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Giulio Cavalli

Il welfare di Cosa Nostra

“Le indagini fanno emergere ancora una volta la grande attenzione degli affiliati liberi nei confronti dei detenuti. Una vera e propria ossessione, perché questa cura consente a Cosa nostra la tenuta del sistema”.

Lo ha detto il colonnello Pierangelo Iannotti, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, durante la conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli dell’operazione Iago, che stamani ha portato in carcere otto boss.

“Allo stesso tempo – ha aggiunto – abbiamo verificato la grande capacità di cosa nostra di rigenerare i propri assetti con i detenuti che influenzano dal carcere le decisioni delle famiglie mafiose. Un altro elemento è la continua ricerca di fonti di finanziamento, perché il pizzo a causa della crescente crisi economica non riesce più a soddisfare le necessità dell’organizzazione. Da qui il ricorso a nuove fonti di guadagno, come i centri scommesse o la droga”.

(Adnkronos)

Oh, eccoci

Insomma abbiamo avuto il nostro bel da fare ma alla fine siamo tornati online e dovrebbe essere tutto a posto. Se trovate qualche problema di navigazione sul sito vi chiedo di segnalarlo qui. Ah: buona giornata, intanto.

Anche per Albano la mafia non esiste nel suo paese (sciolto per mafia)

foto-albanoIl comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, ma, per Albano Carrisi, in realtà, la Sacra Corona Unita a Cellino San Marco non esiste.

Il cantante, interpellato dal Fatto Quotidiano, dopo la notizia dello scioglimento del Consiglio comunale pugliese, ha infatti assicurato di non aver mai visto la mafia.  “Qui a Cellino non esiste”. Piuttosto, specifica, “abbiamo una delinquenza simile a quella di tanti paesi d’Italia”.

Poco importa, dunque, se il Governo ormai da mesi aveva posto la propria attenzione sul paese. I commissari antimafia nominati dal prefetto, a dicembre avevano persino inviato al titolare del Viminale Alfano una relazione accurata in merito. A febbraio, poi, i carabinieri si presentarono in municipio per acquistare atti amministrativi, centinaia di documenti che proverebbero la collusione con famiglie della Scu. Non è finita: ora, i carabinieri del Ros stanno indagando su due diverse inchieste, una riguardante condizionamenti mafiosi e l’altra che cerca di far luce sugli attentati subiti dal sindaco Francesco Cascione (Pdl), avvocato penalista e difensore di molti affiliati alla Sacra Corona Unita.

(via)

Buona Pasqua Cardinale Bertone

Il Cardinale Tarcisio Bertone inaugurerà presto il suo nuovo mega attico da 700 metri quadrati a Palazzo San Carlo. Papa Francesco “abita” lì di fianco in un bilocale da 70 metri quadrati: un decimo, per dire. Proprio Bergoglio aveva parlato di preti “untuosi, sontuosi e presuntuosi”, che devono avere invece “come sorella la povertà”. Il Cardinale Bertone è la stessa persona che in tutti questi ultimi anni si è concentrato più sulla protezione “politica” dell’azienda “Chiesa” piuttosto che dei suoi fedeli e ha voluto insegnarci le regole per vivere nel buono e giusto. E in questa sera di Pasqua appena passata (credenti o non credenti) mi viene da pensare al senso della “misura” nelle proprie azioni e nei propri bisogni: un senso della “misura” che deve essere un bene comune per potere misurare l’uguaglianza. Ma questa è politica, mica fede. E non dovremmo impicciarci.

‘Ndrangheta e processioni: parla Gratteri

Sempre continuando il discorso che facevamo qui e qui, l’intervento di Gratteri puntualizza (sulla stessa linea):

”Le mafie si nutrono di consenso popolare. Per esistere, cercano la gente: sono presenti li’ dove c’e’ da gestire denaro e potere e dove ci sono grandi folle, come nelle manifestazioni sportive ma soprattutto nelle e vicino alle processioni religiose”. In un colloquio con l’Adnkronos, il procuratore aggiunto presso il tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, torna a lanciare l’allarme infiltrazioni delle ‘ndrine nei riti della Settimana Santa. ”E’ importante -rimarca il magistrato antimafia- in questi giorni pasquali vigilare, soprattutto in Calabria, contro ogni tentativo di infiltrazioni mafiose, perche’ per i capi della ‘ndrine la processione e’ una vetrina: amano farsi vedere vicino a santi e preti”. ”Bisogna intervenire per prevenire strumentalizzazioni -ribadisce il procuratore- come ha fatto il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di Vibo Valentia”, presieduto dal prefetto Giovanni Bruno, intervendo sulle processioni dell’Affruntata di Stefanaconi e Sant’Onofrio, nel vibonese, che si svolgono la mattina della domenica di Pasqua. Quest’anno, scrive infatti il ‘Quotidiano della Calabria’, i portatori del Cristo Risorto, della Madonna e di San Giovanni, non saranno sorteggiati: li scegliera’ la Protezione civile tra i propri volontari. Una decisione concertata con il vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo. Il 14 aprile scorso, nel corso della sua audizione in commissione Antimafia, Gratteri aveva sottolineato che gli ndranghetisti ”sono molto legati alla Madonna di Polsi, custodiscono immagini di S. Michele Arcangelo e -new entry negli ultimi anni- nei blitz messi a segni nei covi dei latitanti abbiamo trovato immagini di Padre Pio”.

