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Rino Gattuso e la mafia che non esiste più

La criminalità organizzata s’è fermata a Messina Denaro. Verrebbe da crederlo leggendo i giornali, scorrendo i programmi televisivi. La mafia non c’è più, puf!, come non si sarebbe concesso di sperare il più ottimista dei mafiosi o il più impunito dei colletti bianchi. C’è un po’ di brodo di mafia nelle operazioni “ad alto impatto” promosse dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, con la circolarità dei saldi nel supermercato sotto casa. C’è mafia – quella molta – nell’archeologia degli usi e dei costumi dei boss mitizzati dal tempo, da Riina a Provenzano che spopolano sui social come modelli di violenza che piace.

Poi accade che a Cosenza succeda ciò che avviene regolarmente ovvero che i mafiosi quelli veri – che non hanno seguito mitologico – chiedano il pizzo. Non è il pizzo di Stato improvvidamente citato dalla presidente del Consiglio, questo è il racket vero, quello dell’anti-stato che nell’indifferenza agisce felice. La richiesta criminale è di 3mila euro, la vittima Francesco Gattuso, pescivendolo e padre dell’ex calciatore del Milan ora allenatore. Il mafioso in questione sarebbe Aldo Abbruzzese, 51 anni, dell’omonima cosca. Gli uomini di ‘Ndrangheta avevano saputo di un finanziamento ricevuto dalla famiglia Gattuso e ne pretendevano un pezzo, come accade da decenni in Italia.

I segnali facilmente interpretabili del nervosismo della cosca sono due auto di Ida Gattuso, sorella di Rino, andate a fuoco in pochi mesi. Racconta Ida che a “risolvere la situazione” sarebbe stato il popolare fratello idolo di San Siro. “La storia solo tuo fratello la poteva rivolvere e nessuno più”, dice al telefono un’amica. E questo è lo stato di cose nello Stato in cui la mafia non esiste più.

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Se non li aiutiamo chi li accoglie?

Nicholas Emiliou, avvocato generale della Corte di giustizia europea, ha affermato che i profughi palestinesi avranno diritto a richiedere lo status di rifugiati, visto che l’agenzia Onu creata appositamente (l’Unrwa) non può da sola gestire la catastrofe in corso nella striscia di Gaza e garantire agli abitanti sicurezza e protezione, ancora di più dopo l’interruzione degli aiuti da parte di alcuni stati – undici, tra cui l’Italia – per l’indagine sugli operatori infedeli che avrebbero aiutato Hamas. 

Come riporta Openpolis da quando Israele ha attaccato la striscia di Gaza, oltre 26mila palestinesi, quasi tutti civili, hanno perso la vita. Tra di loro, oltre 10mila bambini e quasi 80 giornalisti. Pressoché la totalità della popolazione di questo Paese, oggi uno dei più densamente abitati del mondo, è sfollata e al momento è in corso una crisi umanitaria senza precedenti, con risorse del tutto insufficienti a garantire la sopravvivenza delle persone. A cominciare dalla più essenziale, l’acqua.

Al momento l’Europa non ha fatto nulla per sostenere questa popolazione vessata da decenni, se non incrementando i propri impegni finanziari per gestire la crisi umanitaria. Impegni che ora si ridurranno, dato l’attuale screditamento dell’Unrwa. Nessuno si è adoperato per proteggere i profughi stessi. Un approccio molto diverso da quello che si è applicato in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina. In altri approfondimenti abbiamo parlato di come l’Italia, al pari degli altri stati Ue, si sia presa la responsabilità di garantire ai profughi ucraini protezione e accoglienza, mostrando come un impegno maggiore sia possibile. Lo stesso non sta avvenendo per i palestinesi. Se infatti da un lato si annunciano aiuti umanitari di varia natura, dall’altro è attivo un fronte di cooperazione con l’Egitto, con lo scopo di incrementare il controllo lungo le frontiere esterne dell’Europa.

Buon lunedì. 

