Vai al contenuto

Giulio Cavalli

Gli omosessuali e la schiavitù

Un lavoro geniale di Luigi Castaldi:

Provo a parafrasare ciò che Pietro Citati scrive sul Corriere della Sera di oggi a commento del referendum irlandese. Lascio pressoché intatto il suo testo (sulla sinistra) apportando solo le opportune modifiche (sulla destra).

citati

Il pizzo è in crisi, Cosa Nostra si sposta sulla droga

Mafia: Vincenzo Giudice  © Copyright ANSA
Mafia: Vincenzo Giudice
© Copyright ANSA

I carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito 39 misure cautelari, disposti dal gip, nei confronti di esponenti del clan mafioso di Pagliarelli, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione e corruzione. Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati centinaia di chili di droga. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha disarticolato i vertici dei clan di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia.

La crisi economica che attanaglia i commercianti palermitani spinge i boss a tornare al traffico degli stupefacenti, business attualmente privilegiato rispetto al racket delle estorsioni che, negli ultimi anni, ha rimpinguato le casse dei clan e sostentato le famiglie dei ‘picciotti’ detenuti. Nel corso dell’inchiesta, coordinata dalla Dda, i carabinieri hanno sequestrato oltre 250 chili di droga. Scoperte, comunque, diverse estorsioni: i commercianti continuano a pagare anche se qualcuno trova il coraggio di denunciare. Un imprenditore, che stava effettuando lavori di ristrutturazione al Policlinico, si sarebbe rivolto agli inquirenti raccontando loro di avere ricevuto una richiesta di pizzo di 500 mila euro. Tra gli altri, in cella, sono finiti i tre nuovi capi del mandamento di Pagliarelli, una sorta di triumvirato che, dopo le decine di arresti degli ultimi anni, tentata di riorganizzare il clan.

La cosca sarebbe stata guidata da un triumvirato composto da Alessandro Alessi, Vincenzo Giudice e Massimiliano Perrone. Questi gli arrestati nell’ambito del blitz dei carabinieri che ha disarticolato il clan a Pagliarelli: Alessandro Alessi, Giuseppe Perrone, Vincenzo Giudice, Michele Armanno, Giovan Battista Barone, Salvatore Sansone, Tommaso Nicolicchia, Andrea Calandra, Giosuè Cadtrofilippo, Giovanni Giardina, Alessandro Anello, Carlo Grasso, Antonino Spinelli, Matteo Di Liberto, Rosario Di Stefano, Aleandro Romano, Stefano Giaconia, Giuseppe Giaconia, Concetta Celano, Giuseppe Castronovo. Ai domiciliari sono finiti Vincenzo Bucchieri, Paolo Castrofilippo, Daniele Giaconia, Giovanni Correnti, Antonino Calvaruso, Gaetano Vivirito, Luigi Parolisi, Carmelo Migliaccio, Salvatore Ciancio, Domenico Nicolicchia, Giuseppe Bruno, Pietro Abbate e Antonino Abbate. Per Mauro Zampardi, Angelo Milazzo, Cosimo Di Fazio, Giovanni Catalano, Giuseppe Di Paola e Francesco Ficarotta e’ stato disposto l’obbligo di dimora.

(fonte)

‘Ndrangheta patetica: il boss che pesta la moglie perché chiede gli alimenti

Per fortuna esistono giornalisti come Lucio Musolino che non lasciano correre notizie così:

operazione-siderno-675Usura e ‘ndrangheta. La guardia di finanza di Reggio Calabria e del gruppo Locri e lo Scico di Roma hanno stroncato la cosca Rumbo-Galea-Figliomeni federata con la pericolosa famiglia mafiosa dei Commisso di Siderno. Diciotto le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Teresa De Pascale su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

L’inchiesta “Bacinella 2”, coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho, dall’aggiunto Nicola Gratteri e dal sostituto Antonio De Bernardo, ha smantellato un’orgazzazione di usurai e ha portato al sequestro di beni mobili e immobili per circa 3 milioni di euro. Associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estrosione e abusiva attività finanziaria. Sono questi i reati contestati nel provvedimento di arresto eseguito stanotte nella Locride dove alcune delle vittime di usura hanno collaborato con gli inquirenti rendendo dichiarazioni che, assieme alle intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno incastrato gli usurai della cosca Commisso.
Pubblicità