Azzeramento del mandamento mafioso di Porta Nuova: le facce

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Gli otto arrestati dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Iago”, sono tutti affiliati alla famiglia mafiosa di Porta Nuova. Si tratta di Marcello Di Giacomo, 47 anni, fratello dell’uomo ucciso il 12 marzo; Vittorio Emanuele Lipari, 53 anni; Onofrio “Tony” Lipari, 24 anni; Nunzio Milano, 65 anni; Stefano Comandé, 28 anni; Francesco Zizza, 32 anni; Salvatore Gioeli, 48 anni; Tommano Lo Presti, 39 anni.

Lipari è considerato il reggente della famiglia di Porta Nuova, Gioeli il reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro e Tommaso Lo Presti, recentemente tornato in libertà, il suo successore.
Le indagini sono state coordinate dal capo della procura Francesco Messineo, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli. L’indagine ha consentito di ricostruire l’attuale organigramma del mandamento mafioso facendo emergere i ruoli dei capi ma – sostengono gli investigatori – soprattutto ha permesso di scongiurare l’inizio di una pericolosa faida tra famiglie mafiose.L’indagine è stata avviata a maggio 2013 e si concentrava su Giuseppe Di Giacomo, braccio destro dell’allora reggente Alessandro D’Ambrogio, poi arrestato mentre Di Giacomo è stato ucciso a colpi di pistola, in pieno giorno, il 12 marzo scorso. Da subito era emerso il ruolo determinante di Di Giacomo, forte anche della parentela carismatica: il fratello Giovanni è infatti detenuto per mafia, ma in grado di dettare le strategie criminali per controllare il territorio. Nel luglio 2013 viene arrestato il boss Alessandro D’Ambrogio e il vertice del mandamento viene decapitato per questa ragione Giuseppe Di Giacomo viene designato come suo successore. “Una scelta – scrivono gli investigatori – destinata a suscitare il risentimento in mafiosi di rango che, scarcerati da li’ a poco, non condividono la leadership. Di Giacomo viene ucciso – proseguono i militari -in un agguato eseguito con classiche modalita’ mafiose”. Dopo l’omicidio scatta il desiderio di vendetta da parte dei familiari di Giacomo – in particolare dei fratelli Giovanni e Marcello – che progettano di uccidere coloro che ritengono essere i responsabili del delitto”.

Nelle foto, da sinistra in alto: Emanuele Lipari, Salvatore Goieli, Marcello Di Giacomo, Stefano Comandé, Francesco Zizza, Nunzio Milano, Tommaso Lo Presti, Onofrio Lipari.

L’agnello pasquale

A proposito di appelli per gli agnelli innocenti, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano chiede i numeri identificatori per quei due sotto le scarpe:

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Le via crucis con odore di mafia

Vi ricordate? Ne parlavo giusto qui (e si sono innervositi parecchio) e oggi l’Ansa batte questa (bella) notizia:

(ANSA) – VIBO VALENTIA, 19 APR – Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di Vibo Valentia, d’intesa con la Diocesi di Mileto, ha deciso di commissariare le processioni dell’Affruntata di Stefanaconi e Sant’Onofrio, nel vibonese, che si svolgono la mattina della domenica di Pasqua. La decisione è stata presa per evitare infiltrazioni della ‘ndrangheta nei due eventi religiosi. Al termine della riunione è stato deciso che le statue saranno portate dai volontari della Protezione civile.

'Ndrangheta: cosca controllava anche le processioni

La curiosità funziona.