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Lezione di civiltà del leghista Ostellari al suo leader. Il sottosegretario spinge per le pene alternative ma il suo segretario è il teorico del buttare via la chiave

Le carceri minorili? “Sono luoghi inadatti per fare quello che oggi sia utile fare: l’educazione dei minori. Noi abbiamo bisogno di istituti adatti per spazi e attività, per insegnare il futuro ai giovani e un mestiere”. Le pene alternative? “Ricordo che nel nostro sistema ci sono già le pene alternative alla detenzione: ci sono quasi 100 mila persone che sono seguite dal sistema”. Ma soprattutto “per diversificare il percorso va analizzato un punto essenziale quello delle persone problematiche, con problemi psichiatrici, che sono abbandonate nel sistema carcerario.

Ci sono persone che hanno più bisogno di cura rispetto all’esecuzione della pena. E su questo stiamo facendo un percorso nuovo rispetto al passato, lavorando con le Regioni, che ci hanno dato la disponibilità per individuare dei luoghi adatti dove far seguire queste persone con personale qualificato. Non solo carcere, ma anche percorsi di rieducazione”. Le parole che leggete qui sopra non sono di un politico progressista affezionato al tema delle carceri e che prova a mettere ordine in un sistema pieno di falle.

Sono i pensieri del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari che ieri mattina è intervenuto nella trasmissione condotta da Marcello Foa in onda su Radio 1 Rai, nella puntata di ieri dedicata al tema Carceri sovraffollate: è vera giustizia. Ostellari ha rivendicato il lavoro fatto fin qui. Da quando siamo arrivati – dice il sottosegretario – “abbiamo subito iniziato un percorso per valorizzare il lavoro all’interno degli istituti. Non solo abbiamo persone che possono uscire dal carcere per andare a lavorare, ma cerchiamo di far entrare aziende e terzo settore per fare produzione.

Ovviamente percependo anche uno stipendio, che ti permette di riparare il danno e ti consente, una volta uscito dal carcere, di uscire dal circuito criminale. Il 98% dei detenuti quando esce non commette più delitti. È questo un modo per investire sul futuro della nostra comunità, che sarà più sicura”.

Due chiacchiere

Ostellari potrebbe nel frattempo scambiare due chiacchiere con il suo segretario di partito, nonché ministro Matteo Salvini. Per coltivare l’orientamento costituzionale che le carceri siano un luogo di rieducazione e non di afflizione si potrebbe cominciare per esempio a non utilizzare più l’espressione del “buttare via la chiave” o la rappresentazione della galera come discarica sociale. Ostellari potrebbe invitare il suo sleader ad abbandonare il panpenalismo che sui social vedrebbe dietro le sbarre chiunque non piaccia al suo segretario, a partire dai cosiddetti ecovandali linciati mediaticamente da quello stesso ministro che lecca gli agro vandali per la paura di perdere voti.

Ostellari dovrebbe spiegare ai suoi elettori e ai suoi compagni di partito che molti degli stranieri che la bestia salviniana ha esposto alla gogna sui social, soprattutto negli infelici tempi della gestione Morisi, sono persone che “hanno più bisogno di cura rispetto all’esecuzione della pena” e che “con problemi psichiatrici, che sono abbandonate nel sistema carcerario”, per utilizzare le stesse parole della sua intervista. Altrimenti rimane il dubbio che i componenti di governo siano bifronte: giustizialisti in pubblico per mietere voti e garantisti costituzionali in privato nell’amministrazione dello Stato. L’ipocrisia non è un reato ma è un’arma politica disdicevole.

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Salvini e il manuale dell’ipocrisia: dai blocchi stradali degli agricoltori al caso Salis – Lettera43

Il vicepremier si è intestato la battaglia contro i cosiddetti ‘eco-imbecilli’ che fermando il traffico mettendo a rischio la vita delle persone. Ma se a farlo sono gli agricoltori – e il morto ci scappa per davvero – allora i toni cambiano. Lo stesso vale per la maestra incarcerata a Budapest: garantismo sì, ma solo con chi la pensa come te.

