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Giulio Cavalli

O fai politica o non la fai

 Vale la pena leggere Giuseppe Musmarra e riprendere dal suo articolo una considerazione:

Landini ha traccheggiato. Ha rinviato. Si è lanciato in una serie di distinguo tra “partito” (Io un partito? Giammai!), “movimento” (Un’aggregazione spontanea? Forse) e poi “blocco sociale” (Ecco sì, wow, blocco sociale sì!). Una colossale e ridicola perdita di tempo terminologica. Perché delle due l’una: o fai politica o non la fai. Farla fingendo di non farla è una mistificazione che la gente percepisce e giudica negativamente. Nel frattempo Renzi ha ben approfittato di queste incertezze mettendo a segno una serie di riforme che hanno tolto al rassemblement alla sua sinistra molti argomenti.

Ora, al di là di una diversa opinione sul senso di “mettere a segno una serie di riforme” che hanno tolto alla sinistra argomenti (credo che siano molti di più di quelli che pensa Musmarra a non condividere lo spirito di queste ultime riforme annunciate) sono comunque d’accordo sul fatto che oggi gli elettori chiedano, soprattutto a sinistra, almeno radicalità nelle posizioni e il tira e molla di Landini, come era successo per Montezeolo e Passera e il Movimento Arancione di De Magistris, porta i cittadini a sentirsi cavie chiamate a raccolta per contare le statistiche nei sondaggi. E nessuno ne ha voglia. Nessuno.

Sostengo il #crowdfunding de “L’Amico degli eroi” perché: (3)

Ci scrive Armando, uno degli oltre 100 coproduttori del nostro spettacolo (e libro) “L’Amico degli Eroi“:

io ho aderito a questa iniziativa innanzitutto perché ritengo importante che vengano divulgate il più possibile certi fatti/notizie, poi per la tua storia personale, ma anche per il video-appello che – qualche mese fa – hai voluto fare per Nino Di Matteo, video che ho visto (e divulgato) tante volte e ogni volta mi emoziono e m’incazzo … anche perché la situazione è peggiorata ulteriormente dopo la vergognosa decisione del CSM di non assegnarlo alla Procura Nazionale Antimafia.
Sono certo che realizzerai un gran bel lavoro.
Spero al più presto di poterti stringere la mano, intanto ti faccio arrivare un abbraccio.

Se volete aiutarci potete contribuire facilmente qui.

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La sicurezza per i volti noti della tv e dei giornali. Ne parla il giudice Piergiorgio Morosini.

scorta-in-Italia“Il problema della sicurezza non è solo un problema di tutela di alcuni volti noti, perché conosciuti anche in tv o sui giornali. Bisogna proteggere tutti. Bisogna mettere tutti in condizione di potere fare il proprio dovere con serenità. Le istituzioni preposte alla sicurezza non possono credere di assolvere al loro compito tutelando solo alcuni”. Lo ha detto il giudice Piergiorgio Morosini, componente del Csm, intervenendo a Palermo all’assemblea dei magistrati e degli avvocati convocata dopo i fatti di Milano. “Questo è un tema che viene sollevato a Palermo ormai da anni ma è un problema che riguarda l’intera realtà nazionale – dice – perché la nostra sicurezza ela nostra serenità non sono privilegi, ma presupposti affinché possiamo rendere un servizio degno di un paese civile a tutti i cittadini che chiedono giustizia. Noi tutti, con gli avvocati e il personale di cancelleria, dobbiamo pretendere rispetto e volontà di dialogo dei nostri interlocutori istituzionali. E il Csm ha un ruolo importante”.

“Ma come fa la sicurezza a essere una priorità se noi per tanti anni abbiamo sentito di giudici politicizzati e negli ultimi tempi il jingle e cambiato e sentiamo parlare di fannulloni e irresponsabili?”, denuncia Morosini.

(fonte)

Left (da domani in edicola): cosa ci abbiamo messo dentro

Left ora è nuovo davvero, nella grafica e nei contenuti e per noi domani è un giorno importante, ne ha scritto la direttora Ilaria Bonaccorsi:

20150411_Left_N132015-800x500Questo è un numero speciale per noi di Left. Abbiamo immaginato  e poi realizzato ogni singola pagina, contenuto e forma.

Siamo andati a Parigi, a tre mesi dall’attentato di Charlie Hebdo e abbiamo parlato con la giovane giornalista, sociologa delle religioni franco marocchina che si è salvata per un semplice caso. Non era andata in redazione quella mattina, era a Casablanca per cercare casa. Voleva tornare a casa, era stanca. L’Is ha “l’obbligo” di ucciderla, perché ha offeso Maometto, ma lei è talmente arrabbiata che non riesce neanche ad  avere paura.

E poi siamo andati in giro per il Paese, abbiamo cercato di capire se fuori dal mainstream del Pd c’è vita, abbiamo intervistato il sindaco di Bogliasco, Luca Pastorino uscito di recente dal partito di Renzi, che si è candidato in Liguria contro Raffaella Paita alzando polveroni di polemiche inutili; siamo andati in una scuola di periferia dove nonostante “La vera scuola” fatta di pioggia dentro e servizi inutilizzabili, la didattica si fa “eccellenza”.