La (prevista) brutta fine di Massimo Ponzoni

L’ennesimo pezzo di formigonismo e di brutta Lombardia che ha impunemente governato per anni:

formigoni_ponzoniEra stato mister 11mila voti, rimasto potente nonostante la perdita della carica di assessore e con l’aspirazione a ottenere una “delega per i lavori dell’Expo 2015″. Poi per Massimo Ponzoni, ex assessore regionale della Lombardia ed ex segretario dell’ufficio di presidenza in era Formigoni, era arrivata un’ordinanza di custodia cautelare. Era il gennaio del 2012 e oggi a poco più di due anni dalla sua consegna agli uomini della Guardia di Finanza è arrivata la sentenza di primo grado: una condanna a dieci anni e sei mesi di reclusione messo dai giudici del Tribunale di Monza.

A Ponzoni venivano contestati la corruzione, la concussione e bancarotta fraudolenta nell’ambito del ‘crac Pellicano’, la società immobiliare con sede a Desio di cui l’allora assessore era socio, dichiarata fallita dal tribunale di Monza per un ammanco di circa 600mila euro. L’inchiesta era però stata stralciata  da un’indagine della Dda di Milano sulla ‘ndrangheta. Di cui Ponzoni che al telefono si vantava di aver potuto fare a meno – diversamente dalle elezioni del 2005 – sostenendo in una conversazione intercettata: “Mi sono tolto di mezzo la grande soddisfazione di arrivare primo… secondo sono arrivato con Carugo e terzo mi sono tolto i voti dicerti personaggi affiliati a certi clan“. Per il difensore di Ponzoni, l’avvocato Luca Ricci si tratta di “una sentenza ingiusta”.

Con l’ex assessore sono stati poi condannati dai giudici monzesi a pene che vanno dai due anni e mezzo a cinque anni e mezzo, tutti e quattro i coimputati accusati a vario titolo di corruzione, concussione e bancarotta fraudolenta.

Ponzoni era stato arrestato il 17 gennaio del 20012 quando si era consegnato alla Guardia di Finanza perché su di lui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare. Il gip ha firmato aveva firmato l’arresto anche per l‘imprenditore Filippo Duzioni, per l’ ex sindaco di Giussano Franco Riva e l’ex assessore provinciale e tecnico del Comune di Desio Rosario Perri (per questi erano stati disposti i domiciliari).  Per il giudice esisteva ”un radicato e diffuso sistema di illegalità che presenta, come dato comune, l’asservimento della funzione pubblica all’ interesse privato”; un ”contesto affaristico” non solo fatto, secondo la ricostruzione di presunte mazzette,”voti comprati”, appoggi per scalate all’interno delle amministrazioni locali in cambio di interventi sui piani di governo del territorio, ma anche legato con un filo alla ‘ndrangheta e che ha portato a iscrivere nel registro degli indagati, accanto a Ponzoni, oltre venti persone, tra suoi parenti, imprenditori, commercialisti e pubblici ufficiali.

Secondo il gip c’era anche  ”la sua dedizione al consumo di droga”, la ”cocaina”, a cui si aggiungono i ”costi del lusso”, a spingerlo ”procurarsi liquidità”. Bisogno questo, secondo il giudice, che l’avrebbe portato a commettere ”fatti corruttivi”, e per la quale sarebbero state ”strumentali (…) anche le condotte distrattive poste in essere nella gestione delle società” poi fallite o a lui riconducibili. Società svuotate, per l’accusa, per comprare voti o finanziare la sue campagne elettorali. E poi per pagare ”noleggi di barche” e anche ”viaggi esotici” al governatore della Lombardia Roberto Formigoni fino ad arrivare agli oltre 13 mila euro pagati da il Pellicano alla pasticceria Cova di via Montenapoleone, a Milano, o ai 62.400 euro versati a un ‘centro studi arredamenti” della Brianza.

Latitante a Milano

Ovvero Milano come luogo sicuro per la latitanza di un ‘ndranghetista, per intendersi.

Si era rifugiato nel Milanese, ma la polizia è riuscita a rintracciarlo. La Squadra mobile di Catanzaro ha arrestato, in una località dell’hinterland milanese, un latitante, Vincenzo Vitale, di 40 anni, considerato un esponente di spicco della cosca Gallace-Gallelli della ‘ndrangheta, che ha la sua base operativa a Guardavalle, lungo la fascia jonica catanzarese.

Vitale era ricercato da un anno dopo che era sfuggito all’arresto nell’ambito dell’operazione “Free Boat” che aveva portato alla cattura di esponenti di spicco e affiliati della cosca di Guardavalle, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione.

Nella stessa operazione, alla quale ha partecipato la Squadra mobile di Milano, è stato arrestato anche un presunto fiancheggiatore di Vitale, accusato di avere favorito la sua latitanza in Lombardia.