Vai al contenuto

Giulio Cavalli

A proposito del culo e del prosciutto

Ricevo e pubblico a proposito della brutta pubblicità di cui avevamo scritto qui:

Desideriamo informare che il Comitato di Controllo dello IAP è intervenuto sul caso segnalato da questo blog il 23 ottobre scorso, contattando prontamente l’inserzionista per evidenziare gli aspetti critici del messaggio in relazione all’articolo 10 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale (www.iap.it), il quale prevede che la comunicazione commerciale debba rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni, ed evitare ogni discriminazione di genere. L’azienda alimentare, sebbene abbia dissentito dall’interpretazione in chiave sessista fatta dal nostro Comitato, si è impegnata a far rimuovere l’affissione contestata.

Segreteria IAP

 

Ciao Salvatore Coppola

coppolaE’ morto Salvatore Coppola, editore indipendente nell’accezione più pura. Ho avuto l’onore di essere pubblicato nei suoi “pizzini della legalità” anni fa, in quella sua collana che voleva rispondere ai pizzini di Provenzano con i pizzini che sanno di letteratura. Nel suo lavoro ci vedeva tutta la missione di un editore che vuole migliorare il proprio paese e in fondo, per la sua giusta parte, ci è anche riuscito.

Come gli scrive Pietro Orsatti:

Sei stato l’ultimo editore, pezzo di mondo freack e impegno civile. Figlio degli anni ’60, ma senza quella patina ideologica che ci ha rotto a tutti abbondantemente i coglioni. Hai amato i libri che hai pubblicato come figli, la carta su cui li hai stampati come pelle di un’amante, l’inchiostro come sangue che è possibile versare quando ne vale la pena.

 

Il buonismo tardivo per Lea Garofalo

Riporto le parole di Marisa, sorella di Lea Garofalo:

«Mi chiedo se si sia fatto poco a livello istituzionale, me lo chiedo perché mi tormenta il pensiero che tutto questo si sarebbe potuto evitare. Quando c’è stato il suo tentato rapimento, Lea ha denunciato. Quando le hanno chiesto chi poteva essere stato, lei ha fatto il nome di Cosco. Quando ha dovuto testimoniare contro suo fratello e contro il padre di sua figlia, lei ha testimoniato, perché – come ha avuto modo di scrivere – voleva una vita libera e un futuro migliore per sé e sua figlia. Ma per fare qualcosa hanno aspettato che morisse. La chiamavano collaboratrice di giustizia invece di testimone, facendo così in modo che si sentisse marchiata. Voleva far cambiare il cognome alla figlia e non c’è riuscita. Quando le spostavano da un posto all’altro, perché nei pressi della loro abitazione notavano presenze particolari, cadeva nello sconforto e si chiedeva come avessero fatto a sapere dove abitavano. Neanche io lo sapevo. Allora i suoi timori aumentavano e non si fidava nemmeno della scorta. Lei non è stata zitta. Ha continuato a denunciare, sempre e nonostante tutto».

(da La figura rimane, di Doriana Righini in Contro Versa, autrici varie, sabbiarossaED, Reggio Calabria 2013)

Offelee, fa el tò mestee

In milanese si usa dire Pasticciere, fa’ il tuo mestiere (pensatelo con tono esortativo, mi raccomando) per significare l’importanza del rispetto del proprio ruolo, della professionalità del proprio mestiere e invitare a non occuparsi di cose che non sappiamo, che non siamo e che non ci appartengono. Quando ho letto la notizia del Comune di Giussago (PV) che ha deciso di “fare la banca” occupandosi di microcredito per i suoi cittadini mi è tornata in mente subito la storia dell’offelee che decide di occuparsi di altro, ma questa volta con una grande ma desolata solidarietà. Se un comune sostituisce le banche in un Paese (o forse sarebbe meglio scrivere in un’Europa) in cui le banche fanno solo finanza significa che a qualcuno viene richiesto di fare più del “suo” perché inevitabilmente qualcun altro latita.

Non credo in un’Italia che sopravviva grazie agli “slanci” di qualcuno e le basti così, proprio no. Con tutto l’affetto per Giussago, chi lo celebra ne ha diritto solo dopo avere denunciato un sistema bancario inaccettabile.

