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Il governo vuole cancellare la lista delle “banche armate”

Un disegno di legge inaccettabile che va contrastato con fermezza. Così la Campagna di pressione alle “banche armate”, promossa dalle riviste Missione Oggi, Mosaico di Pace e Nigrizia, commenta il Disegno di legge (Atto Senato n. 855) di iniziativa governativa che modifica la legge n. 185 (“Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”), legge che dal 1990 regolamenta le esportazioni italiane di armamenti.

Col pretesto di apportare “alcuni aggiornamenti” alla legge per “rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale”, il Disegno di legge intende limitare l’applicazione dei divieti sulle esportazioni di armamenti, riduce al minimo l’informazione al parlamento e alla società civile, e soprattutto, elimina dalla Relazione governativa annuale tutta la documentazione riguardo alle operazioni svolte dagli istituti di credito nell’import-export di armi e sistemi militari italiani.

L’obiettivo del governo è di scardinare la legge 185/90 nata dopo la mobilitazione di associazioni e cittadini che grazie alle mobilitazioni hanno ottenuto norme rigorose per impedire l’esportazione di armi e sistemi militari non solo agli Stati sottoposti a misure di embargo, ma anche a Paesi coinvolti in conflitti armati, a governi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e verso Paesi la cui politica contrasta con i principi dell’articolo 11 della Costituzione. 

Con la riforma prospettata dal Disegno di legge, già approvato in Commissione Affari esteri e Difesa del Senato, l’applicazione di questi divieti viene sottoposta alla discrezione del governo attraverso il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD) presieduto dal Presidente del Consiglio. 

Buon giovedì.  

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Roba da donne recensisce il romanzo “I mangiafemmine”

Giulio Cavalli immagina un mondo in cui il femminicidio è legalizzato. O meglio, quella trasfigurata dalla fantasia dello scrittore è, a ogni evidenza, un’Italia guidata da una classe politica populista e misogina che, per mettere a tacere le istanze femministe e perpetuare il sistema patriarcale, approva il Decreto Legge n. 55/4231: Misure straordinarie per la regolamentazione temporanea dell’attività venatoria speciale/ straordinaria del femminicidio.
Giulio Cavalli immagina un mondo in cui il femminicidio è legalizzato, e l’aspirante presidente del Consiglio Valerio Corti, uomo forte dei Conservatori, minimizza l’impressionante epidemia di donne e la lunga scia di sangue che macchia l’Italia spiegando che “le cose sono sempre andate così”; che le donne sono sempre morte ammazzate, e che non c’è nessuna urgenza in corso.
Cavalli, che con Carnaio aveva già tracciato l’incubo di un’umanità deragliata da qualsiasi legge morale in nome del profitto, dà qui vita a una distopia capace di delineare i contorni della nostra realtà, che molto condivide con la fantasia perversa. Realtà, la nostra, dove le donne pagano l’affronto di aver voluto l’indipendenza e l’autonomia, e le vittime se la sono sempre andata a cercare.
Più che una distopia, Cavalli mette nero su bianco l’inconfessabile desiderio punitivo di un nutrito gruppo di uomini, spaventati dal non si può più dire niente(e neppure molestare più le donne come un tempo), e di donne propositive ed entusiaste ancelle del patriarcato, che auspicano il ripristino di uno status quo in cui il maschio faccia il maschio e la femmina stia al suo posto. Peccato che per molti questo posto sia ancora e sempre vicino al caminetto, e nei luoghi di potere solo se ciò serve a sancire il privilegio maschile e rafforzare la retorica della brava donna, moglie e madre devota.
Come ha detto Chiara Valerio introducendo l’ultima fatica dell’autore, tra gli altri di Santamamma, Disperazione e Nuovissimo Testamento (editi da Fandango Libri):
“Leggere fornisce le parole e più parole si hanno, meno man si alzano”
E questa ci sembra infine la ragione più valida per mettere nella nostra libreria I Mangiafemmine di Giulio Cavalli.

https://libri.robadadonne.it/libro/i-mangiafemmine-di-giulio-cavalli/

Truffe sui fondi agricoli Ue. Arrestati altri 37 mafiosi grazie all’inchiesta Nebrodi

