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Giulio Cavalli

La confusione sulla libertà di espressione targata Dolce&Gabbana

Il solito bravo Leonardo:
Quest’anno il manuale di Storia adottato dai colleghi non mi convince tantissimo. Ogni tanto prende delle topiche inquietanti. Nella verifica sull’Illuminismo ho cancellato una “frase celebre” che doveva essere attribuita a un filosofo: indovinate quale.

Poi ho dovuto di nuovo spiegare ai ragazzi che quella frase Voltaire non l’ha mai scritta, e anzi, chiunque un po’ lo conosca davvero sa che nel Trattato sulla tolleranza si lanciava contro i suoi avversari al grido “Schiacciate l’infame”. Non proprio il tipo che avrebbe combattuto fino alla morte affinché gli infami potessero manifestare le loro opinioni.

Tre ore dopo, mentre esco da scuola, getto l’occhio nell’atrio su un bel cartellone prodotto da un’altra classe: c’è la stessa frase, attribuita a Voltaire. Come spalare l’acqua col forcone.

Perché insisto tanto su questa storia, sempre la solita? Perché ho la sensazione che la frasetta pseudovoltairiana ci abbia un po’ fregato tutti quanti. Prendi uno a caso…

…Stefano Gabbana. Magari anche lui da qualche parte (a scuola?) ha appreso erroneamente che Voltaire avrebbe difeso fino alla morte i gesuiti che non la pensavano come lui. È un’ipotesi come un’altra. Oppure pesca parole a caso dal dizionario inglese-italiano. Elton John se l’è presa perché Gabbana ha definito suo figlio “sintetico” e ha deciso che lo boicotterà. Scelta che puoi discutere finché vuoi, ma in che senso uno che ha deciso di boicottarti per le tue opinioni è “fascista”? Che ragionamento c’è dietro, se proprio ce ne deve essere uno?

Una pista ce la offre Giorgio Mulè, direttore di Panorama, che qualche ora dopo sente la necessità di intervenire per richiamare Elton John, ci credereste?, alle più elementari norme di tolleranza: ma come, Gabbana ha definito tuo figlio “sintetico” e tu ti sei offeso? Si vede proprio che non riesci a “accettare le idee” altrui.  Per fortuna non lo scrive in una lingua che Elton John possa comprendere.

Le immagini sono prese da http://twitter.com/lasoncini,
che magari non la pensa come me (nel qual caso son pronto a morire, va da sé).

Anche qui: di cosa parla Mulè quando parla di “democrazia”? Se Elton John smette di comprare prodotti Dolce & Gabbana diventa in qualche modo antidemocratico? In un’intervista Dolce e Gabbana hanno detto una stronzata, Elton John si è arrabbiato e ha annunciato che non comprerà più i loro prodotti. D&G hanno il diritto di scrivere stronzate (anche se il fatto di rappresentare un marchio che dà lavoro a così tante persone potrebbe suggerire maggiore prudenza), EJ ha diritto di boicottarli. Nessuna democrazia è stata violata fin qui. Nessuno sta impedendo a Elton John di avere figli, fuorché la legislazione italiana vigente. Nessuno sta impedendo a Gabbana di vendere vestiti, accessori, ecc.. Sembra così chiaro, eppure c’è qualcosa che non passa. Uno potrebbe anche pensare che Mulè in fin dei conti non si è ancora fatto le ossa nel mondo dell’opinionismo: che ha deve ancora farsi; che uno più esperto di lui non commetterebbe lo stesso errore.


“Freedom of expression”, dice. Cioè per Severgnini se ti arrabbi con Gabbana; se annunci che non comprerai più i loro prodotti, tu non stai rispettando la “libertà di espressione di Gabbana”. Per dire, io è da anni che non compro più il Corriere: trovo che scriva veramente troppe sciocchezze. Ebbene, pare proprio che mi stia sbagliando. Sto minando la libertà di espressione di Panebianco, di Ostellino, di Sartori, e chissà di quanti altri produttori di opinioni. Dovrei morire per la loro libertà di esprimerle! E invece non gliele compro, è o non è oscurantismo il mio? Che direbbe di me coso, Voltaire?