Quindi quella di Lea Garofalo non è antimafia

Sono basate anche sulle dichiarazioni di Lea Garofalo, la testimone di giustizia fatta uccidere a Milano dal marito, Carlo Cosco, le indagini che hanno portato all’esecuzione di 17 arresti da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone nei confronti di affiliati alla ‘ndrangheta. Lea Garofalo, prima che il marito la facesse sequestrare e uccidere, aveva fornito un importante contributo per svelare gli affari delle cosche della ‘ndrangheta del Crotonese. Tra i criminali finiti in manette anche Nicolino Grande Aracri, ritenuto il capo dell’omonima cosca di Cutro.

La notizia di oggi è l’arresto di 17 persone grazie (anche) alle deposizioni di Lea Garofalo e fin qui tutto bello: come sappiamo ricordare e onorare i morti nessuno mai. Leggo le diverse testate e colgo subito al primo impatto che tutte parlano di “arresti mafiosi”, “colpo alla ‘ndrangheta” e così via. Tutto bene se non fosse che l’omicidio di Lea Garofalo non è stato considerato omicidio mafioso (gli imputati non sono stati condannati al 416 bis) in una preoccupante escalation di disconoscenza dell’associazione mafiosa nelle sentenze (ne aveva scritto senza peli sulla lingua Nando Dalla Chiesa qui).

Quindi hanno arrestato mafiosi senza che Lea sia stata uccisa dalla mafia, insomma, pensate che sfortuna, Lea: ha incastrato il capo cosca ‘ndrnaghetista di Cutro ed è morta per un tragico litigio di famiglia, senza mafia.

Sono stati resi noti i nomi degli arrestati e tutti i dettagli dell’operazione Filottete condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone contro presunti esponenti delle cosche locali. I nomi dei 17 arrestati resi noti nel corso della conferenza stampa tenutasi in mattinata. In totale sono state 17 le ordinanze restrittive emesse dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro, di cui 16 notificate in carcere.

Di seguito tutti i nomi delle diciassette persone destinatarie di un provvedimento restrittivo emesso in esecuzione dell’odierna Operazione Filottete condotta dalla Dda di Catanzaro:

  • Nicolino Grande Aracri nato a Cutro il 20.01.1959 Cutro
  • Giuseppe Pace nato a Crotone il 13.05.1977
  • Giuseppe Scandale nato a Petilia Policastro il 15.07.1968
  • Salvatore Comberiati nato a Petilia Policastro il 17.07.1959
  • Pietro Comberiati nato a Crotone il 24.07.1980
  • Salvatore Comberiati nato a Petilia Policastro il 05.11.1966
  • Vincenzo Comberiati nato a Petilia Policastro il 11.04.1957
  • Angelo Greco nato a San Mauro Marchesato il 16.11.1965
  • Antonio Valerio nato a Cutro il 18.07.1967
  • Salvatore Vona nato a Petilia Policastro il 08.05.1981
  • Domenico Pace nato a Crotone il 16.08.1980
  • Mario Mauro nato a Petilia Policastro il 12.10.1958
  • Salvatore Carvelli nato a Petilia Policastro il 21.07.1963
  • Giuseppe Grano nato a Milano il 31.05.1965 di Mesoraca
  • Giovanni Castagnino nato a Petilia Policastro il 31.12.1959
  • Pasquale Carvelli nato a Petilia Policastro il 16.01.1973
  • Salvatore Caria nato a Petilia Policastro il 10.01.1978

Alle 17 persone arrestate sono contestati a vario titolo reati che vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio aggravato, porto e detenzione di armi e materie esplodenti, produzione e traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, ricettazione. Oltre alle 17 persone arrestate in quanto destinatarie del provvedimento di custodia cautelare, i carabinieri del Comando provinciale di Crotone hanno arrestato altre due persone di Petilia Policastro perchè trovate in possesso di arma da fuoco nel corso delle perquisizioni di questa mattina. Si tratta di Fabio Dornetti e Giuseppe Vona, entrambi scampati mesi addietro ad altrettanti agguati, e tutti e due trovati con una pistola calibro 9 in casa. Fabio Dornetti, in particolare, ha subito un tentato omicidio nel mese di agosto, mentre Giuseppe Vona rimase ferito in un agguato in cui perse la vita il fratello Valentino.

Secondo quanto ritenuto dagli investigatori l’operazione Filottete ha permesso di fare luce su ben 7 omicidi di ndrangheta avvenuti tra il 1989 ed il 2007 e costati la vita a : Mario Scalise, assassinato il 13 settembre 1989 a Petilia Policastro;Cosimo Martina, assassinato il 30 settembre 1990 a Crotone; Carmine Lazzaro, assassinato il 16 agosto 1992 a Steccato di Cutro; Rosario Ruggiero, assassinato il 24 giugno 1992 Cutro; Antonio Villirillo, assassinato il 5 gennaio 1993 a Cutro; Romano Scalise, fratello di Mario, assassinato il 18 luglio 2007 a Cutro; Francesco Bruno, assassinato il 2 dicembre 2007 a Mesoraca.

