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Giulio Cavalli

Marcello Dell’Utri il “coglionazzo”

Berlu-cappellone-800-800x540-680x365Prosegue nell’aula bunker l’interrogatorio di Angelo Siino:

Ha mai conosciuto Aldo Ercolano?
Si, era figlio del cognato di Santapaola, lo conoscevo nell’ambito della zona industriale di Catania. Eravamo abbastanza confidenti tra noi così come con altri personaggi della mafia catanese.
Lei ha conosciuto Salvo Andò?
No, me ne parlò l’Ercolano quando mi disse che era venuto nella zona industriale a raccomandare la questione socialista che era in atto allora: la questione dei voti che dovevano andare ai socialisti (votazioni ’87), era già successo in una votazione precedente. Si doveva votare per un personaggio che non contava, Tony Barba, ma era un segnale da dare ai politici per dire noi votiamo socialisti. Si trattava di elezioni regionali.
Lei ha mai sentito parlare da Ercolano o da altri di un progetto di uccidere Salvo Andò?
Non ricordo bene, poi l’Ercolano mi aveva detto che suo padre che allora reggeva il mandamento di Catania che era contrario a fare iniziative contro Andò.
Il pm gli contesta una sua dichiarazione del 24 novembre 1999 al processo di appello Capaci. In quella occasione Siino diceva che Ercolano gli aveva detto che Andò prima si era preso i voti e poi si diceva che era amico del dott. Falcone e quindi doveva essere eliminato.
Si ricordo, la mia esitazione era che i due periodi erano diversi. Di questo progetto se ne parlava dopo l’uccisione di Falcone, Salvo Andò si professava amico di Falcone ed era molto critico nei confronti dell’omicidio perpetrato a Capaci. In quella occasione Ercolano diceva che si doveva ammazzarlo così come Martelli perché si erano fottuti i voti e poi tiravano i calci come gli asini.
Da chi ebbe queste informazioni?
Io ero codetenuto con Francesco Mangion vice rappresentante della famiglia di Catania che, riferendosi a Ercolano mi diceva: ma questo manco lo conosce Salvo Andò, che va dicendo? Sono tutte fesserie. Io lo ascoltavo senza interesse.
Lima con lei ebbe mai a commentare l’incarico a ministero della Giustizia che Martelli conferì a Falcone.
Me lo commentò in parecchie circostanze, quando io mi lamentavo dei detenuti liberati e poi subito riarrestati lui mi diceva: ma tu hai capito quello che hanno combinato gli amici tuoi? Vedi quello che sta succedendo, pensavate che ‘u preside, che era Andreotti, non lo capiva questa situazione? Si sarebbe vendicato… quel cane rognoso, così chiamava Falcone, ora è diventato primo dirigente del ministero della giustizia.
Lima le esplicitò a quale situazione si riferisse?
Si era la questione del decreto che aveva riportato i miei amici mafiosi in galera, quelli che avevano creato l’accordo con Martelli per farlo votare.
Nino chiede con riferimento alla strage di via D’Amelio, lei nel periodo successivo ebbe a commentare o ascoltare commenti da esponenti di uomini di Cosa Nostra.
Si, avvenne in più occasioni, furono soprattutto Pippo Calò e Bernardo Brusca a lamentarsi dicendo chi fu quella bella mente che gli venne in mente di fare questa cosa? Io non sapevo nulla. Sia Brusca che il Calò si lamentavano che loro non avevano saputo niente ed era stato il personaggio che si era preso questa responsabilità. Io dicevo: non lo so non sono alla mia altezza, non so chi possa avere dato questo input.
Brusca e Calò si lamentavano di qualcosa in particolare?
