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Giulio Cavalli

Mi sono sentito sempre libero. Parola di Riina.

Schermata 2014-10-28 alle 10.57.36«A Montecassino io ci sono andato. Ci ho fatto il viaggio di nozze, ci ho portato a mia moglie. Una volta che ero libero, ho detto: ora ci vado… Poi sono salito verso Venezia. Io la vita l’ho presa così, mi sono sentito sempre libero». Ride Totò Riina passeggiando nel cortile del carcere di Opera insieme al suo compagno d’aria Alberto Lo Russo. Ride e, oltre a dire la sua su tutta la storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi, per la prima volta racconta anche la sua vita da latitante, quei 24 anni in cui il capo di Cosa nostra ha vissuto più o meno indisturbato non troppo lontano dalla sua Corleone, sposandosi, facendo tre figli, ordinando stragi e omicidi, stringendo patti con la politica e (forse) con gli apparati deviati delle istituzioni.

Niente a che vedere con la latitanza “povera” di Bernardo Provenzano, sorpreso in un casolare con ricotta e cicoria. Il Riina latitante che si racconta a Lo Russo è un uomo che si vanta di aver sempre beffato lo Stato camminando «in mezzo alla gente», di aver sempre mandato i suoi figli a scuola, di aver vissuto in eleganti appartamenti blindati e ville con piscina e di avere anche viaggiato, «senza rinunciare neanche un’estate ad andare a mare». «Come un uomo libero – dice a Lo Russo – oggi a Montecassino, domani a Caserta, domani là vicino Napoli, ma giravo, camminavo a Venezia. Ora tutte queste cose è uno sfottimento allo Stato… Io non ho voluto fare patti con la legge, ventiquattro anni, sono arrivato a ventiquattro anni e sei mesi. E vedi che loro mi cercavano notte e giorno. Non si potevano raccapezzare dov’ero… in questi posti dice che non c’ero perché ci vanno i turisti».

Il 16 aprile 1974 è il giorno delle nozze di Totò Riina. Lui è latitante già da cinque anni, lei è una bella ragazza ventenne di Corleone che avrebbe voluto fare la maestra. «Quando eravamo fidanzati seguivano a Ninetta pensando che quando si allontanava da Corleone veniva da me e invece ero io che andavo a casa sua». Ninetta, sorella di Leoluca Bagarella, decide di seguire Totò nella latitanza. I due vengono sposati da don Antonio Coppola in clandestinità in una villa tra Capaci e Carini, C’è Bernardo Provenzano e c’è anche Luciano Liggio che, nonostante sia latitante, non intende perdere l’occasione.

«A un dato momento mi sono sposato – racconta Riina a Lo Russo – e me ne sono andato in un hotel a mare. A padre Coppola non gli hanno potuto fare niente perché uno non è tenuto a sapere se sposa un latitante ». «Quando ci siamo sposati logicamente abbiamo organizzato il viaggio di nozze, quindi siamo andati dalle parti di Napoli e siamo rimasti una settimana, siamo andati a Montecassino, poi siamo andati a Venezia e siamo rimasti tre, quattro giorni. Poi quando è trascorso circa un mese siamo tornati a Palermo. Già avevo la casa, mia madre mi aveva comprato un appartamento con sette stanze a Palermo, tutto ammobiliato. Poi mi sono dovuto allontanare perché lo sapevano parecchi».

Ed eccoli i luoghi della latitanza di Totò Riina, tutti attorno al suo regno di Corleone. Prima a Mazara del Vallo, poi a Castelvetrano e a San Giuseppe Jato, sempre senza lesinarsi vacanze, ville, e affari: imprese, magazzini, cantine sui quali adesso la Procura di Palermo intende mettere le mani. «Poi me ne sono andato dalle parti di Mazara, sono rimasto molto tempo a Mazara, eravamo in estate, a Mazara avevo la villa, avevo tutte cose, un appartamento… io dappertutto avevo… a Castelvetrano, ad esempio, avevo un appartamento, un fabbricato di lusso, ognuno che arrivava diceva: minchia qua è un paradiso.