Tra i nomi degli arrestati dell’operazione Filottete spiccano quelli di Comberiati Vincenzo, ritenuto il capostipite e boss dell’omonima famiglia di ndrangheta, e quello di Nicolino Grande Aracri, boss di Cutro, già in carcere in regime di 41 bis perchè condannato in via definitiva per altri fatti.

Non siamo uguali

L’Italia è al 71° posto nella classifica dei paesi con la minor disuguaglianza di genere (gender gap).

Ogni anno il rapporto del Forum economico mondiale prende in esame salute, accesso all’istruzione, partecipazione economica e impegno nella politica: sul gradino più alto del podio quest’anno c’è di nuovo l’Islanda, seguita da Finlandia e Norvegia.

In SEL è Migliore annacquarsi

“Per me l’obiettivo è combattere la destra. Se dentro al Pd c’è chi vuole interrompere le larghe intese ben venga. Renzi dicendolo si assume una responsabilità importante”. Lo ha detto Gennaro Migliore, capogruppo Sel alla Camera, ad Agorà, su Raitre. Secondo l’esponente di Sel “quello che serve è segnare chi sta pagando questa crisi, e chi va difeso. L’energia della Leopolda mi ricorda il social Forum che si fece anni fa proprio nello stesso luogo. Un’energia che vuole interrompere il flusso di quanti vogliono mantenere lo status quo”.

Ecco: il “meno peggio” o “i nemici dei miei nemici sono miei amici” sono i comportamenti intollerabili per cui si sentiva il bisogno di costruire SEL. Ma non per tutti, evidentemente.

Cose che provano a funzionare

A proposito delle intercettazioni dimenticate in traghetto, ecco l’interrogazione di SEL.

BOCCADUTRI e COSTANTINO — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i quotidiani nazionali hanno riportato nei giorni scorsi la notizia che quattro contenitori con intercettazioni non ancora trascritte di telefonate che riguardano il cosiddetto «processo Meta» sarebbero stati ritrovati sul traghetto che collega Reggio Calabria e Messina;
a riferire la notizia è stato il pubblico ministero Giuseppe Lombardo, pm applicato alla direzione Distrettuale Antimafia, nel corso dell’udienza dibattimentale; in particolare, il Ros di Reggio Calabria sarebbe stato contattato dal personale delle navi traghetto, che hanno rinvenuto su un divanetto quattro plichi, fortunatamente quasi integri, relativi alle intercettazioni non ancora trascritte di questo processo. Tre dei plichi sarebbero stati totalmente integri, mentre un quarto risulterebbe essere stato aperto. Quelle intercettazioni non sarebbero ancora state trascritte nonostante l’incarico fosse stato affidato mesi e mesi fa. Si tratterebbe, addirittura, degli originali;
il processo cosiddetto Meta riguarda alcune cosche che alla fine degli anni 80 si sarebbero alleate per potenziare la presenza della ’ndrangheta nel Nord Italia, attraverso anche un alleanza tattica con Cosa Nostra;
il pm Giuseppe Lombardo è stato destinatario nel mese di marzo 2013 di un pacco bomba contenente 50 grammi di esplosivo accompagnati da una lettera di minaccia;
l’esigenza di tutelare la riservatezza del materiale probatorio, unitamente alla necessità di tutelare i soggetti che portano avanti le indagini di mafia non può essere messa a repentaglio in modo così palese –:
quali iniziative, secondo le proprie competenze, il Ministro della giustizia intenda assumere per tutelare l’integrità del materiale probatorio in processi delicati come il cosiddetto processo Meta.

Intervista a Giulio Cavalli: “L’antimafia si fa innamorandosi dello Stato e non dei salvatori”

da ArticoloTre

articolotre_newlogo-G.C.– Giulio Cavalli: attore, politico, scrittore  da sempre in prima linea nella lotta contro le mafie. Tanto da volerle denunciare pubblicamente, scatenando la rabbia delle cosche che ora vorrebbero eliminarlo. L’ex consigliere lombardo di Sel vive ora sotto scorta e in una località protetta, ma, non per questo, ha scelto di tacere e di abbandonare il proprio impegno per la legalità.