Salvini e il manuale dell’ipocrisia: dai blocchi stradali degli agricoltori al caso Salis

Piccolo manuale dell’ipocrisia. Matteo Salvini da qualche tempo ha deciso di intestarsi la battaglia contro i ragazzi di Ultima generazione, collettivo di persone per di più giovani che chiedono un’immediata inversione di rotta per frenare il cambiamento climatico in corso e non rischiare di essere l’ultima generazione – appunto – che potrà abitare serenamente questo Pianeta. Inutile cercare reali motivazioni politiche nella presa di posizione del capo della Lega. Salvini annusa l’aria che tira sui social tra i suoi potenziali elettori e si ingegna per politicizzare il malcontento di turno declinandolo in dichiarazioni politiche e in iniziative legislative. L’ossessione contro i ragazzi di Ultima generazione dice molto del Paese che siamo. C’è lì dentro innanzitutto il paternalismo di chi ritiene l’età biologica un sinonimo della maturità morale e intellettuale. In una società annichilita dall’autopreservazione dove la paura di perdere posizioni di potere o di rendita elegge il conservatorismo come unica salvezza i giovani sono pericolosi e destabilizzanti. Vanno tenuti a bada finché non siano abbastanza farciti di voglia di obbedire e finché non siano abbastanza ricattabili da diventare mansueti. Così questi tipi di Ultima generazione che si permettono di mettere sul banco degli imputati tutte le classi dirigenti degli ultimi decenni diventano il nemico.

I passi per delegittimare l’attivismo ambientale: dalla negazione dell’emergenza climatica al pugno duro

Come si disarticola l’avversario? Si tenta di negarne le ragioni, di svilirne le richieste. Per delegittimare l’attivismo ambientale si nega che esista un’emergenza ambientale. Non avendo evidenze scientifiche ci si aggrappa a qualche sepolcro imbiancato con tesi deliranti e poi si atterra sul più immediato «è sempre stato così». Infine si criminalizza la protesta. «Se questi bloccano la strada e ci scappa il morto per un’urgenza che rimane incagliata nel traffico?». La domanda è tendenziosa ma funziona. Non solo: Matteo Salvini si riscopre cultore dell’arte (che lui da sempre confonde con la tradizione) e rende pubblico il suo strazio per un vetro protettivo insozzato di zuppa. Infine l’avversione politica diventa norma: pugno duro contro i blocchi stradali, pugno duro contro il minestrone sui pavimenti dei musei.

Salvini e il manuale dell'ipocrisia: dai blocchi stradali degli agricoltori al caso Salis
Le proteste degli agricoltori a Bruxelles (Getty Images).

Se il legislatore bulimico scrive leggi che si ritorcono contro il suo bacino elettorale

Arriviamo a questi ultimi giorni. Lo spazio sui giornali riservato contro i cosiddetti “eco-imbecilli” viene coperto dagli agricoltori in protesta a cavallo di possenti trattori. Nessun editorialista si sogna di chiamarli “agro-imbecilli” perché bisogna rispettare le ragioni delle proteste, dicono. Si assiste così a un’inversione dei giudizi morali che valevano fino a qualche minuto prima. Che fanno gli agricoltori? Bloccano le strade, esattamente come quegli altri, con modalità più rudi. Grattando bene si scopre che qualche giorno fa ci è scappato anche il morto – non ipotetico – in coda a Catanzaro bloccato in una strada ingolfata da mezzi agricoli in protesta. La notizia va cercata con pazienza certosina poiché si è meritata solo qualche taglio basso nelle pagine di cronache minori. E l’arte per cui si stracciano le vesti? C’è anche quella: a Bruxelles una statua che si stagliava da qualche secolo diventa maceria sotto gli applausi dei manifestanti infoiati. Il cortocircuito è degno del teatro dell’assurdo: il legiferatore bulimico ha scritto leggi che si ritorcono contro il suo bacino elettorale. Dalle parti del governo scoprono che le leggi – mannaggia – vanno applicate allo stesso modo con tutti, almeno dovrebbero, e quindi la criminalizzazione degli avversari ricade anche sugli amici. Come si difendono? «Con gli agricoltori siamo di fronte a un intero settore che rischia di essere messo fuori dal mercato», ci spiegano. Ah, ok. La difesa del Pianeta in effetti ha tutta l’aria di essere una vile questione personale di quei ragazzetti, evidentemente. Di fronte all’ipocrisia ammiro quei ragazzi che con pazienza e autocontrollo si limitano a qualche secchiata di vernice lavabile o qualche blocco di una tangenziale per una decina di minuti.

