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Giulio Cavalli

Non è che abbiamo voglia di delinquere

“Non è che abbiamo voglia di delinquere … Ci si deve dare una mano … non si può pensare che chi deve fare delle cose, specie un gruppo come il nostro, abbia chissà quale interesse a volere effettuare operazioni contro la legge, non se ne capirebbe il motivo … Poi dovremo affrontare il problema delle rocce di scavo (dopo la verifica dell’idoneità della fresa, nda), capendo quale legislazione dobbiamo rispettare.”

Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato

Per capire di cosa si parli basta andare a leggere qui.

La camorra a Brescia

La Dda di Brescia è convinta che nella provincia esista un’imprenditoria gestita da elementi legati a clan camorristici, attraverso una rete di «teste di legno». In un rapporto degli inquirenti, si parla di «collegamenti personali ed economici tra l’organizzazione criminale camorrista bresciana, nonchè tra membri della cosiddetta Alleanza di Secondigliano ed alcune imprese commerciali medio-piccole aventi natura lecita».
Usura, estorsioni, ricettazione, traffico di droga sarebbero le attività che danno profitti al gruppo di origini napoletane.
Un gruppo – sostengono gli inquirenti – attualmente « in stretto contatto con l’associazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano, composta dalle famiglie camorriste campane Licciardi, Mallardo, Bocchetti, Contini, Lo Russo e Giuliano, risultate vincenti nella guerra che le vide contrapposte alle famiglie Misso e Mazzarella».
La Dda è sicura che la cocaina che passa per Napoli, che arriva al mercato della nostra città sia fornita, in «via esclusiva», dal gruppo bresciano.
Cocaina, ma anche eroina e hashish.
Ma la specialità della “camorra bresciana” sarebbe l’acquisizione di attività imprenditoriali, attraverso prestiti ad usura (con tassi fino al dieci per cento) ed estorsioni. I malcapitati che non riescono a onorare il debito usuraio, o che non ce la fanno a pagare le richieste del racket si sarebbero visti private della proprietà di imprese finite nelle mani dei prestanome dei camorristi.

I bravissimi amici della Rete Antimafia di Brescia segnalano un articolo (guarda caso) già di qualche anno fa.

Vorrei

Imparare ad avere il cuore pulito. Vorrei imparare a perdonare. Vorrei imparare a trattare la paura per quel poco che conta. Vorrei riconoscermi  sempre ogni volta che mi raccontano senza assistere a proiezioni eroiche o millantatrici. Vorrei imparare a chiedere scusa sentendo anche scuse. Vorrei rispettare tutti, anche quelli più lontani da me senza dovere ogni volta cadere nella trappola del banale per forza. Vorrei avere un cuore e una testa abbastanza grandi per non incorrere nelle semplificazioni.

Vorrei restare umano: tra la resistenza e il silenzio c’è tutto quello che puoi provare ad essere.

#Tifiamoasteroide l’opposizione culturale (a gratis)

Immagine-43A metà mattina ho sentito il telefonino vibrare: era qualcuno che mi menzionava su Twitter. Ero impegnato e non ci ho badato. Sono andato a controllare pochi minuti dopo ed erano i Wu Ming.
Due anni fa li avevo conosciuti di persona, così: «Ma sei a Bologna? Allora stiamo facendo un chiasmo perché noi invece siamo a Pavia».
Un chiasmo. Miracolo che ricordassi dal liceo, per giunta scientifico, che diamine fosse un chiasmo.
Avevo proposto un caffè per l’indomani a Pavia, loro in partenza per tornare a Bologna e io appena rientrato nella mia città. In effetti mi avevano poi chiamato per far colazione: «Ciao, siamo i Wu Ming».
Questo è per dire che sono dei tipi che a volte saltano dei passaggi.

Su Twitter avevano scritto che nominavano «ufficialmente e a sua insaputa» me curatore di una raccolta di racconti che era stata appena immaginata. Ero perplesso ma lusingato. L’hashtag che stavano utilizzando era #TifiamoAsteroide. L’idea, che veniva fuori dal cazzeggio antigovernativo sui social network di Alberto Biraghi, era abbastanza essenziale: un ebook, scaricabile gratuitamente dal celebre sito dei Wu Ming, Giap, fatto di un gran numero di racconti tutti con lo stesso finale. Il finale era semplice ed efficace: un grande meteorite, forse addirittura un asteroide, colpisce e annienta il governo Letta.

