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Giulio Cavalli

Come fa politica la ‘ndrangheta

“Ciò a dimostrazione di come la ‘ndrangheta – è scritto nell’ordinanza della Dda – ponga in essere a vari livelli tentativi di awicinamento ed infiltrazione nei gangli del potere politico: tuttavia, mentre per Palermo Rocco sono stati acquisiti elementi probatori per sostenere che tale attività ha avuto un seguito ed una contropartita nell’asservimento della carica di sindaco agli interessi della cosca, a carico degli altri politici sopra indicati non sono emersi elementi sufficienti ad integrare condotte penalmente rilevanti”. E’ il solito filo, sottilissimo, che separa il coinvolgimento diretto della politica nei rapporti con le cosche, dalla normale campagna elettorale. La cosca Alvaro e i suoi affiliati giocavano d’anticipo. Prima dei voti occorreva essere candidati. E per esserlo bisognava sbattere sulla scrivania dei leader quelle centinaia e centinaia di tessere che permettevano di salire di grado. Quindici o venti tessere in ogni piccolo paese, dicono gli interlocutori nelle intercettazioni, che moltiplicate fanno centinaia di sostenitori. Spesso magari inconsapevoli. Oppure semplicemente costretti.
E per raggiungere gli obiettivi, evidenzia la Dda reggina, c’era una vera e propria “catena”: il politico locale, l’imprenditore e il soggetto legato alla criminalità organizzata. Grazie a questa unione il gioco era semplice, e gli appalti erano il giusto prezzo da rimborsare in cambio dei pacchetti di tessere. La Procura reggina ricostruisce in poche righe il funzionamento del meccanismo: “Le conversazioni intrattenute non solo da Laurendi Domenico, ma anche da altri personaggi sottoposti ad analoga attività di intercettazione nell’ambito del presente procedimento penale – è scritto – hanno infatti consentito di acquisire numerosi riscontri circa la consolidata prassi utilizzata da personaggi politici locali al fine di accaparrarsi un peso politico fatto di ‘voti’ ovvero tesseramenti che, agli occhi di chi poi dovrà fare le scelte per eventuali candidature, costituiscono un patrimonio virtuale in occasione delle eventuali consultazioni elettorali. Nella pratica di ‘tesseramento’ il soggetto politico si pone nella condizione di chiedere ad un imprenditore, che a sua volta può vantare significative aderenze con numerosi soggetti appartenenti alla criminalità organizzata – quale certamente può essere considerato il Laurendi Domenico -, di fornirgli quella ‘dote’ necessaria affinchè egli stesso possa poi essere scelto dagli organi superiori di partito”.

Io non capisco

Non capisco e non ci voglio credere a questo vento in SEL (nella persona di Gennaro Migliore) che vorrebbe legittimare se non addirittura “appoggiare” Matteo Renzi alla segreteria del PD. Non capisco allora se ho frainteso io in questo ultimo anno una campagna alle primarie che giustamente da Renzi prendeva le distanze e non capisco se l’obbiettivo sia quello di essere una forza filogovernativa infiltrata nell’opposizione. Perche quando sento Civati dire che la differenza tra lui e Renzi è che tra Marchionne e la FIOM sceglierà sempre la FIOM allora significa che Civati è più a sinistra di SEL e sta cercando di “condizionare” il PD a “fare qualcosa di sinistra” che era uno degli obiettivi proprio di SEL. E mi chiedo a cosa serva SEL allora. Perché allora Civati è SEL, Migliore è la pinna sinistra di Renzi e io sono mio zio.

(Per farsi un’idea si può leggere qui.)

E se in Lombardia sciogliessero un comune per mafia?

La notizia era nell’aria da qualche giorno e la batosta sarebbe di quelle inimmaginabili. Certo che una regione che sembra avere già dimenticato l’affare Zambetti (un assessore arrestato con l’accusa di avere comprato voti dalla ‘ndrangheta, per dire) potrebbe benissimo fingere indifferenza anche se il Ministro Alfano decidesse di seguire il consiglio scritto nella relazione del Prefetto di Milano di sciogliere l’amministrazione comunale di Sedriano per infiltrazioni mafiose.

Di Sedriano e del suo Sindaco Alfredo Celeste avevamo già avuto modo di scrivere e dire ma ora la questione diventa terribilmente seria. Lo scrive (puntuale come sempre) Davide Milosa:

Tra qualche mese la Lombardia potrebbe ritrovarsi con il primo comune sciolto per infiltrazioni mafiose. Un dato clamoroso se il ministero dell’Interno recepirà in maniera positiva le segnalazioni contenute nella relazione prefettizia inviata al governo  il 10 luglio scorso. Al centro il paese di Sedriano piccolo comune della cerchia a sud di Milano. Dopo sei mesi d’indagine, dunque, la Prefettura segnala al ministro Angelino Alfano serie criticità tali da portare allo scioglimento per mafia.