Le vittime che non hanno collaborato, invece, sono state indagate per favoreggiamento personale.
Un distributore di carburante a Siderno era la base operativa del sodalizio criminale composto dal titolare dell’esercizio commerciale Domenico Infusino (42 anni) e da Santo Rumbo (26), Isidoro Marando (57), Davide Gattuso (40), Giuseppe Antonio Figliomeni (67), Vincenzo Figliomeni (53), Cosimo Vincenzo Albanese (63), Cosimo Figliomeni (50), Rocco Iennaro (43), Leonardo Policheni (66), Francesco Prochilo (48) Riccardo Rumbo (53).

Per tutti il gip ha ritenuto necessario la misura cautelare del carcere. Alcuni di loro non sono stati arrestati poiché attualmente in Canada a conferma della presenza della cosca Commisso anche oltreoceano. Per gli altri sei indagati, invece, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Si tratta di Massimiliano Minnella (43 anni), Daria Piscioneri (28), Domenico Audino (58), Francesco Racco (49), Salvatore Ursino (68), e Giuseppe Saverio Zoccoli (59).

La guardia di finanza ha applicato i sigilli anche ai loro beni. Oltre al distributore di benzina, infatti, il gip ha sequestrato 6 ditte individuali (operanti nel settore pubblicitario, della ristorazione e nel commercio all’ingrosso di abbigliamento), 6 immobili, numerosi terreni, 10 autovetture, 4 motocicli, numerosi conti correnti e polizze assicurative e orologi preziosi. In sostanza, nel periodo di crisi e di contrazione dei consumi, la ‘ndrangheta si era sostituta agli istituti di credito convenzionali. In alcuni casi il tasso di interesse applicato dalla cosca Rumbo-Galea-Figliomeni superava il 400%.

Chi non pagava veniva minacciato di morte. Lo stesso trattamento veniva riservato anche agli intermediari come Isidoro Marando che, è emerso dalle intercettazioni, si lamentava con una delle vittime che aveva ricevuto 100mila euro a strozzo. “Totò, – registrano i finanzieri in una telefonata – vedi che a me qua hanno dato un ultimatum. Vedi che qua a me mi uccidono”.

E a dimostrazione che il rispetto delle donne non rientra nella logica della ‘ndrangheta, la Dda riesce a ricostruire l’episodio in cui uno dei principali indagati, Davide Gattuso, ha aggredito Teresa Figliomeni, moglie di Cosimo Figliomeni latitante in Canada. La donna aveva lasciato il marito dopo scoperto una sua relazione extraconiugale. Rientrata in Calabria, però, l’uomo non ha provveduto al mantenimento dei figli e, alle lamentele di Teresa Figliomeni, Davide Gattuso ha risposto aggredendola.

“Si avventato su di me – ha raccontato la donna al pm De Bernardo – e ha cominciato a percuotermi. Dopo avermi scaraventato a terra, mi ha preso a pugni, calci, mi ha preso dai capelli, mi ha stretto le mani al collo. I colpi che ho sentito di più sono stati all’addome e alle gambe. Mentre mi colpiva minacciava di ammazzarmi, mi intimava di stare zitta perché urlavo. Gattuso non si è fermato neanche quando ha udito le urla di mio figlio di sette anni”.

Nelle oltre mille pagine di ordinanza di arresto, inoltre, la Dda ha ricostruito il giro di usura mascherata dietro il paravento dell’agenzia di mediazione creditizia “Quinto rapido”.

(fonte)

Quella “testa di minchia” di Giovanni Falcone

Borsellino l’ha sempre saputo. Da che parte stare. E dove sarebbe finito. Ma non ha mai rinunciato alla sublime arte dell’autoironia. Consapevole che un sorriso non risolve tutto, ma aiuta a vivere la vita. A volte, a sopportarla.  Un giorno Paolo disse a Falcone, il suo grande amico di sempre.

“Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: “Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello… quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti… Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”.