Si non capivano chi e perché aveva deciso una cosa del genere.  Ho avuto modo di parlarne a Termini Imerese, lì ho incontrato Brusca, Calò e Montalto che mi dissero che non sapevano chi fosse stato il personaggio che aveva deciso di uccidere Borsellino, c’erano dei problemi che avevano portato all’accelerazione dell’uccisione di Borsellino. Confermo questa mia dichiarazione, c’era un sacco di gente che diceva che le cose dopo l’uccisione di Falcone si erano quietate e quindi perché avevano fatto quest’altra cosa che aveva portato al 41bis a tante persone? Questo me lo aveva detto Bernardo Brusca e Pippo Calò.
Ci furono altri commenti?
Non ricordo.
Lei ha conosciuto Marcello Dell’Utri?
Si l’ho conosciuto per una circostanza casuale, i fratelli Dell’Utri erano 3, uno di questi era compagno mio di scuola media, gli altri due erano liceali. Erano delle persone che sapevano giocare bene a calcio. Ho avuto modo di conoscerli. Con il fratello piccolo, che poi morì, ero compagno di scuola e avevo più confidenza.
Lei ha mai incontrato a Milano Marcello Dell’Utri?
Si una volta che andai a Milano usciva da un edificio di costruzione del periodo fascista insieme ad altri personaggi che sapevo essere residenti a Milano, o vicini o membri di Cosa Nostra. Io ero andato a Milano e successivamente in Svizzera con Stefano Bontate, siamo nel periodo antecedente agli anni’80, nel periodo in cui c’era Sindona a Palermo.
Quando vide scendere Marcello Dell’Utri riesce a indicare quella scena?
La scena la potrei dipingere, ma non ricordo con chi era, mi pare con personaggi di Cosa Nostra palermitana ma non ricordo chi fossero.
Lei il 15 settembre del ’97 ha riferito: in genere io attendevo in macchina il Bontade, vidi scendere il Bontate, un fratello Martello, forse Alessandro, Mimmo Teresi e uno dei fratelli Dell’Utri che mi fu presentato come Marcello.
Confermo.
Lei ha mai saputo se Marcello Dell’Utri avesse avuto rapporti finanziari con Vito Ciancimino?
Si c’è stato un momento che l’hanno avuti ma Ciancimino lo definiva un coglionazzo, mi venne detto anche da Stefano Bontate. Io dicevo: questo si è comprato la Venchi Unica, poi la Bresciana costruzioni, aveva fatto degli affari con Vito Ciancimino che era legato a un personaggio di Villabate, un consigliere comunale di Palermo della sua corrente. Questo me lo disse Vito Ciancimino e si riferiva ad affari avuti precedentemente a quel momento (fine anni ’70) li aveva avuto nella prima metà degli anni ’70. Anche Stefano Bontate mi parlò di questi rapporti tra Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri. Eravamo in una via famosa di Milano.
Lei nel verbale del ’97 disse: Stefano Bontate mi aveva detto di affari tra Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri nell’edilizia.
Si, la Bresciana costruzioni.
Lei quando era detenuto in relazione alle elezioni del 1994 ha avuto modo di parlare con mafiosi di rango così da avere notizie sulle indicazioni di Cosa Nostra?
Ho avuto modo di avere parecchi contatti all’interno del carcere di Termini Imerese, quando usciva il primo turno d’ora d’aria passava dalle celle e io ero soddisfatto perché tutti gli uomini di alto rango di Cosa Nostra passavano da me per avere consigli da me su questioni politiche ed altro. Io ero stato presentato da un certo Guarneri di Canicattì come uomo d’onore. In quelle occasioni mi venivano chieste indicazioni o mi dicevano quello che dovevano fare. Avevano detto a mia moglie che io dovevo far votare Forza Italia. Io avevo cercato di sminuire la cosa perché non volevo che mia moglie si occupasse di quella cosa. Io sempre con i limiti del 41bis ho avuto modo di sentire altre persone e di fare rinioni e quindi dissi a tutti che si doveva votare per Forza Italia. Anche all’aula bunker di Caltanissetta all’udienza preliminare Leopardo con Piddu Madonia mi disse: Angelo per chi dobbiamo votare? Io dissi forte Forza Italia, ma anche per Violante, per sviare l’attenzione.

