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Giulio Cavalli

Cara di Mineo: 8 domande ad Alfano e (per ora) nessuna risposta

Sono otto domande che potrebbero chiarire le responsabilità politiche, oltre che penali. Le pone De Angelis per HP qui:

1) Perché tra gli arresti di Mafia Capitale 1 e Mafia Capitale 2, non spiega che a Cara di Mineo è stato creato un sistema unico, sin dall’inizio, teso a garantire un sistema di potere? 2) Perché Alfano non spiega il perché il Viminale fa, per tramite della prefettura, una convenzione che porta ad aumentare le spese? 3) E perché Alfano non spiega come mai, dopo Mafia Capitale 1, e preso atto che Odevaine (arrestato) era componente della Commissione che ha aggiudicato la gara, non ha fatto alcun atto a Cara di Mineo, tipo ispezioni e controlli? 4) E perché il ministro dell’Interno resta silente dopo che Cantone dice che la gara è illegittima? 5) E perché non risponde alla lettera del 27 maggio di Cantone, che in sostanza chiede: che cosa ne pensa il ministro dell’Interno dell’appalto di Mineo per il quale Odevaine pretendeva mazzette di 10-20mila euro mensili, dai manager della Cascina grazie a una gara “illegittima”? 6) È possibile che al Viminale nessun funzionario lo avesse informato del ruolo di Odevaine? 7) Si sente di escludere quello che Odevaine dice nelle intercettazioni e cioè che il “sistema Castiglione” al Cara di Mineo serviva a finanziare il suo partito? 8) E sarebbe pronto a dire che, se fosse arrivato un solo euro direttamente o indirettamente al suo partito da “La Cascina” sarebbe pronto a dimettersi? È in queste domande, oltre che nella posizione processuale di Castiglione, la bomba sotto il governo: “Se salta Castiglione – ripetono i bel informati – salta Ncd e al Senato si balla. E soprattutto la valanga stavolta rischia di travolgere Alfano”.

La camorra dei giovani “Nuvoletta” parla in milanese

dire_13957988_18490Il Gico della Gdf di Milano, nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Dda milanese e trasmessa a quella di Napoli, ha arrestato a Pogliano Milanese Giovanni Nuvoletta. L’ esponente del noto clan camorristico, ora in carcere, è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, reimpiego di capitali illeciti e trasferimento fraudolento di valori. Reati, questi due, commessi in concorso con la moglie Annunziata, i figli, e due nipoti ora ai domicilIari a Baranzate, nel Milanese. I finanzieri hanno eseguito 10 arresti, 3 carcere e 7 ai domiciliari, e sequestrato beni per circa 13 milioni di euro. Tra i beni sequestrati in provincia di Milano, Napoli e Caserta, ci sono, oltre a conti correnti e immobili come un ristorante nel milanese, cavalli di razza e bufale impiegate nell’attività casearia.
Le ordinanze di custodia cautelare sono scattate per associazione a delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi, traffico internazionale, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro di provenienza illecita. Le attività investigative hanno consentito di ricostruire la storia criminale del camorrista esponente del clan Nuvoletta, nota famiglia del Napoletano, il quale dopo aver operato per anni nel settore del traffico internazionale di stupefacenti, ha trasferito famiglia e interessi economici a Milano, dove ha reinvestito i grossi capitali illeciti accumulati in diverse attività imprenditoriali nel settore della ristorazione e della produzione e commercio di prodotti caseari.

(clic)

Se vedete scorrere troppi soldi fatevi delle domande prima che se le facciano i magistrati

Cristiana Alicata sul suo blog centra il punto su politica e soldi in modo semplice semplice. Come ci sarebbe bisogno di fare molto più spesso:

La pratica dei manifesti abusivi (ci chiedevamo dove arrivavano tutti questi soldi e ci lamentavamo dei lavoratori migranti in nero usati per attaccarli ovunque), le primarie cammellate messe più volte a verbale e molto prima delle primarie per il sindaco di Roma, le tessere false, le immense cene, le campagne elettorali costosissime, inaffrontabili da un normale cittadino, le volte che in alcuni comuni alle primarie votava più gente dei votanti al PD e, in ultimo, tutti quegli eletti (tanti) che non pagavano contributi ai partiti rendendo il partito e i suoi dipendenti deboli, troppo deboli rispetto ai comitati elettorali.