[Alla fine di tutto sorge il sospetto che Gabbana e il suo socio abbiano capito il mondo meglio di chiunque altro, e che l’immagine di un’Italia intollerante e culturalmente sottosviluppata, incapace di elaborare una discussione decente (e di elaborarla in inglese corretto) sia proprio quella su cui hanno imbastito anni di campagne. Un bel posto del Terzo Mondo dove passare le vacanze].

L’intergruppo sociale per la legalizzazione

11046407_10205218551496308_3436146092173049423_oPer contare: gli Stati americani che hanno autorizzato la cannabis per uso terapeutico e per uso ricreativo; le persone interessate in Italia a ciò che si può fare in Parlamento; tutte le persone che, se il Parlamento non dovesse muoversi, sarebbero disponibili a promuovere un’iniziativa popolare o una proposta referendaria sull’argomento.

Sel e M5s sono d’accordo. Personalmente ho presentato una proposta di legge, firmata da altri colleghi del gruppo. Sessanta parlamentari hanno dato l’adesione all’intergruppo che si è venuto formando in queste ultime ore, per iniziativa del già radicale Della Vedova.

Sappiate però che il clic impegna, in questo caso. L’intergruppo social lo trovate qui.

I veri “sabotatori” della TAV

Ercole Incalza, dirigente del ministero dei Lavori pubblici.
Ercole Incalza, dirigente del ministero dei Lavori pubblici.

Ercole Incalza, dirigente del ministero dei Lavori pubblici, è stato arrestato su richiesta della Procura di Firenze insieme a altre tre persone: sono il funzionario del ministero e collaboratore di Incalza, Sandro Pacella e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, presidente del Consiglio di Amministrazione di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato. L’inchiesta condotta dal procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo riguarda circa 50 persone e sono in corso oltre cento perquisizioni a Roma, a Milano e anche in altre regioni. Tra i reati contestati ci sono la corruzione, l’induzione indebita e altre violazioni relative alla pubblica amministrazione. Gli appalti finiti nell’indagine riguardano la linea Alta velocità (TAV) e diversi lavori legati alle cosiddette “grandi opere”.

Il Corriere della Sera scrive che «le indagini sono coordinate dalla procura di Firenze, perché – secondo quanto è stato possibile apprendere finora – tutto è partito dagli appalti per l’Alta velocità nel nodo fiorentino e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l’inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell’Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altre grandi opere, compresi alcuni relativi all’Expo». Secondo l’accusa, Incalza «sarebbe stato il principale artefice del “sistema corruttivo” scoperto dalla procura di Firenze. Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di “dominus” della Struttura tecnica di missione del ministero, ad organizzare l’illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti incriminati».

Ettore Incalza venne nominato nel 2001 capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi nel secondo governo Berlusconi, poi è rimasto al ministero delle Infrastrutture per quattordici anni durante sette diversi governi e cinque ministri. Con il ministro Altero Matteoli venne promosso “capo della struttura tecnica di missione” (a responsabile, cioè, della programmazione del ministero stesso), confermato da Corrado Passera (governo Monti) e Maurizio Lupi (governo Letta e governo Renzi). Lo scorso gennaio Incalza aveva lasciato l’incarico mantenendo un ruolo di consulente. Il Fatto Quotidianoscrive che «nella sua trentennale carriera, Incalza è stato indagato ben 14 volte, uscendone però sempre indenne. Il suo nome ricorre nelle carte delle principali inchieste sulla corruzione nelle grandi opere, da Mose a Expo».

(clic)

 

Pizzerie, B&B: come fattura la ‘ndrangheta

DV1987098-039-kbPC-U43070203464074C3F-1224x916@Corriere-Web-Roma-593x443«Faccio due srl qua, perché tanto trasformarla… due srl nuove… e così lavoriamo con queste due. Una si piglierebbe un Bed&Breakfast ed una pizzeria… un laboratorio di pizza al taglio, non lo so che facciamo… però quello a via di Tor Millina… perché se uno deve vendere devono essere separate…». Il dinamico imprenditore che pianifica strategie societarie al telefono è Gianfranco Romeo. Nella lista della spesa ha un ristorante a Campo De’ Fiori, un B&B a piazza Barberini, una pizzeria al taglio o un locale di gastronomia calda vicino piazza Navona. Ma più che la ristorazione e gli affari che ne potrebbero venire, la sua vera preoccupazione, secondo gli investigatori della Dda, è nascondere l’effettiva proprietà dei locali.