10986562_1110750332275006_202690418881130835_n

LEFT in edicola (da ieri!): cosa ci abbiamo messo dentro

Nell’ultimo numero di LEFT (è uscito ieri, eh, sono in ritardo io) ho avuto il piacere di intervistare Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ma soprattutto un amico. E nella nostra chiacchierata ad un certo punto gli ho chiesto se nonostante tutto fosse ancora ottimista e mi ha dato una risposta che mi ha inchiodato alla sedia dicendomi più o meno “se era ottimista Paolo sapendo di dover morire io ho l’obbligo di essere ottimista”. Ecco. In questo tempo in cui tutti ci ordinano di essere ottimisti (pena: rientrare nella folta schiera dei gufi) le parole di Salvatore Borsellino sono il paradigma di come il “dovere dell’ottimismo” nasce dalle grandi idee e dalle grandi persone, mica dagli ordini di scuderia.

Per il resto c’è tanto spazio dedicato alla riforma della scuola (e alla sua infida “comunicazione”) e poi storie, tante storie. Di un mondo che (come scrive Ilaria) ha il dovere di proporre l’utopia.

Buona lettura. E fatemi sapere le vostre considerazioni, se volete, qui.

20150523_Left_N19-800x600

EXPO: non ci sono i numeri ma ci sono i sintomi


Ne scrive bene Tafanus:

 Avete capito bene. Dalle stime calcolate dal “Giorno, i visitatori delle prime tre settimane (che includono il boom dei primissimi giorni) sono meno della metà di quanto previsto dallo stesso Sala per il raggiungimento del break-even-point, Ecco i criteri di stima. Giusti? Sbagliati? Nessun problema. Il Commissario Sala è sempre in tempo a dirci quale sia stata la somma dei numeretti, scrupolosamente registrati dai tornelli d’ingresso, a più di tre settimane dall’inizio. Così si mette tranquillo lui, e mette tranquilli, felici e contenti anche noi.

L’articolo de Il Giorno è qui:

Milano, 21 maggio 2015 – Nelle tre settimane all’Esposizione universale di Milano ogni giorno sono entrate in media sessantamila persone. È questa la stima delle visite quotidiane tra i padiglioni che fonti autorevoli hanno permesso di ricostruire, mentre la società Expo continua a tenere sotto chiave i dati degli accessi. In sostanza, l’evento si è tenuto al di sotto delle stime degli organizzatori, che calcolavano in 80-90mila le presenze in settimana, con picchi fino a 250mila persone nel weekend.
Finora gli unici dati pubblici sono quelli dei padiglioni: 115mila turisti nei primi venti giorni alla Svizzera, 10mila ogni dì sulla rete del Brasile, diecimila a Palazzo Italia. Tuttavia manca la somma ed Expo tiene la bocca cucita. «Oggi abbiamo in visita 20mila bambini delle scuole», spiegava martedì il commissario unico, Giuseppe Sala. E gli altri? Ci si affida solo al numero di biglietti venduti: l’ultima stima, una settimana fa, era di 11,3 milioni, di cui 100mila ticket serali. Anche altri dati sensibili, come il traffico sui mezzi pubblici o la quantità di pattumiera raccolta, sono secretati: la linea ufficiale di Atm, Trenord e Amsa è di non rilasciare numeri su Expo.
Tuttavia, qualche dato trapela. Ad esempio, la stazione Rho Fiera della metropolitana rossa, uno dei porti di Expo, nei giorni scorsi ha registrato un passaggio medio di seimila persone di notte. Compresi i lavoratori dei padiglioni. I dati sull’uso dei mezzi pubblici sono significativi, perché li adopera la maggior parte dei visitatori, ben oltre la stima del 60% elaborata prima dell’inaugurazione. L’altra fetta grossa sono i pullman delle scolaresche. Seicentomila gli alunni che hanno prenotato una visita. Di auto se ne vedono poche, di taxi ancora meno. Nella prima metà del mese, le auto bianche di Milano hanno ricevuto meno chiamate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, nonostante fosse stato promesso un incremento di cinquemila corse in più al giorno.
Calma piatta anche sui tabelloni degli arrivi di Linate, Malpensa e Orio al Serio. «Non ci sono voli aggiuntivi per Expo – puntualizza Antonio Albrizio, segretario Uil Milano e Lombardia con delega ai trasporti –. Si punta ad aumentare i coefficienti di riempimento degli aerei, che al momento sono del 65%». Ci sono trattative per aggiungere tratte con il Messico e sono aumentate alcune frequenze verso la Cina. Da quest’ultima gli organizzatori di Expo si aspettano un milione di visitatori, tuttavia l’ultimo rapporto della Fondazione Italia-Cina stima in 700-750mila i turisti del Paese di Mezzo che sbarcheranno in tutto lo Stivale. Dalla Lombardia stanno partendo anche più voli verso gli Stati Uniti, ma Albrizio frena: «Succede tutte le estati».
L’umore è sottotono anche negli ambienti del commercio. «Ci erano state promessi sei mesi di giornate tipo Salone del mobile, ma non è così e alcuni locali hanno giornate in negativo», osserva Lino Stoppani, presidente di Epam, l’associazione provinciale milanese dei pubblici esercizi. Il primo nodo è l’assenza dei turisti stranieri. «Non sono ancora arrivati, i dati degli alberghi ci dicono che si saranno punte a giugno e settembre», osserva Stoppani. La seconda è l’effetto cannibalismo dei ristoranti di Expo sui locali della città: «Spero sia temporaneo. Comunque Expo – osserva Stoppani – non finisce il 31 ottobre e a Milano sono stati fatti investimenti duraturi». Nel frattempo, Federconsumatori Lombardia lancia con Comune di Milano e Regione Lombardia un portale, «We4You» per segnalare i raggiri di cui i turisti sono rimasti vittime. «Già qualche mese fa abbiamo segnalato un aumento nei prezzi di alcuni alberghi – spiega il presidente, Gianmario Mocera –. Fino al 30% in più. Ne ha già fatto le spese chi viene a curarsi in Lombardia».