Salvini e il manuale dell'ipocrisia: dai blocchi stradali degli agricoltori al caso Salis
La protesta degli agricoltori a Milano (Imagoeconomica).

La bufera sullo staff Unrwa e il garantismo a singhiozzo sul caso Salis

Piccolo manuale dell’ipocrisia. La polemica sullo staff Unrwa accusato di aver preso parte agli attacchi del 7 ottobre coinvolge 12 persone. Dodici persone su 13 mila impiegati a Gaza sono lo 0,09 per cento. Agli attacchi hanno preso parte almeno 2 mila persone, ovvero almeno lo 0,08 per cento della popolazione. Se dovessimo applicare la sineddoche dello 0,09 per cento a partiti o associazioni l’Italia sarebbe un fiorire di organizzazione criminali in ogni dove, dalla bocciofila sotto casa ai partiti di governo. Piccolo manuale dell’ipocrisia. Sul garantismo dei garantisti cultori della responsabilità proporzionale alla vicinanza delle proprie idee si sono scritti fiumi di inchiostro. Un dato irrilevante ma paradigmatico: il ministro Salvini su una donna – Ilaria Salis – in cella in Ungheria mangiata dalle cimici e trasportata in catene trova il tempo di dire che «se condannata non può tornare a fare la maestra». Gli ipocriti hanno bisogno di essere anche ignoranti: un condannato per reati gravi non può fare il maestro come non può assumere qualsiasi altro ruolo nella pubblica amministrazione. Il ministro sotto processo per sequestro di persone non sa che per i dipendenti pubblici non funziona come per i ministri o i sottosegretari: la pena è una cosa seria.

Perché la Lega e Salvini ce l'hanno così tanto con Ilaria Salis, la 39enne anarchica italiana detenuta in Ungheria.
Ilaria Salis in aula in Ungheria (Ansa).

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La sanità privata lancia il Family doc, partito l’assalto alla medicina di base. Padova fa da apripista col medico di famiglia a pagamento, approfittando dei buchi del Sistema sanitario nazionale

L’ultimo boccone a cui aspira la famelica sanità privata è il medico di base. Prima terra di conquista è il Veneto, dove la BMed Me.di.ca Group, un centro di sanità privata, ha deciso di lanciare a Mestrino, un Comune in provincia di Padova, il Family doc che altro non è che il vecchio caro medico di famiglia a pagamento. Si legge sul sito: “Si chiama Family Doc, ed è un servizio di medicina interna in regime privato, con un tocco di simpatia e calore familiare. Con noi, sentirsi a proprio agio è la norma, al costo di 50 euro”.

“Si tratterebbe di un medico ‘simpatico’ che fornisce prestazioni specialistiche a prezzi contenuti. Può prescrivere farmaci a pagamento – spiegano Manuela De Paolis, segretaria confederale Cgil Padova, Stefania Botton, segretaria territoriale Ust Cisl Padova e Rovigo, e Massimo Zanetti, coordinatore provinciale Uil Padova – visite e prestazioni specialistiche a pagamento e non si sostituisce al medico di medicina generale”.

“Non si capisce perché i cittadini, – spiegano le tre organizzazioni sindacali, unitariamente – che già pagano le tasse per la sanità pubblica, dovrebbero preferire questo servizio a quello del medico di medicina generale convenzionato. Questa nuova e pericolosa tendenza a offrire servizi simili, ma non alternativi alla medicina generale convenzionata, inserisce il diritto alla salute in una logica di mercato. La persona che si trova in una situazione di fragilità non deve diventare strumento di profitto d’impresa”.

