Succede a Luino ma succede ciclicamente in qualche città sparsa per l’Italia. Questa volta mentre stavano ballando “sono stati costretti a scendere, insultati, brutalmente pestati e infine allontanati dal locale. Su richiesta dei ragazzi sono intervenuti i carabinieri e al pronto soccorso dell’ospedale locale sono state prestate loro cure immediate”, come denuncia il presidente dell’Arcigay di Verbania Marco Coppola. Non stupisce il fatto che sia successo ancora quanto l’abitudine che sembra essere subentrata: qualche omosessuale pestato per strada o al ristorante è la notizia che non colpisce più e sta sotto le altre di cronaca di solito in un riquadro piccolo piccolo con la solita noiosissima foto dei due ragazzi abbracciati di spalle. Non mi importa se la questione nel comune sentire viene vissuta come una piccola disputa tra estremisti opposti (quante volte ho sentito dire “beh, anche loro però potrebbero non essere sempre così esibizionisti), per le strade dove è macho esporre il proprio essere protofascisti o sfanculare sorridendo i negri e i terroni: io questa cosa che rischi le botte per una tua idea o predisposizione legittima non so proprio come spiegarla ai miei figli. Non riesco a “normalizzare” il racconto per trovarci una logicità. E non riesco a capire perché crediamo sia normale che siano loro a doversi difendere il giorno dopo sui giornali come se non fosse una questione di convivenza e quindi di politica. Perché il dibattito sull’omofobia sembra scomparso ma la violenza no.