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Arte

L’isola di Calipso recensisce I mangiafemmine

(L’isola di Calipso recensisce “I mangiafemmine”)

“I Mangiafemmine di Giulio Cavalli è un libro da leggere, un libro da riprendere in mano a giorni alterni e su cui riflettere, perché quello che racconta con più di una punta di sarcasmo non è poi così lontano dalla realtà.

Tutte le storie che Cavalli inserisce nella trama del suo romanzo per descrivere vari femminicidi, quasi tutti avvenuti all’interno della famiglia, sono totalmente plausibili. Sono quelli che leggiamo distrattamente sui giornali, quelli che ormai albergano a giorni alterni sui nostri quotidiani. Sono fedeli estratti delle cronache giudiziarie.

Frida uccisa e decapitata dal marito frustrato perché sospeso dal lavoro a causa delle molestie fatte ad una tirocinante in cambio di un assunzione.

Sonia decisa a vivere dopo anni di botte, che lascia il marito quando i figli ormai grandi vanno vai di casa, freddata da due colpi di fucile per la strada perché lui non lo accetta.

Clara che dopo aver tentato di spiegare al compagno che non lo ama più e non intende rimanere ancora in quella relazione, viene pugnalata dall’uomo nella sua stanza da letto dove lui si era introdotto perché possedeva ancora le chiavi di casa.

Donne che hanno pagato con la vita la scelta dell’uomo sbagliato, che sono state lo sfogo dell’insoddisfazione, della frustrazione, della piega che aveva preso la loro vita, incapaci di accettare la fine di una relazione o l’autonomia della propria compagna. Perché la costante è sempre il senso di possesso. La donna vista non come persona, come soggetto autonomo, capace di scelte, di sogni, di desideri propri, ma solo come oggetto del desiderio maschile, emanazione della sua volontà, prolungamento del proprio ego.

E in questo contesto Cavalli immagina una nazione, DF, alle porte di un’elezione politica, alle prese con un incremento di femminicidi. Il candidato premier a cui la cosa non importa, ma anche anzi disturba non poco – infondo le donne non sono sempre state uccise? Cosa è mai ora questa necessità di descriverla come un’emergenza da risolvere al più presto? – commette una gaffe dietro l’altra e viene sostituito in corsa da una donna. E’ il modo più veloce ed indolore per mettere a tacere le polemiche e chiudere la questione.

Ed è la presidente del Consiglio donna a firmare un decreto che inserisce la piena legittimità e legalità all’uccisione delle donne, assimilate ad animali su cui è consentita la caccia, rispettando, ovviamente, le quote stabilite, le regole imposte dai regolamenti d’attuazione (non donne incinte, non in presenza di minori, non in modo cruento, senza utilizzare termini dispregiativi e ingiuriosi mentre si commette l’uccisione e così via). Un’operazione pulita e indolore che tutto sommato non suscita grandi reazioni nell’opinione pubblica, solo un gruppo delle “solite e facinorose” femministe cerca di protestare e attirare l’attenzione sull’orrore della legge.

Decreto Legge n. 55/4231 Misure straordinarie per la regolamentazione temporanea dell’attività venatoria speciale/straordinaria del femminicidioIL PRESIDENTEVisti gli articoli 77 e 87 della Costituzione, […] Decreta:Articolo 1 – FinalitàIl presente Decreto Legge stabilisce misure straordinarie per la regolamentazione della caccia al fine di preservare l’ordine pubblico e i principi etico-sociali, nel rispetto delle nome igienico-sanitarie.Articolo 2 – autorizzazione all’attività venatoria specialeè consentita la pratica venatoria volta all’equilibrio dei generi, secondo i protocolli e le modalità stabilite nel presente Decreto Legge. L’autorizzazione alla caccia è subordinata al possesso di una licenza rilasciata dalle autorità competenti, previo superamento di un esame attestante la conoscenza delle norme igienico-sanitarie e delle regole di sicurezza.