Abbiamo chiesto a Gherardo Colombo, uno dei tre magistrati simbolo di Mani pulite autore di un libro coraggioso e bello Lettera a un figlio su Mani pulite, di spiegare la corruzione a una bambina di dieci anni. Vi abbiamo raccontato il calcio di sinistra e abbiamo affidato quattro pagine al graphic journalism di Francesca Zoni.

Ci siamo chiesti chi siano le migliaia di foreign fighters, combattenti volontari, che ogni giorno partono per andare a combattere l’Is, armati sino ai denti. E abbiamo chiesto a un’economista il profilo del signor No d’Europa, il finanzminister della Merkel, Wolfgang Schauble. L’uomo forte dell’austerity, quello che si è rifiutato persino di dare il proprio numero di telefono al suo collega greco, Yanis Varoufakis.

Perla di questo numero è anche il racconto fantastico, ma non troppo, di Claudia Vago che immagina un mondo nel quale Facebook ha divorato tutto. Tutto lo spazio vitale del web e dell’informazione fino a farsi Stato e a dichiarare guerra allo Stato.  Ma anche Albert Einstein e la teoria della relatività generale nel suo centenario, Luciano Bianciardi e la musica con Lady Pink Floyd. Leggeteci e raccontateci cosa vi sembra. Vi aspettiamo.

(Ilaria Bonaccorsi)

Altro che Isis (tutti obiettori con l’utero degli altri)

«Chi pensa di abortire è una puttana, una troia oppure una sgualdrina. Ho più rispetto di una prostituta che per una femmina (non donna) che abortisce. È vergognoso giustificare un omicidio, non chiamare le persone con il loro nome».

(don Luigi De Rosa, parroco di Vairano Scalo, nel casertano)

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Arrestato il boss (latitante) Mazzei

Santo Mazzei
Santo Mazzei

Il boss latitante ‘Nuccio’ Mazzei, figlio dello storico capomafia Santo, detto ‘U carcagnusu’, detenuto al 41bis, ‘uomo d’onore’ collegato a Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, è stato arrestato dalla polizia di Stato di Catania in collaborazione il Servizio centrale operativo di Roma. Ritenuto alla guida dall’omonimo clan mafioso, era irreperibile dall’aprile dello scorso. Agenti della squadra mobile lo hanno catturato a Ragalna, paese etneo dove si nascondeva con la moglie. ‘Nuccio’ Mazzei non era armato. ‘Nuccio’ Mazzei era latitante dall’aprile del 2014 quando sfuggì al blitz ‘Scarface’ della guardia di finanza di Catania. Secondo l’accusa, il boss e i suoi più stretti collaboratori gestivano direttamente degli affari dei ‘Carcagnusi’, e in particolare il “reinvestimento dei proventi derivanti dalle attività illecite – e non soltanto estorsioni, ma anche bancarotte aggravate dal metodo mafioso – nel circuito legale, attraverso l’acquisto di attività economiche, tutte fittiziamente intestate a prestanome”. Sebastiano Mazzei era ancora irreperibile l’8 luglio 2014 quando Dia di Catania e Carabinieri di Randazzo eseguirono l’operazione antimafia ‘Ippocampo’. Il boss era accusato di associazione mafiosa e traffico di droga in collegamento con organizzazioni criminali calabresi della Piana di Gioia Tauro. Secondo l’accusa, il clan esercitava una posizione di predominio criminale nel rione San Cristoforo di Catania e, secondo quanto riferito da più pentiti alla Dda della Procura, avrebbero avuto un ruolo nel progetto di guerra di mafia tra i ‘Carateddi’ e la ‘famiglia’ Santapaola scongiurata dagli arresti delle forze dell’ordine.

Il capo della polizia, prefetto Alessandro Pansa, secondo quanto si è appreso, ha telefonato al questore di Catania, Marcello Cardona, per “congratularsi con lui e i suoi uomini per il brillante lavoro che ha portato alla cattura del boss Sebastiano Mazzei”, figlio dello storico capomafia Santo, detenuto in regime di 41bis e fatto uomo d’onore nel 1992 da Leoluca Bagarella.

(clic)

Pesta e fai carriera: come sono finiti in alto i poliziotti del G8

Marco Preve scrive per Repubblica un articolo importante per non dimenticare e per capire come viene scelta la classe dirigente di questo Paese:

GIANNI DE GENNARO FOTO ANDREA ARRIGA

Banche, squadre di calcio, aziende di Stato. In attesa di indossare di nuovo la divisa. Ricche consulenze per i big rimasti (temporaneamente) fuori dal corpo, e neppure un giorno di sospensione per i capisquadra che guidarono gli agenti torturatori. Con i protagonisti di una delle pagine più nere della democrazia italiana, in fondo, la sorte non è stata così maligna.

