Il mio intervento per L’Espresso:
Questa mattina mi sono svegliato leggendomi nelle parole del pentito Luigi Bonaventura che parla di politici lombardi informati del piano che avrebbe dovuto uccidermi.
Un’altra volta: un mese fa sempre l’ex boss della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone aveva descritto minuziosamente il piano che avrebbe dovuto uccidermi.
Un mese fa mi era scoppiata in mano la paura, pensavo di esserci abituato e invece no: la paura ti scoppia in faccia ogni volta con una forma diversa e non riesci proprio ad abituartici, forse meglio così.
Ma leggendo le parole di Bonaventura oggi (e ascoltandolo) mi si accende la rabbia. Rabbia vera, rabbia da scassaminchia nella rilettura di questo ultimo mese di solidarietà come popcorn mentre si proietta il nulla.
Luigi Bonaventura è un collaboratore di giustizia ritenuto “altamente affidabile” dalle Procure di mezza Italia. Ora decide di svelare un disegno che è mafioso ma anche politico per l’eliminazione di qualcuno (lasciamo perdere che sia io, non è importante, ora) e richiama dati, persone e luoghi che sono facilmente riscontrabili davanti ad un magistrato.
Oggi Bonaventura ha anche dichiarato di essere pronto a giocarsi la propria credibilità con queste sue affermazioni e si dichiara disponibile ad uscire dal programma di protezione nel caso in cui non siano riconosciute veritiere.
In un Paese normale (ma noi non siamo un Paese normale) in questo ultimo mese l’ex boss sarebbe stato trascinato davanti ad un magistrato per dire tutto quello che sa (e tutto in un colpo solo, magari) e ci avrebbero già detto se è folle, sincero, manovrato o coraggiosissimo. In un Paese normale, certo: in questo ultimo mese ho incassato solidarietà, tanta, come se piovesse, e più di qualcuno mi dice che dovrebbe bastarmi così.
E invece no, grazie, grazie no, la solidarietà non è affar di Stato ma è movimento di società civile che pretende risposte: rivendermela come una risposta che mi dovrebbe bastare è un gioco da pacchisti di altri tempi.
Non me ne frega più niente a questo punto della solidarietà, non mi serve più avere le pacche sulla spalla come un frate missionario che ha fatto voto di ‘pericolo’ e va rispettato anche solo per questo, basta, no, grazie: ora voglio sapere se il ministro Alfano, la destra, la sinistra, il Movimento 5 Stelle, il governatore Maroni, il ‘lombardo’ Ambrosoli e tutti quelli che hanno ruolo politico in terre interessate da questa storia hanno intenzione di fare qualcosa.
Qualcosa di più di una telefonata perché quella no, non mi protegge dagli attentati.
Vorrei capire se ancora non abbiamo capito che il silenzio è il foyer perfetto per la tragedia e davvero non abbiamo imparato che il silenzio è complice.
Se succederà qualcosa sarà colpa dei silenti. Se Bonaventura arriverà in ritardo con l’appuntamento dei riscontri dovuti o se dovrò perderci la testa dietro a questa paura.
Ditemi che rischio e mi difendete o che il pentito è un bugiardo: il resto è per i ciarlatani.
Non mi interessa essere un eroe, mi interessa riconoscere uno Stato organizzato, non solo organizzata la criminalità.
E’ troppo?
Per me, i miei famigliari e i miei figli è il minimo indispensabile. “Agibilità sociale”, direi, se serve un buon titolo per i giornali.