Tutto quello che sta accadendo sta intaccando tantissimo la città e i suoi cittadini in termini sociali prima che politici.

E’ un autentico disastro, anche culturale, perché sta gettando fango su tutti, anche sugli innocenti accusati di non avere vigilato a sufficienza o di non avere gridato abbastanza forte. Roma ci metterà anni per riprendersi da quello che sta accadendo e i prossimi anni saranno difficilissimi. Roma è una città dove non esiste più la fiducia, completamente rasa al suolo.

Io però questo lo devo dire a tutti. Non ai militanti del PD, ma a tutti i cittadini che militano in un partito da Canicattì a Bolzano: se vedete scorrere troppi soldi fatevi delle domande prima che se le facciano i magistrati.

“Signor Asta, questi sono gli oggetti di sua moglie. Qui ci sono quelli dei suoi bambini.”

Margherita Asta ha scritto con Michela Gargiulo un libro bellissimo sulla morte della madre e dei suoi fratelli Giuseppe e Salvatore, morti a Pizzolungo per del tritolo che avrebbe dovuto uccidere il magistrato Carlo Palermo, sopravvissuto alla strage. Il libro lo potete acquistare qui.

811ol1Q10TLLa cattedrale di San Lorenzo è piena di gente, io e mio padre non riusciamo a passare. Entriamo da un ingresso laterale. Il nostro posto è davanti all’altare.

Davanti a noi ci sono le bare di mia madre e dei miei fratelli. Al centro quella scura di mogano, con i gladioli rosa sopra, accanto a lei quelle più piccole e bianche, con i gigli, di Salvatore e Giuseppe. Quando sono uscita di casa, questa mattina, ho trovato il pallone di Giuseppe, era dietro la magnolia.

Non riesco a piangere, in mezzo a tutta questa gente. Mio padre invece non riesce a smettere. Ha la giacca e la cravatta nere. È molto debole. Io sono stretta in quel cappottino blu che la mamma sosteneva non andasse bene per giocare. Ora serve per i funerali.

Ai lati delle bare ci sono i compagni di scuola dei miei fratelli. Non conosco i nomi ma i loro visi sì. Ci sono i bambini della prima elementare dentro questa chiesa. Si guardano intorno smarriti, impauriti. Non dovevano essere qui oggi, non dovevo esserci neppure io.

Il vescovo, monsignor Romano, si commuove ricordando i miei fratelli. Li conosceva. Lo scorso anno, alla recita di Natale, Salvatore era Gesù Bambino e Giuseppe un angelo.

Mi guardano tristi i due carabinieri davanti a me. Reggono una corona di fiori, c’è scritto Pertini. Accanto ce n’è un’altra del presidente del consiglio Craxi. Vista così da vicino sembra una cosa immensa, grande e ordinata, con tutti i fiori stretti a rubarsi lo spazio.

Ci sono fiori dappertutto, e polizia e carabinieri anche in chiesa. Ci sono tutti questi uomini in divisa e i gonfaloni del comune, e non so spiegarmelo. Forse è per la morte dei miei fratelli, che erano dei bambini, forse è per questo che tutti hanno voluto partecipare.

Mio padre mi stringe la mano e guarda per terra. Un bambino sta salendo le scale del pulpito. Lo riconosco è Michele, Michele Marchingiglio, un compagno di scuola di Giuseppe e Salvatore. Ha in mano un foglio di quaderno. Sembra ancora più piccolo su quell’altare.

“Gesù rendi buoni i cuori dei malviventi del barbaro attentato di ieri e dai la pace eterna alle vittime innocenti, alla mamma e ai bambini Salvatore e Giuseppe Asta.”

Penso a quanto sia piccolo quel bambino sull’altare, e a quanto sono piccoli i miei fratelli dentro le bare e finalmente piango.

Il vescovo chiude la sua omelia.

“Purtroppo la morte è venuta a bussare alle nostre case. Una morte cieca, voluta da una mente perversa e da mano omicida. E ancora una volta la rabbia mafiosa ha macchiato le nostre strade…”

Mi volto verso mio padre. Cosa c’entra la rabbia, voglio chiedergli, cosa c’entra la mafia con quello che è successo a mia madre e ai miei fratelli. Noi con certe cose non c’entriamo niente. Ma papà continua a piangere e queste sono domande che non ho il coraggio di fare.