Pensare lentamente (e verificare)

Sono completamente d’accordo con Alessandro quando scrive che aspettare un minuto in più per dare una notizia, in fondo, non crea problemi a nessuno e permette di verificarli. Anche a me tra l’altro è successo di non avere verificato una notizia datami da un collega e scoprire che in realtà era falsa. Il post di Gilioli dice bene:

Schermata-2015-05-22-alle-11.59.001La foto qui sopra si riferisce al marocchino arrestato e al terrorista ricercato (somigliantissimi, eh?) ma per favore non pensate solo alla fretta con cui è stato commentato il caso Taouil, nelle prime ore.

Pensate a tutto il diluvio di tweet, glosse, analisi, dichiarazioni ed editoriali sbagliati che ci cascano in testa dopo una notizia che poi si rivela infondata o almeno incerta, parziale, imprecisa.

Pensate a come è stata commentata la vicenda dei profughi gettati dal barcone perché cristiani, che poi non era vera; o a quello che si è detto sul ragazzino che aveva aggredito una compagna perché aveva il crocifisso al collo, un’altra bufala. O ancora, pensate alla panna montata dal ‘Corriere’ sui giovani choosy che rifiutano un posto da 1.300 euro al mese, altra semplificazione al limite della balla che pure ha scatenato un bel filotto di sdegnati editoriali.

E sono solo le ultime storie che mi vengono in mente.

Ecco, in questo caso non ce l’ho con le “notizie che non lo erano”, cosa di cui si occupa da tanti anni Luca Sofri (il quale ci ha pure scritto da poco un libro). Mi riferisco invece all’usanza di commentare e opinare senza aspettare uno straccio di conferma, di verifica, di approfondimento: che forse è perfino un po’ più grave.

Più grave perché il meccanismo della notizia sparata in fretta anche se non accertata è orribile quanto volete ma difficilissimo da estirpare in un contesto di informazione rapidissima (internet, rullo dei tg etc) e di competizione a chi arriva per primo; mentre il commento è per definizione lo spazio della riflessione, del tempo che ci si prende per farci un pensiero in più, a bocce un po’ più ferme; e non ha nemmeno l’alibi del dover battere qualcun altro sul tempo. Semmai è vero proprio il contrario, cioè che un’opinione e un editoriale sono tanto più interessanti e articolati quanto più ampie e approfondite sono le ricostruzioni della notizia che ha fornito il gancio di cronaca, i suoi risvolti, le sue verifiche.