La nota/prefazione scritta da Mauro Vanetti per Tifiamo asteroide, l’antologia di racconti che annichilisce il governo Letta e le sue basse intese, e lo fa non una volta, ma cento volte, cento volte cento, cento volte cento volte cento!
A cura di Mauro Vanetti.
Da un’idea di Alberto Biraghi.
Postilla di Wu Ming.
Editing e revisione a cura di Simona ArditoRoberto GastaldoNatale aka VecioBaeordoMauro Vanetti e Alessandro Villari.
Copertina di Luigi Farrauto.
Progetto grafico e impaginazione di Simona Ardito

Il libro si scarica gratuitamente qui.

in PDF e in ePub

A Napoli cadono le Mele

Giuseppe e Salvatore Mele sono fratelli criminali. Comandano la cosca della periferia occidentale di Napoli e da due mesi hanno messo a ferro e fuoco il quartiere dopo la loro scarcerazione di qualche mese fa; le vecchie cosche dei Pesce e dei Marfella andavano “rimesse a posto” dopo avere esagerato nel prendere piede. Storie di Napoli e di camorra che rimangono poco conosciute al di fuori della cronaca cittadina. Ora sono stati arrestati dalla Squadra Mobile e dei carabinieri del Nucleo Investigativo a Pianura e in zona ci si aspetta un nuovo riequilibrio. E noi dobbiamo essere qui ad ascoltare, con attenzione. Le faide fanno poco rumore, in estate.

Cadaveri in spiaggia

Il viaggiare per profitto viene incoraggiato; il viaggiare per sopravvivenza viene condannato, con grande gioia dei trafficanti di “immigrati illegali” e a dispetto di occasionali ed effimere ondate di orrore e indignazione provocate dalla vista di “emigranti economici” finiti soffocati o annegati nel vano tentativo di raggiungere la terra in grado di sfamarli.

Zygmunt BaumanLa società sotto assedio, 2002

Immigrazione: 6 morti a Catania, annegati durante lo sbarco

I circoli

E’ una parola bellissima: i “circoli”. Perché dà tutto il senso del movimento che ci sta dentro e che dovrebbe venirne fuori. Quando immaginavo i circoli, prima di vederne così annacquato il senso, pensavo a quelle cose lì che stavano in circuito ristretto per poi portare il risultato della propria sintesi in un posto dove tutti le sintesi diventano un’altra sintesi con il rispetto di tutte le posizioni. Sembra banale, a leggerlo così scritto con le parole semplici semplici con cui me l’hanno spiegato e ho provato a scrivere qui. Eppure poi in pratica non funziona, non so se l’avete notato: non funziona proprio quasi mai. E così i circoli politici (dei partiti, dei movimenti o comunque si chiamino) rimangono i migliori cuscinetti dello sconforto, i circoli antimafia troppo spesso sono visti come nuova potenziale concorrenza sleale, i circoli umanitari vengono trattati come disturbatori con troppe bandiere di troppi diritti e i circoli culturali come disperazione elegante e poetica. Insomma sarebbe il tempo di organizzare i circoli sul serio o avere il coraggio di distruggerli una volta per tutte; riuscire magari a prendersi la responsabilità di organizzare la discussione uscendo dalle scorciatoie del “movimento liquido”, della “rete”, della burocrazia applicata addirittura allo scambio di idee o al ritornello dell’uno vale uno dove la direzione la indica chi urla più forte.

Circola negli ambienti dell’antimafia una battuta che è significativa: la criminalità è organizzata, noi no. E’ umorismo nero, satira tragica ma coglie  bene il senso: sclerotizziamo le differenze in correnti e lavoriamo “sotto” per provare ad imporre la più vicina a noi. Ci sarebbe da chiedersi se è normale, in un sinistro tempo di “larghe intese” non riuscire nel frattempo ad intendersi nemmeno tra noi, tra i più prossimi di noi o almeno tra gli aderenti alla stessa idea; dovremmo sapere dove sta il granello che ogni volta inceppa il meccanismo della risoluzione per accanirsi nella differenza che nessuno vuole sciogliere. Forse se cominceremo a salvare i circoli inizieremo a chiudere il cerchio.

Sarebbe ora che i circoli fosse gli avamposti piuttosto che le retrovie.

Eppure “ammazzare” è una parola di uso fin troppo frequente.

Scrive Enrico Colaiacovo nel suo blog:

Non so se la intenda così, ma a me sembra che tutti noi possiamo dare un duplice contributo alla sua sicurezza (e spero anche alla sua serenità) e alla continuazione del prezioso lavoro che sta facendo. Da una parte far capire a chi deve capire che colpire lui significa colpire un’intera comunità. Dall’altra propagare e amplificare lo spirito di #scassaminchia che anima la sua arte e la sua passione civile, cioè la ragione dell’odio che la criminalità gli riversa contro.

Sì la intendo proprio così, Enrico.

Reggio Calabria: la politica che si infiltra nella ‘ndrangheta

Sono stati “la causa efficiente dello scioglimento del Consiglio comunale”. Con una sentenza di 120 pagine, il tribunale civile di Reggio Calabria falcia quasi un’intera classe politica di centrodestra già travolta lo scorso ottobre dallo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. I giudici hanno stabilito, infatti, l’incandidabilità dell’ex sindaco Demetrio Arena, il delfino del governatore Giuseppe Scopelliti che, dopo essere stato defenestrato da Palazzo San Giorgio con la pesante accusa di guidare un’amministrazione contigua alla ‘ndrangheta, è stato premiato con la nomina ad assessore regionale alle Attività produttive.