A San Giuseppe Jato ci facevo la vita. Ho pure lavorato con Binnu, ho fatto uno stabilimento, ho fatto sopra una casa di lusso, tutta corazzata, sotto c’erano due cantine. Io in questa casa ci stavo solo quando si andava a fare la fermentazione, quando facevano la vendemmia me ne andavo là, prendevo soldini buoni, quaranta milioni l’anno guadagnavo da là. Poi mi sono messo in società con uno di là che mi vendeva il vino ».

Il Riina latitante, negli anni in cui le strade di Palermo sono segnate dalla mattanza dell’ascesa dei Corleonesi, è uno che fa la bella vita a differenza di Provenzano. «Dire a Binnu, “ma perché non fai la bella vita”? Non gliel’ho mai detto perché mi pareva mortificante, umiliante». In latitanza Ninetta e Totò mettono al mondo quattro figli, Giovanni, Giuseppe, Concetta e Lucia. «Gira, gira, ventiquattro anni e mezzo e la stessa vita l’hanno fatta fare a mia moglie e ai miei figli, perché poi questi picciriddi dovevano studiare, io li mandavo a scuola, sempre a scuola li mandavo. Poi a scuola non ci sono potuti andare più e quindi abbiamo capito che la vita era questa e dovevamo affrontarla per quello che era».

Quando andava a scuola, però, Maria Concetta era la più brava della classe. Per il resto i piccoli Riina vivevano mimetizzati tra la gente, come tutti i ragazzi della loro età. Dal padre ricevevano la paghetta per andare a mangiare la pizza o per il campo di calcetto. «Durante la latitanza si sono creati le loro amicizie». Una sola avvertenza, niente compagni nel bel residence di via Bernini, nella villa con piscina dove Totò e famiglia abitavano nel ’93 quando Balduccio Di maggio indicò al Ros dove andare a prendere il capo di Cosa nostra.

«Non se li dovevano portare dentro. Se ne andavano fuori a giocare, frequentavano il bar, prendevano il caffè, una vita normale… quasi come spavaldi, cose da non credere. Poi gli ho fatto la piscina là dentro, cento milioni, allora i soldi c’erano». Ma dove sono ora i soldi di Totò Riina? È nel suo lunghissimo sproloquio con Alberto Lo Russo nell’ora d’aria che i pm del pool misure patrimoniali della procura di Palermo cercheranno le tracce del suo tesoro nascosto. È lo stesso Riina a dire: «I miei figli li ho fatti ricchi».

(fonte)

Calcedonio Di Giovanni: Cosa Nostra esportata a San Marino

Sequestrati beni per mezzo miliardo di euro all’imprenditore monrealese Calcedonio Di Giovanni, la sua scalata al successo grazie alla mafia.Operazione della Dia di Palermo e Trapani: tra i beni sequestrati, centinaia di villette del villaggio Kartibubbo

Il suo successo sarebbe stato legato “indissolubilmente intrecciato con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. La sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani accoglie la proposta della Dia di Palermo e Trapani e mette sotto sequestro l’impero economico dell’imprenditore monrealese Calcedonio Di Giovanni: un valore strabiliante di 500 milioni di euro. Tra questi, ci sono anche un centinaio di case nel villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara. Ed è proprio a Kartibubbo che, secondo l’accusa, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo”.  (…)

Di Giovanni, viene descritto come “imprenditore spregiudicato” entrato in affari anche con mafiosi di Castelvetrano, ad esempio Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro, e in contatto con Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina.

(…) Per tracciare la presunta pericolosità sociale di Di Giovanni gli uomini della Dia raccontano il suo recente tentativo di sottrarre il patrimonio alla scure delle misure di prevenzione. Quattro mesi fa, nel giugno 2014, avrebbe costituito in Inghilterra la società “Titano real estate limited” che si occupa di gestione di villaggi turistici con domicilio fiscale italiano nel villaggio Kartibubbo. L’amministratore della società, un mazarese, il mese scorso ha aumentato il capitale. Si è passati dagli originari 100 euro agli 11 milioni di euro versati dal socio “Compagnia immobiliare del Titano” con sede a San Marino. I soldi riguardano il ramo di azienda costituito da un centinaio di immobili nel villaggio turistico. Una manovra organizzata da Di Giovanni, sostiene l’accusa, per evitare il sequestro e mantenere saldo in mano il potere.