La messa è finita. Solo ora mi rendo conto di quante persone hanno partecipato. Non avevo mai visto una cerimonia funebre così a Trapani. Solo alla televisione mi era capitato di vedere tanta gente e tante corone. Ma nei funerali di persone importanti: attori, ministri, capi di stato. Oggi, invece, sono tutti qui per mia madre e i miei fratelli. Per noi, gente normale. Lo imparo in questo preciso momento il significato della parola folla. La folla io, per la prima volta, l’ho vista oggi. Una folla è quando in una chiesa non c’è più spazio.

La gente inizia a uscire. Io e papà invece restiamo fermi. Molte persone si avvicinano a noi, tutti vogliono farci le condoglianze.

Un signore distinto che non ho mai visto prima stringe forte la mia mano, poi abbraccia mio padre.

“Signor Asta, sono Antonio Palermo. Le porto anche le condoglianze di mio figlio che è ancora in ospedale.”

Lo sguardo di mio padre si fa più attento, come per dire qualcosa di importante che non gli viene, non ce n’è il tempo. È già il turno di qualcun altro, condoglianze, altri baci sulle guance, altre strette di mano.

Accanto a me c’è una signora anziana vestita di nero. Ha in mano un rosario, i suoi occhi hanno pianto per tutta la cerimonia. L’accompagno mentalmente mentre recita l’ultima preghiera:

“L’eterno riposo dona loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
Riposino in pace.
Amen.”

Fuori dalla cattedrale seguiamo le tre bare. La folla si apre intorno a noi per farci passare. Tutti gettano fiori sul sagrato. Una pioggia leggera di petali. La strada è un tappeto colorato e noi ci passiamo sopra mentre accompagniamo mia madre e i miei fratelli nel loro ultimo viaggio. Metto un piede davanti all’altro ma piano, sono morbidi, ho paura di fargli male. Da quel giorno non sono più riuscita a camminare a piedi nudi su un prato.

Percorriamo a piedi la strada fino al cimitero. Piazza Vittorio Emanuele è piena di gente, un corteo che sfila, ci sono anche i ragazzi delle scuole con i loro zainetti colorati. No, queste persone non sono qui per i funerali, deve essere una manifestazione in difesa di qualcuno, uno sciopero.

“La mafia a Trapani esiste.”

Lo hanno scritto su un cartello enorme e ora se lo portano dietro facendolo correre sulle loro teste, le braccia in alto. “Coraggio giudice” urla qualcuno. Altre persone, contemporaneamente intonano in coro: “Dieci, cento Palermo”.

La folla è compatta ma scorre quando ci vedono passare. Arriviamo al cancello, sfioro delicatamente le bare della mia mamma e dei miei fratelli come a volerle accarezzare.

Zio Vincenzo viene a prenderci con la macchina. Abbiamo tutti delle facce stanchissime. Tra pochi minuti saremo di nuovo a casa, in qualche modo che non capisco saremo al sicuro.

Imbocchiamo la provinciale, mio padre è seduto accanto a me con gli occhi chiusi, sembra stia dormendo. Guardo il mare oltre il finestrino, sono due giorni che dalla litoranea non si poteva passare, la strada era chiusa per via dell’incidente.

Arriviamo al distributore, siamo vicini a casa, davanti a noi c’è l’hotel Tirreno. La macchina rallenta improvvisamente, c’è una buca enorme sull’asfalto, sembra sia esploso un vulcano.

Sul muro bianco della villa davanti a noi c’è una macchia rossa. Non faccio neanche in tempo a vederla bene.

“Papà, è sangue nostro questo?”

Le zie hanno rassettato casa, non so quando l’hanno fatto. Tutto è pulito e ordinato. Non abbiamo il tempo di rimanere soli, io e papà, e questo è un bene. Zia Vita e gli altri sono già arrivati, le loro voci riempiono di nuovo la casa, anche se con discrezione.

Dalla finestra vedo una macchina della polizia che si ferma nel vialetto. Due uomini si avvicinano alla porta, suonano, sono io quella che va ad aprire.

“Asta?”