Deriva pericolosa

La Presidente del gruppo BMed Me.di.ca Group, Cristina Sinigaglia, in una nota spiega che “molti dei nostri clienti non hanno un medico di famiglia. Basti pensare a soggetti extracomunitari o comunque stranieri residenti in provincia. Altri invece si lamentano di non riuscire ad accedere ai servizi di medicina generale”. Dove il Sistema sanitario nazionale è in affanno ancora una volta sono i privati a intervenire. Si calcola che solo in Veneto mancano 748 medici di famiglia, 35 pediatri di libera scelta, 635 nella Guardia Medica e 59 dell’emergenza.

In tutto, 1.513 medici. Gli utenti del Ssn che rimangono senza medico di famiglia sono quindi un milione e 400 mila su una popolazione totale di 5 milioni. Più di un abitante su 5. Ma il Family doc non potrà in nessun modo, almeno per ora, sostituire il medico di base nonostante l’accattivante messaggio promozionale. Anche la legge regionale veneta infatti prevede tre distinti canali: il servizio pubblico, il servizio convenzionato e il servizio privato. L’ingresso al canale privato fin dalla medicina di base quindi costringe gli utenti a continuare sullo stesso regime: qualsiasi visita specialistica, qualsiasi farmaco e qualsiasi approfondimento terapeutico costerà parecchio nelle tasche di chi si illude di poter ovviare la carenza di medici con gli studi privati.

Per il capogruppo del M5S in Commissione Affari sociali alla Camera, Andrea Quartini, si tratta “dell’ennesimo colpo alla sanità pubblica, l’ennesima strizzata d’occhio al sistema privato” mentre Enrico Cappelletti, parlamentare veneto del M5S, ha sottolineato come questa pratica rappresenti “un passo indietro nel garantire un sistema sanitario equo e accessibile per tutti i cittadini. La Destra del nostro Paese continua a mettere in discussione il diritto alla salute, considerandolo un bene di lusso a carico degli italiani”. È vero, il Family doc non ha il ricettario del Ssn e quindi non può essere un componente aggiuntivo e a pagamento del servizio pubblico. Ma facciamo un esercizio di memoria In quanti altri campi sanitari l’ingresso del privato è avvenuto esattamente così?

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TeleCrosetto e… moschetto. Mitragliata su Montanari

Nell’anno 2024 in Italia durante una trasmissione televisiva un ministro alla Difesa fondatore del partito della presidente del Consiglio telefona in diretta a una trasmissione televisiva su una rete privata per accusare un professore universitario di voler zittire il governo. è accaduto durante il programma televisivo Piazzapulita condotto da Corrado Formigli su La7. Il ministro Guido Crosetto è intervenuto telefonicamente (di persona si rifiuta di andare, come i suoi compagni di partito, per embargo deciso tempo fa) esibendosi in un monologo in cui ha espresso la propria idea sulla guerra in Ucraina correggendo la linea editoriale della puntata ma soprattutto accusando il rettore dell’Università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari, di essere un’illiberale perché vorrebbe togliere la possibilità al governo “di dire la sua”.

Tutto questo accade nel bel mezzo di un “imperialismo mediatico” (per citare l’azzeccata espressione del professor Montanari) che ha silenziato sulle reti Mediaset e sulle reti Rai tutte le voce ritenute potenzialmente scomode e i protagonisti culturali non ritenuti amici. Nell’anno 2024 probabilmente si sono perse le proporzioni di un ministro che con il suo bagaglio di possibilità e mezzi per esprimere le proprie idee interviene con una telefonata non programmata nel bel mezzo di un dibattito televisivo a cui si rifiuta di partecipare criticando le idee di un membro dell’Università che è autonoma per definizione e che insegna (o dovrebbe insegnare) l’autonomia di pensiero. “Mi dispiace che lei insegni ai giovani”, ha detto Crosetto in chiusura della sua intemerata. Il vero dispiacere è che i giovani debbano avere un ministro così.

