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Giulio Cavalli

Mafia: le colpe della Chiesa

resize.php“Sono convinto che la Chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie e gran parte delle responsabilita’ le ha proprio la Chiesa perche’ per secoli non ha fatto niente”. Cosi’ il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti alla presentazione a Roma della relazione annuale della Dna. “Penso al discorso di Giovanni Paolo II fatto alla Valle dei Templi ma dopo quello? Silenzio assoluto. Zero reazioni, nonostante omicidi come quello di Padre Puglisi, fino al 2009 quando la Conferenza Episcopale ne parlo’. Oggi dopo altri sei anni Papa Francesco ne parla apertamente e parla di scomunica”.

(Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia)

La mafia gioca a videopoker

online-videopokerVideopoker e slot machine in provincia di Lecce erano “cosa loro”: impossibile per titolari di bar ed esercizi commerciali sottrarsi alle imposizioni di due gruppi criminali, sgominati dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’operazione “Clean Game”. Ventisette le ordinanze di custodia cautelare (19 in carcere e 8 ai domiciliari eseguite in Salento, a Rimini, Crotone, Milano e Modena), firmate dal gip Antonia Martalò su richiesta dei sostituti procuratori Carmen Ruggiero e Giuseppe Capoccia, che hanno coordinato le indagini delle fiamme gialle, nate due anni fa, all’esito di controlli che hanno rilevato manomissioni delle slot.

Le ipotesi di reato contestate sono associazione per delinquere di stampo mafioso, truffa ai danni dello Stato, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse, aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia e violenza, trasferimento fraudolento di valori, corruzione per atti contrari a doveri d’ufficio e associazione a delinquere. Nel mirino degli inquirenti i fratelli De Lorenzis di Racale (Saverio, Pietro, Pasquale e Salvatore, quest’ultimo noto anche per l’amicizia burrascosa con Patrizia D’Addario e per il matrimonio con la gieffina Carolina Marconi), titolari di un impero di macchinette, che vengono considerati “i capi promotori e organizzatori” del sodalizio criminale.

Per il procuratore di Lecce, Cataldo Motta, “avvalendosi della forza di intimidazione legata al nome che si erano fatti, anche in virtù dei passati legami con il clan Troisi di Casarano e Padovano di Gallipoli”, avrebbero imposto l’acquisto e l’utilizzo dei loro apparecchi taroccati a decine di esercizi commerciali. I software delle slot,  stando a quanto è emerso dalle indagini, sarebbero stati alterati per limitare il numero delle puntate vincenti da parte dei giocatori e anche per trasmettere solo parzialmente i dati delle giocate ai Monopoli. Proprio negli uffici dei Monopoli di Stato, il gruppo De Lorenzis avrebbe avuto un complice molto attivo, ovvero un funzionario che informava gli indagati di ispezioni e controlli, tenendoli costantemente aggiornati sulle attività investigative di cui era a conoscenza, finito agli arresti per corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa.
Altri complici – come ha spiegato il procuratore della Dna Francesco Mandoi – i salentini li avevano trovati nel clan calabrese dei Femia, che forniva le schede contraffatte da imporre ai commercianti. Oltre agli arresti i militari del Nucleo di polizia tributaria e del Gico (coordinati dal colonnello Nicola De Santis e dal maggiore Giuseppe Dinoi) hanno effettuato il sequestro di 69 fabbricati, 25 terreni, 3 autovetture, 10 società di capitali e 2 ditte individuali, nonché soldi attivi di conti

(clic)

La relazione annuale della DNA: le mafie sono in ottima salute

NO-MAFIAAl Nord, e in particolare a Milano, la ‘ndrangheta ha conquistato una posizione di “predominio, a discapito di altre compagini associative, come quella di origine siciliana”. Cosa nostra mantiene il cervello a Palermo. L’ndrangheta si è specializzata in appalti pubblici, entrando nel privato laddove esiste una partnership pubblico-privato. Gioia Tauro è il porto di approdo della cocaina. Bologna è entrata a far parte dell’elenco delle “terre di mafia”. A Roma proliferano le mafie autoctone, come quella di Carminati. Mentre è in corso una indagine sul “protocollo fantasma”, sull’ipotesi che alcuni magistrati siano da anni spiati per conto di una misteriosa entità.

Sono, questi, i punti salienti della Relazione annuale presentata oggi al Senato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, alla presenza del presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi. “Il tema dell’immigrazione clandestina – ha detto Roberti – si incrocia con il tema del terrorismo internazionale. L’immigrazione clandestina può alimentare, finanziarie il terrorismo internazionale, questo è un rischio concreto e tangibile”. Nella relazione di Roberti non compare mai la parola “politica”, neppure nel capitolo dedicato alla trattativa Stato-Mafia, né allorquando si parla della banda Carminati, entrata in Campidoglio proprio grazie ai contatti con la politica.