Ed invece il sequestro si è abbattuto sul patrimonio che comprende decine e decine di terreni e case in provincia di Trapani e Palermo. E una sfilza di società: “Titano real estate limited, “Compagnia immobiliare del Titano”, Il Cormorano, Fimmco, “Campobello park corporation, “Immobiliare La Mantide”, “Associazione orchidea club, “Selinunte country beach, alcune quote del “Selene residence” di Campobello di Mazara, “Parco di Cusa vita e vacanze, Dental house, Numidia srl. (…)

Buongiorno (solita) Lombardia

Tredici arresti in Lombardia e Calabria con l’accusa di associazione mafiosa in una inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria.

I 13 arrestati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.

Al centro delle indagini del Ros dei carabinieri due gruppi della ‘ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015.

Gli arrestati nell’operazione portata a termine dai carabinieri, secondo quanto si è saputo, avevano contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario da cui ottenevano vantaggi, notizie riservate e finanziamenti.

In particolare avevano rapporti con un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare, attivo anche nel mondo bancario e con dei consiglieri comunali di comuni nel Milanese.

(Ansa)

“Brigada”: a Torino la mafia si fa rumena

Prima condanna al 416bis per una gang rumena, con riti di affiliazione e gerarchie:

Controllavano la prostituzione, i traffici di droga, racket, bancomat clonati e non solo. Imponevano con la forza i loro buttafuori nelle discoteche dei rumeni, così da controllarne le attività e ottenere parte dei loro ricavi. Altri locali erano obbligati a ingaggiare i loro cantanti, da cui ottenevano una parte dei compensi. Erano queste le principali attività della “Brigada”, organizzazione mafiosa rumena smantellata a Torino nel giugno 2013. Stamattina nell’aula bunker di Torino il gup Luisa Ferracane ha condannato quattordici appartenenti alla “Brigada” con pene dai cinque ai 15 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, spaccio, sfruttamento della prostituzione, lesioni e un tentato omicidio. Si tratta della prima condanna per 416 bis nei confronti di un’organizzazione criminale proveniente dalla Romania. La pena più alta è andata a Eugen Gheorghe Paun, detto Coco, 34 anni, ritenuto il capo della “Brigada” dal 2011.

L’inchiesta. L’indagine è stata condotta dalla Squadra mobile di Torino, guidata dal vicequestore Luigi Silipo e coordinata dai sostituti procuratori della Dda di Torino Monica Abbatecola e Paolo Toso. Gli investigatori, che indagavano sul racket dei buttafuori, sono stati aiutati dalla collaborazione di un pentito, S.V.L., spaventato dalla violenza dei connazionali, con cui era in attività: “Ho timore che poi scattino delle ritorsioni verso mio figlio o verso altri miei cari”. Ha così raccontato l’evoluzione criminale del primo boss, Viorel Oarza, che dopo aver fatto il buttafuori, si è dato al contrabbando di sigarette, allo sfruttamento della prostituzione e alle rapine dei Tir intrecciando legami con la famiglia mafiosa dei Corduneanu, potente clan della regione moldava. Ha continuato a guidare il gruppo fino al 2011, grazie alla mediazione della moglie e alla complicità di una suora che gli aveva portato un telefono in carcere.

Il racket di buttafuori e cantanti. Bastava creare un po’ di scompiglio nei locali per imporre la propria “security”. Uno sguardo di troppo, qualche insulto e parte la rissa che i buttafuori presenti non possono controllare. Poi, con calma, si passa a proporre l’affare con nuovi gorilla, più forti degli altri. “Era un modo per avere dei vantaggi – spiega il collaboratore di giustizia – ad esempio il controllo delle attività dei locali, nel senso del controllo di chi entra e chi esce, dei clienti e dei fornitori; era un modo per farsi vedere forti, e ciò fa paura agli albanesi, fa paura agli italiani, ai gestori dei locali”. I gestori pagavano direttamente i boss, che poi giravano i soldi ai loro uomini trattenendo 20 o 30 euro per ognuno.