La commissione, dunque, chiude i lavori iniziati nel febbraio scorso e dopo che nell’ottobre 2012 l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia ha portato in carcere l’ex assessore regionale del Pdl Domenico Zambetti accusato di concorso esterno e scambio di voti. Al centro i suoi rapporti con la ‘ndrangheta attraverso il faccendiere Eugenio Costantino, che i magistrati ritengono vera e propria cerniera tra le cosche e la pubblica amministrazione. In carcere, allora, finirono gli uomini della cosca Mancuso-Di Grillo e referenti di primo piano del clan Morabito di Africo.

Ma le manette scattarono anche per alcuni politici. Tra questi l’attuale sindaco di Sedriano Alfredo Celeste (poi rimesso in libertà e mai dimesso dalla sua carica politica), di professione insegnante di religione. Secondo gli investigatori, Costantino sarebbe riuscito “ad asservire a fini corruttivi il Sindaco di Sedriano”, ottenendo, in questo modo, “una serie di promesse e di assegnazione di lavori pubblici gestiti dalla sua amministrazione comunale”. Uno scambio che, stando alla tesi dell’accusa, sarebbe stato favorito dal medico Marco Scalambra, marito della capogruppo Pdl a Sedriano.

In questi mesi la commissione prefettizia ha studiato migliaia di carte. In particolare la lente è stata puntata su alcune proprietà catastali legate ad aree a forte espansione contenute nel nuovo Piano di Governo del Territorio.

Dal canto suo Alfredo Celeste ha sempre rivendicato innocenza e trasparenza, tanto da aver messo online gli undici faldoni dell’inchiesta della procura di Milano. Migliaia di pagine dalle quali, secondo i magistrati, emergono, chiare, le ingerenze della ‘ndrangheta nella pubblica amministrazione. Dal comune di Sedriano fino ad arrivare ai piani alti della Regione Lombardia.

Ora, dunque, la palla passa al ministro dell’Interno. Se dovesse arrivare il via libera, anche la Lombardia avrebbe un comune sciolto per mafia. Nel novembre 2010 era stato sciolto il comune di Desio travolto dall’indagine Infinito sulla ‘ndrangheta lombarda. In quel caso, però, non ci fu nessuna commissione d’accesso per infiltrazioni mafiose,  ma perché 17 consiglieri, dopo le notizie di cronache, firmarono le dimissioni.

Rimane da vedere se non sia il caso sul serio di rialzare la voce antimafia anche in faccia al Governo Lombardo che, guarda un po’, dai vecchi potentati ha preso tiepide distanze e ne conserva sotto traccia le alleanze. No?

Guarda un po’ dove stava Carmelo Bruzzese

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Carmelo Bruzzese

Era latitante dall’operazione Crimine, lontano 2010, quando anche la Lombardia ha scoperto di essere terra di mafia (ma non se ne sono accorti tutti nemmeno ora).

Partecipò ad alcune delle più importanti riunioni che portarono alla nomina del capo Domenico Oppedisano, agendo in stretto raccordo con il sidernese Giuseppe Commisso (ù Mastro) e con Rocco Aquino, quest’ultimo capo ‘locale’ di Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria), anche lui fuggito alla cattura e poi arrestato dai carabinieri il 10 febbraio 2012, così come i suoi due fratelli, latitanti, Giuseppe e Domenico Aquino, arrestati sempre a Marina di Gioiosa il 31 luglio e il 14 settembre dello stesso anno.

Era un importante uomo di raccordo tra la Calabria e il Piemonte e la Lombardia (appunto). E latitava in Canada. Antonio Nicaso prova a dircelo da anni, del resto.

A proposito di acqua e bene comune

Un referendum sull’acqua che è finito tra le maglie delle compartecipate e le loro poltrone che fanno a gola a tutti. Un Governo che si incaglia su B. mentre succedono cose così:

L’assalto al Parco del Pollino da parte delle multinazionali delle acque minerali va ad aggiungersi allo sfruttamento del territorio da parte di quelle dell’energia. Proprio sul Mercure insiste una centrale Enel a biomassa che nel luglio scorso aveva visto svilupparsi un pericoloso principio di incendio; al di là dell’episodio in sé, l’interrogazione presentata alla Camera dai deputati Ferdinando Aiello e Antonio Placido, ha posto dubbi gravi riguardo lo smaltimento e la presenza di amianto all’interno dell’impianto. La centrale rimane però in funzione nonostante il Tar debba pronunciarsi in merito.

Negli anni Ottanta, la popolazione della valle del Mercure accolse con grandi proteste lo sfruttamento delle acque del San Giovanni, le cui sorgenti, successivamente, in parte sfruttate dall’acquedotto pubblico, vennero assoggettate al regime di acque minerali per l’imbottigliamento e la vendita con decreto del ministero della Salute del 29 gennaio 2007. Ancora, nel 2006, Coca-Cola HBC Italia, insieme a Coca-Cola Italia, acquistò l’azienda Fonti del Vulture, situata a Rionero in Vulture (Pz): è dunque una vera e propria vendita a rate quella che interessa il Parco del Pollino.