“Sì, sono Margherita.”

“La figlia di Barbara Rizzo?”

Non ho mai sentito ripetere tante volte il cognome di mia madre da nubile come in questi due giorni, “sì, sono io.”

Sento dietro di me i passi di papà e della zia Vita, mi faccio da parte. La presenza di mio padre sembra imbarazzare ancora di più il poliziotto.

“Signor Asta, questi sono gli oggetti di sua moglie. Qui ci sono quelli dei suoi bambini.”

Sono due sacchetti di plastica bianca, sembrano quelli della spesa. Il poliziotto allunga le braccia e li porge a mio padre.

In quello di Giuseppe e Salvatore ci sono delle pagine dei libri di scuola, alcuni fogli strappati con i loro disegni. Ci sono due scarpe da tennis, mi sembrano quelle di Salvatore. Rosse con la linguetta autoadesiva perché ancora non aveva imparato ad allacciarle da solo.

Dove sono i vestiti, la cartella, i quaderni?

Apro quello di mia madre.

C’è il suo portafoglio, la fede, la custodia degli occhiali, l’anello con lo zaffiro e i brillanti e quello d’ambra, il suo preferito.

C’è solo questo, di mia madre non è rimasto altro.

Sola con te in un futuro aprile

Qui dove scompaiono i bambini

pedofilia-2-4Sono 15.117 i minori di cui si sono perse le tracce in Italia dal 1974 al 2014. Scomparsi, spariti nel nulla, un piccolo esercito di bambini che in quarant’anni è scivolato via dagli adulti che dovevano vigilare su di loro e sono sprofondati in un cono d’ombra. Le cifre arrivano dal Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse del Ministero dell’Interno, Vittorio Piscitelli, in occasione della Giornata Internazionale dei bambini scomparsi, che ricorre nell’anniversario della scomparsa del piccolo Etan Patz, rapito a New York il 25 maggio 1979.

Il 51,7 per cento delle persone di cui è stata registrata la sparizione ha meno di 18 anni. Di questi, ben 13.489 sono bambini stranieri. “I minori stranieri non accompagnati sono il problema dei problemi. Si tende a non considerarli come persone scomparse, perché una volta giunti nel nostro Paese non vogliono farsi identificare per non rischiare di dover rimanere in Italia. Ma i loro diritti vanno tutelati e non ci si può lavare le mani”, dice Piscitelli. Povertà e guerra le cause più frequenti. Ricorda il commissario che il “64-65% dei casi il ritrovamento avviene nelle prime ore dopo la scomparsa, soprattutto nel caso dei minori, i quali non hanno risorse e che quindi sono spinti a chiedere aiuto”. Piscitelli annuncia anche l’intenzione di proporre al Governo di sfruttare le potenzialità di Facebook per dare notizia di minori scomparsi e facilitare le ricerche. Per arginare il fenomeno, servono ricerche più tempestive. “Una ricerca fatta nell’immediato ha una percentuale di successo di almeno l’85%, una ricerca ritardata di qualche ora potrebbe non avere mai percentuale di successo”, dice Mariacarla Bocchino, dirigente del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Anche la Caritas fa il suo: nell’ultimo anno sono stati accolti oltre 400 minori non accompagnati. “Dal 2011 sono aumentati in maniera esponenziale il numero dei minori non accompagnati accolti – spiega a margine Maria Francesca Posa, responsabile dell’area minori della Caritas di Roma – Nell’ultimo anno abbiamo accolto oltre 400 ragazzi, sfuggiti dai paesi devastati dalla guerre o dalla crisi economica. Arrivano qui in Italia con una speranza di futuro: si tratta maggiormente di ragazzi maschi con un età media di 16 anni e con un livello di scolarità di 9”.

Intanto però, il numero telefonico europeo per i bambini scomparsi (116.000) rischia di chiudere a causa dei tagli della Commissione Europea, mentre in Europa sono 270mila i bambini scomparsi ogni anno, uno ogni due minuti (8 milioni nel resto del mondo). In Italia dal maggio 2009 ad aprile 2015 il numero 116.000 ha gestito 610 casi di bambini spariti. Nel 38% dei casi si trattava di fughe da casa, nel 31% di fughe da istituti, nel 10% di sottrazioni internazionali, nel 6% di minori stranieri non accompagnati, come ricordato dal presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. L’associazione italiana, in collaborazione con la federazione Missing Children Europe, ha lanciato la campagna “#Salvail116.000, salva un bambino”.