Ma c’era anche un racket dei cantanti romeni, “esplicitamente minacciati affinché non cantassero in locali diversi da quelli gestiti dal gruppo delinquenziale”: “Il diretto controllo dei cantanti più gettonati garantirebbe un più elevato numero di frequentatori, innalzando indubbiamente gli introiti dei loro locali”, si legge nell’ordinanza. E questo vuol dire parecchi soldi fatti con le dediche: “Vengono dati soldi ai musicanti e vengono fatte dediche alle famiglie. Chi vuole dimostrare di essere più forte da somme più alte”. I cantanti poi dovevano fare a metà coi gestori del locale.

Dalla faida alla “pax mafiosa. Tra il 2009 e il 2010 Torino e la sua periferia sono stati lo sfondo di una serie di agguati, sparatorie e omicidi legati allo scontro tra i vecchi controllori della prostituzione, gli albanesi, e i nuovi arrivati. Obiettivo principale erano i capi. Nell’aprile 2009 un commando guidato da Oarza spara a Nol Sheu. Gli albanesi rispondono il 17 gennaio 2010, quando il fratello Pal Sheu uccide un parente di Paun. Quasi due anni dopo l’obiettivo è proprio il boss “Coco”: il 2 dicembre 2012 un commando di albanesi va allo Zimbru e aggredisce il gestore: “Da parte di Niko”, dice un aggressore dopo averlo lasciato a terra in gravi condizioni. Ora però sembra essere scoppiata la “pax mafiosa”: durante il processo al boss albanese Nol Sheu, detto “Niko” per il tentato omicidio di Paun, quest’ultimo – chiamato a rispondere come teste – ha detto di non ritenere il rivale mandante della spedizione punitiva.

(fonte)

Sea Organization: per il prossimo miliardo di anni

La Sea Organization (o Sea Org) è un’associazione della chiesa di Scientology istituita nel 1968 da L. Ron Hubbard. I suoi membri vengono reclutati sia tra i dirigenti della chiesa di Scientology sia nelle singole Org (cioè le singole chiese nel mondo). Solo i membri della Sea Org accedono alle posizioni più alte delle organizzazioni più alte di Scientology. Questo è il contratto di iscrizione:

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Il contratto di Scientology

Perché di vero e proprio contratto si tratta:

La presente richiesta d’iscrizione contiene alcune Informazioni fondamentali che devono essere conosciute. comprese e che riguardano la tua partecipazione ai servizi religiosi di Scientology. Dovresti quindi leggere e comprendere questa richiesta e confermare, tramite firma da apporre alla fine della stessa, il tuo accordo con isuoi termini.

l. Scientology è una religione volta allo studio ed ai miglioramento dello spirito in relazione a se stesso, all’universo ed alle altre forme di vita. Dianetics, tecnologia di guarigione spirituale. è una parte di Scientology.

2. Il Fondatore di Scientology è lo studioso e filosofo L. Ron Hubbard. i suoi scritti e le sue conferenze registrate su Sdentoiogy e Dianetics. che costituiscono le Scritture dl Scientoiogy, sono la documentazione delle sue osservazioni e ricerche sulla natura e condizione dello spirito umano, e non sono espressioni di alcun vanto da parte della Chiesa 0 dei signor Hubbard stesso. Quindi la Chiesa non si fa alcun vanto di risultati che potrebbero derivare dal servizio. La Poiîcy Direttiva cli Scientology (Scientology Policy Directive) del13 marzo 1996 “Affermazioni da parte di membri dello staff” che e disponibile su richiesta. rende chiaro che espressioni di vanto sulla religione da parte dello staff non sono valide.

Tali Scritture contengono una guida volta ad aiutare l’individuo a divenire più consapevole di se stesso come essere spirituale. aumentarne il rispetto per sé e per gli altri. ai fine del conseguire la totale libertà spirituale per se stesso e per gli altri e non sono volte a curare o diagnosticare disturbi fisici o ad insegnare o praticare arti o scienze mediche.