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A Gaza la nuova scuola Vittorio Arrigoni

585x780x8-768x1024-585x780.jpg.pagespeed.ic.RvJIO21zuoChe gioia poter comunicare che una nuova scuola è stata aperta a Gaza ed è a nome di Vittorio Arrigoni. L’Associazione per lo sviluppo “Ghassan Kanafani” comunica questa bellissima notizia dicendo che sono ben 98 i bambini registrati nella scuola materna e che possono contare su sette maestre assunte per l’ occasione. La lettera comunicato inizia così ” Compagni e amici in Italia, I nostri calorosi saluti a tutti voi da Gaza, dalla terra della fermezza e dell’eroismo.Calorosi saluti dai bambini della scuola materna “Vittorio Arrigoni” per l’anima di Vittorio Arrigoni, quei ragazzi ai quali, con il vostro sostegno, siamo riusciti a disegnare un sorriso sui volti….” e si conclude con un “promettiamo a tutti voi di tenere fede e mantenere i principi per i quali Vittorio il Ribelle ha vissuto e combattuto e vi promettiamo di insegnare ai nostri figli il patriottismo, il rispetto per l’umanità ed a resistere all’oppressione ovunque si trovi.”

Alla fine potrete trovare tutte le indicazioni per il contatto. L’asilo è stato costruito grazie anche alla raccolta fondi tramite la vendita del dvd “Restiamo umani – the reading movie”, scritto dallo stesso Vittorio Arrigoni.

Scrive Mariagiulia Agnoletto, psichiatra e coordinatrice dell’Associazione Salaam Ragazzi dell’Olivo Milano-Onlus, che dal 2001 collabora con l’associazione palestinese socio-educativa Remedial Educatioon Center con progetti di affido a distanza dei bambini/e dei villaggi e del campo profughi del nord della striscia di Gaza: “La mia esperienza nella striscia di Gaza è nell’incontro con i bambini/e e le loro famiglie e nel rapporto con i volontari e gli operatori (educatori, insegnanti, psicologi, clown, animatori) delle associazioni palestinesi psico-educative, che quotidianamente “resistono”, cercando di trasmettere, condividere con i bambini un attaccamento alla vita, una speranza per il futuro.A Gaza tutti i diritti del’infanzia sono negati quotidianamente: alla vita, alla libertà, alla salute fisica e psichica, alla casa, all’istruzione, al gioco, alla libertà di movimento. I bambini appaiono passivi, ritirati o più spesso tesi, con atteggiamenti di sfida, rabbia, che nascondono dolore, paura, frustrazione. Infatti “i bambini delle pietre non sono di pietra, soffrono, hanno paura”, come diceva un amico psichiatra palestinese. Sono bambini continuamene traumatizzati, quindi gli educatori palestinesi devono intervenire “durante il trauma” e cercare di aumentare la resilienza dei bambini: identificare il trauma, dare un senso all’evento e alla propria reazione emotiva, cercare di garantire loro una protezione di fronte agli eventi traumatici successivi, per evitare che il disagio psichico si strutturi in patologie. Permettere ai bambini di esprimere emozioni, bisogni, disagi, dare un significato alle proprie paure, angosce, aiutarli ad uscire dalla alienazione/rabbia, trovare soluzioni costruttive e specialmente riconoscere e stimolare le loro risorse positive (con teatro, danza, pittura, narrazione, clowneria, psicodramma, tecniche di rilassamento).Ho visto le maestre accogliere i bambini terrorizzati (come loro stesse), dopo una notte sotto le bombe, proponendo una narrazione singola e collettiva, come valore terapeutico della testimonianza e condivisione. Una possibilità di distinguere i fatti reali da quelli amplificati e deformati dalla paura, piuttosto che il disegno, come occasione per proiettare le conseguenze emotive del trauma. Ho visto costruire con i bambini le lanterne e gli aquiloni, con scritti e disegnati sopra messaggi di pace, giustizia, desideri, speranze … da far navigare in mare o volare in cielo, oltre l’isolamento di Gaza. Ho visto incontri tra madri e insegnanti per costruire, ideare, immaginare, imparare giochi, canzoni, racconti da utilizzare per sé e i propri bimbi nelle successive situazioni di paura, terrore.”

Restiamo umani

Doriana Goracci
Associazione per lo sviluppo “Ghassan Kanafani”- GKD
Indirizzo: Bait Hanoun – Al Shawa suburb
Email: Ghassan_k1972@hotmail.com
Telfax 2482540

(fonte)

Gli untori in missione per la Curia

Medioevo lombardo:

Una richiesta scritta ai 6.102 insegnanti di religione della Diocesi ambrosiana per avere la segnalazione dei colleghi e dei progetti che nella loro scuola trattano con gli alunni temi legati all’omosessualità e all’identità di genere. La lettera, riservata, è stata messa online sul portale a cui accedono solo i prof di religione con una password. E appena in Curia è arrivata la notizia che il contenuto della missiva stava per diventare pubblico, come d’incanto la lettera è sparita. Con la precisazione che si trattava solo di «un’indagine informale». Alcuni docenti di religione però l’avevano già stampata e si erano interrogati sul suo significato, prima di girarla a Repubblica.