Leggendo il nuovo romanzo di Giulio Cavalli, ci si rende tremendamente conto di quanto la realtà distopica che lui costruisce sia l’immaginate fedele di quello che viviamo. Esagerata? Sì. Portata all’eccesso? Anche. Ma purtroppo non falsa.

I politici che descrive sono inventati ma non è difficile vedervi riflessi atteggiamenti, posizioni, dichiarazioni di cui leggiamo o assistiamo in televisione. Dibattiti imbarazzanti, ipocrisie, scontri verbali che gettano spesso fumo negli occhi, distolgono l’attenzione dai veri problemi, creano polemica sterile ed inutile pur di alzare un polverone teso a coprire altro.

E l’imperante maschilismo, il patriarcato non sono ipotesi fantasiose di povere femministe (e mi viene in mente quanto dice Chimamanda Ngozi Adichie nel suo brevissimo Dovremmo essere tutti femministi, di quanto la parola “femminista” si porti dietro un notevole bagaglio negativo).

I Mangiafemmine è una potente critica alla nostra società e a tutti quei retaggi culturali che la permeano. Cavalli con uno stile scevro da qualsivoglia orpello stilistico, in modo a volte persino freddo, ribalta la posizione di partenza, dando per assodato e addirittura legalizzato il femminicidio, portando a galla l’atteggiamento sotto traccia che infondo le donne se la cercano, che sono i loro atteggiamenti a farle diventare terreno di caccia, che gli uomini “poverini” sono stati “costretti” a difendersi dalle pazze, aggressive, incontrollate femmine che li circondano.

Quello che mi piace dei libri di Giulio Cavalli è che la distopia che racconta non è mai così lontana dalla nostra realtà. Come già in Carnaio, in cui rifletteva sui morti che arrivano sulle coste di un immaginario paese e le reazioni inconsulte e disumane che le continue stragi in mare provocano, anche qui l’orrore quotidiano si stempra in un atto di accusa lucido e reale su come i femminicidi vengono raccontati, giustificati e alla fine banalizzati dal sistema politico e dalla società”

Snaporaz su i Mangiafemmine

Nell’immaginario paese di DF, l’onda dei femminicidi si sta alzando a livelli di guardia. Le polemiche rischiano di travolgere il candidato al governo Valerio Corti, politico di estrema destra indifferente alla questione, mascherato da padre di famiglia centrista e guidato dal “buon senso. Di comune accordo col suo spin doctor Marco Fumagalli decide di ritirare la candidatura: al suo posto, una donna-parafulmine, Marzia Rizzo. Dopo aver vinto le elezioni sarà lei, manovrata dal partito di Corti, ad affrontare il problema con una modesta proposta di legge “per la regolamentazione temporanea dell’attività venatoria speciale/straordinaria del femminicidio”: in base al decreto, l’uccisione delle donne viene regolata secondo precise norme igienico-sanitarie e con obiettivi di riequilibrio numerico e sostenibilità. Fra qualche mugugno di un’opposizione spompata e la protesta di un paio di voci della stampa, la caccia, nel rispetto di tutti, può avere inizio.

I mangiafemmine di Giulio Cavalli (uscito per Fandango nel 2023) appartiene a una tradizione premoderna e quasi completamente perduta: la satira letteraria 