Pesantissimo il commento del tribunale presieduto dal giudice Rodolfo Palermo sulle “scelte politico-amministrative dell’Arena” che “hanno reso fortemente permeabile un settore nevralgico come quello dei Lavori pubblici agli interessi della criminalità organizzata”. Dalla sentenza, infatti, emergono “forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione del procedimento di volontà dell’ente”.

Il tribunale civile ha stabilito l’incandidabilità anche per gli ex assessori Pasquale Morisani (Lavori pubblici), Walter Curatola (Patrimonio edilizio) e Peppe Martorano (Protezione civile), l’ex presidente del Consiglio e poliziotto Sebastiano Vecchio (alcuni collaboratori di giustizia lo indicano come vicino alla cosca Serraino), per i consiglieri Giuseppe Eraclini e Giuseppe Plutino (quest’ultimo arrestato nell’operazione antimafia “San Giorgio”) e per l’ex assessore comunale Luigi Tuccio.

Quest’ultimo è l’ex coordinatore cittadino del Popolo della libertà entrato l’anno scorso in polemica con Roberto Benigni. Prendendo spunto, infatti, dallo show di Fiorello al quale aveva partecipato il comico toscano, Tuccio aveva commentato su facebook: “Abbiamo pagato Benigni per fargli fare l’ennesima filippica contro Berlusconi e la lode della merda! Comunista ebreo miliardario e senza contenuti!”. Ma non sono state le esternazioni fasciste di Tuccio ad aver spinto il tribunale civile di Reggio a decretare la sua incandidabilità. Il politico di centrodestra “a sua insaputa” si è ritrovato imparentato con esponenti della cosca Condello. L’ex assessore all’Urbanistica, infatti, solo il giorno dell’arresto della suocera (accusata di aver favorito un boss latitante) ha “scoperto” di essere cognato dell’ergastolano Pasquale Condello Junior, cugino e omonimo del mammasantissima conosciuto con il soprannome del “Supremo”.

“Soltanto oggi ho appreso, a seguito del fermo della signora Cotroneo Giuseppa Santa, questa triste vicenda” aveva affermato l’esponente del Popolo della libertà smentito poche settimane dopo dal decreto del ministro dell’Interno che ha disposto il 41 bis per il boss Nino Imerti, detenuto a Voghera assieme al cognato di Tuccio. Nella richiesta di sottoporre Imerti al carcere duro, il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo aveva evidenziato l’intenzione del boss di coinvolgere soggetti esterni al circuito giudiziario per ottenere benefici detentivi. Il riferimento era a Luigi Tuccio per il quale il boss Imerti, intercettato in carcere, aveva raccomandato alla cognata: “Sa pure che i voti glieli date a… o non lo sa?».

Un altro assessore incandidabile è Pasquale Morisani che, pur non indagato dalla Procura di Reggio, ha ammesso i suoi rapporti con il boss di Pietrastorta Santo Crucitti. I due erano compagni di scuola e sono stati intercettati mentre discutevano di politica e di voti in occasione della campagna elettorale per le comunali del 2007. Una lunga conversazione, all’interno dell’ufficio di Crucitti, della quale i magistrati hanno chiesto conto al politico fedelissimo di Scopelliti. Interrogato, Morisani ha candidamente spiegato che conosce Santo Crucitti, poiché sono cresciuti assieme, ma non sapeva che è ritenuto un boss della ‘ndrangheta. E comunque, quando l’ha scoperto, non ha avuto alcun problema nel mantenere il rapporto di amicizia. Da anni è impegnato in politica a Reggio Calabria ma non aveva mai sentito parlare di cosche mafiose. Non sapeva neanche che nel suo quartiere, Pietrastorta, esisteva la ‘ndrangheta. Ancora meno che il boss fosse il suo compagno di scuola intercettato mentre gli rastrella i voti del quartiere.

E se le società miste del Comune sono state travolte dalle inchieste della Direzione distrettuale antimafia, il tribunale civile presta attenzione anche ai finanziamenti concessi dall’ente alle associazioni culturali e di volontariato. Stando alle indagini, infatti, – scrivono i giudici riprendendo il contenuto della relazione della commissione d’accesso – i clan hanno “usato la veste della associazioni senza scopo di lucro, intestandole a prestanomi, per introitare i finanziamenti da parte del Comune”.

Sono usciti indenni dal procedimento di incandidabilità i consiglieri comunali Nicola Paris, Bruno Bagnato e il giovane Nicola Irto (del Partito democratico). Nei loro confronti, il tribunale ha accolto la tesi dell’avvocato Alfonso Mazzuca che, nella sua arringa in difesa di Irto, ha sottolineato, seppur imparentato con soggetti malavitosi, non ci sono elementi per poter sostenere che è stato condizionato dalla ‘ndrangheta. Come per dire, i parenti non si scelgono. Gli amici si.

Ecco la replica di Demetrio Arena, affidata all’agenzia Ansa. “Apprendo che il tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato la mia incandidabilità limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, che produrrà effetti solo se sarà confermata in appello e in Cassazione. Da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio”.

(via)