«Cari colleghi — si legge nella lettera scritta dal responsabile di settore della Diocesi, don Gian Battista Rota — come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale». Una lettera che pare dunque pensata per mettere in piedi un sistema di contromisure che “proteggano” gli ignari studenti dalla “campagna” di indottrinamento e dal confronto con i temi “sensibili” per la chiesa cattolica. «Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del “gender” – scrive la Curia – vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte».

Detto ciò, la richiesta è chiara: «Per questo chiederemmo a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella, se possibile entro la fine della settimana». La Curia conferma quella che definisce «indagine informale mirata a conoscere i progetti scolastici relativi al tema della differenza di genere».Sempre don Rota, responsabile del servizio per l’Insegnamento religione cattolica, cerca di mettere un freno alle polemiche e innesta la retromarcia rispetto alla lettera che esprimeva preoccupazione di fronte alla «campagna per delegittimare la differenza sessuale»: «L’iniziativa è contestualizzata nell’ambito della formazione in servizio dei docenti. La richiesta di informazioni nasce dalla preoccupazione che gli eventuali discorsi su temi così delicati e all’ordine del giorno del dibattito pubblico, vengano sempre affrontati dagli insegnanti di religione con competenza e rispetto delle posizioni di tutti».

Appena il testo della lettera ha cominciato a girare, c’è stato chi fra i prof di religione ha deciso di ritirarsi dall’insegnamento e chi invece ha girato il documento alle associazioni Lgbt. «È incredibile che una Diocesi di una città moderna come Milano chieda agli insegnanti di religione di segnalare le scuole in cui si parla di identità e orientamento sessuale – commenta Maria Silvia Fiengo, editrice ed esponente del Movimento famiglie Arcobaleno – I prof dovrebbero trasformarsi in “spioni” per conto di Dio (o di chi per lui) sul lavoro dei colleghi, dipendenti dello Stato. Non si capisce sulla base di quale investitura la Chiesa metta il naso in iniziative culturali proposte dalle scuole su temi di attualità e interesse anche per i ragazzi».

(fonte)

E’ arrivato il tritolo

Schermata 2014-11-12 alle 23.28.55Ancora allarmi per il magistrato Nino Di Matteo, pubblico ministero del processo trattativa Stato-mafia. Secondo quanto scrive Repubblica, una fonte considerata “molto attendibile” dagli inquirenti ha rivelato che il tritolo per organizzare un attentato a Di Matteo si troverebbe già a Palermo, situato in diversi punti. Raccolto da diversi mesi, ormai, dalle famiglie mafiose palermitane. Le dichiarazioni della fonte in questione sono però poste sotto un rigido segreto investigativo.
È stato Leonardo Agueci, procuratore facente funzioni a Palermo, a comunicare l’emergenza sicurezza al Viminale. Nella mattinata di ieri ha avuto luogo un vertice con la presenza dei magistrati, delle forze dell’ordine, dei Gis dei carabinieri e dei Nocs della polizia, per potenziare le condizioni di sicurezza del pubblico ministero di Palermo.

(link)

Cemento e asfalto come idea stessa di “progresso”

A proposito di elezioni regionali in Liguria (ne parlavo qui), Roberto Della Seta ripercorre le Burlandiadi cementizie:

Prima da assessore, vicesindaco e sindaco di Genova (1981-1993), poi da ministro dei trasporti (1996-1998) e infine da presidente della Liguria (dal 2005), Burlando nelle sue scelte di governo ha sempre dimostrato di identificare con cemento e asfalto l’idea stessa di “progresso”. Che si tratti di mega-porti turistici o di centri commerciali, di nuove autostrade più o meno inutili o di villette a schiera, per Burlando l’eccessivo consumo di suolo è un non-problema e gli scrupoli per l’impatto della cementificazione su ambiente e territorio sono temi secondari. Come nel caso dell’outlet della Val di Vara costruito in piena area di esondazione, o del progetto-Marinella nel comune di Sarzana, immenso piano di cementificazione a due passi dalla foce del Magra (fortunatamente per ora bloccato). Nel 2009, la maggioranza “burlandiana” in consiglio regionale propose poi un Piano casa all’insegna della più spericolata deregulation edilizia: case e capannoni potevano essere liberamente aumentati fino al 50% della cubatura originaria, e il “premio” avrebbe riguardato anche gli immobili condonati. Alla fine venne approvato un testo più moderato, che in ogni caso prevedeva la possibilità per moltissime case di ampliamenti tra il 10% e il 30%.

Questo sono state le scelte di Burlando. Adesso tra un’alluvione e l’altra il suo mandato sta per scadere, ma il governatore vorrebbe che a succedergli sia Raffaella Paita, sua fedelissima e attuale assessore regionale alla protezione civile. Per intenderci, la stessa che il 9 ottobre, poche ore prima che esondassero il Bisagno, il Fereggiano e lo Sturla, “dimenticò” di diffondere l’allarme meteo già presente su molti siti web che annunciava tempesta. La speranza e l’auspicio è che i liguri questa volta mostrino più saggezza di chi finora ha governato, malissimo, il loro territorio.

Opportunità e colpevolezza

Ho passato i miei ultimi anni provando a riaccendere il senso di opportunità che abbiamo banalmente tralasciato sostituendolo con l’eventuale condanna o assoluzione (senza nemmeno riuscire a raccontare per bene cosa sia la prescrizione). Ne parlo ovunque: negli spettacoli, nei libri, nelle scuole. Tra i risultati nefasti di questa sclerotizzazione del senso di opportunità (e ovviamente inopportunità) c’è anche l’impunità politica di cui godono politici come Schifani, Formigoni (solo per citarne un paio, ma sono tantissimi) che nonostante siano talvolta stati assolti risultano chiaramente, carte alla mano, inopportuni in alcune loro amicizie e in alcuni loro comportamenti. Per questo credo che valga la pena leggere Alessandro Gilioli oggi su L’Espresso:

Ecco, da noi vent’anni di berlusconismo e antiberlusconismo, nonché di serrato confronto fra cosiddetti ‘garantisti’ e cosiddetti ‘giustizialisti’, ci hanno privati del giudizio politico. Siamo tutti lì incatenati ai tre gradi di decisioni togate, come se (almeno in alcuni casi) non potessimo esprimere un giudizio di opportunità politica a prescindere dalle sentenze.

E mi permetto di consigliare, a proposito di false innocenze, il mio libro qui.

(Autopromozione, sì.)

«Quante più parole si adopera in distendere una legge, tanto più scura essa può diventare»

La frase è dell’abate Ludovico Muratori e ha qualcosa come tre secoli d’età eppure tre secoli dopo spariscono due righe piccole piccole che aboliscono l’abolizione delle pensioni d’oro su cui tanto si era speso il Presidente del Consiglio Matteo Renzi:

Secondo una tabella riservata fornita al governo dai vertici dell’Istituto di previdenza, infatti, tabella che pubblichiamo, 160 mila persone circa potranno godere sia dei vantaggi del vecchio sistema retributivo sia di quelli del «nuovo» sistema contributivo. E tutto ciò, se non sarà immediatamente ripristinata quella clausola di salvaguardia, causerà un buco supplementare nelle pubbliche casse di 2 milioni quest’anno, 11 l’anno prossimo, 44 fra due anni, 93 fra quattro e così via. Fino a una voragine fra nove anni di 493 milioni di euro. Per un totale complessivo, come dicevamo, di oltre due miliardi e mezzo da qui al 2024. Per capirci: una somma dieci volte superiore ai soldi necessari a mettere in sicurezza una volta per tutte Genova dal rischio idrogeologico e dalle continue alluvioni.

