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Barbari e barbareschi

“L’omosessualità è un adattamento”. “Molte donne che si sono definite molestate erano finte”. “Troppo moralismo sul gender: i miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell’umorismo”. Ieri Repubblica ha pensato bene di sbattere in pagina una intervista al regista Luca Barbareschi. Una ventata di maschilismo, omofobia e un velo di patriarcato è stata offerta ai gentili lettori. A pensar male verrebbe da pensare che in questi tempi corroborare la narrazione di governo sia una tentazione per tutti, progressisti o meno. O forse è il disperato tentativo di aprire un dibattito, quindi domani potremmo trovarci l’autore di un femminicidio che ci racconta perché sia giusto uccidere la moglie.

In quell’intervista ci sono talmente tanti errori che potrebbe essere un’unica lunga correzione blu. Barbareschi parte dalle attrici (boccone sempre goloso in questo Paese che non è riuscita a fare pace con il MeToo) offrendone una rappresentazione che corrisponde perfettamente ai conti dei maschi pediatri: donne che si presenterebbero ai provini con le gambe aperte per lasciare indovinare la presenza o meno delle mutande, avide di molestie vere o presunte per potersi “pubblicizzare”, come spiega Barbareschi. Sarebbe curioso sapere dalle associazioni che si occupano di molestie nel mondo dello spettacolo se esista una donna, anche una sola, che in Italia abbia ottenuto benefici dalle sue denunce. Sarebbe importante farsi spiegare da quelle associazioni che finire sbattuta in prima pagina sui giornali non sia “pubblicità” ma quasi sempre l’annuncio di un declino di carriera e di socialità.

L’associazione Amleta (che Barbareschi tira in ballo come coacervo di donne in cerca di pubblicità) lo dice chiaramente: “lo stereotipo che le donne mentano è molto radicato e di solito è alimentato da chi vuole mantenere intatto un sistema di potere e di oppressione. Non è basato su un’analisi della realtà ma sul nulla”. Come sottolinea The Period “il problema non è (solo) quello che dice Luca Barbareschi ma che le sue parole siano validate in prima pagina da un quotidiano nazionale che il 25 novembre poi è pronto a fare le paginate con le scarpette rosse. I media hanno un ruolo fondamentale nella narrazione della violenza di genere e spesso diventano moltiplicatori di stereotipi, discriminazioni, sessismo che – SPOILER – sono alla base della piramide della violenza”.

Però Barbareschi il suo l’ha fatto. Con la sua rivittimizzazione s’è fatto notare dai barbari. Pensateci bene. Si è fatto pubblicità con le molestie. Degli altri.

Buon mercoledì.

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