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Giulio Cavalli

Indignati tutte le mattine, mi raccomando.

Non ho un buon rapporto con l’abuso di indignazione anche se mi capita di usarla (in teatro o in scrittura o in politica) per fare leva sull’ascolto più attento e aperto ma l’abuso, no, proprio no. Mi sembra che quando l’indignazione diventa diffusa e permanente ci sia una sorta di annacquamento flaccido e stancante. Per questo valgono le parole di Manuel Peruzzo per Gli Altri, quando dice:

La sinistra vuole nobilitare l’incazzatura. La destra, per imitazione e complesso d’inferiorità, vuole incazzarsi nobilmente.

Ecco, mi manca svegliarmi per un progetto. Che sarebbe infinitamente meglio. No?

Referendum come solletico

A Bologna decidono di mettere in piedi un referendum per decidere se continuare a sostenere pesantemente le scuole materne private o piuttosto riservare quei fondi all’istruzione pubblica. Bene, ve lo ricordate, no? La “campagna” per il referendum vede in processione di massa sia sulla stampa nazionale che quella locale tutti i convintamente privati che abbiamo in questo Paese. Per un lombardo come me, del resto, è un’abitudine ascoltare la retorica dell’eccellenza privata, plagiato come sono da decenni di formigonismo e di centrosinistra emulo di nascosto. Succede però che al referendum vince (inaspettatamente, dicono alcuni) l’ipotesi che sostiene il dovere di tutelare la scuola pubblica prima di qualsiasi dirottamento di risorse verso quelle private. Si sprecano le analisi e i commenti ma il senso della vittoria è presto detto: in questo Paese le famiglie che vivono l’esperienza di una scuola pubblica per i propri figli sono la stragrande maggioranza e la Costituzione parla chiaro.

Ora, in Consiglio Comunale a Bologna viene presentato un ordine del giorno (dal capogruppo del PD, per dire) che chiede, in pratica, di fregarsene del risultato del referendum e lasciare tutto com’era. Lo votano il Partito Democratico e il PDL, raggiunge la maggioranza, e quindi passa. Il Sindaco Merola, tra le altre cose, dice:

“Ringrazio il Pdl che vota l’ordine del giorno del Pd. Non ho paura delle parole e delle convergenze. Capisco che le parole “convergenze”, “mediazione”, “intesa”, nella vulgata siano accostante al tradimento. Ma qui le larghe intese non c’entrano. Abbiamo solo una convergenza più ampia su un tema specifico”.

Ora, mi chiedo, fino a quando crederemo alla favoletta delle amministazioni governate da coalizioni di centrosinistra, in mezzo a tutte queste causali convergenze.

 

Non ci credeva nessuno

Schermata 2013-07-30 alle 02.11.35Quando abbiamo pensato di fondare una compagnia teatrale a Lodi (eravamo io e Marco Mozzato e una manciata di giovanissimi che facevano le prove alla Casa del Popolo sotto un caldo da rimanere attaccati al pavimento) non ci credeva nessuno. E’ vero che ci dicevano che sarebbe stato un ottimo ritrovo settimanale, sempre meglio che ubriacarsi uccidendosi di spritz sotto alla biblioteca, ci dicevano, ma nessuno ci credeva che avremmo fatto qualcosa in più di quegli spettacoli che vanno in scena per dare un senso alla pizza dopo gli applausi degli amici.

Fai teatro per come l’hai voluto fare ma anche per gli incontri che fai. Paola Tramezzani era assessore alla cultura della città mentre ci ascoltava prendendoci terribilmente sul serio, forse più di quanto ci prendessimo noi mentre le parlavamo.

Ora Paola è andata dopo una brutta malattia. E in fondo non ho nemmeno trovato il tempo per ringraziarla tutti questi anni dopo.