Trentasette presunti mafiosi collegati alla mafia di Tortorici a Messina arrestati ieri. Con un chiodo fisso: i fondi europei da intascare attraverso l’agricoltura. L’operazione si è svolta ieri, oltre che nel Messinese, anche nelle province di Siracusa, Enna, Rovigo, Catania e Gorizia. L’indagine è coordinata dalla Dda di Messina. Il provvedimento segue gli esiti dall’operazione “Nebrodi” del gennaio 2020 che aveva fatto luce sulla fitta interconnessione di interessi criminali sui fondi europei e che aveva condotto all’arresto oltre 100 persone, 91 delle quali il 31 ottobre 2022.

Parla l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci: “I clan cambiano pelle anche negli affari”.

Il tribunale di Patti (Messina), nel processo di primo grado, ha emesso sentenza di condanna per complessivi 600 anni di reclusione e tra qualche settimana inizierà il processo di secondo grado davanti alla Corte d’appello di Messina. Avvalendosi anche delle dichiarazioni di tri collaboratori di giustizia, appartenenti al gruppo mafioso dei “Batanesi”, è stato possibile ricostruire l’esistenza della “famiglia tortoriciana” composta dai Bontempo Scavo e dei Batanesi, accusati di estorsioni e truffe aggravate a danno dell’Unione europea e dell’Agea.

Gruppi che controllavano la coltivazione, l’acquisto e il commercio al minuto di droga che avveniva nel versante tirrenico della provincia di Messina, tra Tortorici, Sinagra, Capo d’Orlando e Rocca di Capri Leone. Un’impresa calabrese impegnata nei lavori di realizzazione del metanodotto nel fiume tra i Comuni di Mistretta e Santo Stefano di Camastra sarebbe stata costretta a consegnare 4mila euro per le festività di Natale e Pasqua di ogni anno, a partire dal 2015 e sino al 2018. Alcuni privati erano costretti a cedere terreni da destinare al pascolo.

Sono state eseguite 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere 2 agli arresti domiciliari e 14 ordinanze di sospensione dall’esercizio di attività imprenditoriali oltre al sequestro preventivo di 349 titoli Agea, definiti “tossici” e di somme superiori a 750mila euro su conti di 8 società derivanti dalle erogazioni riguardanti le campagne agricole 2015-2020. Le investigazioni confermano che le frodi comunitarie continuano a rappresentare uno dei principali mezzi di finanziamento illecito delle organizzazioni mafiose (unitamente a estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti), più appetibili perché espongono gli autori a minori rischi.

Presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 2018 e precursore del “protocollo di legalità” che ha reso possibile arginare gli interessi mafiosi sui fondi comunitari agricoli è Giuseppe Antoci (nella foto), una delle persone più protette d’Italia dopo essere scampato a un attentato mafioso il 18 maggio del 2016. Raggiunto al telefono Antoci esprime “soddisfazione” per l’operazione delle forze dell’ordine. “Questa cosa – ci dice – si infila perfettamente in una vicenda che in questi giorni interessa l’Europa: gli agricoltori. Mentre questi stanno giustamente protestando – spiega Antoci – perché non hanno fondi assistiamo al paradosso di quegli stessi soldi che a milioni invece di andare a questi poveri cristi che si rompono la schiena andavano ai capi mafia che li assoggettavano e minacciavano”.

Per Antoci gli agricoltori di una territorio che nella sentenza del primo processo viene definito “un territorio di anime morte” erano “non solo senza fondi ma anche assoggettati a mafiosi mica da quattro soldi, gente come Gaetano Reina e i Santapaola di Ercolano”. “Se nel 2015 o nel 2019 avessi detto guardate che c’è un pezzo della pista dell’aeroporto di Palermo che risulta nei fascicoli aziendali dei mafiosi – dice – o il terreno del Muos o la riserva di Marzabotto, mi avrebbero detto di farmi vedere da uno bravo”. Non c’è solo la felicità per gli arresti e per le condanne però. Per Antoci tutto questo “sarebbe durato 20 anni se non ci avessimo messo mano. Io penso che quando arriva la magistratura c’è un pezzo di Paese che negli anni ha già sbagliato. Non le considero vittorie. Ho la consapevolezza che sarebbe durato chissà quanti altri anni. Oggi questi agricoltori sono liberi ma provo grande amarezza”.

