ammazzata perché si sentiva in colpa. Lei.

L’articolo completo è qui.

Il sesso costretto ha il Casco Blu (sotto la coperta delle “missioni di pace”)

Schermata del 2015-06-19 17:29:28(Intanto una piccola nota personale: comincia la mia collaborazione con Fanpage. Per chi avesse voglia di seguirmi mi trovate anche qui).

I nostri “portatori di pace” ed “esportatori di democrazia” hanno il pistolino facile oltre che la pistola. E la notizia (chissà perché) viene confinata tra le brevi o nel minuscolo spazio “dal mondo”. Eppure dentro c’è tutta la codardìa di una clinica attenzione ad igienizzare la “guerra” facendo in modo che non abbia la forma e l’odore della guerra. Eppure gli orrori ci sono tutti, tutti: tra le “prede” dei soldati tra l’altro non mancano nemmeno i bambini.

Il mio articolo lo potete leggere qui.