Il Cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, monsignor Marcelo Sanchez Sorondo ha denunciato i molti modi attraverso i quali “con la globalizzazione dell’indifferenza, mossa dal solo profitto” i bambini vengono “vittimizzati”: “vendita di organi, avviamento alla prostituzione e alla pornografia, narcotraffico, elemosina forzata, adozioni transfrontaliere irregolari, matrimoni forzati, reclutamento di bambini soldato, schiavitù da parte di gruppi terroristici e lavoro forzato”. Per far fronte a questo dramma, ha detto, serve “una buona politica economica e ambientale e un’istruzione di qualità e universale”

(clic)

 

Per De Luca la Bindi è un’infame

De Luca continua a dare il peggio di sé:

alta velocit-de luca-renzi1“Contro di me c’è stato un episodio sgradevole, quando si è dato vita ad una iniziativa che era sul piano umano volgare e diffamatoria, sul piano politico infame e sul piano costituzionale eversiva”. Lo afferma, dopo aver già criticato Bindi nei giorni scorsi, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, facendo riferimento alla lista diffusa dalla presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi. “Ho assistito alla più violenta, infame e cinica campagna di aggressione politico-mediatica, credo che neanche Toto Riina l’abbia avuta”, aggiunge.

(fonte)

I comunisti che taggano i bambini

1560690_775679985779049_263809100_nNon so se avete avuto modo di leggere la policy a cui si devono attenere gli iscritti del Partito Comunista. Qui siamo oltre alla satira:

La natura dei social-network spinge oggettivamente all’indivividualismo e alle peggiori performance di protagonismo. Serve quindi regolamentare il loro uso, seguendo le ispirazioni della dottrina leninista dell’organizzazione. Le discussioni  politiche vanno fatte dentro le strutture del Partito. I pareri e le elaborazioni dei singoli compagni andranno ad arricchire la linea elaborata collettivamente. Queste le regole votate all’unanimità al CC del 6 maggio 2015.

*E’ fatto assoluto divieto a ogni iscritto al Partito (tanto più se dirigente) a fare considerazioni e analisi politiche generali autonome.

*Queste spettano solo all’account nazionale, a quello del segretario generale, a quello del Ful e del Fronte della Gioventu’ Comunista.

*E’ inoltre vietato ‘taggare’ altri membri del Partito sempre su questioni politiche, storiche, filosofiche e culturali.

*E’ invece auspicabile che i membri del Partito e del CC promuovano, condividano e tagghino i post degli organi nazionali.

*E’ fatto assoluto divieto ad usare bandiere o simboli del Partito nell’immagine del proprio account personale. Le bandiere ed i simboli del Partito sono esclusivamente rappresentate negli account di Partito ad ogni livello (da quello centrale sino a quello di cellula).

*Le stesse modalità di comportamento spettano, a cascata, per i militanti e dirigenti a livello regionale e di federazione.

*Tutti gli account di Partito (da quelli regionali a quelli della singola cellula) devono comunicare riservatamente alla Direzione Centrale (nella persona del Coordinatore) la password.

*La pubblicazione di fotografie e filmati di manifestazioni del Partito devono esser improntate alla massima efficacia propagandistica e consapevolezza politica dell’evento.

*Qualunque violazione verra’ da ora in poi deferita alla CCCG.

 

All’altezza delle vostre speranze. Grazie. Ora al lavoro.

cavalli_foto_emiliano_bogaIl progetto de L’AMICO DEGLI EROI è stato finanziato. 200 coproduttori hanno deciso di “investire” in uno spettacolo teatrale e in un libro nel momento più grigio del teatro e dell’editoria di questi ultimi decenni. Quando mi è arrivata la mail di avviso, mentre ero sepolto dalle carte di Mafia Capitale, ho pensato a quanto in là si spingano le speranze delle persone: questo progetto è fatto di piccole cifre accompagnate spesso da mail piene di ottimismo. Io davvero credo che il minimo che possiamo fare è essere all’altezza delle vostre speranze.

Grazie.

Ci mettiamo subito al lavoro.