Incubatore seriale

Ogni tanto mi viene una paura. Beh, me ne vengono molte, in realtà, di paure, ma questa è quella che mi tiene più compagnia di tutte le altre perché in fondo è una paura che mi assomiglia. Quando una paura ti assomiglia è confortante, come un elettrocardiogramma o un esame del sangue con i parametri perfettamente nella norma, perché in fondo è un termometro che ti segna sempre la tua solita febbre nonostante il passare degli anni.
Ecco, la paura che se non c’è poi in fondo mi manca, è la paura di non scrivere. Attenzione: non è il timore di non ‘riuscire’ più a scrivere o il timore di non ‘sapere’ più scrivere o il timore di non avere ‘niente da scrivere’. No, no. Proprio di non scrivere. Così senza avverbi. Insomma ho una storia in testa, anzi ne ho decine, che stanno lì, si frequentano anche tra loro, dico fanno amicizia si scambiano pareri ogni tanto finiscono per prendere qualcuna qualcosa di quell’altra e intanto si esercitano. In testa ci sono periodi che è tutta una palestra complicatissima e molto frequentata. Sudore e caos. Ma la paura di scrivere è più di tutto figlia della mia affezione per il momento ‘prima’ del cominciare a riempire la prima riga del primo foglio, come un sabato del villaggio e la scrittura ne è la celebrazione. Mica la messa in scena o la pubblicazione, no, no, proprio la scrittura è la mia domenica e il ‘prima’ è un sabato e la donzelletta che viene dalla campagna e quelle altre cose lì. E lo faccio durare mesi, quel sabato.
Allora pensavo oggi che in fondo sono un incubatore professionista, come una quaglia che si innamora troppo del proprio uovo e rischia di essere una pessima mamma quaglia proprio per questo, come i ristoratori che ammirano la sala un mi tuo prima dell’apertura e si confessano sottovoce di sentirla rovinata dai clienti che spiegazzano e macchiano tutto in giro. Una cosa così. Non so nemmeno se sia una patologia. Ma amo i progetti che sono rotondi per concezione e non solo per usura. Una cosa così. E volevo scriverlo. Ecco.

L’amianto sulle macerie: L’Aquila muore ancora

[scritto per Il Fatto Quotidiano]

Oggi il mio spazio lo voglio lasciare a Samanta Di Persio. Samanta è scrittrice e curiosa come dovrebbero essere tutti gli scrittori e attenta da sempre a L’Aquila e la sua (presunta) ricostruzione. Oggi Samanta scrive di ricostruzione e di amianto:

Il terremoto, l’incuria dell’uomo a L’Aquila hanno provocato 309 vittime. Quella notte decine di palazzi si sono sbriciolati su loro stessi, tanti sono rimasti lesionati. La maggior parte dei quartieri periferici sono stati costruiti intorno agli anni ‘70/80 e in questo periodo venivano utilizzati manufatti in amianto. Il pericolo sorge quando c’è  aerodispersione perché può comportare un rischio cancerogeno e la dispersione di fibre in aria può verificarsi in caso di degrado e/o in caso di disturbo dei manufatti contenenti amianto. Con queste premesse in Italia, paese sismico, dovrebbe esserci una manutenzione, o meglio una bonifica, di tutti quei fabbricati pericolosi per la salute dell’uomo. Ma, qualora venga fatto, non è sufficiente mettere in sicurezza, confinare i materiali contenenti amianto o bonificare gli edifici rimuovendoli, occorre anche smaltire correttamente i rifiuti prodotti. A L’Aquila da mesi si demoliscono palazzi con evidenti parti in amianto: comignoli, tettoie, tubi ecc., e non viene effettuata nessuna bonifica, infatti dalle foto è possibile vedere come fra le macerie vi siano manufatti di amianto. Casale Monferrato ci insegna che l’amianto uccide dopo anni rispetto alla sua inalazione, che anche chi non aveva mai lavorato all’Eternit si è ammalato di mesotelioma pleurico perché un trenino, contenente amianto, dalla stazione raggiungeva lo stabilimento attraversando il centro di Casale. L’Aquila e tutti i paesi del cratere, dove si stanno facendo demolizioni o si dovranno fare, sono a rischio amianto. Ci potrebbe essere una soluzione? Esiste un documento elaborato nel 2011 da Laura Palmas e Sabrina Romano (dell’istituto ENEA), validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nella seduta del 30 maggio 2012, sul  tema della pianificazione della manutenzione dei manufatti contenenti amianto (MCA). In questo documento è prevista la figura del responsabile per il controllo e la manutenzione dei MCA che deve:

  • monitorare lo stato di conservazione dei MCA;
  • autorizzare espressamente eventuali interventi sui MCA onde evitare i rischi derivanti dal disturbo dei materiali suddetti: gli esiti delle indagini di monitoraggio devono essere trasmessi agli occupanti degli edifici interessati al problema, agli addetti alle manutenzioni, ad eventuali appaltatori esterni, e devono essere definiti specifici permessi di lavoro.
  • Nel caso che sia accertata la presenza di amianto, il proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività dovrà:
  • designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i MCA;
  • tenere unidonea documentazione da cui risulti l’ubicazione e lo stato di conservazione dei manufatti contenenti amianto;
  • porre idonei segnali di avvertenza sulle installazioni soggette a frequenti interventi manutentivi (caldaie, tubazioni, tramezzi) allo scopo di evitare che l’amianto venga inavvertitamente disturbato e quindi disperso in aria;
  • garantire il rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia, gli interventi manutentivi e in occasione di qualsiasi evento che possa causare un disturbo dei materiali di amianto;
  • predisporre una specifica procedura di autorizzazione per le attività di manutenzione: tutti gli interventi effettuati dovrà essere tenuta una documentazione verificabile;
  • fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare;
  • provvedere, nel caso siano in opera materiali friabili, a far ispezionare l’edificio almeno una volta all’anno (da personale esperto in grado di valutare le condizioni dei materiali), redigendo un dettagliato rapporto corredato di documentazione fotografica; copia del rapporto dovrà essere trasmessa alla ASL competente la quale può prescrivere di effettuare un monitoraggio ambientale periodico delle fibre aerodisperse all’interno dell’edificio.

Le regole esistono e sono molto ben definite, la domanda per il sindaco (pneumologo), per la Asl, per tutti gli organi preposti al monitoraggio dell’amianto, è: “Abbiamo perso una città e tanti concittadini, perché si continua a perseverare nell’errore di essere superficiali di fronte alla salute, la vita?”

In Tunisia

Uccidono il secondo leader d’opposizione in pochi mesi. Ora l’aria diventa ancora più difficile.

Mohamed Brahmi, leader dell’opposizione tunisina, è stato assassinato di fronte alla sua casa di Tunisi la mattina del 25 luglio. Brahmi aveva fondato recentemente il Movimento del popolo, una nuova formazione dell’opposizione. Era anche un parlamentare. Non è ancora chiaro chi gli ha sparato, scrive Al Jazeera.

È il secondo assassinio di un politico dell’opposizione nel corso di quest’anno. Il 6 febbraio Chokri Belaïd, capo del Movimento dei patrioti democratici, è stato assassinato di fronte alla sua abitazione con diversi colpi di pistola.

L’omicidio di Belaïd ha innescato una profonda crisi politica nel paese, che a fine febbraio ha portato alle dimissioni il primo ministro Hamadi Jebali.

Puttana la cultura

E’ la vera prostituta del Parlamento. E non solo. Nei Consigli Regionali e in centinaia di Comuni grandi o piccoli. La Cultura è la puttana che tutti usano per garantirsi un aplomb responsabile e intellettuale in campagna elettorale o mentre si sta all’opposizione e che viene poi lasciata appena ci si ritrova a governare in un posto qualunque. A parole la scopano tutti ma poi in fondo non la vuole nessuno. Perché la Cultura richiede sacrificio, chiede che ci venga messa sopra una testa pensante prima di qualsiasi decisione e la Cultura ha bisogno di avere lo spessore politico di sapere giudicare al di fuori delle tonnellate, dei trend, dei risultati finanziari e del “ce lo chiede l’Europa”.

E così anche Enrico Letta (quello che prometteva che si sarebbe dimesso se avesse tagliato la Cultura) alla fine cade nella tentazione di tagliare nel campo della Cultura, dello spettacolo e del cinema. Perché sì, caro Letta, nella “cultura” le larghe intese contano meno di un chiodo storto sul palcoscenico (che almeno porta fortuna) e alla fine c’è bisogno di progettazione e coraggio. Il coraggio che continuano ad avere in questo stramaledetto Paese, i tanti giovani che escono dalle Accademie convinti che la bellezza in tutte le sue forme non può rimanere solo un aperitivo mentale da sfoggiare nei salotti buoni ma, attraverso la bellezza, c’è da guardare dove vogliamo portare il futuro.

Ma bellezza, speranza, cultura e futuro non sono parole da grosse coalizioni e responsabilissimi rimandatàri, no; stanno nella categoria che voi non pagate perché lo vorreste ammaestrato e con la giusta disperazione. E invece sta tutto nel suo essere pensante e poco condizionabile per natura.