Expo 2015. Importante per Roberti l’obbligo di iscrizione delle imprese operanti in determinati settori ritenuti particolarmente a rischio di infiltrazioni mafiose, in una white list di “elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa”.

Mafia. L’arresto dei suoi capi, dice Roberti, non le impedisce di esistere. L’assenza di leader carimatici in stato di libertà non ha portato a una guerra di mafia. Anzi, al contrario sta tentando di ricostituire il mandamento centrale, il cui capo risulta tutt’ora Totò Riina. Sono false le analisi che teorizzano una sorta di “balcanizzazione” dell’organizzazione mafiosa Cosa nostra e un suo inarrestabile declino. Si conferma invece che la città di Palermo è e rimane il luogo in cui l’organizzazione criminale esprime al massimo la propria vitalità, la sua struttura sopravvive anche in assenza di importanti capi riconosciuti in stato di libertà. L’assenza, in Cosa Nostra palermitana, di personaggi di particolare carisma criminale in stato di libertà, seppure latitanti, non ha riproposto la violenta contrapposizione interna tra famiglie e mandamenti del passato. Cosa nostra rinnova l’interesse per il traffico di stupefacenti e per la gestione dei “giochi” sia di natura legale che illegale.

La cattura di Matteo Messina Denaro resta una priorità (foto: l’identikit). Mentre Salvatore Riina, del tutto inaspettatamente, osserva Roberti, ha preso a parlare apertamente, intrattenendo il compagno di detenzione sui più disparati temi: dalla sua storia criminale, all’ideazione delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, a quelle commesse nel 1993/94 nel continente, al processo cosiddetto “Trattativa” in corso avanti la Corte d’Assise di Palermo, alle reiterate minacce di morte rivolte al magistrato Di Matteo.

Protocollo Fantasma. Altro procedimento che merita menzione riguarda quello inerente il cosiddetto “Protocollo fantasma”. Trattasi di un esposto anonimo nel quale oltre a varie vicende, in gran parte di competenza della Dda di Palermo, riguardanti processi anche risalenti nel tempo ed appartenenti alla Storia del contrasto giudiziario a Cosa Nostra, emergono notizie di reato a carico di ignoti, asseritamente appartenenti alle forze dell’ordine, che avrebbero per conto di una non meglio specificata entità, spiato alcuni magistrati, impegnati in delicate attività di indagine.

‘Ndrangheta. La ‘ndrangheta è amministrata da una sorta di “consiglio di amministrazione della holding” che elegge il suo “Presidente”. Del resto era difficilmente ipotizzabile che ad amministrare centinaia di milioni di euro, a governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l’Italia, ma buona parte del pianeta (dall’Australia al Sud America, dall’Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali ), potesse essere questione affidata allo spontaneismo anarcoide di gruppi criminali disseminati e slegati, di decine e decine di cosche e locali, sorta di piccole monadi auto-referenziali.

Le cosche operanti nella città di Reggio Calabria, la particolare capacità della ‘ndrangheta cittadina di inserirsi nella gestione delle cd società miste  –  pubblico/privato  –  attraverso cui vengono forniti i principali servizi pubblici alla cittadinanza. In particolare, attraverso una serie concatenata di prestanomi, la ‘ndrangheta ha il controllo totale delle quote di spettanza del partner privato e, attraverso la sua capacità collusiva ed intimidatoria, riesce a condizionare la parte pubblica.

Gioia Tauro. La ‘ndrangheta ha il controllo controllo totalizzante del Porto di Gioia Tauro, ove attraverso una penetrante azione collusiva, gli ‘ndranghetisti riescono a godere di ampi, continui, si direbbe inesauribili, appoggi interni. Il Porto di Gioia Tauro è divenuta la vera porta d’ingresso della cocaina in Italia. Sul punto basterà osservare che nel solo periodo di riferimento (Giugno 2012-Luglio 2013) quasi la metà della cocaina sequestrata in Italia (circa 1600 kg su circa 3700 complessivi ) è stata intercettata a Gioia Tauro.

Bologna “Terra di Mafia”. Quanto al distretto di Bologna, l’imponente attività di indagine durata oltre due anni ha consentito di accertare la esistenza di un potere criminale di matrice ‘ndranghetista, la cui espansione si è appurato andare al di là di ogni pessimistica previsione, con coinvolgimenti di apparati politici, economici ed istituzionali. A tal livello che oggi, quella che una volta era orgogliosamente indicata come una Regione costituente modello di sana amministrazione ed invidiata per l’elevato livello medio di vita dei suoi abitanti, oggi può ben definirsi “Terra di mafia” nel senso pieno della espressione.