Solo un’intervista

La mia intervista rilasciata per gli amici di Tivoli Liberatutti:

11265401_875148892556424_1075474428854141994_ndi Davide Fabi 

Attore, politico, cantastorie, scrittore, attivista in prima linea contro la mafia e tanto altro.
Ma forse meglio di lui nessuno può presentarlo: “Io sono di sinistra. Della sinistra che sta nell’idea che preserva il suolo, l’ambiente, l’acqua e l’aria come bene comune. Che crede nell’impegno dell’uguaglianza: uguaglianza di possibilità, uguaglianza sociale e uguaglianza nei diritti e nei doveri. Della sinistra che trova inaccettabile questo paese come laboratorio del totalitarismo moderno. Che crede nel valore della laicità e vigila sulla libera professione delle fedi, che coltiva la ricchezza delle differenze, che pretende dignità nel lavoro, che crede nelle leggi come opportunità di convivenza e di tutela, che condanna lo sfruttamento e il mercimonio e che ha una storia di persone e di valori. Così, tanto per chiarire.”

Ci ha risposto a qualche domanda.

 

Iniziamo dall’EXPO. L’evento è iniziato da pochi giorni ed è già tempo di bilanci. 

14 Miliardi di euro. 

Il 5,4 % di quanto viene speso in un anno per le pensioni italiane. 

3,2 Miliardi di euro solo per la costruzione dei padiglioni. 

Il Padiglione ITALIA doveva costare 63 milioni di euro, ora ne costerà 92.”

Questi sono alcuni dati dell’EXPO. Ma s’è l’è giocata veramente così male l’Italia l’organizzazione di quest’evento?

Ci sono, secondo me, due considerazioni importanti: l’esborso economico, in primis, non mi pare in linea con la situazione economica italiana (ma diciamo pure europea) e ovviamente la politica “fa politica” nel momento in cui decide come destinare i soldi. Credo che il problema sia come quei soldi avrebbero potuto essere utilizzati altrimenti per cogliere nel pieno lo spirito dell’evento che fin dall’inizio dichiaratamente era di proporre un modo etico e nuovo per nutrire il pianeta. Certo è che solo alla conclusione di Expo si potranno tirare le somme, considerando non solo le “entrate economiche” ma anche e soprattutto se davvero si sarà riusciti a formulare una nuova cultura del cibo. E su questo mi arrogo il diritto di essere pessimista.

Poi c’è la sfida internazionale di riuscire a raccontare un’Italia che riesce ad affrontare un grande evento senza incappare in mafia e corruzione. Ebbene, nonostante l’impegno di Cantone e le promesse dei vari amministratori a tutti i livelli mi sembra che si possa serenamente dichiararsi sconfitti. Senza elencare gli innumerevoli micro casi basti pensare che tra gli indagati (con evidenti prove a carico) c’è il collaboratore più stretto di Giuseppe Sala. Può bastare?

Lotta alla criminalità organizzata. “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” queste parole sono di Giovanni Falcone, di cui pochi giorni fa è stato l’anniversario della morte. E’ vivo il tuo impegno contro le mafie, non solo quelle che operano nei ben noti territori del Meridione ma anche quelle che si spostano al Nord Italia passando per Roma, e si confondono dietro appalti truccati e infinite colate di cemento. Quanto è grave il problema delle mafie nelle zone in cui si crede non sia presente?

Al nord si è riusciti nella disdicevole impresa di convincerci che mafie e corruzione siano due fenomeni distinti e quindi ha avuto gioco facile chi si è appoggiato alla retorica della coppola e della lupara per negare l’esistenza del fenomeno. La pervasività delle mafie è larga ovunque lo Stato perda sul campo dei servizi e delle rassicurazioni sul futuro rispetto alla criminalità organizzata: credo che su questo versante il nostro Paese sia abbastanza unito. Ora, dopo la fase della presa di coscienza, mi auguro che si passi all’analisi e alla costruzione di chiavi di lettura collettive: questo è compito anche della scuola, della politica oltre agli operatori culturali.

Il Teatro. Hai fondato nel 2001 la “Bottega dei Mestieri Teatrali”, dalla tua biografia (https://www.giuliocavalli.net/chi-sono/) ti dipingi come un cantastorie, cosa ti ha spinto a raccontare a teatro tanti avvenimenti della storia italiana recente?

