Giulio Cavalli
Quartum non datur
Ha ragione da vendere Pippo che dice di essere stato contattato da un’amica che gli ha riferito una frase appena detta da un giornalista televisivo:
Se cade il governo bisogna votare, mica si può avere il quarto presidente non eletto.
Già: quartum non datur. E fa niente se ne abbiamo avuti 3 di governi non eletti. Va bene così.
Ad Expo l’illegalità ha il suo varco di ingresso
Abbiamo buchi, in giro per l’Italia dove i lavoratori in nero trovano quotidianamente un accesso abituale. E nessuno che li copre, questi buchi. Come se servissero per “sfiatare” un esercito di sommersi da salvare. E anche all’Expo ovviamente non poteva mancare. Ne scrive il Corriere qui:
La presenza del cancello degli abusivi è nota sin dall’arrivo dei lavoratori nella stazione ferroviaria. All’altezza degli ultimi binari, attraversando uno scalo già inaugurato ma che ancora necessita di interventi, si sbuca in superficie e ci si immette sulle strade che portano all’esposizione. I muri sono affollati di scritte contro l’Expo, i pali di bigliettini per affittare appartamenti nei dintorni. Incontriamo un ragazzo italiano, alto, con barbetta, e un altro ragazzo tunisino, magro. Il primo è più disponibile, il secondo ci mostra il tragitto per raggiungere il varco e una volta lì si raccomanda: «Fatti i c… tuoi, che qui lavoriamo in tanti». L’italiano racconta: «Ogni tanto mi chiama un amico. Io aggiusto i bagni, m’intendo anche di impianti elettrici. Se c’è bisogno, mi faccio trovare pronto. Pagano subito. E cosa faccio, butto via i soldi?». Non bastassero le testimonianze, le fotografie e i video, ci sarebbero alcune considerazioni da fare, dopo la premessa che tutti i lavoratori di Expo devono essere registrati e «monitorati» nei loro spostamenti. Difficile che gli abusivi entrino dal cancello per accorciare il cammino verso i cantieri: a duecento metri, come detto, c’è uno degli accessi regolari che all’alba – così era ieri – non hanno fastidiose code. Difficile che il varco non porti dentro l’Expo: altrimenti, se la zona è «neutra», quando si sono posizionate, le guardie non avrebbero allontanato tutti gli altri operai che tentavano l’«assalto». Difficile che gli abusivi si servano del cancello per prendersi un pausa caffè. Dal varco non abbiamo visto uscite ma esclusivamente entrate. E poi il bar è lontano, quantomeno a chiedere agli operai che ci conducono al «bar Expo 2015», gestito da cinesi.
Sulla vetrina c’è scritto che la domenica è chiuso: questa domenica è aperto, fuori si raggruppano lavoratori. Fumano, leggono la Gazzetta . Sembrano scene di una Milano antica, quella dei quartieri della Bovisa e della Bicocca, gli operai scaricati dai tram e dai treni, il ritrovo fuori dai bar per un goccino d’ordinanza, infine l’incolonnamento verso le fabbriche.
Persone dal cuore enorme
Questa mattina mi è capitato di leggere l’articolo scritto da Eva Mozes Kor. Eva è una donna nata 81 anni fa in Romania e sopravvissuta all’Olocausto durante il quale fu sottoposta ad esperimenti di eugenetica. Perse per mano dei nazisti entrambi i genitori e due sorelle maggiori. Eva Mozes Kor, durante il processo ad Amburgo, in Germania, contro Oskar Groening, un uomo di 93 anni che lavorava al campo di concentramento di Auschwitz, ha deciso di stringergli la mano. Groening è accusato di avere contribuito all’uccisione di almeno 300.000 persone.
Eva ha dichiarato
“Tutto ciò di cui è accusato, secondo me lo ha compiuto. Personalmente ho perdonato i nazisti e tutti quelli che mi hanno fatto del male, ma ho detto a Groening che il mio perdono non mi impedisce di accusarlo né di considerarlo responsabile per le sue azioni. E ho anche detto pubblicamente che Groening era solo un piccolo ingranaggio in una grande macchina assassina, ma che le macchine non possono funzionare senza i piccoli ingranaggi. Ma ovviamente Groening è anche un essere umano. La sua reazione è stata coerente con ciò che mi aspetto dalle interazioni fra coloro che hanno subito quelle violenze ed ex aguzzini che avvengono in un clima di umanità”.