Romeo è accusato di fittizia intestazione di beni in concorso con Salvatore Lania, il quarantasettenne calabrese sospettato di legami organici nella ‘ndrangheta, arrestato due giorni fa. Gli acquisiti di cui si parla nella telefonata non andranno a buon fine, ma la conversazione dà la misura di quanto aggressiva sia la strategia degli otto indagati nell’inchiesta, ai quali sono stati sequestrati preventivamente locali noti e di buona clientela come «Er Faciolaro» e «La Rotonda» (oltre a un negozio di souvenir a poca distanza), nella zona del Pantheon. Dalle indagini della Dia è emersa inoltre la trattativa condotta da Romeo per la compravendita di fatture, circa 20mila euro, per conto delle società «Rotonda» e «Suriaca» (formali gestori dei ristoranti sequestrati). Secondo il giudice per le indagini preliminari, Gaspare Sturzo, «Romeo mostra la capacità di creare movimentazione di liquidità da far scomparire e comparire, legittimandola alla bisogna, creando ove occorra anche disponibilità di denaro in nero».

E il decreto di sequestro sottolinea un altro aspetto, attualmente al vaglio del pm Francesco Mìnisci: «Di solito le attività commerciali sono utilizzate per riciclare somme di denaro di illecita provenienza mediante la vendita di pasti a clienti inesistenti, ripulendo così ingenti somme, poi immettendole nel mercato legale mediante la fatturazione per forniture e servizio sovra costo o inesistenti». Questa ultima vicenda, dunque, non fa altro che confermare un fenomeno in rapida e progressiva espansione. I precedenti sequestri dei centralissimi «Caffè Chigi», del «Cafè de Paris» e della catena di pizzerie «Zio Ciro» – per restare agli esempi più noti – raccontano quanto diffusa e comune alle organizzazioni criminali sia la strategia di radicamento nel tessuto economico della Capitale. E non è un caso che su tutte le compravendite di questo tipo, non da oggi, la procura mantenga ormai la massima attenzione.

(clic)

Disperatamente attuale: quando l’Onorevole Mattarella parlò in aula contro le modifiche alla Costituzione (2005, ma vale anche oggi)

(L’intervento è negli atti parlamentari. Eravamo nel 2005, al governo Berlusconi. Provate a cambiare il nome degli addendi e vedrete che il risultato non cambia):

220734294-3c65732a-b424-4acc-8185-4593fff414a8Signor Presidente,

tra la metà del 1946 e la fine del 1947, in quest’aula, si è esaminata, predisposta ed approvata la Costituzione della Repubblica. Con l’attuale Costituzione, che vige dal 1948, l’Italia è cresciuta, nella sua democrazia anzitutto, nella sua vita civile, sociale ed economica. In quell’epoca, vi erano forti contrasti, anche in quest’aula. Nell’aprile del 1947 si era formato il primo governo attorno alla Democrazia cristiana, con il Partito comunista e quello socialista all’opposizio – ne. Vi erano contrasti molto forti, contrapposizioni che riguardavano la visione della società, la collocazione internazionale del nostro paese. Vi erano serie questioni di contrasto, un confronto acceso e polemiche molto forti. Eppure, maggioranza e opposizione, insieme, hanno approvato allora la Costituzione. Al banco del governo, quando si trattava di esaminare provvedimenti ordinari o parlare di politica e di confronto tra maggioranza e opposizione, sedevano De Gasperi e i suoi ministri. Ma quando quest’aula si occupava della Costituzione, esaminandone il testo, al banco del governo sedeva la Commissione dei 75, composta da maggioranza e opposizione.

Il governo di allora, il governo De Gasperi, non sedeva ai banchi del governo, per sottolineare la distinzione tra le due dimensioni: quella del confronto tra maggioranza e opposizione e quella che riguarda le regole della Costituzione. Questa lezione di un governo e di una maggioranza che, pur nel forte contrasto che vi era, sapevano mantenere e dimostrare, anche con i gesti formali, la differenza che vi è tra la Costituzione e il confronto normale tra maggioranza e opposizione, in questo momento, è del tutto dimenticata.