Ed è anche questo aspetto, quello di un’impunità quasi totale, che ha influito non poco nel giudizio con cui la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per le torture avvenute all’interno della scuola Diaz al G8 genovese del 2001. La Corte di Strasburgo ha sottolineato che di fronte al semplice sospetto di gravi abusi commessi da appartenenti alle forze dell’ordine la Convenzione dei Diritti dell’uomo prevede l’allontanamento degli stessi dalle posizioni che occupano già nella fase d’indagine.

FRANCO GRATTERI
FRANCO GRATTERI

 

Invece per la Diaz è accaduto l’esatto contrario, molti di loro sono stati promossi questori, capi di dipartimento, prefetti, e da indagati e condannati hanno raggiunto livelli apicali. Quelli che hanno dovuto lasciare la divisa sono quasi tutti “caduti in piedi” e gli altri rappresentano ancora lo Stato nelle strade e nelle piazze d’Italia.

 

Gilberto Caldarozzi
Gilberto Caldarozzi

Quando nel luglio 2012 la Cassazione conferma le pesanti condanne di appello per falso (le uniche che si sono salvate dalla prescrizione a differenza delle lesioni gravi) Franco Gratteri è il capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde, Filippo Ferri, il più giovane, figlio dell’ex ministro e fratello del sottosegretario alla giustizia, guida la squadra mobile di Firenze. L’interdizione dai pubblici uffici obbliga il ministero ad espellerli.

GIOVANNI LUPERI

  Non restano a spasso per molto. Ferri diventa responsabile della sicurezza del Milan e per alcuni mesi è l’angelo custode di Mario Balotelli. Gilberto Caldarozzi lavora prima per le banche e poi viene chiamato come consulente della sicurezza a Finmeccanica dal suo vecchio capo, Gianni De Gennaro. Indiscrezioni raccontano che anche Franco Gratteri abbia avuto rapporti con il colosso di Stato ma dall’ufficio stampa dicono che non risulta. A Gratteri, nel 2013 il ministero pagava ancora un appartamento di servizio nel centro di Roma, ufficialmente per motivi di sicurezza.


 

filippo ferri
Filippo Ferri

Tra gli altri funzionari di vertice che si sono riciclati come consulenti c’è anche Salvatore Gava ex dirigente di squadra mobile che oggi lavora per Unicredit. Attività manageriale starebbe svolgendo anche un altro condannato per la Diaz, quel Fabio Ciccimarra che è stato condannato in appello (prescritto in Cassazione) per sequestro di persona per i fatti del G7 di Napoli alla Caserma Raniero, sempre nel 2001.

SALVATORE GAVA
SALVATORE GAVA

 

Ciccimarra da indagato in due processi e già con condanne in primo grado era un funzionario in carriera fino al 2012, quando il definitivo per la Diaz lo colse capo della squadra mobile all’Aquila. Vincenzo Canterini, il capo del reparto mobile di Roma dopo il 2001 ha avuto prestigiosi incarichi nelle ambasciate europee e una volta in pensione si è dedicato anche a rievocare, a modo suo, la vicenda Diaz in un libro.

Il suo vice Michelangelo Fournier, il funzionario che interruppe i pestaggi al grido di “basta basta”, che al processo parlò di “macelleria messicana”, ma che non fu mai in grado di individuare neppure un responsabile delle brutalità tra i suoi uomini, oggi è sempre in servizio e ricopre anche un ruolo sindacale.

FABIO CICCIMARRA
FABIO CICCIMARRA

Se, per questioni anagrafiche, i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici mettono fuori gioco Gratteri e Luperi (anche se non sono vietate consulenze con i servizi segreti), per i più giovani non è escluso, ed è anzi previsto, un ritorno in divisa una volta scontato il periodo. Nessun esponente di governo ha infatti mai specificato che non saranno riammessi.

Potrebbero indossarla ancor prima due funzionari responsabili di condotte minori nella vicenda Diaz. Uno di loro è quel Pietro Troiani che diede ordine al suo autista di trasferire dal blindato al cortile della scuola Diaz il sacchetto con le molotov poi addebitate ingiustamente ai manifestanti. L’aver beneficato dell’affidamento ai servizi sociali per i pochi mesi da scontare non coperti dall’indulto consente infatti di ottenere la cancellazione dell’interdizione.

VINCENZO CANTERINI

 Grazie alla prescrizione per le lesioni gravi non hanno invece subito nessuna interdizione i capisquadra condannati: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri. Hanno continuato a fare il loro lavoro.

Addirittura il governo italiano, come si legge nella sentenza della Corte europea, non ha mai voluto informare i giudici di Strasburgo circa le sanzioni disciplinari adottate. E lo stesso sta facendo il ministro Angelino Alfano da due anni esatti. Nel maggio del 2013 i parlamentari di Sel presentarono un’interrogazione al Viminale per sapere quali misure disciplinari fossero state prese nei confronti dei condannati per la Diaz. La risposta deve ancora arrivare.