Persone dal cuore così grande che rispondono all’odio con l’umanità; che hanno la sicurezza di mostrare il cuore nudo e invitarci tutti dentro senza né pretese né nascondimenti; persone con così tanta anima da non entrare dalle misere porte delle piccole sfide di piccolo odio e che, per fortuna, ci lasciano sperare che ci sia davvero una forma d’intelligenza anche qui, su questo pianeta.
Siamo ancora pieni di cose a cui resistere
“Il fascismo, il regime fascista, non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere. E questo gruppo di criminali al potere non ha potuto, in realtà, fare niente. Non è riuscito a incidere, nemmeno a scalfire lontanamente, la realtà dell’Italia – realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire. Ora invece succede il contrario: il regime è un regime democratico eccetera eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce a ottenere perfettamente; distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo in realtà l’Italia, e io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi. E questa cosa è accaduta tanto rapidamente che forse non ce ne siamo resi conto: è avvenuto tutto in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire. E adesso, guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.”
(Pier Paolo Pasolini, 1974)
#Left Come se la guerra fosse niente. Il monologo di Edda Pando.
Questa settimana nel nostro consueto monologo di carta con Edda Pando, coordinatrice Rete sportelli immigrazione – Arci Milano, abbiamo raccontato di migranti, stranieri e mediterraneo. Lo trovate qui. E nel numero in edicola.
Perché non rimangano solo i buchi
In tempi di fascismo strisciante e razzismo edulcorato il 25 aprile non è solo memoria, è un comandamento.
Lo Porto: la Camera vuota che infanga anche i morti
Solo 39 deputati presenti mentre Gentiloni riferisce alla Camera sull’uccisione del ccoperante Giovanni Lo Porto. Nemmeno il funerale di uno stronzo riesce a fare numeri così bassi ma qui c’è una differenza: questi sono pagati per informarsi ed informarci e invece il venerdì vince sempre. Anche su un corpo morto.
Ad ascoltare l’informativa urgente del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni nell’Aula della Camera sulla morte di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano ucciso dai droni americani tra Pakistan e Afghanistan, ci sono meno di quaranta deputati: poco più del dieci per cento dell’Assemblea di Montecitorio. Eppure, quell’informativa, resa a meno di 24 ore dall’arrivo dalla tragica notizia resa nota dalla Casa Bianca, era stata reclamata da tutti i gruppi parlamentari alla Camera, costringendo la Farnesina a fare salti mortali per organizzare la comunicazione al Parlamento.
E invece stamani in Aula, oltre alla presidente Laura Boldrini, al ministro Gentiloni ed al sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova (vedere foto), erano meno di quaranta deputati, mentre affollate erano le tribune del pubblico, piene di studenti in visita ma anche di cittadini. Mentre parlava Gentiloni, per la precisione, i deputati erano 39: 16 del Pd, 3 di Pi, 7 rispettivamente di Fi e M5S, gli altri di Ncd e Sel. Troppo pochi perfino per abbozzare il classico applauso unanime che solitamente si leva dall’Aula al termine di un minuto di silenzio osservato dall’Assemblea in omaggio di una vittima.
“Colpa del venerdì. Non si vota e sono andati tutti via…”, dice un esponente del Pd guardando desolato la scena ad un collega che gli siede accanto. Il quale a sua volta scrolla le spalle
(fonte)
E datteri, un sacco di datteri
Detto ciò, volendo vedere i lati positivi, queste ultime settimane sono state una specie di viaggio allucinato fra video di Kpop, complessi di edifici deserti e computer settati in arabo, in totale alternanza fra disorientamento ed esaltazione. E datteri, un sacco di datteri.
Com’è lavorare per Expo, detto da una che ci lavora: Marta Bertoni qui Per VICE.
Fatevi un’idea.
La risposta in copertina
Ci abbiamo pensato a lungo: ho molti colleghi che da tempo cercano di convincermi che la copertina di un settimanale ne determina in gran parte le vendite; tra l’altro si esce di venerdì ed è quasi il 25 aprile e quanta gente ha voglia di condannarsi a riflettere nel fine settimana? Molti. Io credo molti. Io spero molti. Per questo con un Mediterraneo insanguinato com’è in questi giorni abbiamo deciso di dare la copertina secondo le priorità di umanità e abbiamo deciso di prendere una posizione, stare fortemente da una parte, essere partigiani insomma. Con una copertina così (da venerdì, Left, in edicola):
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