L e istituzioni sono comuni: è questo il messaggio costante che in quell’anno e mezzo è venuto da un’Assemblea costituente attraversata – lo ripeto – da forti contrasti politici. Per quanto duro fosse questo contrasto, vi erano la convinzione e la capacità di pensare che dovessero approvare una Costituzione gli uni per gli altri, per sé e per gli altri. Questa lezione e questo esempio sono stati del tutto abbandonati. Oggi, voi del governo e della maggioranza state facendo la “vostra” Costituzione. L’avete preparata e la volete approvare voi, da soli, pensando soltanto alle vostre esigenze, alle vostre opinioni e ai rapporti interni alla vostra maggioranza. Il governo e la maggioranza hanno cercato accordi soltanto al loro interno, nella vicenda che ha accompagnato il formarsi di questa modifica, profonda e radicale, della Costituzione.

Il governo e la maggioranza – ripeto – hanno cercato accordi al loro interno e, ogni volta che hanno modificato il testo e trovato l’accordo tra di loro, hanno blindato tale accordo. Avete sistematicamente escluso ogni disponibilità a esaminare le proposte dell’opposizione o anche soltanto a discutere con l’opposizione. Ciò perché non volevate rischiare di modificare gli accordi al vostro interno, i vostri difficili accordi interni. Il modo di procedere di questo governo e di questa maggioranza – lo sottolineo ancora una volta – è stato il contrario di quello seguito in quest’aula, nell’Assemblea costituente, dal governo, dalla maggioranza e dall’opposizione di allora. Dov’è la moderazione di questa maggioranza? Non ve n’è! Dove sono i moderati? Tranne qualche sporadica eccezione, non se ne trovano, perché la moderazione è il contrario dell’atteggiamento seguito in questa vicenda decisiva, importantissima e fondamentale, dal governo e dalla maggioranza. Siete andati avanti, con questa dissennata riforma, al contrario rispetto all’esempio della Costituente, soltanto per non far cadere il governo. Tante volte la Lega ha proclamato e ha annunziato che avrebbe provocato la crisi e che sarebbe uscita dal governo se questa riforma, con questa profonda modifica della Costituzione, non fosse stata approvata. Ebbene, questa modifica è fatta male e lo sapete anche voi. Con questa modifica dissennata avete previsto che la gran parte delle norme di questa riforma entrino in vigore nel 2011. Altre norme ancora entreranno in vigore nel 2016, ossia tra 11 anni. Per esempio, la norma che abbassa il numero dei parlamentari entrerà in vigore tra 11 anni, nel 2016! Sapete anche voi che è fatta male, ma state barattando la Costituzione vigente del 1948 con qualche mese in più di vita per il governo Berlusconi.

Questo è l’atteggiamento che ha contrassegnato questa vicenda. Ancora una volta, in questa occasione emerge la concezione che è propria di questo governo e di questa maggioranza, secondo la quale chi vince le elezioni possiede le istituzioni, ne è il proprietario. Questo è un errore. È una concezione profondamente sbagliata. Le istituzioni sono di tutti, di chi è al governo e di chi è all’opposizione. La cosa grave è che, questa volta, vittima di questa vostra concezione è la nostra Costituzione.

(Sergio Mattarella)

(fonte)

Io, merce tra le merci

Sul numero in edicola da oggi di Left, tra le altre cose, ho avuto di conoscere e “ospitare” nelle due pagine del monologo di carta Antonio Di Luca. Antonio è un operaio allo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco (NA), iscritto Fiom ma è soprattutto uno dei più brillanti pensatori sulla situazione del lavoro: se vogliamo semplificare è la migliore dimostrazione che la cultura del lavoro in questo Paese esiste, eccome, e non appartiene solo a chi non si è mai sporcato le mani. Nel suo pezzo racconta della (tristemente) storica giornata in cui le trattative con il gruppo Fiat isolarono Fiom e decisero per un assurdo e condizionato referendum di fabbrica. Io in questo video ho riportato alcuni suoi passi ma vale la pena leggerlo tutto. Davvero. Per ascoltare il monologo basta cliccare qui:

Schermata da 2015-03-14 15:38:34

Parlano di noi e di voi: Fanpage.it sul #crowdfunding de L’Amico degli eroi.

da fanpage.it:

di Enrico Colaiacovo

Schermata 2015-01-10 alle 15.27.43In passato ho sostenuto progetti di crowdfunding e ne sono stato davvero felice. Il primo è stato Comando e Controllo, un docufilm del bravissimo giornalista Alberto Puliafito. Un lavoro che ha fatto capire a noi aquilani tutto quello che non riuscivamo a spiegarci della gestione dell’emergenza da parte della Protezione Civile di Guido Bertolaso. In quella circostanza il contenuto emotivo del sostegno al progetto fu enorme, con un risultato straordinario.
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Sono stato contento di sostenere altri progetti di crowdfunding. Uno è stato Quando la città soffre, un film documentario di Carla Grippa, Marco Bertora e Giacomo Toricelli che affronta il tema del disagio sociale nelle sue manifestazioni urbane. Un tema delicato e importante, sul quale in passato non sono mancate iniziative di tipo giornalistico e altre ce ne saranno, ma che è importante affrontare e indagare senza mai risparmiarsi.

Un altro progetto che ho sostenuto con grande interesse è stato At Home, l’ultimo lavoro di un mio carissimo amico, il bluesman Pierluigi Petricca. Un CD al quale non avrei proprio rinunciato, per molte ragioni. Per Pierluigi e per la passione con la quale si è dedicato alla musica. Perché mi piace davvero molto. Perché il tipo di blues adatto al mainstream non lascia spazio a questo tipo di approfondimento musicale, a questi canoni stilistici e, più banalmente, a chi non ha un pubblico vasto.

Il caso del lavoro di Giulio Cavalli vale tutte queste considerazioni insieme. Il teatro, d’altra parte, è la sintesi di tutte le forme d’arte e come ci ricorda il motto che Nicola Piovani ha voluto per il suo sito web: il teatro è il linguaggio del futuro. Un futuro al quale guardiamo con la speranza di non commettere più gli errori del passato, di non subire più i soprusi del passato, di non vedere più il nostro paese nelle mani della mafia. L’amico degli eroi parla della storia dei fondatori di un partito che ha governato dieci anni negli ultimi venti avendo saldamente il ruolo di primo partito del paese. Uno di questi fondatori, Marcello Dell’Utri, l’amico degli eroi, dal 2014 sconta una pena di 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ecco, per dire, noi siamo amici di Giulio non degli eroi. Noi sosteniamo il progetto.

Intanto vediamo di farcela.

Schermata 2015-01-10 alle 15.27.43Siamo all’ultimo mese del cammino lunghissimo di preparazione dello spettacolo e libro L’AMICO DEGLI EROI. In questi giorni alcune associazioni ci hanno fatto sapere di essere in fase di raccolta per stabilire la propria cifra di partecipazione alla produzione sociale (il nostro #crowdfunding è qui) e ovviamente li ringraziamo fin da subito. Lo spettacolo armai sta assumendo forme quasi definitive e devo dire di esserne soddisfatto. Qualcuno mi dice che in giro ormai la vicenda di Dell’Utri sia considerata “vecchia”, “passata” e “poco interessante” ma faccio questo lavoro da abbastanza tempo per sapere che inoculare disinteresse ed indifferenza è il modo migliore per non essere costretti a pagare anche lo scotto “politico” e “sociale” di una vicenda. L’ho detto moltissime volte e l’ho anche scritto: credo che il teatro abbia il dovere di tenere la guardia alta lì dove è facile lasciarsi andare. Non cavalchiamo onde ma con molta umiltà cerchiamo di provocarne, piuttosto. Siamo fatti così. A giorni dovremo anche essere in grado di avere le prime bozze del libro. Lavoriamo, quindi. E possiamo crederci solo perché voi ci state credendo con noi. Per questo vi chiediamo, se potete e se volete, di aiutarci in queste ultime settimane dando visibilità alla nostra raccolta fondi. Le informazioni le trovate nella pagina di produzionidalbasso e sul blog.

Intanto buon venerdì.