I mangiafemmine di Giulio Cavalli (uscito per Fandango nel 2023) appartiene a una tradizione premoderna e quasi completamente perduta: la satira letteraria. A quel genere riporta anzitutto un principio di trasparenza, che non maschera nomi, luoghi e fatti per renderli universali, ma insegue l’attacco frontale: Valerio Corti, con eleganza, buon senso e un dichiarato sorriso, occhieggia platealmente a Matteo Salvini (si provi a leggere con la sua voce questo stralcio di messaggio di Corti alle associazioni femministe: «A quelle donne non dico niente perché non ho niente da dire. Gli posso solo inviare il mio augurio, con il sorriso, di trovare cose più interessanti in cui affaccendarsi. Altri motivi per cui sudare»); lo spin doctor Marco Fumagalli, sessualmente irrisolto, ostaggio di una madre iperprotettiva e ricattatoria e quindi, per reazione, artefice di una campagna d’immagine ultra-aggressiva, corrisponde all’ormai eclissato Luca Morisi; e basta fare mente locale per capire a chi Cavalli alluda raccontando l’ascesa eterodiretta di una donna “moderata” al governo, per spazzare via sospetti di maschilismo con una mano e con l’altra offrire una politica ancora più repressiva e indifferente alle questioni di genere. 

Le motivazioni di Lisa Ginzburg per la presentazione de I mangiafemmine al Premio Strega 2024

“Con I mangiafemmine, Giulio Cavalli costruisce una lucidissima distopia che non ha nulla di distopico. Si addentra nell’abominio dei femminicidi tratteggiando personaggi maschili dalla bieca e cieca natura, e lo fa in modo impietosamente verosimile, così come immagina e restituisce donne i cui disgraziati destini risultano anch’essi assolutamente contigui alla realtà. Il risultato è un romanzo che è attuale a ogni pagina, ma la cui forza letteraria in nulla disobbedisce alle ferree regole della trasposizione e dell’invenzione. Un libro che si legge d’un fiato, con totale coinvolgimento per come affonda nel nervo del possibile, eppure sentendosi costantemente nutriti dalla cruda pienezza della fantasia. Dialoghi, frangenti, intrecci: tutto è terso e stringente come solo accade quando lo sguardo di uno scrittore sa essere chirurgico per come nitido e coraggioso, quasi una lama quando affronta quel che sta per tagliare senza in nulla arretrare davanti alla precisione del suo proprio gesto. Il mondo di DF, luogo/spazio immaginario il cui acronimo condensa nel suo enigma distopia e denuncia, è specchio convesso che riflette senza deformare una troppo vasta porzione del mondo in cui viviamo. E come succede nella letteratura quando è tale, riprovazione, scandalo, angoscia, paura, dolore, ogni moto d’animo suscitato nel lettore genera a propria volta un processo di associazione con la vita vera che indirettamente rafforza lo spessore dell’immaginazione narrativa. Un libro che parla di esistenza e di pulsioni di morte, di violenza di genere, di frustrazione e di soprusi, di abissi morali e di rapporti di forza. Una vicenda densa di voci maledettamente azzittite ma su cui, stendendosi come una scia, rimbomba sonora l’eco che quelle stesse vittime lasciano nell’aria, grido acuto di allarme, anatema.

Per lo stile preciso e la struttura compatta, per come reinventando la realtà in senso antropologico e politico sa narrarla dal di dentro, per come incuneandosi nel buio riesce a sviscerare di quel buio ogni singola ombra, I mangiafemmine è romanzo importante, che con convinzione mi sento di presentare al Premio e agli Amici della Domenica.”

Lisa Ginzburg

Roba da donne recensisce il romanzo “I mangiafemmine”