“Negli anni ’80 c’era la mafia del cemento poi è venuta quella dei rifiuti e infine dei pascoli”

Inevitabile per l’ex presidente dei Nebrodi ripercorrere “vicende che portano alla mente il conflitto a fuoco vissuto”. “Cose che non supererò mai”, spiega Antoci, che sottolinea come “non sia normale che debba essere un presidente di un parco a intervenire”. Per Antoci “la mafia cambia pelle” e si adatta al business del tempo, “come ha sempre fatto nella storia”. “Negli anni ‘80 dopo il terremoto in Campania s’è fatta mafia del cemento”, spiega, “negli anni ’90 si è specializzata nei rifiuti e poi si è buttata sull’agricoltura”. Con una novità importante, spiega Antoci: “Oggi le intelligenze le mafie non devono nemmeno trovarle fuori, hanno figli che studiano e che hanno studiato nelle migliori università all’estero” e si dedicano agli attentati solo se “qualcuno gli mette le mani in tasca”.

“Loro il carcere se lo fanno tranquillamente, il loro vero problema sono le mancate erogazioni. Milioni e milioni di euro che servono al sostentamento delle famiglie dei carcerati e a sostenere il mercato della droga”. E se qualcuno gli ricorda gli anni di delegittimazione subita (anche dalla Commissione antimafia siciliana guidata all’epoca da Claudio Fava) Antoci spiega che quello “è un capitolo chiuso e riaprirlo non farebbe altro che resuscitare personaggi colpiti e affondati”. “Ci hanno pensato la magistratura e la storia a delegittimare i miei accusatori”, spiega.

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I confini dell’Unione europea per qualcuno sono catene

Nel 2023 più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee, di cui oltre 8.400 solo negli ultimi quattro mesi dell’anno. Tuttavia, tali numeri rappresentano solo una frazione degli effettivi respingimenti illegali.

Lo spiega nel suo ottavo rapporto Protecting Rights at Borders (Prab) che evidenzia lo stato di illegalità permanente alle frontiere europee. Il monitoraggio ancora una volta conferma l’immagine di un’Unione europea che finge di non vedere le criticità alle sue frontiere. C’è la cronica mancanza di vie legali per che costringe molti migranti, provenienti da regioni colpite da conflitti, persecuzioni o disastri naturali, a intraprendere viaggi pericolosi verso l’Europa in cerca di sicurezza e opportunità. Ci sono le testimonianze di respingimenti illegali con metodi violenti e disumani, con migliaia di persone respinte forzatamente oltre il confine e sottoposte a violenze e abusi.

Prab ha intervistato 1.448 persone, documentando i trattamenti disumani e degradanti subiti dall’83% degli arrivi al confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina e dal 61% al confine tra Francia e Italia. Oltre alle violenze fisiche, i respingimenti forzati privano le persone dei loro beni, lasciandole vulnerabili e senza mezzi vitali. In Italia, le organizzazioni della rete Prab hanno documentato il respingimento di 3.180 persone nelle zone di Oulx e Ventimiglia, con particolare preoccupazione per i 737 bambini, di cui 519 erano minori non accompagnati. Un aspetto inquietante è la pratica di respingere minori registrati erroneamente come adulti.

Buon mercoledì. 

Nella foto: frame del video sulla rotta balcanica – The game vivere o restare

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Troppi uragani forza sei. Serve una nuova scala

Gli uragani stanno diventando così forti a causa della crisi climatica che la loro classificazione dovrebbe essere ampliata per includere una tempesta di “categoria 6” nella scala dallo standard 1 a 5, secondo un nuovo studio. Nell’ultimo decennio, cinque tempeste sarebbero state classificate in questa nuova forza di categoria 6 che includerebbe tutti gli uragani con venti superiori alle 192 miglia orarie.