Buone idee da tenere in tasca: la biblioteca condominiale

Io non so voi ma quando leggo notizie così la giornata mi inizia con il sorriso:

“Con l’apertura della biblioteca il rapporto tra i condomini è nettamente migliorato, in fondo, lo scopo era proprio quello…”. Scopri la storia del palazzo di via Rembrandt 12, alla periferia di Milano, in cui è stata collocata una biblioteca nell’ex portineria. Si tratta del “primo esempio di biblioteca aperta al pubblico in un condominio privato”

Possono i libri migliorare il rapporto tra condomini, spesso conflittuale? E può la condivisione della passione per la lettura favorire il dialogo (visto che, in molti casi, spesso neppure si conosce il nome degli altri condomini)?

La risposta a queste domande, stando all’esperienza della biblioteca condominiale di via Rembrandt 12, a Milano (zona Lorenteggio), collocata nell’ex portineria del palazzo, è sì in entrambi i casi.
Roberto Chiapella, l’ideatore del progetto, ne ha parlato con ilLibraio.it, spiegando che lo scopo per cui è nata questa biblioteca, è proprio quello di migliorare il rapporto tra i condomini che, in effetti, “è nettamente migliorato”.
“La partecipazione al progetto continua e ci sono speranze che si diffonda. In più, ci siamo attivati organizzando presentazioni di libri”, aggiunge.

La biblioteca di via Rembrandt 12 resta per ora l’unica realtà del genere a Milano: “Stanno nascendo altre strutture simili, ma si tratta di casi differenti: il Comune di Milano ha infatti messo a disposizione dei locali in alcune case popolari, e dei volontari si stanno attivando per gestire altre piccole biblioteche; noi abbiamo un percorso a parte, siamo la prima biblioteca aperta al pubblico (anche non residente) in un condominio privato”.

544023_127661810738411_107508253_n

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

DDL Anticorruzione: cosa ne dice Libera

antiPartiamo da un punto: l’Anticorruzione è un passo importante. Potrebbe essere meglio, ci auguriamo che venga migliorata ma qualcosa sta cambiando. Questa volta sento di condividere il giudizio di Libera:

Una riforma che non poteva più attendere ma da completare:più nettezza per rescindere i legami tra mafia, corruzione e politica. Un testo che presenta aspetti positivi ma lacunoso in altri. Finalmente torna a essere perseguibile penalmente il falso in bilancio senza prevedere soglie e con la procedibilità d’ufficio, ma sarebbe stato bene accogliere l’emendamento che innalzava fino a sei anni le pene per le società non quotate, per permettere le intercettazioni. Importante sia il potenziamento dell’Autorità nazionale anticorruzione all’insegna della trasparenza e degli scambi di informazioni con la magistratura, che vanno a migliorare le sue azioni di controllo sia la restituzione del maltolto per accedere al patteggiamento e alla sospensione della pena. Inoltre l’aumento delle pene per i delitti di corruzione e criminalità organizzata può indirizzare il legislatore ad inasprire, mantenendo una giusta proporzione, anche quelle previste per il 416 ter, il voto di scambio politico mafioso. E’ importante che all’aumento delle pene, che fungono da deterrente, si accompagnino certezza del diritto e maggiori garanzie di trasparenza nell’economia e nella finanza. “Inaccettabile se l’approvazione di questa norma comportasse un passo indietro sulla prescrizione al Senato, da cui arrivano notizie di gravi peggioramenti del testo e delude l’assenza di una norma sul whistleblowing, ossia la tutela di chi segnala casi di corruzione sul luogo di lavoro. Con la campagna Riparte il Futuro promossa insieme al Gruppo Abele sottoscritta da oltre un milione di cittadini continueremo a vigilare per tenere alta l’attenzione sui temi della lotta alla corruzione. In una nota Libera sul Ddl anticorruzione diventata legge con il voto alla Camera.

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)