“Noi diciamo no alla legalizzazione della cannabis e deve essere l’occasione per mettere al centro dell’agenda italiana la lotta alle dipendenze: alcol, droga, gioco”: potrebbe essere il refrain populista e superficiale di qualche integralista qualsiasi e invece la frase è scritta dalla ministra Beatrice Lorenzin, colei che siede nello scranno più alto del Ministero della Salute. E in una sola riga la Lorenzin riesce a condensare tutta la mancanza di onestà intellettuale che permea il dibattito sulla legalizzazione della cannabis. Sarebbe da ridere, se non si trattasse di un ministro.
Innanzitutto il contrasto concettuale: mettere nello stesso discorso la cannabis con alcol, sigarette e il gioco d’azzardo significa tessere un concentrato di ignorante bigottismo che non ha nessun senso. Innanzitutto alcol, sigarette e gioco d’azzardo sono elementi di consumo assurti a status symbol da una martellante campagna pubblicitaria che ingrassa le casse pubbliche (anche quelle del ministero della Lorenzin) oltre che le grandi compagnie mentre nella legge in discussione c’è l’assoluto divieto di qualsiasi forma pubblicitaria della cannabis ma soprattutto se davvero la ministra è convinta che bere, fumare una sigaretta e comprarsi un gratta e vinci sia dannoso come fumarsi una canna (e di per sé, dal punto di vista medico, anche questa tesi è falsa) ci sfugge perché non dovrebbe vietare tutti questi prodotti oltre che boicottare la legge sulla cannabis. Perché la Lorenzin non è sulle barricate anche per interrompere la vendita di birra all’autogrill, per chiudere i tabaccai e sigillare i Bingo?
Se il proibizionismo è la strada indicata dalla Lorenzin e dai suoi allora si estenda il proibizionismo a tutto. Si chiama coerenza ed è un vizio raro e bellissimo per un politico oggi. E se, come dubito, la risposta della ministra sarebbe che così facendo si avvantaggerebbe il contrabbando allora ci spieghi perché la tesi non può essere applicata alla cannabis. Ci vuole ottima memoria per essere bigotti.
(il mio pezzo per Fanpage continua qui)