Napolitano(vo)

Io non so se sono io che forse non sono abbastanza acuto o forse se è questa politica che mi esclude per imperizia ma se davvero Napolitano (e non ci credo) è una rassicurazione fondamentale per l’Europa e se davvero solo lui può essere l’unica garanzia di questo (vomitevole) patto di grande coalizione beh allora mi chiedo se è davvero così normale che le sue eventuali dimissioni e gli eventuali tempi delle sue eventuali dimissioni siano un chiacchiericcio tra giornalisti e deputati, trattato come una notizia di gossip in cui tanto si affaccendano per dire e non dire. Nel senso, mi chiedo, chissà allora che figura ci facciamo in Europa con tutti questi sussurri e nemmeno una voce ufficiale che dica o smentisca, che ci informi che è venuto il tempo di pensare al sostituto oppure è tutto tempo perso buono solo a riempire le pagine.

Mi sembra semplice, no? O forse sono io che sono troppo semplice. Forse.

Un sano ostracismo

Un importante articolo de IlSole24Ore:

Repressione e partecipazione. Sono i due pilastri su cui si regge la possibilità di ridurre i fenomeni di criminalità che inquinano il Paese. Ma mentre la repressione, affidata allo Stato, ha via via affinato strumenti e capacità offensive, sul lato della società civile, le cose non vanno bene.

Ce lo ricordano alcuni volti seduti in Parlamento a legiferare, nonostante disavventure giudiziarie di ogni tipo; ce lo ricordano professionisti colti con le mani nella gelatina di favoreggiamenti, false attestazioni, perizie compiacenti, ma che nessuno cancella dagli albi; ce lo ricordano dipendenti pubblici che rubano, truccano carte e timbri, passano informazioni in cambio di denaro e restano al loro posto; ce lo ricordano gli imprenditori che invece di correre in Procura, si accordano in silenzio e alimentano il malaffare negli appalti. Fino a episodi che hanno dell’incredibile. E non ci riferiamo tanto agli inchini dei santi davanti alla casa dei boss o ai fuochi d’artificio e i caroselli di auto di un quartiere di Reggio Calabria, in onore di don Nuccio Cannizzaro, il prete “salvato” dalla prescrizione dopo aver testimoniato a favore di un criminale. Sono episodi antropologicamente misteriosi di un’Italia misconosciuta e confusiva. Ben più delle processioni ad personam, deve allarmare l’accoglienza riservata – e siamo a Roma, nell’estate 2012 – a un notissimo commercialista appena scarcerato dopo una retata di evasori fiscali.

Riportano le cronache locali, che mentre «al processo affiorano ulteriori elementi sul rapporto tra Carlo Mazzieri e Cesare Pambianchi »(già patron di Confcommercio e neopresidente di Assonautica) imputati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, la Procura chiude una nuova tranche dell’inchiesta dalla quale, un anno prima, «erano scaturiti arresti eccellenti e sequestri milionari, con 703 aziende coinvolte». In quei mesi, Pambianchi aveva mantenuto la presidenza di Confcommercio Lazio e, successivamente, era anche stato nominato al vertice di Assonautica. Ed ecco che il cronista annota: «Cesare Pambianchi, Cesarone per gli amici, è tornato. È arrivato quasi in incognito e ha preso posto in platea: qualche abbraccio, qualche saluto ai presenti. E, dopo il convegno, la pausa pranzo: in piedi, al buffet, per un piatto di pasta e quattro chiacchiere insieme a un amico. Imbarazzo? Nessuno.

Ma, tra gli addetti ai lavori, la sua presenza non è passata inosservata». E c’è da crederci: nonostante sia finito in carcere e poi ai domiciliari, “Cesarone” non ha mollato la poltrona di Confcommercio Lazio. «Niente elezioni e, soprattutto, niente passo indietro volontario». Un episodio talmente sconcertante e significativo, da essere ricordato poche settimane fa a un convegno milanese dal Procuratore di Roma.
Ci sono voluti decenni e stragi terribili perché nelle coscienze maturasse una sana intolleranza per la mafia, ed ecco che ritroviamo i medesimi strabismi, gli stessi interessati silenzi, le stesse ambiguità e gli speciosi distinguo, nei confronti della corruzione e dei suoi longevi protagonisti. Non basta né serve arrestare un criminale, se questi viene poi reinserito senza pagare pegno negli stessi ambienti professionali da cui ci si aspetterebbe, invece, un sano ostracismo.