Gli uragani stanno diventando così forti a causa della crisi climatica che la loro classificazione dovrebbe essere ampliata

Tali mega-uragani stanno diventando più probabili a causa del riscaldamento globale, hanno scoperto gli studi, a causa del riscaldamento degli oceani e dell’atmosfera. Il nuovo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, propone un’estensione della scala degli uragani Saffir-Simpson ampiamente utilizzata, che è stata sviluppata nei primi anni ‘70 da Herbert Saffir, un ingegnere civile, e Robert Simpson, un meteorologo che era il direttore del National Hurricane Center degli Stati Uniti.

Rientrerebbero nell’eventuale nuova categoria 6 il tifone Haiyan, che ha ucciso più di 6.000 persone nelle Filippine nel 2013, e l’uragano Patricia, che ha raggiunto una velocità massima di 215 miglia orarie quando si è formato vicino al Messico nel 2015. Secondo gli scienziati l’oceano surriscaldato sta fornendo energia extra per intensificare rapidamente gli uragani, aiutato da un’atmosfera più calda e carica di umidità.

A oggi i cambiamenti climatici hanno già costretto all’aggiunta di un nuovo colore – viola – sulle mappe meteorologiche dell’ufficio di meteorologia australiano per tenere conto del caldo feroce, mentre proprio la scorsa settimana il programma Coral Reef Watch del governo degli Stati Uniti ha aggiunto tre nuove categorie di allarme per comprendere il crescente stress da calore sofferto dai coralli.

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Cresce il sito Cup Solidale. Concorrente del Servizio sanitario

“Prestazioni sanitarie a prezzi calmierati e senza coda”, “solita odissea per fissare le visite”, “prestazioni sanitarie troppo lente”. La rassegna stampa è ricca e articolata e la risposta suggerita è sempre la stessa: Cup Solidale. Tra le qualità del servizio sanitario privato, si sa, non manca il marketing e tra le eccellenze della comunicazione appare subito con una ricerca veloce in rete il sito cupsolidale.it, la startup di prenotazioni della sanità privata nata a Firenze nel 2017 che è diventato il portale web più usato in Italia per prenotare esami diagnostici e clinici nelle strutture private e convenzionate. È l’unico sistema di prenotazione che permette all’utente di decidere luogo, ora e prezzo della prestazione. La facilità d’utilizzo e la velocità delle risposte sono da sempre le caratteristiche distintive del progetto. Tutto privato, ovviamente.

Il sito Cup Solidale, creato da una startup fiorentina, è diventato il portale web più usato in Italia per prenotare esami medici

Il portale di prenotazione, aggregatore e comparatore web di servizi e prestazioni sanitarie, è un Cup (Centro unico di prenotazione) digitale che “verifica in tempo reale le agende e le disponibilità di strutture private e non-profit e consente di cercare, prenotare e pagare una prestazione socio-sanitaria in soli tre click evitando code e inutili attese”. I numeri che appaiono sul sito sono spaventosi: “oggi il network che ha digitalizzato il più alto numero di aziende sanitarie private italiane. Gestisce le agende online di 40.266 medici e 3.729 cliniche sparse in tutto il territorio nazionale”.

Sul sito Cup Solidale si specifica che “tutte le prestazioni sotto elencate sono ovviamente prenotabili anche tramite il Servizio Sanitario Nazionale contattando il Cup regionale di riferimento, verificando disponibilità e tempi di attesa”, sottolineando comunque che “il servizio pubblico sanitario prevede, salvo che per i cittadini esenti, il pagamento del ticket sanitario per tutte le prestazioni sanitarie specialistiche e ambulatoriali. L’importo del ticket – si legge – varia da regione a regione a seconda del tipo di prestazione”. L’osservatorio dei prezzi per le prestazioni disponibili è uno spaccato dell’Italia diseguale là dove lo Stato non mette mano alla sanità.