3. I più importanti servizi religiosi della religione di Scientoiogy sono l’auditing ed il training. L’auditing consiste di una forma di consulenza spirituale unica nel suo genere che aiuta l’individuo ad esaminare la sua esistenza e a migliorare la sua abilita a stare di fronte a ciò che lui è. e dove lui e nella vita. ii training consiste di studio intensivo della teoria e dell’applicazione delle Scritture. Anche se da una parte la Chiesa sostiene la speranza di una vita migliore tramite la conoscenza ed applicazione della tecnologia cii Scientology. dall’altra la Chiesa tiene a precisare che il miglioramento spirituale dell’individuo presuppone la sua partecipazione onesta e devota. Quindi. la Chiesa non dichiara nè garantisce che uno qualsiasi dei servizi di Scientology produrrà un particolare risultato.

4. l servizi religiosi di Scientology di solito richiedono l’uso dell’Elettro- psicometro Hubbard o “E-Meter”. manufatto religioso che serve ai Ministri della Chiesa come guida per individuare rapidamente aree di sofferenza o disagio spirituale. Di per sé l’E-Meter non fa nulla ed il suo è uno scopo esclusivamente spirituale.

5. Ai parrocchiani viene chiesto cll sostenere la Chiesa tramite donazioni e contribuzioni relative alla loro partecipazione ai servizi religiosi di auditing e di training. A volte può succedere che uno dei parrocchiani decida di non voler più partecipare alle attività della Chiesa o che la Chiesa stessa non si senta di poter aiutare la persona al punto desiderato. In entrambi i casi, l’individuo può richiedere la restituzione delle sue contribuzioni ben sapendo di non poter più cosi partecipare ai servizi religiosi di Sclentology.

Una restituzione di contribuzioni può essere ottenuta in determinate circostanze previste dalle direttive ecclesiastiche pubblicate. includendo specificamente la Poiicy Direttiva di Scientology (Scientoiogy Pollcy Directlve) del 13 marzo 1996 “Restituzione di contribuzioni”, disponibile su richiesta, ed in base alla procedura della Chiesa stabilita dal Consiglio di Verifica dei Reclami, tramite lo stretto adempimento alle procedure e direttive di cui sopra. Tali procedure prevedono la partecipazione diretta dell’interessato con l’esclusione di qualunque terza parte. includendo. ma non limitandosi a un rappresentante legale. Tali restituzioni di contribuzioni avvengono esclusivamente con l’autorità ecclesiastica del Consiglio di Verifica del Reclami e solo a discrezione della Chiesa. inoltre comprendo. riconosco ed accetto che qualunque violazione o deviazione da parte mia da tali direttive ecclesiastiche pubblicate, rende nulla qualunque mia possibilità di ricevere qualsiasi restituzione. Mi è chiaro che in ogni caso la restituzione e una scelta ecclesiastica della Chiesa e non un mio diritto.

6. La Chiesa possiede procedure di Etica e Giustizia descritte nelle Scritture, ideate al fine di aiutare l’individuo a vivere una vita più onesta ed etica ed a risolvere inoltre le difflcolta e le dispute con altri parrocchiani e con la Chiesa stessa. È policy della Chiesa che le dispute nell’ambito della Chiesa o con altri Scientologist debbano essere risolte tramite tali procedure di arbitrato, senza il ricorso all’ordinaria autorità civile. In base alla natura religiosa dei servizi forniti riconosco comprendo ed accetto che, in nessun caso. qualsiasi disputa, reclamo o controversia relativa alla mia partecipazione ai servizi religiosi di Scientoiogy, possa venire rimessa alla decisione di un tribunale.

7. Le persone che soffrono di malattie fisiche o che sono in uno stato fisico non ottimale devono informare il Registrar (Addetto alle iscrizioni) di ciò e rivolgersi ad un medico, affinché un completo esame medico e qualsiasi trattamento necessario vengano fatti. prima di poter iniziare i servizi nella Chiesa.