Forse per una mia stortura credo che la contemporaneità sia un dovere morale per chi ha il privilegio di fare il mio mestiere. Farsi ascoltare è cosa talmente rara che non si può sprecare raccontando storie che non siano utili per leggere meglio il presente.

Le storie/1. Tra i tanti temi trattati, hai portato a teatro la tragica storia di Carlo Giuliani e di quel luglio genovese. Il 7 aprile 2015, in merito ai fatti della scuola Diaz, i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno condannato all’unanimità lo Stato Italiano per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”) ritenendo che l’operato della Polizia di Stato “deve essere qualificato come tortura. Che ricordo hai di quei giorni caldissimi?

La mia esperienza con le forze dell’ordine deriva da un angolo di osservazione piuttosto atipico: sono sempre stato “vicino” a molti movimenti di protesta (per un mio vecchio vizio di prendere posizione, parteggiare appunto) e allo stesso tempo ho un rapporto quotidiano con le forze dell’ordine che mi proteggono. Io credo che in un Paese democratico le critiche agli abusi e alle prepotenze (soprattutto se perpetrate da forze pubbliche) siano l’unico reale rispetto che si possa avere. Quindi non sopporto i “difensori” per postura e allo stesso modo i “colpevolisti” per pregiudizio.

In questa posizione dico che Genova (parlo della Diaz e di Bolzaneto) è stato uno dei momenti più bassi di democrazia. Anzi, concordo in pieno nella definizione di “sospensione della democrazia” ed evidentemente, come succede spesso in Italia, hanno pagato solo i pesci più piccoli. In quei giorni (come avviene ancora oggi) la criminalizzazione dei manifestanti sparata a cannonate dai principali network televisivi ed editoriali è riuscita nell’impresa di nascondere le reposnabilità e addirittura i fatti.

Le storie/2. È in corso un progetto di autofinanziamento per il tuo prossimo spettacolo “L’amico degli Eroi” (https://www.produzionidalbasso.com/pdb_3875.html). Lo spettacolo, scritto diretto ed interpretato da te e con le musiche di Cisco Bellotti, è “liberamente ispirato alla vita di Marcello Dell’Utri”. 

Come sta andando la raccolta fondi? Cosa puoi dirci di più sullo spettacolo?
Quanto influirà ancora questo modo di intendere la Politica? Per quanto ancora pagheremo lo scotto di aver permesso e concesso a questi personaggi di avere il potere?

Dopo aver lavorato su Giulio Andreotti (con un libro e con uno spettacolo) era inevitabile scivolare sull’andreottismo moderno portato avanti da Marcello Dell’Utri nella sua doppia veste di servitore imprenditoriale e servitore politico. Ricordo che Gian Carlo Caselli, eravamo ancora all’inizio della stesura de “L’innocenza di Giulio”, predì che il passo successivo avrebbe dovuto essere uno studio su Dell’Utri. Io non temo tanto Andreotti o Dell’Utri, sia chiaro, quanto l’andreottismo e il dellutrismo che hanno proposto un metodo di gestione del potere in cui le mafie vengono trattate come soggetti autorevoli per il confronto, lo scambio e l’eventuale convergenza di obiettivi.

Questa volta poi abbiamo deciso di organizzare una “produzione sociale” che mettesse insieme tanti piccoli coproduttori piuttosto che amministrazioni pubbliche e fantomatici bandi: credo che il metodo di produzione di uno spettacolo sia una caratteristica fondamentale dell’etica di preparazione del prodotto culturale e trovare così tanti sostenitori tra il mio pubblico e i miei lettori inevitabilmente mi responsabilizza molto di più tenendomi tra l’altro ben saldo con i piedi per terra piuttosto che perdere energie e tempo in assurdi, patafisici rapporti politici con amministratori troppo spesso incompetenti nel campo culturale. Siamo vicini al raggiungimento della quota che ci permetterà di andare in scena e di dare alle stampe il libro con il copione e le informazioni giudiziarie del processo di Dell’Utri a Palermo. Io credo che finché non riusciremo a riconoscere i “dellutrismi” oltre a Dell’Utri non saremo capaci di disinnescare questo stillicidio di politici indegni.

PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)