Giulio Cavalli immagina un mondo in cui il femminicidio è legalizzato. O meglio, quella trasfigurata dalla fantasia dello scrittore è, a ogni evidenza, un’Italia guidata da una classe politica populista e misogina che, per mettere a tacere le istanze femministe e perpetuare il sistema patriarcale, approva il Decreto Legge n. 55/4231: Misure straordinarie per la regolamentazione temporanea dell’attività venatoria speciale/ straordinaria del femminicidio.
Giulio Cavalli immagina un mondo in cui il femminicidio è legalizzato, e l’aspirante presidente del Consiglio Valerio Corti, uomo forte dei Conservatori, minimizza l’impressionante epidemia di donne e la lunga scia di sangue che macchia l’Italia spiegando che “le cose sono sempre andate così”; che le donne sono sempre morte ammazzate, e che non c’è nessuna urgenza in corso.
Cavalli, che con Carnaio aveva già tracciato l’incubo di un’umanità deragliata da qualsiasi legge morale in nome del profitto, dà qui vita a una distopia capace di delineare i contorni della nostra realtà, che molto condivide con la fantasia perversa. Realtà, la nostra, dove le donne pagano l’affronto di aver voluto l’indipendenza e l’autonomia, e le vittime se la sono sempre andata a cercare.
Più che una distopia, Cavalli mette nero su bianco l’inconfessabile desiderio punitivo di un nutrito gruppo di uomini, spaventati dal non si può più dire niente(e neppure molestare più le donne come un tempo), e di donne propositive ed entusiaste ancelle del patriarcato, che auspicano il ripristino di uno status quo in cui il maschio faccia il maschio e la femmina stia al suo posto. Peccato che per molti questo posto sia ancora e sempre vicino al caminetto, e nei luoghi di potere solo se ciò serve a sancire il privilegio maschile e rafforzare la retorica della brava donna, moglie e madre devota.
Come ha detto Chiara Valerio introducendo l’ultima fatica dell’autore, tra gli altri di Santamamma, Disperazione e Nuovissimo Testamento (editi da Fandango Libri):
“Leggere fornisce le parole e più parole si hanno, meno man si alzano”
E questa ci sembra infine la ragione più valida per mettere nella nostra libreria I Mangiafemmine di Giulio Cavalli.

https://libri.robadadonne.it/libro/i-mangiafemmine-di-giulio-cavalli/

I Mangiafemmine: intervista al Corriere Torino

Anatomia di un Mangiafemmine: «Chiunque tenga in tasca il proprio privilegio come un’arma da sfoderare per riempirsi lo stomaco di una turpe voglia qualsiasi. I mangiafemmine si nutrono di donne per definire la propria identità e per mostrarsi al branco come capaci alla caccia». È veramente distopico (non usiamo altri aggettivi in sostituzione di uno che si ripropone come la cipolla a colazione) e speriamo non preveggente, il romanzo che Giulio Cavalli presenta oggi alle 18.30 al Bistrò di Off Topic. «Quando il governo di DF smette di tollerare il bollettino quotidiano dei femminicidi emesso dall’Istituto Superiore della Naturalità resta una soluzione: la legalizzazione… Il rispetto della donna — dice la presidente di DF, scelta in quanto donna poco prima dell’importante riforma — si esercita dicendo la verità. La verità è che le donne soppresse dai loro mariti sono un argine al populismo di genere che ha intossicato il vivere civile».

Sul serio ha scritto il libro in 18 giorni?
«Sedimentava da molto. Ogni volta che da giornalista mi ritrovavo di fronte a una notizia utile alla costruzione di un mondo fallocratico mi si aggiungeva uno strato di consapevolezza».

Quanti mangiafemmine vede intorno a sé?
«Ne vedo e ne ho visti moltissimi. Ci sono quelli conclamati, quelli in incubazione, i sieropositivi al mangiafemminismo asintomatici, quelli ormai colti da demenza mangiafemminica, i consapevoli, gli inconsapevoli, i fascinorosi da non confondere con gli affascinanti. Io mi ritengo un mangiafemmine culturale. Sono nato in quei tempi lì, cresciuto in un mondo che aspirava alla piccola borghesia specializzandosi nel benpensantesimo. Riconosco i genomi di quelli che mostrifichiamo per dichiararci assolti».

Qual è la riflessione che possono e devono fare gli uomini?
«Serenamente coltivare la consapevolezza che il patriarcato è una componente millenaria della storia che ci ha portato fin qui. Avere la dignità di riconoscere una responsabilità culturale che è collettiva e che richiede di collettivizzare una riforma sociale che non può che partire dai maschi. In questi mesi abbiamo assistito a moti dovuti da eccesso di difesa che avevano l’aria di essere un mezza confessione. Quando gli oppressori si dichiarano oppressi non c’è nulla di buono all’orizzonte».