8. La Chiesa tiene registrazioni scritte delle sedute di auditing come pure altri archivi che contengono informazioni relative al parrocchiano e ai suoi progressi in Sclentology. il contenuto di tali fascicoli è coperto dal segreto confessionale e nessuno può avervi accesso. eccetto le persone specificamente incaricate di dette funzioni e solamente allo scopo di amministrare ulteriori servizi religiosi. I fascicoli sono cii esclusiva proprietà della Chiesa.

9. Ci si aspetta che prima di iniziare il servizio seguente, la persona sia completamente soddisfatta dei servizi ricevuti in precedenza. Se non lo è. ci si aspetta che informi di questo il membro dello staff interessato alla questione. in modo che questa possa essere risolta prima che la persona continui con un altro servizio.

I0. Alcuni individui hanno difficoltà nel progredire nel training e nell’auditing e non sono quindi di norma accettati per questi servizi di Scientoiogy, incluse tra questi, sono persone che non stanno partecipando ai servizi di propria volontà o per propria scelta, persone che hanno un passato di internamento psichiatrico, persone con passato criminale, persone che sono malate in modo terminale e persone che cercano di indagare su Scientoiogy o che si siano costitute in giudizio contro Scientology.

Attesto di aver letto e compreso quanto sopra e cii aver avuto l’opportunità di fare domande e di aver ricevuto ogni ulteriore informazione di cui necessitava. Attesto inoltre di non ricadere in alcuna delle categorie elencate nel paragrafo precedente. Accetto le regole sovra estese della Chiesa e mi impegno ad osservarle.

Ho visto il film intitolato “Orientamento” e sono ora informato e consapevole che Scientology è una religione. che i suoi insegnamenti sono religiosi e che le sue affermazioni sono di natura religiosa. Comprendo che se desidero partecipare ai servizi di Scientology, lo faccio essendo pienamente consapevole che sono servizi religiosi, e che vl prendo parte secondo i principi ecclesiastici della religione di Scientology.

Comprendo, riconosco ed accetto che la presente richiesta d’iscrizione consacra unicamente le intese, gli accordi e gli impegni fra me e la Chiesa in relazione a tutti l servizi religiosi che la Chiesa mi fornirà.

‘ Desidero partecipare ai servizi di Sclentology. Data Firma

Nome in stampatello

Indirizzo

Firma del genitore o tutore Testimone (se minore}

Il documento in originale è qui.

Costretto a sposarsi: lo vuole la ‘ndrangheta

Costretto a sposarsi con la forza e con l’uso delle armi. L’episodio e’ emerso oggi in aula, dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, nel corso del processo “Black money” contro il clan Mancuso. Il padre del pentito vibonese Eugenio William Polito – fra i principali testi dell’accusa del pm della Dda Marisa Manzini – ha infatti spiegato che il figlio fu costretto a sposare una ragazza di San Calogero (Vv) dopo che alcuni componenti del clan gli puntarono una pistola alla testa.

Gli stessi componenti del clan Mancuso, sebbene i genitori del futuro pentito non avessero partecipato al matrimonio del figlio, non condividendo la sua scelta di imparentarsi con persone in odore di mafia, avrebbero poi preteso il pagamento di tutte le spese della cerimonia. Il padre del collaboratore Polito, dopo aver ricordato in aula di “aver dovuto vendere tutto” a causa dei debiti contratti dal figlio a cui i componenti del clan Mancuso avevano prestato del denaro, ha quindi riferito che nel Vibonese “anche le pietre sanno chi sono i Mancuso di Limbadi, persone senza scrupoli e senza cuore che hanno ridotto sul lastrico – ha dichiarato Domenico Polito – diversi imprenditori che non si sono voluti piegare alle loro pretese”. Polito ha infine riferito che lo stesso boss Antonio Mancuso (fra i principali imputati del processo) gli chiese 150mila euro o una villetta in costruzione in cambio della tranquillita’ sul cantiere.