Dopo l’assalto alla medicina di base il business si allarga alle prestazioni ambulatoriali e specialistiche

Un elettrocardiogramma, ad esempio, ha un prezzo medio di 37,78 euro, si può fare a Salerno con 15 e tocca il prezzo massimo di 200. Una visita dermatologica a Capua Caserta costa 40 euro nonostante il prezzo medio nelle strutture private italiane convenzionate con il portale sia di 105,22, ma vi potrebbe capitare di pagarla anche 230 euro se siete particolarmente sfortunati. A Frosinone si trova una visita ortopedica che è un vero affare, a 33 euro, ma nelle 40.838 strutture convenzionate in media costa quattro volte tanto mentre in casi particolarmente sfortunati (o urgenti) si toccano i 300 euro, 10 volte tanto. Stesso discorso per una visita cardiologica più ecg: 31 euro a San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Napoli con un prezzo medio di 107,54€ e un picco massimo di 302€. La sanità diventa un prodotto in vetrina e internet è il luogo in cui scovare l’occasione. Non possono mancare quindi i buoni sconti: sul sito ci si può iscrivere per venire informati quando tornerà disponibile il “pacchetto base analisi sangue e urine Groupon”.

“Sanità privata senza code con prezzi come ticket”

“Sanità privata senza code con prezzi come ticket”, si legge sul sito. E in effetti in alcuni casi è così. Cup Solidale è beneficiaria del progetto Integrazione MarketPlace CupSolidale – cofinanziato con fondi Por-CReO Fesr 2014 – 2020 – Bando A 2018 – Sostegno alle Mpmi per l’acquisizione di servizi per l’innovazione della Regione Toscana: un contributo totale assegnato di 33.497,90 per un investimento totale ammesso di 52.100,00 euro per sviluppare lo strumento delle Api. A gennaio di quest’anno Covisian, il Gruppo italiano leader a livello internazionale nell’offerta di tecnologie all’avanguardia e soluzioni innovative per la Customer eXperience, ha deciso di investirci. La sanità privata è in ottima salute.

 

Leggi anche: La sanità privata lancia il Family doc, partito l’assalto alla medicina di base. Padova fa da apripista col medico di famiglia a pagamento, approfittando dei buchi del Sistema sanitario nazionale

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Caro-affitti, mancia di 23 euro al mese agli studenti fuorisede

Lo scorso ottobre la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini rispondendo a un’interrogazione parlamentare aveva festeggiato “ulteriori 260 milioni per studenti fuori sede”. Le promesse del governo per risolvere la crisi abitativa degli studenti parlavano di “un miliardo di euro”, di “case disabitate date agli studenti” e di un “fondo per abbattere gli affitti”. Le risorse per l’anno 2023 sono state appena distribuite dal Ministero dell’Università: 23 euro al mese a testa e non per tutti.

Malgrado gli impegni il sostegno per gli affitti degli studenti fuorisede è arrivato in ritardo e solo per il 2% di chi ne ha diritto

Le poche risorse arriveranno agli studenti nel mese di febbraio, con un anno di ritardo rispetto alle richieste. “Dall’inizio del 2023 abbiamo chiesto alla ministra Bernini di accelerare l’erogazione del fondo affitti – dichiara Simone Agutoli, responsabile politiche abitative dell’Unione degli universitari (Udu) – ma la sua risposta è stata un procedimento macchinoso e infinito. Il risultato è che gli studenti riceveranno il sostegno economico con un anno di ritardo, quando ormai abbiamo già dovuto affrontare ingenti spese per l’affitto”. “Lo stanziamento di 4 milioni di euro per l’intero territorio nazionale – continua il sindacato studentesco – è totalmente insufficiente. A fronte di 830mila studenti fuorisede, meno del 2% riceverà un contributo, pari a 279 euro annuali, ossia 23€ al mese. Una cifra irrisoria, dal momento che paghiamo in media 350 euro al mese per il canone di locazione, a cui aggiungere spese condominiali e bollette”.