C’è un fatto che l’ha ispirata?
«Durante una riunione di redazione ho proposto un pezzo su un femminicidio avvenuto in un coppia anziana. Mi hanno spiegato che quel delitto non aveva nessuna caratteristica particolarmente notiziabile perché era “scontato”. Mi sono detto: l’abbiamo normalizzato».

C’è un filo sottile tra distopia e realtà, già scavallato in molti casi. Accadrà ancora?
«Qualcuno leggendo il libro ha parlato di iperrealismo. Un aggettivo molto più responsabilizzante».

Lei dice che ha fiducia nella lotta. In quale?
«Giro per le scuole e tocco un progresso fulminante. Sono stato usato come molla di assemblee in cui le donne rivendicano il diritto e il dovere di non stare al loro posto. Nei piccoli abusi quotidiani travestiti da innocenti scherzi mi capita di vedere maschi che non sorridono ed esprimono il loro fastidio. Credo che il mondo sia pieno di persone che ogni mattina provano a essere migliori e smettere di mangiare femmine è una materia obbligatoria».

E la sua, di lotta, qual è?
«Riconoscere i fallimenti. Se ti dichiari fallibile ti scrolli di dosso il paternalismo, uno degli elementi inquinanti del patriarcato. Da giornalista insisto per trovare spazio a ogni femminicidio e alle testimonianze delle donne sopravviventi. Mi illudo che le ripetitività degli abusi possa dare le dimensioni del dirupo».

https://torino.corriere.it/notizie/cultura/24_febbraio_01/giulio-cavalli-e-il-suo-ultimo-libro-siamo-tutti-mangiafemmine-e-la-responsabilita-e-collettiva-190ca4d5-f39d-4128-a014-b3c9ade55xlk.shtml

“Odio gli indifferenti”: 5 domande a Giulio Cavalli

Nato a Milano, è attore, scrittore, giornalista, regista teatrale, drammaturgo e politico.

Nel 2001 fonda la Bottega dei Mestieri teatrali con cui ha messo in scena diversi spettacoli d’impegno civile quali, molti di questi pubblicati come libri; Linate 8 ottobre 2001: la strage, Bambini a dondolo sul turismo sessuale infantileDo ut des su riti e conviti mafiosiA 100 passi dal Duomo scritto in collaborazione con Gianni Barbacetto sulle mafie al Nord, Nomi, cognomi e infami e L’innocenza di Giulio.

Dalla stagione 2007-2008 è direttore artistico del Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco, in provincia di Lodi.

Nel dicembre 2009 è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che gli ha portato la propria solidarietà per la vita sotto scorta che conduce a causa delle minacce ricevute da parte della mafia. Nel gennaio 2010 a Catania gli è stato conferito il premio giornalistico «Pippo Fava».

È consigliere regionale in Lombardia, primo firmatario della legge per l’educazione alla legalità e membro dell’Osservatorio sulla legalità del Consiglio regionale.

Stiamo parlando di Giulio Cavalli al quale ho fatto 5 domande sullo spettacolo in scena al Teatro della Cooperativa in scena dal 12 al 21 gennaio 2024 (esclusi lunedì 15 e mercoledì 17).

Quando e perché nasce lo spettacolo Odio gli indifferenti?

Girando per scuole, presentazioni dei miei libri e incontri ho avuto la sensazione che la Costituzione sia ormai un feticcio. C’è chi la sventola come spada per fare opposizione e chi la interpreta come se fosse un biglietto del biscotto della fortuna. Quando mi capita di rileggerla la trovo ferocissima, quasi violenta: scorrere la Costituzione oggi significa fare i conti con il fallimento disastroso della costruzione sociale in cui stiamo.