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Gli uomini del clan Pesce lavorano (anche) a Verona

Le complesse e articolate attività di polizia giudiziaria hanno portato anche i militari ad indagare su Verona. Gli approfondimenti investigativi eseguiti nei confronti delle aziende di trasporto riconducibili alla cosca “Pesce”, alcune delle quali operanti nel Nord Italia, in particolare a Verona, hanno evidenziato l’utilizzo di imprese cooperative che si sono interposte tra esse e i clienti finali. Infatti, le cooperative di lavoro avrebbero avuto quale unico scopo quello di fornire uno schermo giuridico alle imprese della “cosca”, le quali, una volta “esternalizzati” i propri lavoratori facendoli solo formalmente assumere dalle cooperative e fittiziamente ceduto in comodato i mezzi d’opera alle stesse, hanno continuato a operare direttamente non preoccupandosi più del pagamento degli oneri fiscali che gravavano interamente sulle false cooperative. La Finanza è sicura che venissero controllate almeno tre aziende veronesi. Tutte a Nogarole Rocca, tutte nell’ambito degli autotrasporti e della logistica.

Le stesse cooperative hanno successivamente fatturato alle imprese beneficiarie della frode prestazioni di servizi, simulando inesistenti contratti, e così consentendo loro la fraudolenta contabilizzazione dei rel ativi costi ed Iva a credito. Le cooperative di lavoro si sono rivelate società di fatto inesistenti, interposte al fine di caricarsi tutti gli oneri impositivi (in termini di imposte e Iva dovuta), contributivi e previdenziali che, come acclarato, non sono stati mai assolti Infatti, le predette cooperative erano di fatto “ scatole vuote ” che hanno cess ato l’attività dopo breve tempo e i loro rappresentanti sono risultati prestanome nullatenenti. Verona sarebbe entrata nel mirino da tempo della mafia al Nord proprio per il territorio ricco e per la posizione strategica per trasporti ferroviari e stradali.

(fonte)

Parla male del boss: pestato con una mazza da baseball. In Lombardia.

Pare che in carcere avesse osato parlare male di quello che è ritenuto essere un vecchio boss di provincia, figura di riferimento – ritengono gli inquirenti – del clan di ’ndrangheta dei Piromalli. Un personaggio, quest’ultimo, nato a Gioia Tauro e residente nel Milanese, 62 anni, che si vantava di aver maturato due ergastoli e 83 anni di carcere. L’affronto cui abbiamo accennato – ovvero l’aver pronunciato parole pesanti contro il personaggio di spicco della malavita organizzata – sarebbe stato il pretesto per una spedizione punitiva andata in scena tra Lurago Marinone e Limido Comasco. Un blitz che è costato caro al fratello di chi aveva commesso lo sgarro, sequestrato fuori da un bar e massacrato di botte utilizzando per spaccargli una gamba una mazza da baseball. È questo l’ennesimo episodio di violenza che riguarda la Bassa Comasca, portato alla luce dalle indagini della squadra mobile che in queste ultime settimane ha stretto la morsa attorno alla malavita che stritola l’area della nostra provincia che da Fino Mornasco scende a Guanzate, Limido, Lurago Marinone, Lomazzo e via dicendo. Ieri mattina gli uomini della Questura hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare con le accuse di lesioni gravi e sequestro di persona proprio relative a quell’episodio che risalirebbe al 15 settembre. La vittima, 35 anni, fu sorpresa fuori dal bar dove si stava recando a lavorare potendo contare – nonostante i “domiciliari” per una accusa di spaccio di droga lungo la A9 – sul permesso di uscita. L’uomo fu prelevato da più persone (tre ancora sconosciute), portato da Lurago Marinone a Limido, e picchiato con una mazza da baseball (oltre 45 giorni di prognosi). La sua colpa essere fratello di un detenuto del Bassone che pare avesse parlato male del boss. Nei guai sono finiti il mandante, gli esecutori del blitz (il figlio 34enne del boss e un 36enne del Milanese) più gli anelli di congiunzione tra quanto avvenuto al Bassone e il boss. Tra questi un 28enne di Lomazzo e un nome già noto alle cronache, uno dei fratelli di Lurago Marinone (42 anni) in cella per un altro sequestro di persona nell’ambito delle indagini sul delitto di Guanzate. Un cancro, quest’ultimo, che ogni giorno mostra le proprie infinite metastasi.

(fonte)