Camorra. La Camorra non è un’entità assimilabile dal punto di vista delle forme di manifestazione né a Cosa Nostra né alla ‘ndrangheta. Va ribadita, forse in modo ancor più accentuato, la caratteristica propensione delle aggregazioni camorristiche alla contrapposizione, talvolta, passando con eccessiva disinvoltura, da situazioni di alleanza a situazioni di contrasto violento. La Camorra si dedica alle agenzie di scommesse che  – per la sua peculiare ramificazione territoriale (che può corrispondere alla dislocazione delle singole agenzie di una determinata società di raccolta di scommesse sportive), oltre che per la stretta relazione con il gioco on-line, per sua natura, dematerializzato – spesso implica il coinvolgimento di più di un sodalizio criminale. Su questo terreno spesso si formano e consolidano alleanze o, viceversa, si consumano sanguinose rotture.

Mafia Capitale. Le organizzazioni mafiose autoctone nel distretto di Roma. Se sul territorio laziale sono dunque presenti le articolazioni di tutte le organizzazioni mafiose tradizionali, che si dedicano al riciclaggio e al reinvestimento dei capitali illecitamente accumulati, vi è poi un altro fenomeno, del tutto peculiare alla realtà della Capitale, rappresentato da organizzazioni che sono state qualificate dalla Dda come associazioni di stampo mafioso ma che non fanno riferimento ai sodalizi tradizionali del sud Italia, essendo, per così dire, autoctone.

In una città come Roma, una città di servizi e di attività terziarie, gli affari più lucrosi si fanno appunto attraverso l’acquisizione e il controllo di tali servizi e attività, e dunque attraverso l’infiltrazione sistematica nei settori economici e commerciali e nei servizi pubblici, e dunque negli appalti pubblici. L’associazione capeggiata da Massimo Carminati si dedica ad attività prettamente criminali quali l’usura, le estorsioni, il commercio di armi, ma soprattutto si dedica all’acquisizione di appalti in variegati settori in favore delle società controllate dall’organizzazione.

(fonte)

Buon compleanno Gigi

Ha insegnato il dovere di andare contro corrente se la corrente è torbida, la bellezza di un tiro e l’amore ostinato. Aguri Gigi, oggi sarebbero stati 72.

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Delrio, Renzi e la Terra Promessa

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«Il Signore gli disse: “Questa è la terra che ho promesso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, e che darò alla tua discendenza. Ho voluto che i tuoi occhi la vedessero, ma tu non vi entrerai”. […] Quando morì, Mosè aveva centoventi anni»

Dt 34, 4-7

(via Malvino)

Non abituarsi mai al mal pensare

L’editoriale di Ilaria Bonaccorsi su Left in edicola di questa settimana. Ne vale la pena:

0429F01-benpensanteOgni volta mi chiedo cosa pensano i benpensanti, che poi sono malpensanti perché pensano male. Quelli che non volevano gli immigrati, quelli che dicevano che dovevano stare a casa loro, quelli infastiditi dall’“invasione” quotidiana e da quella solo immaginata nella loro testa.

Ogni volta penso: e ora? Ora, davanti ai morti di freddo ci penseranno a cosa vuol dire morire di freddo? Morire assiderati aspettando di essere salvati. Ma non essere salvati perché si è a qualche miglia più in là del previsto. Del concesso. Sì perché Mare nostrum che costava troppo (così ci diceva questa Europa qui) aveva la funzione di “ricerca e soccorso” e si spingeva sino a 172 miglia a largo. Arrivava, raccoglieva e portava in salvo.

Triton, figlio sempre di quest’Europa qui, ha invece l’obiettivo “di contrastare l’immigrazione irregolare”, di controllare le frontiere. E di proteggere la nostra Fortezza Europa. E non va più in là di 30 miglia. A 31 sei morto. Non sei più affar nostro. “Lasciateli lì” ha detto il peggiore dei benpensanti, Matteo Salvini. C’è stato un mese strano della mia vita, quasi un anno fa, passato in giro per l’Italia centrale a raccontare – tra le cose che ritenevo importanti – di un grande pannello, grande come il Mediterraneo, e di tante lucine che si accendevano ogni volta che in quel mare un’imbarcazione era in pericolo. Una lucina accesa voleva dire partire per cercare e salvare quelli lì fuori. A largo, soli. Immagino che oggi le stesse lucine continuino ad accendersi ma che quello stesso pannello grande come Il Mediterraneo non serva più a nulla. A meno che la distanza non sia quella “giusta” per quest’Europa qui. Vite umane considerate armi da fuoco dalle quali difendere la nostra Fortezza.