Perché la sinistra oltre a non riuscire ad essere di sinistra non riesca nemmeno ad avere una coscienza ambientale?

Buongiorno

L’ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo, di 52 anni, due imprenditori ed un commerciante figurano tra le sette persone arrestate dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma nell’ambito di un’operazione contro la cosca Alvaro. Palermo era già stato arrestato nel giugno del 2010, ed è ritenuto dagli investigatori un uomo di fiducia del boss Cosimo Alvaro. In seguito all’arresto di Palermo, il Comune di San Procopio fu poi sciolto per infiltrazioni mafiose, nel dicembre 2010, dal Consiglio dei Ministri.
I due imprenditori arrestati, secondo quanto si è appreso, sono accusati di essere inseriti a pieno titolo nella cosca degli Alvaro. In particolare sarebbe stato proprio grazie alla loro attività che la ‘ndrina riusciva ad ottenere gli appalti.

Oltre all’ex sindaco Rocco Palermo, in manette sono finiti i vertici della cosca Alvaro. In particolare la squadra mobile di Reggio ha arrestato Cosimo AlvaroDomenico AlvaroGiasone ItalianoDomenico Laurendi e Antonio Alvaro. Quest’ultimo è accusato anche di intestazione fittizia. Al centro delle indagini, coordinate dai pm Di Palma e Sottosanti, infatti, c’è il ristorante il “Tocco di Bacco” a Villa San Giovanni.  Giasone Italiano, figlio di quello che gli inquirenti descrivono come il defunto mammasantissima di Delianuova, è accusato solo di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’inchiesta, denominata “Xenopolis”, ha svelato il monopolio della cosca nella gestione degli appalti pubblici attraverso amministratori locali e imprenditori compiacenti. L’ex sindaco Rocco Palermo era stato già arrestato nel luglio 2010 nell’ambito dell’operazione “Meta”. Anche in quell’occasione, la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva contestato al politico di essere espressione della cosca Alvaro.

Il multilevel marketing della mafia

Eh niente, Francesco in questi giorni è più lucido di me:

Bene.
Veniamo ad oggi, per spiegare terra terra due cose e per dare, a chi non conoscesse queste situazioni, una misura il più possibile aderente alla realtà di quello che succede.

Innanzitutto si è portati a pensare che in questo mondo, quello di mafia, antimafia, scorte e minacciati, ci sia una bella distinzione netta, tipo bianco e nero, o (meglio) buoni e cattivi.

In Italia niente è netto, tutto è sfumato, soprattutto questo.

Le Mafie, come scrissi proprio con Giulio in uno spettacolo di tanti anni fa, è un “multilevel marketing”. Ma dove generalmente questa forma di lavoro è una fregatura per chi viene tirato dentro a “vendere”, in questo caso la fregatura è per noi che ne siamo fuori. Orgogliosamente fuori, aggiungo.

Il post (da leggere) è qui.

Che sorpresa, i neofascisti temono le intelligenze. Anche in Grecia.

Savvas Michael-Matsas è un intellettuale e dirigente del Partito Comunista greco. Lo so, sembra impossibile che da quelle parti gli intellettuali facciano politica attiva, ma tant’è. Savvas Michael-Matsas è finito sotto processo per una denuncia del partito di estrema destra Alba Dorata.
“Sono ebreo e comunista, peccato che non sia omosessuale (ovviamente non mi creerebbe alcun problema) perché così verrei considerato dai fascisti la vittima ideale”, ha dichiarato poco dopo essere stato citato in giudizio da Alba Dorata.
Cosa è successo? Gli epigoni della dittatura dei colonnelli hanno denunciato Savvas Michaìl, in quanto colpevole – a loro avviso – di aver organizzato una manifestazione antirazzista in cui si chiedeva la chiusura degli uffici di “Chrysì Avghì”, Alba Dorata, appunto.
Siamo arrivati al rovesciamento delle parti in una situazione tragicomica che sarebbe stata incredibile fino a qualche anno fa: galleggiamo tra gli improperi razzisti e le minacce di morte mentre si vorrebbe fare passare l’antifascismo come reato e peccato capitale. Quando non si sa rispondere alle intelligenze si usa l’arma dell’intimidazione fisica e ora anche giudiziaria.
Nel l’aula di tribunale sono sfilati scrittori, registi e professori a difendersi soprattutto dall’ignoranza, come una surreale sfilata educazione civica e alla bellezza per salvarsi dall’analfabetismo culturale.
Tutto questo mentre in Italia qualcuno prova a fare notare che i fascisti uccidono ancora.

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