Quindi mi sono detto: che accadrebbe se diventasse obbligatorio – ma davvero – il rispetto della Costituzione? Quanti mestieri sparirebbero? Quanti falsi profeti verrebbero smutandati? Pensandoci ci ho ritrovato una giullarata già pronta, seppure tragica come lo sono tutte le giullare ben riuscite. A quel punto mi serviva un inquisitore, un uomo di legge, possibilmente qualcuno delegittimato per la sua rigorosa lettura della Costituzione. E Luigi De Magistris mi è sembrato perfetto.

C’è un indifferente che odi di più in assoluto e perché?

Credo di trovare più insopportabili gli indifferenti per vigliaccheria rispetto agli indifferenti per guadagno personale. Potrei citare la solita massima che va fortissima sui social del “silenzio degli onesti” eccetera eccetera ma più di tutto mi basisce la stupidità di chi è disposto a perderci pur di non prendersi la briga di applicarsi. Gli antifascisti omeopatici, ad esempio, che nella storia sono sempre stati la stampella dei fascismi.

Odio gli indifferenti sarà in scena presso il Teatro della Cooperativa che ha fatto della memoria storica e dell’impegno civile il proprio credo grazie al suo direttore artistico (Renato Sarti).

Vista la tematica, quant’è difficile fare in Italia un teatro politico ma soprattutto politica a teatro?

È così da sempre.

Quando ho lavorato con Dario Fo ho imparato che non bisogna mai perdere la voglia di vedere circuiti teatrali dove gli altri non riescono a immaginarli. Ci sono luoghi teatrali in Italia che limitandosi a fare “spettacolo” nell’accezione indolore del termine in realtà stanno facendo politica accarezzando il potere di turno. Nell’ultimo anno – quando dopo più di un decennio sono tornato in scena – mi sono ritrovato a recitare nelle sale mensa, nelle chiese, su palchi disabitati da decenni e nei teatri più prestigiosi e classici. In questo scenario il Teatro della Cooperativa è un unicum perché tiene insieme l’attività e l’attivismo teatrale con perseveranza.

Ho letto che ti definiscono “un autore civile” ma tu preferiresti fare un giro tra gli incivili per capire chi assegna il patentino. Lo hai capito/scoperto?

A me pare che il teatro sia “civile” per definizione.

Già l’impresa di raccogliere persone che dopo una giornata di lavoro anticipano o ritardano la cena, si coprono d’inverno, sfidano il maltempo, cercano parcheggio, organizzano gli orari e poi cedono una considerevole quota del loro poco tempo libero sia un’opera civile. Ancora di più in questo tempo in cui si ha la sensazione di poter usufruire di storie in tempi brevissimi e negli space di uno schermo. Trovo civili tutti i drammaturghi che ho studiato, fin dai secoli più lontani.

A teatro – a differenza di altri mezzi – l’inciviltà non fa share. Per fortuna!

Concludendo, chi vorresti vedere seduto in Prima Fila il 12 gennaio 2024 al Teatro della Cooperativa e cosa vorresti che si portasse a casa dopo la visione dello spettacolo Odio gli indifferenti?

Invecchiando ho maturato un’imbarazzante commozione per ogni singolo spettatore. Non mi spiego il privilegio di potere raccontare storie a persone che vengono ad ascoltarmi con fiducia. Forse avrei voluto almeno per un’altra volta vedere Michela Murgia sorridere per la tragicomicità del momento storico e per la nostra inesauribile voglia di sbeffeggiare il potere. Mi auguro che gli spettatori si portino a casa una cassetta degli attrezzi per affrontare la quotidianità. E domande, moltissime domande. Che barba gli spettacoli che hanno solo risposte.

Teatro della Cooperativa
dal 12 al 21 gennaio 2024
ODIO GLI INDIFFERENTI
Che Paese saremmo se si rispettasse la Costituzione
di Giulio Cavalli
con Giulio Cavalli e Luigi De Magistris
regia Giulio Cavalli e Renato Sarti

Buona serata a Teatro!