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Roghi e scontri di piazza. I Trattori mettono Bruxelles a ferro e fuoco

La protesta dei trattori arriva fino al cuore del Parlamento europeo e ora ai confini con l’Olanda. Prima i mezzi hanno occupato piazza Luxembourg, a Bruxelles, poi sono stati dati alle fiamme copertoni e materiale di scarto. La statua eretta nel 1872 in onore e in memoria di John Cockerill è stata vandalizzata. Compare un cartello: “Diciamo no al dispotismo”. La polizia, schierata in tenuta anti-sommossa dietro alle transenne posizionate lungo tutto il perimetro, ha azionato gli idranti. I manifestanti, presenti nelle vie adiacenti all’Eurocamera con centinaia di trattori, hanno fatto esplodere anche numerosi petardi al grido di “Senza agricoltori non c’è agricoltura”.

La protesta dei trattori travolge le istituzioni Ue e si sposta ai confini con l’Olanda. Metsola prova a mediare ma non convince

La presidente del parlamento Ue prova a smorzare i toni: “Dobbiamo ascoltare di più. Ci sono settori che non abbiamo ascoltato abbastanza”, dice. Mentre il Consiglio europeo sblocca i soldi per l’invio di armi in Ucraina la principale preoccupazione di Metsola è dichiarare che non vengano “sottratte risorse ai cittadini europei”. L’Eurocamera dovrà “esaminare i dettagli dell’accordo” sulla revisione del bilancio comunitario, che include il sostegno all’Ucraina, ha spiegato Metsola, avvertendo, tuttavia, che “l’intesa prevede un modesto aumento dei fondi per la gestione della migrazione e per le calamità naturali” sottraendo risorse a “programmi da cui i nostri cittadini dipendono e che gli Stati membri hanno concordato qualche anno fa”. “In vista delle elezioni europee, dovremmo incrementare, e non ridurre, i fondi per la salute, come EU4Health, e per la ricerca come Horizon”, ha evidenziato Metsola.

All’origine delle proteste, le misure per la tutela dell’ambiente contenute nel Green Deal europeo, l’accordo per ridurre l’impatto ambientale dell’Unione. Tra le misure più criticate, quella che impone di lasciare almeno il 4% delle terre a riposo per proteggere la biodiversità, regola già sospesa nel 2022 in seguito alla guerra in Ucraina. Gli agricoltori protestano anche contro l’aumento del prezzo del gasolio e contro i negoziati di libero scambio con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay). “La violenza non è mai giustificata, per nessuna ragione” ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per il quale “le manifestazioni democratiche e pacifiche della grandissima parte degli agricoltori vanno rispettate. Quando c’è violenza invece è un problema”.

La Lega cavalca la protesta. Però con la legge voluta da Salvini gli agricoltori andrebbero arrestati

In una nota, gli europarlamentari della Lega affermano da parte loro che “le proteste degli agricoltori che vanno avanti da settimane in tutta Europa e arrivate fino a Bruxelles in questi giorni, con manifestazioni di massa di fronte alle istituzioni Ue, non possono e non devono essere ignorate. Di fronte a queste proteste, Bruxelles dovrebbe iniziare a fare autocritica. Quanto sta accadendo è il risultato di anni di scelte politiche sbagliate da parte dell’Ue, che con la sua agenda vuole sacrificare l’agricoltura e interi settori produttivi fondamentali sull’altare dell’ideologia green. Quella che vediamo in piazza è l’esasperazione di imprese, lavoratori e famiglie che pagano sulla propria pelle il prezzo di una transizione estremista e scellerata ideata da Timmermans e portata avanti da Von der Leyen. Il loro grido d’allarme va ascoltato: questa Europa non funziona, va cambiata radicalmente”.