Come quando nel XV secolo riempirono le torri medievali facendone dei terrapieni per resistere alla polvere da sparo dei nuovi cannoni, oggi sbarrano le frontiere per resistere a uomini, donne e bambini che fuggono in massa da guerre e arrivano da noi frettolosi e disperati. Questa “Europa qui” è la stessa che non vuole concedere tempo, non denaro, alla Grecia per salvarsi. Ed è la stessa che ha calcolato il risparmio se invece di spingersi fino a 172 miglia per soccorrere qualcuno ci si ferma a 30 per proteggere se stessi. Quest’Europa qui calcola il risparmio e il guadagno. «Alla “colpa” di essere ebrei o zingari abbiamo sostituito quella di essere nati in Paesi resi invivibili. Ma poco per volta, ci abituiamo a tutto. Sembra che si parli di denaro. Invece si parla di sterminio», così scriveva qualche giorno fa Guido Viale su il Manifesto. Questo è il problema: «Sembra si parli di denaro, invece si parla di sterminio».

Ecco, Left è il luogo dove non ci si abitua. E non ci si abituerà mai a quel “mal” pensare. Perché quel pensare, come vi racconteranno due giovani giornalisti (Veronica e Giacomo) che firmano l’inchiesta di apertura, produce numeri, sbarre, farmaci, sofferenza, contenzione, abbandono. Trasforma centri di identificazione in veri carceri occupati a “contenere” (anche farmacologicamente) chi, per sua sfortuna, vi capita. Sulle pagine di Left, anche questa settimana come le prossime, troverete tutto quello che abbiamo in corpo.

Di alcune cose imperdibili di questo numero voglio dirvi qui: del primo (di molti) lungo editoriale di Emanuele Ferragina, del primo “monologo di carta” (di molti) di Giulio Cavalli e Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, e di Sunjay Gookooluk. Giovane mauritiano recluso nel Cie di Ponte Galeria e autore di un magnifico diario di cui pubblichiamo alcuni stralci, come questo: «Non siamo extraterrestri, siamo umani. C’è chi scappa da una guerra, chi si vende tutto per andarsene dalla miseria, dai disastri naturali. Chi ha il potere, chiudesse tutti questi centri […] Ora sono le 22.30 e il carrello della terapia ha appena finito il suo giro. Oggi soffrirò le sbarre, la fame e anche l’insonnia visto che ho rifiutato tutti gli psicofarmaci. So solo che sono un artista, quello vorrei fare nella vita».

Ci si vede a Formia

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CITTA’ DI FORMIA

MARZO 2015  – “ MESE DELLA LEGALITA’ ” 

28 FEBBRAIO 

Auditorium Foa, ore 19

Proiezione film “La scorta

Dibattito con Pierluigi Faloni (Prefetto

di Latina), Cesare Sirignano

(pm Dda di Napoli), Ricky

Tognazzi (attore) e Giulio Cavalli

(giornalista), Sandro Bartolomeo (Sindaco

di Formia), Giuseppe Golini Petrarcone

(Sindaco di Cassino) e Renato Natale

(sindaco di Casal di Principe),
Modera Antonia De Francesco

1 MARZO

Sala Falcone e Borsellino, ore 11

Presentazione libro “L’innocenza 

di Giulio”. Con Giulio Cavalli

e Giovanni Conzo (pm Dda di Napoli).

Modera: Angela Nicoletti

2 MARZO

Sala Falcone e Borsellino, ore 11

Mostra fotografica “Il volto di Gomorra

Con Nicola Baldieri (fotografo),

Nicola Graziano (giudice),

Angelo Pisani (avvocato) e Mattia

Aprea (avvocato e consigliere comunale)

Modera: Angela Nicoletti

6 MARZO

Sala Falcone e Borsellino, ore 17

Presentazione libro “Cruel”

Con Salvo Sottile (giornalista)

e Antonio Manetta (autore Rai)

Modera: Angela Nicoletti

7 MARZO

Sala Falcone e Borsellino, ore 10.30

Lezione: “Il serial italiano racconta

 la criminalità:‘Romanzo Criminale’ 

e ‘Gomorra’. Con Barbara Petronio

e Daniele Cesarano (sceneggiatori di “RomanzoCriminale“)

7 MARZO

Sala Falcone e Borsellino, ore 19.30

Proiezione film “Il sud è niente”.

Con Fabio Mollo (regista del film)

10 MARZO 

Sala Falcone e Borsellino, ore 10.30

Lezione: “La camorra spiegata ai ragazzi

Con Giuseppe De Matteis (Questore di Latina)

Giovanni De Nuzzo (comandante CC Formia),

don Luigi Merola (A’ voce de’ creature)

Luca

Innovatore in un Paese stagnante, in un settore pieno di muffa. Il teatro sarà più povero.

Ronconi