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Giulio Cavalli

Il grande Mario Piccolino: a Formia come a Gomorra si spara ai blogger

mario-piccolino-latina24oreUn unico colpo, diretto alla testa. Mario Piccolino è morto così, mentre si trovava nel suo studio di Formia. La vittima aveva 71 anni, era un avvocato e un noto blogger di freevillage.itdove pubblicava articoli contro le mafie, indiscrezioni e commenti politici. Un omicidio avvenuto in una città ad alto tasso mafioso, in un territorio – quella di Latina – che Carmine Schiavone chiamava semplicemente “provincia di Casale”, dove da tempo vivono moltissimi esponenti storici dei principali clan dell’agro-aversano.
Piccolino è stato colpito nel suo studio in pieno centro, poco dopo le 17. Un uomo a volto scoperto, di statura media, vestito con una bermuda militare, ha chiesto di lui ad un giovane ingegnere che divideva lo studio con l’avvocato, presentandosi come un cliente. Il testimone ha raccontato di aver sentito prima una breve discussione e poi un unico colpo di arma da fuoco, che ha freddato la vittima. Secondo i primi rilievi l’omicida avrebbe utilizzato una parabellum 9×21.
La squadra mobile di Latina sta ascoltando in queste ore i testimoni, per cercare di dare un volto ed una identità al killer. Al momento c’è grande cautela sui possibili moventi dell’omicidio. Non viene scartata la ritorsione da parte di uno dei tanti clan di camorra che da anni vivono e operano a Formia, considerata fin dagli anni ’80 la “Svizzera dei Casalesi”. Gli investigatori stanno valutando anche la pista di una vendetta da parte di un cliente dell’avvocato, molto conosciuto in città. Nel 2009 Piccolino era già stato aggredito, colpito con un cric sul volto da un uomo che si era introdotto nello studio. L’aggressore è stato poi identificato comeAngelo Bardellino e successivamente rinviato a giudizio.
Formia in questi ultimi mesi sta vivendo un periodo di particolare tensione. Solo qualche giorno fa un giornalista della testata h24notizie.com è stato aggredito in città da un imprenditore. Il comune di Formia ha comunicato che per domani è previsto un consiglio comunale straordinario.
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Claudio Fava (eh beh, un gufo): «Adesso chi vota gli impresentabili si assuma le sue responsabilità»

claudio_fava2«Vogliono denunciare Rosi Bindi per diffamazione? Allora possono denunciare anche me». Claudio Fava, deputato del gruppo misto e vicepresidente della commissione Antimafia difende l’operazione “impresentabili”. «La responsabilità politica è collettiva – spiega – di tutto l’ufficio di presidenza». Nessuna forzatura: i nomi dei 17 candidati, compreso Vincenzo De Luca, sono il frutto di un accurato lavoro di ricerca. Le polemiche di queste ore e il presunto regolamento di conti all’interno del Partito democratico? «Evidentemente Renzi ha problemi a gestire le avventate dichiarazioni dei giorni scorsi, e così preferisce mandare avanti i suoi pretoriani».

Fava, qualcuno adesso accusa la presidente Bindi di aver fatto tutto da sola. 
La decisione di approvare il codice di autoregolamentazione è stata assunta lo scorso settembre da tutti i partiti, con un voto all’unanimità. Circa un mese fa ho personalmente chiesto e ottenuto di effettuare uno screening sui candidati alle elezioni. L’ufficio di presidenza della commissione Antimafia si è assunto la responsabilità di procedere.

Eppure alcuni parlamentari raccontano che la presidente avrebbe mostrato i nomi alla commissione solo pochi minuti prima della conferenza stampa di oggi. Impedendo qualsiasi valutazione. 
Ma guardi che la lista di nomi la presidente non l’aveva mica nascosta nella borsetta. Quella lista è il frutto di diverse verifiche fatte dalle procure e dalla Dna anche grazie al lavoro dei nostri funzionari. Quell’elenco non prevede dibattiti né interventi discrezionali da parte della commissione.

(l’articolo completo è qui)

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Antimafia con il culo degli altri: sono mafiosi solo quelli che non sono nostri amici

renzi_de_lucaMi stupisce che ci si stupisca. Davvero.

C’era bisogno della Commissione Antimafia per sapere che in Campania il gruppo di potere che sostiene De Luca sia la solita poltiglia? Eppure l’aveva detto Saviano, l’hanno scritto decine di giornalisti, l’hanno urlato moltissime associazioni antimafia (tranne quelle “parademocratiche”, ovvio). Ora: non rispondono a tutti questi ma si divertono a impallinare la Bindi che (tra l’altro) hanno messo loro alla Presidenza dell’Antimafia.