Ai parlamentari leghisti sfugge solo un piccolo particolare: se si dovesse applicare il decreto contro gli ambientalisti voluto dal loro capo partito Matteo Salvini oppure il decreto Piantedosi sulle manifestazioni e sul blocco stradale quegli agricoltori andrebbero fatti scendere dai trattori e arrestati.

 

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Per Calenda erano scappati di casa. Ma ora imbarca i transfughi M5S

Per Carlo Calenda sono come la criptonite: scappati di casa, populisti, incompetenti. Per il leader di Azione, il Movimento 5 stelle e tutti i suoi componenti (eletti e elettori) sono il vero grande male del nostro Paese, quasi più dei protofascisti al governo e dei sovranisti vari. Però se qualche eurodeputato grillino decide di svestirsi e citofona al partito di Calenda il leader è pronto ad aprire la porta e abbracciarli come figlioli prodighi. Fabio Massimo Castaldo (nella foto), europarlamentare eletto col M5S e Federica Onori, deputata proveniente dallo stesso Movimento, ieri sono passati ad Azione. Lo ha annunciato Calenda in persona, durante una festosa conferenza stampa alla Camera: “Vengono in Azione e lo fanno su un punto dirimente per noi, cioè la tenuta di un asse di sostegno all’Ucraina. Oltre a questo ci unisce l’europeismo. Per noi è un onore accoglierli”.

Per il leader di Azione Calenda i Cinque Stelle sono il grande male del Paese. Adesso si dice onorato di accoglierne due

Federica Onori, parlamentare nella circoscrizione estero, diventa quindi il primo cambio di casacca in Parlamento. I due ex grillini motivano la loro scelta di entrare “convintamente in Azione” dopo essersi “battuti in politica estera senza ambiguità per la difesa dell’Ucraina – spiega Onori -: l’abbiamo dimostrato con i nostri voti, con le nostre presenze ai presidi contro la propaganda russa e per noi questo è un elemento dirimente”. Anche Castaldo parla di “scelta di coerenza e di linearità. All’inizio di questa crisi non abbiamo avuto alcuna esitazione sullo schierarci al fianco dell’aggredito contro le pretese imperialiste dell’aggressore. Lo abbiamo declinato lottando contro la propaganda russa, denunciando i molteplici tentacoli che anche nel nostro paese e forse il fatto che mancano un po’ di anticorpi all’interno della nostra democrazia”.

Castaldo è al termine del suo secondo mandato e quindi sarebbe stato non più candidabile per le regole interne del M5S. Nelle scorse settimane aveva attaccato il leader del Movimento Giuseppe Conte accusandolo di “un’involuzione democratica” nella gestione del partito. Pure per Calenda l’accoglienza dei due fuoriusciti è l’occasione per rintuzzare l’ex premier: “Oggi constatiamo che Conte è molto più vicino a Salvini che ai liberali, ai progressisti e ai popolari”, ha spiegato in conferenza stampa. A stretto giro è arrivata la risposta di Conte che ha augurato al leader di azione “buona fortuna”: “Dopo aver ripetuto all’infinito che il M5S è ‘un branco di scappati di casa’ che ‘vanno cancellati dalla politica’, oggi accoglie fiero i due ex M5S Castaldo e Onori, sottolineandone i ‘curricula di grandissima qualità’. Ma si sa, con Calenda a scappare di casa è al solito la coerenza”.

Il leader dei 5S non ha mancato di riservare un augurio personale anche a Castaldo “che dopo infiniti e sofferti tormenti, ha finalmente trovato con Calenda un approdo utile per una sua ricandidatura immediata alle prossime elezioni europee: d’ora in poi avrà una casa, una lista che gli consentirà il terzo mandato, ma anche il quarto, il quinto”. Conte ha anche sottolineato la distanza tra i due partiti ricordando ai due fuoriusciti “le battaglie che da domani combatteranno insieme a Calenda: per i tagli al Rdc, per l’invio di armi a oltranza, per il ritorno alla prescrizione, per la legge bavaglio e le tante norme sulla impunità”. L’europarlamentare Castaldo ci ha tenuto a sottolineare che “l’ambiguità non gli appartiene”. In effetti essere coerenti a un’idea che passa dal M5s ai calendiani deve essere uno sforzo notevole. Mancano solo il Papa, Che Guevara e Madre Teresa, come cantava Jovanotti.