A Milano, dove è nata la protesta delle tende, saranno aiutati soltanto 260 studenti

L’Unione degli universitari sottolinea anche la disomogeneità del contributo. A Milano, dove è nata la protesta delle tende, saranno aiutati soltanto 260 studenti con 73mila euro, mentre a Bologna i beneficiari saranno 142 ed infatti non arriveranno neanche 40mila euro. A Roma, invece, gli studenti che riceveranno un sostegno saranno 571, a Napoli 184, a Venezia ci si ferma a 66. Va meglio a Torino con 2.309 studenti beneficiari per un totale di 644mila euro; sopra i 200mila euro anche Cosenza, Bari e Catania. Nella Legge di Bilancio 2024, l’Udu aveva presentato una serie di emendamenti per incrementare il fondo affitti fuorisede a 50 milioni di euro. Un intervento necessario, se si considera che la Francia destina a questa voce ben 1,4 miliardi di euro. Il Governo ha però espresso parere negativo.

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A Ousmane Sylla nel Cpr era rimasto solo il corpo

“Se un giorno dovessi morire, vorrei che il mio corpo fosse portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta (…) I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre, non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace (..)”. Se fosse l’inizio di un romanzo non sarebbe un giallo, poiché l’assassino in questo caso sarebbe chiaro fin dalle prime pagine. Se fosse un noir scommetto che qualcuno lo troverebbe troppo spinto. Probabilmente lo definirebbero distopico. 

Ousmane Sylla, guineano di 22 anni, ha disegnato su un muro il suo volto e ha scritto questa frase su un muro nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria a Roma. Poi si è suicidato. Ha scritto su un muro perché nei buchi neri dei Cpr carta e penna sono tra le ultime cose che mancano. Prima manca il diritto alla salute, manca il diritto alla difesa legale, manca il diritto all’alimentazione, manca il diritto all’igiene personale, manca il diritto alla comunicazione con il mondo esterno nonostante non sia un carcere, manca il rispetto di un tot di diritti umani. Figuratevi carta e penna. 

Per la rete Mai più lager – No ai Cpr Ousmane Sylla sarebbe la quarantesima vittima in un Cpr italiano. Ousmane ha avuto come ultima preoccupazione la destinazione del suo corpo, come carne, e il dolore della madre. Nient’altro. La sua persona – la sua identità – era già morta prima che si ammazzasse. Chissà quante esegesi di quel testamento se fosse stato il verso di un testo di una canzone di Sanremo. 

Buon martedì. 

Nella foto: il messaggio di Ousmane scritto sul muro (Mai più lager – No ai Cpr)

Per approfondire, il libro di Left Mai più, la vergogna italiana dei lager per immigrati

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Numeri a caso sull’evasione per minimizzare la piaga

Il 31 gennaio l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri (Lega) ha contestato le dichiarazioni del suo collega di maggioranza Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) che in audizione parlamentare ha detto l’ovvio, ovvero che “l’evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo”.

L’ex sottosegretario Armando Siri ha contestato le dichiarazioni del suo collega Leo che in audizione parlamentare ha detto che “l’evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo”

Il leghista ha definito l’uscita del viceministro uno “slogan” che “scalda i cuori ideologici di chi ha sempre scambiato la giusta lotta all’evasione con un’indiscriminata caccia alle streghe” invitando a leggere “l’approfondito studio del professor Pietro Boria, docente di Diritto tributario all’Università La Sapienza di Roma” secondo cui “i dati sull’evasione fiscale sciorinati fino a oggi sono totalmente privi di fondamento”.

Per Siri l’evasione fiscale all’anno non supererebbe i 15 miliardi al contrario degli 80 circa stimata dallo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze. Come osserva Pagella politica lo “studio” di cui parla il leghista è semplicemente un libro. Diventa quindi difficile contestare i dati usati per l’analisi, poiché non sono disponibili. Di certo la metodologia utilizzata da Boria nel suo libro (il cosiddetto metodo bottom up) è ritenuta a livello internazionale poco affidabile per evidenti problemi di rappresentatività.

Come scrive Pagella politica è “come se i sondaggisti facessero le loro stime intervistando solo gli studenti universitari, che sono una categoria non rappresentativa dell’intera popolazione italiana. Inutile dire che dalle parti del Mef si faccia affidamento invece su metodi condivisi dalla comunità scientifica internazionale e che sono utilizzati in tutto il mondo. Siamo al sovranismo delle idee e dei numeri, ormai.

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