Attenti: tra qualche giorno magari Renzi legge la sentenza Dell’Utri e se la prenderà con il protagonismo di certa magistratura palermitana.

Non è vero che non è cambiato niente: sta andando tutto peggio. Sotto mentite spoglie, ovviamente.

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Expo 2015 spa e la Bracco(baldo)

diana-bracco-presidente-expo-2015-spa_tEvasione fiscale e appropriazione indebita. Diana Bracco, presidente di Expo 2015 Spa, è indagata in qualità di presidente del consiglio d’amministrazione della Bracco spa. L’indagine è stata chiusa ed è stato effettuato un sequestro da circa 1 milione di euro. L’ipotesi è che le fatture false siano servite in relazione a lavori su case private e barche. “Non c’è stata alcuna frode fiscale”, ha commentato l’avvocato difensore di Bracco Giuseppe Bana, “si tratta di contestazioni riguardanti l’inerenza all’attività d’impresa di fatture, situazione non rilevante sotto il profilo penale. Abbiamo già definito con l’Agenzia delle entrate attraverso il ravvedimento operoso, siamo solo al termine delle indagini preliminari e non è stata ancora formalizzata la richiesta di rinvio a giudizio”.

Come si legge in un comunicato del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di finanza e coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Giordano Baggio, “è stato notificato avviso di conclusione delle indagini” a carico di Diana Bracco, di Pietro Mascherpa, presidente del Cda di Bracco Real Estate srl, e di due architetti dello studio Archilabo in Monza, Marco Pollastri e Simona Calcinaghi. In particolare Bracco e Mascherpa sono accusati di evasione fiscale attraverso l’emissione di fatture false e di appropriazione indebita.

Dalle indagini “è emerso che fatture” per oltre 3 milioni di euro, confluite nella contabilità e nelle dichiarazioni fiscali “presentate dalle società del gruppo Bracco per i periodi di imposta dal 2008 al 2013″, erano riferite “all’esecuzione di forniture o di prestazioni rese presso locali in uso alle medesime società ma effettivamente realizzate presso immobili e natanti di proprietà, ovvero nella disponibilità” di Diana Bracco e del marito defunto Roberto De Silva.

Lo scorso 5 marzo, si legge ancora nel comunicato, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip Roberta Nunnari nei confronti di Diana Bracco per 1 milione e 42 mila euro “corrispondente all’importo totale dell’imposta complessivamente evasa per effetto dell’utilizzo delle predette fatture”. Nella nota si legge infine che lo scorso 21 maggio “sono stati depositati” in Procura da parte delle Fiamme gialle “i verbali di constatazione delle correlate violazioni di carattere amministrativo”.

Nel 2010 Bracco era stata denunciata dalla Guardia di Finanza di Genova per lo yacht ”If Only”, un 40 metri costruito nei cantieri olandesi Feadship e intestato alla Ceber, società di Milano che ha come ragione sociale il noleggio di unità da diporto. Le quote erano della signora Diana Bracco e della Dolfin srl, interamente detenuta dalla presidente del gruppo farmaceutico. Secondo la finanza, il panfilo, registrato a Sanremo e ormeggiato ad Antibes in Costa Azzurra, sarebbe stato usato privatamente dai Bracco.

(fonte)

Comitato di Liberazione delle Parole

Mi auguro che davvero si formi quanto prima un Comitato di Liberazione delle Parole che sia un osservatorio attento di un giornalismo che categorizza in base alle etnie (spesso con notizie che si rivelano false nel giro di qualche ora) e che sta infilandosi nei discorsi in famiglia, per le strade e negli uffici. Io pretendo di essere razzista coi razzisti. Perché questi non sono semplicemente razzisti ma si stanno involvendo in antiantirazzisti.

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Dell’Utri: non c’è 2 senza P3

 È uscita un ANSA poco fa:

L’ex parlamentare di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, è stato rinviato a giudizio dal gip di Roma per la vicenda P3, una presunta associazione segreta che avrebbe influenza organi dello Stato. Il processo è stato fissato al prossimo 22 dicembre davanti ai giudici della seconda sezione penale. Le accuse all’ex parlamentare, attualmente detenuto a Parma per altro procedimento, si riferiscono ai rapporti intercorsi con l’imprenditore Flavio Carboni, già rinviato a giudizio assieme ad altre 16 persone, per la parte dell’inchiesta che riguardava il business dell’eolico in Sardegna. I pm romani gli contestano la violazione della Legge Anselmi sulle associazioni segrete.

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Un’intervista limpida con Pippo Civati

20425_10151244441502756_400852630_nHo intervistato Pippo per provare a capirci (e far capire) qualcosa su quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi. Ovviamente io e Pippo (aggiungo: fortunatamente) abbiamo tropee cose in comune per perderci nei tatticismi quindi credo che l’intervista almeno sia limpida. La trovate su Left cliccando qui.

“Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film.” Per Claudio Caligari.

mastandrea-caligari“Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film.” Se n’è uscito così, ad un semaforo rosso di Viale dell’Oceano Atlantico circa un anno fa. Stavamo andando insieme a parlare con un amico oncologo in ospedale. La risposta ce l’avevo pronta ma l’ho lasciato godere di questa sua epica attitudine alle frasi epiche che accompagneranno per sempre tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ho aspettato il verde in un altrettanto epico silenzio (sono molti anni che era stato operato alle corde vocali). Ripartendo ho detto “C’è gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te”. Il suono leggero della sua risata soffocata mi ha suggerito il suo darmi ragione, confermato dall’annuire ripetuto della sua testa grande. Di gente stronza Claudio se ne intendeva, ne ha conosciuta tanta, e tanta ne ha liquidata con quel metro di giudizio. Stronzo è una parola che detta da lui aveva un altro significato. Più potente. Più profondo. Il Nord “di lago” da cui proveniva deve avergli dato una dimensione molto particolare nello scegliere le parole e nella forza con cui scagliarle. E le parole che gli mancavano da parecchio tempo è sempre riuscito a fartele sentire anche se arrivavano scariche di suono. La grandezza di un uomo così viene anche da questo. Dal poter fare a meno delle armi convenzionali che servono per vivere la vita e dal continuare a battagliare con ogni mezzo  mosso solo dalla voglia di esserci e di fare della propria vita una vita. Il suo lavoro ne è l’esempio unico, assoluto. Non ha mai smesso di fare film Claudio. Ne ha girati tre ma ne ha scritti, fatti e visti almeno il triplo. Questo deve accadere ad un regista che vede sfumare i propri progetti per motivi enormi o a causa di persone piccolissime. Pensare, scrivere, vedere, riscrivere, ripensare, vedere ancora fino alla morte del progetto e , nonostante questo, continuare a vederlo finito, il proprio film. Così ha fatto anche lui. Noi che abbiamo avuto il privilegio di lavorarci questo lo sappiamo bene. Ogni film non fatto da Claudio, Claudio lo ha fatto eccome. Come ha fatto il suo terzo e ultimo. Con l’amore e la cattiveria che la malattia gli imponeva. Con la dolcezza di chi riconosce la magia del cinema e delle persone che lo fanno. Con la stronza intelligenza di chi urlava il diritto al cinema da conoscere e da poter fare

Claudio Caligari ricordato da Valerio Mastrandrea. Il resto è qui.

I falsari dell’antimafia

Un atto d’accusa di Saverio Lodato che credo vada letto. Si può essere d’accordo o meno ma, credetemi, vale la pena leggerlo e pensarci:

capaci-copyright-shobhaDicevamo prima: ma di quale “antimafia” stiamo parlando? Ecco, appunto.
Dell’”antimafia” che trova le porte spalancate a Palazzo Chigi, a Palazzo Madama, al Quirinale o in Vaticano?
O stiamo parlando di un‘altra “antimafia”?
Di un'”antimafia” minuscola, piccola piccola, quella che non compare nei tg, nelle prime pagine dei quotidiani, nelle rappresentazioni epiche del regime?
E’ stata fatta un’operazione sporca.
E cercheremo adesso di spiegarla in due parole.
E’ accaduto che in questi 23 anni di anniversari, anno dopo anno, su un piatto della bilancia veniva scaraventato il peso del passato, sotto forma di enfasi, di cerimonia, di retorica pomposa.
Il piatto del presente, dell’attualità, invece, restava vuoto.
Questo era il trucco, questo era il giochetto.
Un sottilissimo bisturi invisibile recideva così, per mano di istituzione, il filo fra passato e presente, fra il c’era una volta e il “qui e ora”.
Una cosa, insomma, era Falcone, una cosa sono le mafie romane.
Una cosa sono gli inquisiti per mafia, che non risparmiano più nessuna regione e nessun capoluogo di provincia e nessun partito, una cosa sono i “mafiosi” battezzati come tali da Falcone trent’anni fa.
Una cosa sono “quelli” di allora, una cosa sono “quelli” di oggi (Nino Di Matteo docet!).
Non facciamola troppo lunga.
In Italia, la mafia oggi c’è. Ce ne sono tante.
E che ci sia (e che ci siano), lo sanno in tutto il mondo.
Ma noi, che siamo un Paese di guitti, il 23 maggio e il 19 luglio facciamo finta di commemorare ciò che accadde. E ci diciamo “antimafiosi”.
Che in molti si siano stancati, è fisiologico.

(fonte)