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La legge sintetica del cognato Lollobrigida

Quando accade una bocciatura ampiamente prevista come quella della legge omeopatica sulla carne coltivata – volgarmente detta sintetica per favorirne la mortificazione – da parte dell’Unione europea si consolida la consapevolezza che non ci sia niente di più stupidamente costoso di un governo o di qualche ministro che utilizza la macchina legislativa dello Stato per propaganda.

Il disegno di legge fortemente voluto dal ministro all’Agricoltura nonché cognato Francesco Lollobrigida ha goduto di una velocità d’approvazione che ha inevitabilmente ostruito la strada a leggi più utili anche se meno altisonanti. Lollobrigida di fronte ai giornalisti si era anche vantato dell’Italia come primo Paese europeo a legiferare sul tema, senza essere colto dal dubbio che primeggiare nella foga non sia un’abilità da statisti. Luciano Capone su Il Foglio scrive che con una stringata nota, il 29 gennaio la Commissione europea ha informato il governo di aver archiviato in anticipo la notifica sulla legge che vieta la “carne sintetica” perché “il testo è stato adottato dallo stato membro prima della fine del periodo di sospensione” previsto dalle direttive europee. La Commissione invita pertanto l’Italia “a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia”.

La legge quindi non è applicabile perché notificata dopo l’approvazione. Un distillato tutto naturale di incompetenza e furore ideologico sia nei modi che nei contenuti. Il ministro Lollobrigida l’ha rivendicata da subito come enorme vittoria personale, grande almeno quanto il piacere che avrebbe voluto fare a Coldiretti. Che sia una figura enorme non c’è dubbio ma di sintetica per ora c’è solo la legge.

Buon venerdì. 

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Frana olimpica sul bob. Già dismessa la nuova pista

Luigi Casanova è una voce storica dell’ambientalismo. Per il mensile Altreconomia ha analizzato il caos intorno alla costruzione della pista da bob a Cortina per le prossime Olimpiadi, su cui il presidente veneto Luca Zaia e il suo capo partito Matteo Salvini hanno deciso di giocarsi un bel pezzo di credibilità.

Con il decreto del Governo Meloni i costi per la nuova pista da bob necessaria per le Olimpiadi sono lievitati a 128 milioni

Nel dossier della candidatura del 2019 ricorda Casanova che la pista da bob, slittino e skeleton avrebbe dovuto essere a Cortina ristrutturando la vecchia pista Monti chiusa nel 2008 per un susseguirsi di gravi incidenti e per gli insostenibili costi di gestione. Spesa prevista: 47 milioni di euro. “Poi i costi hanno cominciato a lievitare – spiega Casanova – prima a 61 milioni nel 2021, saliti nel 2022 a 85 milioni.

Fin qui, per zittire le proteste, Zaia proclamava che la pista se la pagavano i veneti. Per poi scoprire che il Governo Draghi, su pressioni di Zaia, il 26 settembre 2022 stanziava 85 milioni di euro per l’opera. Con il decreto del Governo Meloni dell’8 settembre 2023 i costi sono lievitati a 128 milioni complessivi, cinque dei quali già spesi per consulenze e demolizioni. Siamo ai giorni nostri. Zaia spinge per avere un progetto leggero da 81 milioni appaltato con affido diretto alla ditta Pizzarotti che ha 400 giorni per realizzarla. Ma il Cio insiste: le gare si devono svolgere solo su impianti già esistenti.

Quindi che potrebbe accadere? Secondo Casanova “qualora la pista venisse costruita è reale il rischio che non venga usata per l’evento olimpico. Siamo in presenza di un incubo – dice – un sistema decisionale che della trasparenza fa carta straccia”. In effetti avere impianti in disuso prima ancora delle olimpiadi sarebbe proprio da campioni.

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