“Mafie al nord” è un’espressione che finalmente comincia ad essere utilizzata. Si tratta però di una mafia “imprenditoriale”, in grado di esasperare i principi del capitalismo e, per questo, appare ancora più difficile da riconoscere. Se in meridione si parla di contiguità e convivenza, al settentrione è più opportuno parlare di connivenza o ignoranza?

Connivenza e ignoranza: perché non è vero che al nord ci sono solo mafie imprenditoriali difficili da riconoscere e lo dimostra bene il fatto che insieme ai soldi sono stati esportati anche i riti di affiliazioni e le dinamiche interne dei clan, sia per ‘ndrangheta che camorra che Cosa Nostra. L’ignoranza (mi piace di più chiamarlo “analfabetismo”) è soprattutto tra la gente che non ha contatti “diretti” ma semplicemente benefici indiretti o danni collaterali mentre la connivenza è evidentemente politica e finanziaria e imprenditoriale. Parlare di “mafia al nord” diventa quindi molto pericoloso se serve per chiedere una certa indulgenza di giudizio rispetto alle mafie del sud.

Nei giorni scorsi ha parlato di una “antimafia disorganizzata”, che si contrappone ad una criminalità, invece, organizzata. Qual è dunque, a Suo parere, la strada da imboccare per poter contrastare in maniera adeguata l’illegalità?

Un ruolo a cui la politica e la pubblica amministrazione non può rinunciare: non serve fare decine di conferenze stampa per protocolli in nome della legalità che poi non vengono applicati o si rivelano assolutamente antieconomici e allo stesso modo non può bastare un’iscrizione ad un’associazione antimafia per risultare aprioristicamente credibili. L’antimafia deve porsi degli obiettivi concreti e deve stare lontana dalla devozione mafiosa per cui siamo solidali sono con i nostri sodali. L’antimafia deve essere inclusiva e concludente altrimenti è semplicemente imprenditorialità di immagine.

Portare l’antimafia a teatro ha una valenza importantissima, in quanto sottintende, sostanzialmente, un rapporto tra cultura e legalità. In un’Italia che dimentica o consapevolmente ignora, non vi è però il rischio che l’antimafia si trasformi dunque in un valore elitario?

Certamente. Io però posso fare antimafia nei mestieri che so fare. Se tutti facessero semplicemente così risulterebbe facile. Credo che se fossi stato un idraulico avrei comunque inteso la mia professione allo stesso modo.

Il pentito Bonaventura ha illustrato il piano che la ‘ndrangheta aveva per eliminarLa. Nello specifico, ha parlato di un attentato che non dovesse apparire in alcun modo di matrice mafiosa, per evitare la creazione di martiri. La mafia ha dunque paura della memoria?

La mafia ha paura della consapevolezza e di tutto ciò che nel proprio piccolo prova a costruire chiavi di lettura collettive.

A seguito delle numerose minacce di morte ricevute, Lei vive sotto scorta. Altre centinaia di persone, in Italia, conducono una vita simile alla sua. Alcune vengono definite “eroi”: c’è speranza che arrivi il momento in cui gli individui che hanno scelto di combattere il fenomeno mafioso vengano ritenuti non straordinari ma, semplicemente, giusti?

Certo. Basterebbe parlare meno di scorte, ad esempio.

Tra i motivi che l’hanno resa una figura “scomoda” per la mafia vi è la denuncia dei rapporti tra politica e criminalità organizzata. Quanto è ancora forte il legame che intreccia lo Stato e l’antistato per eccellenza, e come è possibile reciderlo?

Le mafie stanno in ottima salute e hanno bisogno della politica per stare bene: la risposta quindi mi sembra evidente. Forse bisognerebbe innamorarsi di più dello Stato, delle sue leggi e della sua Costituzione e meno dei ciclici salvatori della Patria che ci vengono propinati.

Concorda con l’appello lanciato da Teresi, secondo cui i capi-mafia dovrebbero sganciarsi dai propri referenti politici in quanto semplicemente strumentalizzati da essi?

E’ una provocazione, ovvio. Io amo le provocazioni.

Dopo mesi di ritardo, è stata finalmente istituita la commissione antimafia. Tra i membri, spiccano nomi noti per le proprie posizioni controverse in merito al contrasto alle mafie. Come si pone un politico e un uomo di legalità di fronte a quello che potrebbe apparire un paradosso?

E’ la perfetta fotografia dello spessore della nostra classe dirigente. Perfetta: desolante ma precisa.